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Autore: nikita82roma    28/01/2017    1 recensioni
Rick ha detto a Kate che non sarebbe stato a guardarla mentre buttava via la sua vita. È tornato a casa dopo la consegna del diploma di Alexis quando sente bussare alla porta del loft. Ma non è Kate, è Esposito che lo avvisa che Beckett è in ospedale gravemente ferita. Si parte da "Always" ma il percorso poi è completamente diverso.
FF nata da un'idea cristalskies e con il suo contributo.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rick Castle, William Bracken | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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La vita di Castle, da quando era diventato uno scrittore di successo, era sempre stata indirizzata verso gli eccessi, forse anche a causa di Martha, sua madre, che essere eccessiva e fuori dagli schemi lo aveva nel dna e qualcosa doveva avergli trasmesso. Certo, non erano eccessi pericolosi per la sua salute, perché Castle aveva ben chiaro in mente che lui era prima di tutto un padre ed aveva la responsabilità di Alexis e questa era stata la cosa che credeva lo avesse più volte salvato dal buttarsi in una vita di dissolutezza. Aveva comunque vissuto di eccessi: troppi party fino all’alba, troppo champagne che scorreva a fiumi, troppe donne, troppi soldi buttati in cose inutili, ma lui non era mai stato uno che al denaro aveva mai dato troppo peso, solo quando doveva fare degli acquisti più impegnativi chiedeva al suo commercialista o al suo private banker se era sostenibile: se gli davano l’ok, lui non si preoccupava di altro. Era stato così per lo sfizio della Ferrari, per la villa negli Hamptons ed anche per quando aveva comprato quel pezzo di luna solo per poter far colpo sulle donne e dire che se volevano lui poteva veramente dargli la luna, almeno un pezzo. Dopo Meredith era stato eccessivo anche nella scelta della sua seconda moglie, la voleva perfetta, ma alla fine aveva scelto Gina, che non era nè perfetta nè moglie, però era bellissima e soprattutto una donna in carriera, realizzata nel suo lavoro. Aveva pensato che questo sarebbe bastato a non essere come Meredith, a non farla scappare via inseguendo il suo lavoro, visto che il lavoro principale di Gina era lui, ma aveva tralasciato tutto il resto che cercava per la sua vita. Diamanti, abiti di lusso, cene fuori in locali esclusivi, viaggi in luoghi da sogno non bastavano mai e dietro a tutto questo non c’era nulla  e Castle continuava nella sua vita a coprire con gli eccessi il vuoto profondo di quello che gli mancava, di quello che dopo Kyra non aveva più provato e che si era rassegnato a non provare più fino a lei, fino a Kate.

Non aveva dormito molto quella notte, anzi, forse era più corretto dire che non aveva dormito mai. Un po’ perché non aveva sonno abituato a ben altri orari e a scrivere in quelli notturni, un po’ perché lui non era capace di dormire come una mummia stando fermo in un punto del letto, lui aveva la tendenza ad impossessarsi di tutto lo spazio ed aveva paura di farle male. Poi c’erano stati tutti questi pensieri a tormentarlo, a riempirgli la mente e a farlo pensare e ripensare a se stesso e a come aveva buttato via gli ultimi dieci anni della sua vita rincorrendo fuochi fatui, ma soprattutto c’era lei che invece si era addormentata quasi subito, vinta dalla stanchezza per una prima giornata fuori dall’ospedale decisamente troppo impegnativa, almeno a livello emotivo. Kate aveva passato gran parte della notte nella stessa posizione in cui si era addormentata, abbracciata a lui che più volte, vedendola immobile per molto tempo aveva anche controllato se respirasse. Si era allontanata solo per un po’ ma Rick non aveva mai smesso di guardarla. Gli piaceva guardarla dormire, ma non glielo avrebbe detto, perché sicuramente lo avrebbe preso in giro, eppure per lui era bellissimo farlo e non si era nemmeno accorto delle ore che passavano fino a quando dall’intersezione delle tende non aveva cominciato a filtrare un po’ di luce che annunciava la nascita di un nuovo giorno e lei era tornata di nuovo tra le sue braccia.

Castle tra i suoi tanti pensieri, si era fermato anche a pensare a quando aveva trascorso una notte così, abbracciando la donna che amava e guardandola dormire. Non lo ricordava, forse mai ed in realtà era sicuro che l’unica donna che avesse mai osservato dormire era stata Alexis quando era piccola. Ma Kate era diversa da tutte le altre donne che aveva avuto ed era anche l’unica che avesse voluto, rincorso ed aspettato non solo per un capriccio di una notte, ma, sperava, per quello di una vita. Lei era l’opposto dei suoi eccessi, aveva scoperto in quei pochi giorni così strani, complicati e fuori da ogni schema, che Kate era la sua gioia per le piccole cose: un caffè da bere insieme, mangiare una fetta di torta imboccandosi a vicenda, l’emozione di tenersi per mano. Si era scoperto così ad adorare quella loro complicata semplicità. 

Avrebbe voluto sgattaiolare fuori dal letto ed andarle a preparare la colazione. La colazione a letto era sempre stato un suo must e non c’era una delle sue donne che non l’avesse apprezzata, anche quelle con le quali aveva passato insieme solo una notte e forse era proprio per questo che il destino, impersonificato da Kate Beckett, quella mattina gli impediva di farlo, perché lei non era come le altre sue donne. Si rassegnò, quindi, al destino ed aspettò che si svegliasse, giocando con i suoi capelli ed accarezzandola di tanto in tanto. Gli sembrava quasi che sorridesse mentre dormiva: forse era la sua immaginazione o l’effetto delle sue carezze, però non riusciva a smettere di pensare che era bellissima e che avrebbe voluto guardarla dormire ogni notte.

 

- Buongiorno… - Gli disse stiracchiandosi ed arrampicandosi fino a dargli un bacio. - Sei sveglio da molto?

- No, da poco… - Mentì. - Buongiorno a te - le diede anche lui un bacio e ancora si perse nei suoi ricordi faticando a trovare un bacio del buongiorno così dolce come quello.

- Non ti ho dato fastidio stando così? - Gli chiese Kate realizzando che si era svegliata esattamente come si era addormentata

- No, no… Puoi dormire così tutte le notti, se ti va. - Rick lasciò che i suoi pensieri si tramutassero in parole senza preavviso. In quello che le aveva detto c’era molto di più di una risposta, c’era la somma di quello che aveva pensato nelle ore precedenti. Anche Kate rimase spiazzata da quelle parole, però gli sorrise, appoggiandosi di nuovo a lui.

- Ci devo riflettere Castle, ma l’idea è allettante. Sei comodo.

Rick la ringraziò mentalmente di non avergli chiesto di più su cosa volesse dire quella risposta, in fondo lo sapeva anche lei, ma dirselo era diverso. Non voleva bruciare le tappe con lei, se lo era quasi imposto. Adesso stava inconsciamente appiccando un incendio sulle loro tappe e la cosa nemmeno gli dispiaceva più di tanto.

Castle si alzò prima di lei, lasciandola riposare ancora un po’. Nonostante tutto non era stanco, forse tra un pensiero e l’altro, un po’ aveva dormito anche lui senza rendersene conto. Camminò fino al bagno con solo i boxer addosso catturando lo sguardo di Beckett che lo osservava di spalle: la schiena e le spalle ampie che aveva a lungo accarezzato, il fondoschiena che anche fasciato dai boxer, lasciava ben poco all’immaginazione, le gambe possenti… Non aveva un fisico atletico, ma i vestiti decisamente non gli rendevano giustizia.

- Beckett lo so che mi stai guardando! - Le disse poco prima di sparire al bagno e si sentì come una ragazzina beccata a spiare il ragazzo che le piaceva.

 

Quando Rick uscì dal bagno Kate non era più in camera si rivestì abbottonando sommariamente la camicia ed andò nell’altra stanza. La vide con gli shorts che le lasciavano nude quasi totalmente le gambe e la maglia larga che scopriva una spalla, con la testa dentro il frigo guardando quanto le aveva portato il giorno precedente. Non potè resistere dall’andare dietro di lei e darle un bacio sul collo, spostandole i capelli e poi non potè resistere a dargliene più di uno, fermandosi solo quando lei si voltò prendendogli il volto tra le mani, baciandolo con rinnovato trasporto.

- Potrei abituarmici e potrei avere difficoltà a farne a meno - le disse Rick mentre le loro fronti si sfioravano.

- Anche io… Però ti devo confessare una cosa Castle… Ho fame!

Rick le diede un altro bacio prima di invitarla a mettersi comoda che alla colazione avrebbe pensato lui. Kate lo osservava muoversi con disinvoltura tra i fornelli e il tagliere, lo vide tagliare minuziosamente la frutta fresca, preparare i pancakes e poi la cosa che bramava di più: il caffè. Disegnò un cuore con la schiuma nella tazza di Kate, desiderava farlo da tempo e si era anche segretamente allenato con i suoi a casa con risultati il più delle volte deludenti. Questo non era bellissimo, ma accettabile, almeno si capiva cosa fosse.

- Fai conto che avrei voluto farlo ogni volta che ti portavo il caffè - Le disse mentre lei guardava il disegno che aveva creato. Era una delle tante volte che lui riusciva a prenderla in contropiede, non sapendo cosa rispondere.

 

- Mi stupisce questo tuo lato salutista, Castle! - Gli disse mentre prendeva una generosa porzione di pancakes con marmellata e frutta fresca - Ti avevo sempre immaginato mangiarli pieni di ogni cosa più calorica e dolce esistente sulla faccia della terra!

- Oh, sì, in effetti di solito li mangio così. Triplo cioccolato e panna, burro di arachidi e cioccolato, banana e caramello, marshmallows e biscotti… - Castle elencava tutte combinazioni preferite

- Ok, Castle… Basta così, ti credo. Dovevo ricordarmi del tuo lato di bambino di nove anni! - Rise Kate mentre Rick scrollava le spalle

- Ma sono buoni!

- Certo buonissimi! - Lo prese in giro lei

- Ti farò ricredere! - Disse serio mentre il suono del campanello li interruppe quando ormai avevano quasi finito di mangiare.

- Vai di là! - Lo esortò Kate bisbigliando

- Ma… - Provò a protestare lui

- Castle! Vai! - Il tono perentorio con cui glielo disse lo fece alzare e andare nell’altra stanza chiudendosi dentro dopo aver ricevuto un occhiataccia. Kate fece un gran respiro e poi andò ad aprire.

- Ciao Beckett! - Ryan ed Esposito le si presentarono alla porta con un gran sorriso - Possiamo? - Chiese Ryan vedendo che Kate rimaneva davanti a loro immobile.

- Certo ragazzi, entrate. - Gli lasciò il passo e voltandosi verso la stanza si accorse della tavola apparecchiata per due per colazione.

- Hai ospiti? - Chiese Esposito al quale non sfuggì la sua stessa osservazione

- Ehm… no… non più! Era passato mio padre prima, per fare colazione insieme, ma è dovuto scappare in tribunale…

- Uhm… di domenica? - Chiese l’ispanico prendendola in contropiede

- Sì doveva… incontrarsi lì fuori con un cliente. Aveva appuntamento al café all’angolo vicino al tribunale. - Si salvò in extremis, stupendo se stessa per la facilità con la quale stava mentendo.

- Ah, ok… - Disse Javier guardandosi intorno come a cercare qualcuno.

- Siamo venuti a portarti questo. - Disse Kevin estraendo una busta di plastica trasparente dalla quale si intravedevano dei documenti molto danneggiati dal fuoco. Capì subito di cosa si trattava e allungò la mano prendendoli un po’ turbata

- Non li abbiamo mai messi tra le prove, non sappiamo cosa ci sia. Abbiamo pensato che era giusto che li guardassi tu, anche Castle era d’accordo. Se vuoi possiamo anche tornare a lavorarci insieme… Sempre che a te vada di scavare ancora in questa storia dopo… dopo quello che è accaduto - Propose incerto Ryan.

- Io… sì, certo, voglio arrivare fino in fondo. Devo solo… mi serve un po’ di tempo…

- Certo Beckett, tutto il tempo che vuoi. Non siamo qui per metterti fretta, solo per darti quanto avevamo e per vedere come stavi, ovviamente. - Continuò Esposito.

- Grazie ragazzi, lo apprezzo molto.

- Ehy Beckett, hai deciso di rimanere qui poi? Non sei più arrabbiata con Castle? - Le disse divertito Kevin

- Non è così male come pensavo. - Rispose ironica

- Beh, noi andiamo… Il lavoro ci attende. - La salutò Javier prima di uscire.

Solo quando fu certo che non c’era più nessuno e non sentiva nessuna voce, Castle che era rimasto tutto il tempo con l’orecchio incollato al legno della porta fece capolino dall’altra stanza, mettendo solo la testa fuori.

- Posso uscire ora? - Bisbigliò non troppo piano a Kate che fissava la busta con i fogli appoggiata sul tavolo. Non gli rispose lo prese per un sì e la raggiunse.

- È per questi che ti hanno sparato? - Gli chiese seria e stavolta fu lui a non rispondere - È per questi che abbiamo discusso, che non volevi farmi più indagare? Erano questi che dovevano tenermi al sicuro?

- Kate… - La chiamò in un sussurro, era davanti a lui ma improvvisamente di nuovo molto lontana. Lo vedeva dallo sguardo duro, da come serrava i denti e stringeva i pugni, dalla postura rigida. Era sulla difensiva e si stava di nuovo chiudendo in se stessa. Avrebbe voluto prenderla e scuoterla anche fisicamente, se solo non le avesse fatto male.

- È meglio che vai ora Castle. - Glielo disse senza guardarlo, ma fissando quei fogli di carta bruciati.

- No. - Rispose lui perentorio prendendola in contropiede.

- Come scusa?

- Ho detto no. Non è meglio che vado.

- Castle, per favore, non ho voglia adesso di fare questi giochi da bambini - Disse con tono stanco e infastidito

- Non sto giocando e non sto facendo il bambino. Non è meglio che vado, sei tu che vuoi che vado. Perché vuoi stare sola, vuoi chiuderti come un riccio, tirare su muri e barriere, di nuovo. E io non voglio.

Beckett non si aspettava quella reazione da lui. Credeva che se ne sarebbe andato, magari tristemente, chiedendogli di richiamarlo quando si fosse sentita pronta a farlo. Invece lui era dritto davanti a lei e le sembrava ancora più grande del solito o forse era lei che si sentiva più piccola. Fece un passo indietro, come per metterlo a fuoco meglio e l’unica cosa che vide più chiaramente fu la determinazione nei suoi occhi e non sapeva come comportarsi. Pensava a quanto accaduto poco prima, a quei baci appena svegli e poi a quelli in cucina, alla loro colazione insieme quando avevano mangiato ridendo ed aveva bevuto il caffè con il suo cuore, che non era solo un cuore di schiuma a renderlo speciale era quello che ci metteva lui per farlo, che lo rendeva così buono, solo perché lo faceva lui. Pensava al suo cuore leggero, a come aveva cacciato via tutte le paure, a come era stata bene tra le braccia di Rick in ogni momento, lo stesso Rick che era davanti a lei e la guardava serio, deciso a non lasciarla andare, a non farla tornare indietro. Sapeva che aveva ragione lui, che non era meglio se se ne andava, era solo più facile per lei, chiudersi ed affrontare le sue paure da sola, come sempre. Lui l’aveva messa metaforicamente con le spalle al muro ora toccava a lei scegliere se continuare come sempre o accettare la mano che le stava tendendo ed fronteggiare con lui le sue paure.

Castle vedeva la confusione nel suo sguardo e si immaginava la sua battaglia interiore, la conosceva ormai. Era stato troppo bello tutto quello che aveva vissuto perché fosse sempre così. Non voleva dire “troppo bello perché fosse vero”, perché era vero non poteva dire il contrario, solo che quella era solo una delle mille sfaccettature di Kate ed ora la solita Beckett stava prendendo il sopravvento e lui voleva fermarla, finchè era in tempo. Voleva farle capire che c’era, che lui era quell’uomo che cercava che le poteva dare sicurezze, che sarebbe stato presente quando ne avrebbe avuto bisogno non solo quando c’era da divertirsi, un uomo che forse non aveva gli alti valori umani del dottore che andava in Africa a salvare le vite ai bambini, ma che l’avrebbe messa al primo posto e se questo non era tanto, sperò almeno che fosse per lei quell’abbastanza che cercava.

- Hai detto che volevi che fossi al tuo fianco quando il tuo muro sarebbe caduto e ci sono stato. Però non voglio andarmene mentre tu lo tiri su di nuovo. Ormai ti conosco Kate, so che lo stai già facendo. 

Beckett teneva una mano appoggiata sul tavolo e con le dita sfiorava quella cartellina che fissava mentre le parole di Castle la scavavano dentro. Doveva essere più forte del desiderio di rimanere sola, più forte delle sue paure, più forte di quanto era mai stata nell’obbligarsi ad essere diversa. Quei documenti bruciati certificavano che sarebbe sempre stata un bersaglio, che quella guerra che lei aveva voluto e che si era illusa di poter vincere da sola sarebbe finita, invece, solo quando lei o loro sarebbero caduti senza possibilità di rialzarsi più e senza volerlo in quella guerra ci aveva trascinato dentro anche la persona che più al mondo voleva che fosse al sicuro, quell’uomo che era così folle che adesso sapeva avrebbe combattuto al suo fianco qualsiasi guerra, ora che non potevano più evitarlo. Si sedette sentendosi svuotata, non aveva più voglia di combattere. Voleva sempre scoprire che aveva ucciso sua madre, voleva darle quella giustizia che da oltre dieci anni le veniva negata, però si sentì improvvisamente stanca di essere lei stessa un bersaglio. Sentiva il peso di tutto quello che aveva da perdere, di tutto quello che aveva assaporato nelle ultime ore e le sembrò di aver trovato per la prima volta qualcosa per cui valeva la pena vivere ed aveva paura.

   
 
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