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Autore: corvinia    29/01/2017    1 recensioni
[Boy George]
All'epoca aveva diciannove anni ed era solo un ragazzo di nome George. Un giorno non troppo lontano avrebbe fondato la band dei Culture Club e sarebbe diventato famoso con il nome di Boy George, ma per ora si limitava a trascorrere le sue serate nei club londinesi. Ballava, si divertiva, rubacchiava. E faceva il fan. Di David Bowie, naturalmente.
Poi una sera, al Blitz Club, arrivò lui. Il suo idolo Bowie. La vita di George stava per cambiare per sempre. Doveva solo riuscire ad avvicinarlo!
Storia raccontata in prima persona da George.
Genere: Fluff, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza guardarmi indietro, mi infilai in una stanzetta dalla quale sentivo provenire voci e risate.

Poi, all'improvviso, mi bloccai. Rimasi fermo sulla porta, come un idiota, incapace di muovere un muscolo. David era lì. Seduto ad un tavolo a gambe incrociate, la sigaretta in bocca. Sembrava allegro e rilassato. Steve, intento a chiacchierare con lui e altre due donne, era visibilmente al settimo cielo, ma il suo sorriso si incrinò quando mi vide sulla porta.

“O'Dowd” sibilò a denti stretti. “Sparisci”

Superato il primo momento di stordimento, decisi che non mi sarei arreso così facilmente. Avevo appena rischiato la vita dabbasso con la security per venire fin qui.
“Da quando mi chiami per cognome?” rimbeccai, con la voce che tremava un po'.

Steve fece per rispondere, ma David lo precedette.

“Oh, no, può rimanere” fece in tono divertito.

Il mio cuore riprese a pompare sangue ad un ritmo forsennato, mentre gli occhi chiari di David Bowie mi squadravano da capo a piedi. D'un tratto il mio look, di cui ero andato particolarmente fiero fino a due secondi prima, ora mi pareva ridicolo. Ero vestito da Boadicea, la regina celtica, con un lenzuolo bianco drappeggiato intorno al corpo a mo' di tunica e un mantello dello stesso colore. Il pezzo forte del costume, ovvero un copricapo piumato enorme, era rimasto dabbasso, quando me ne ero liberato per salire le scale di corsa. Mi parve di vedere un lampo d'ilarità negli occhi di Bowie mentre mi studiava. Tirò una lunga boccata dalla sigaretta e, dopo quella che mi parve un'eternità, parlò.

“Stavo giusto dicendo al tuo amico Steve che mi servirebbero alcune comparse per il video del mio prossimo singolo.”

Poi si rivolse a Steve. “Potrebbe fare al caso nostro, che dici?”

Steve fece spallucce, per una volta indeciso su che cosa dire. Se avesse potuto mi avrebbe cacciato a calci nel sedere, ma non osava contraddire il suo idolo, anche considerando che gli aveva fatto una proposta alquanto interessante. Apparire nel suo prossimo video!

Sfoggiai il mio sorriso migliore e decisi che era arrivato il momento di dimostrare a Bowie la mia ammirazione, senza scadere nell'adulazione. Feci un bel respiro e, sfoggiando il mio timbro da tenore, intonai il ritornello di Starman, una delle mie canzoni preferite di David.

 

There's a starman waiting in the sky

he'd like to come and meet us but he thinks he'd blow our minds

there's a starman waiting in the sky

he's told us not to blow it but he knows it's all worthwhile

he told me, “Let the children lose it, let the children use it, let all the children boogie”.


Ci fu un momento di silenzio generale. Poi Steve fece una smorfia. “Oh, non sapevo che bisognasse applaudire!” e accennò un applauso di scherno. Lo ignorai: la mia attenzione era concentrata su Bowie. Che ridacchiava piano, la sigaretta tra le dita ossute.

“Sto cercando una comparsa per il video, non qualcuno che incida le parti vocali. Per quello, credo di essere più che capace io stesso, grazie”

Steve rise alla battuta. Io sentii le orecchie diventare scarlatte.

“Scusa, David, non volevo...”

Lui fece un gesto, come se volesse scacciare una mosca fastidiosa.

“Forza, dimostraci quello che sai fare” disse poi. Sentii gli occhi di tutti puntati su di me: David, Steve, e le due donne che erano con Bowie.

“Tipo?” domandai con un filo di voce.

“Ah, se non lo sai tu!” esclamò David, un lampo ilare negli occhi. Altra risata generale.

Fui tentato di darmela a gambe, sentendo le guance bruciare per l'imbarazzo, ma sapevo che quella era la mia grande occasione. Sarei potuto comparire nel prossimo video di Bowie. Su MTV, accanto al mio idolo!

Chiusi per un attimo gli occhi e decisi che avrei fatto l'unica cosa che ritenevo adatta per una comparsa in un video musicale: danzare. Immaginai una canzone dentro la mia testa e iniziai a muovere i piedi. Diventai improvvisamente consapevole del mio corpo goffo. Innanzitutto, non sapevo dove mettere le mani, come tenere la testa, come muovere il busto. I piedi si muovevano da soli, a casaccio. Cercavo di imitare Michael Jackson nel video di Don't Stop Til You Get Enough, ma dovevo essere più simile ad una vecchietta impacciata in una sala da liscio.

Quando ne ebbi abbastanza, mi fermai e mi esibii in un profondo inchino. David Bowie mi stava guardando. Non sorrideva più, il che mi diede un indizio di quanto grave fosse la situazione.

“Non ti prenderò come comparsa” disse, asciutto. “Ma ci staresti bene nel mio salotto per intrattenere gli ospiti all'ora del tè”

“Oh, sì, O'Dowd è perfetto come teiera!” esclamò Steve in tono adulatorio.

Tutti risero.

Non riuscii più a resistere. Feci dietrofront e me la diedi a gambe, caracollando giù dalle scale come se avessi il diavolo alle calcagna.

 

Non mi fermai finchè non raggiunsi il guardaroba, il mio rifugio sicuro, e mi accovacciai sotto il bancone. Non volevo vedere nessuno. Sentivo le lacrime premermi sugli occhi. Ma cosa mi era venuto in mente? Cantare e ballare davanti a David Bowie? Chissà per quanto tempo sarebbe andato avanti Steve a raccontare la storia.

A quel pensiero, decisi che non mi sarei mosso dal mio nascondiglio almeno per un migliaio di anni a venire.

Rimasi lì, a tremare come una foglia, finchè non sentii un paio di tacchi che si avvicinavano e una voce femminile che chiamava il mio nome.

“O'Dowd, giusto? Non conosco il tuo nome di battesimo” disse la donna avvicinandosi al bancone. Riconobbi la voce: era una delle due donne che accompagnavano Bowie. Il mio cuore perse un colpo, ma non mi mossi.

“Be', a quanto pare David ti vuole davvero a casa sua per l'ora del tè” continuò la donna, parlando con il vuoto. Doveva aver capito dove mi trovavo. “Ti lascio il bigliettino sul bancone” e con quest'ultima battuta, se ne andò ticchettando.

Il bigliettino? Cosa aveva voluto dire? Aspettai che la donna fosse lontana, poi mi asciugai gli occhi e il naso con una manica, ed uscii dal nascondiglio. Guardai il bancone: effettivamente, c'era un foglietto di carta appoggiato sopra. Lo presi con un gesto fulmineo. Era stato scribacchiato in fretta, con una calligrafia spigolosa.

Ti aspetto domenica alle 16.30 a casa mia. Tanto sai dov'è, dico bene?

Firmato: D. R. J.

Continuai a fissare quelle iniziali, incredulo: David Robert Jones. In arte, Bowie.

 

Certo che sapevo dove abitava. Ci sono stato così tante volte, sotto casa sua, insieme ad altri fan. Era una specie di luogo di ritrovo. Lui, naturalmente, non si faceva mai vedere, ma sua moglie Angie si era affacciata alla finestra in un paio di occasioni e ci aveva detto di andarcene. Era stata la nostra piccola vittoria. Ma il bigliettino che stringevo tra le mani in questo momento non m'invitava ad andare sotto casa sua. Mi invitava a casa sua. Pensai subito ad uno scherzo crudele di Steve Strange. In fondo, come facevo ad essere certo che fosse stato scritto da Bowie? Per quanto fossi un suo grande fan, non avevo mai visto la sua calligrafia prima.

Sentii dei tacchi e delle voci avvicinarsi ed accartocciai il foglietto, facendolo sparire dentro il mio pugno.

“Ehi, dove ti eri cacciato? Ti abbiamo cercato dappertutto” esclamò Pinkietessa avvicinandosi al bancone, con aria preoccupata.

“Ti sta colando tutto l'eyeliner” aggiunse Marilyn, in tono molto meno materno.

Deglutii.

“Allora, l'hai visto? Gli hai parlato? Dov'è adesso?”

Altre persone si erano aggiunte al gruppetto e mi fissavano cariche di aspettativa e curiosità.

Feci un respiro profondo. “No, non l'ho visto. Sono andato di sopra, ma se n'era già andato. C'era solo Steve che gongolava”

Ci fu un coro di “oooh” di disappunto.

“Non piangere, piccolino” fece Marilyn in tono canzonatorio. “Vedrai che avrai un'altra occasione”
Provai il forte impulso di infilargli un tacco a spillo in un occhio. “Vedere la tua faccia mi provoca quest'effetto!” rimbeccai.

Gli altri risero. Marilyn fece una boccaccia nella mia direzione e si allontanò, ancheggiando in modo vistoso e cercando di fare più rumore possibile con i tacchi.

Quando tutti se ne andarono, tirai un sospiro di sollievo. Passai il resto della serata con il mento appoggiato ai palmi delle mani e i gomiti sul bancone, a fantasticare sulla svolta glamour che la mia vita avrebbe preso di lì a poco.

Credits: David Bowie - Starman.

   
 
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