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Autore: Altair13Sirio    30/01/2017    2 recensioni
Sveglia. Corri. Ruba. Mangia. Menti. Dormi.
Ripeti.
Questa è la vita della quattordicenne Riley, scappata di casa a undici anni e diretta verso il Minnesota piena di speranze. Una volta arrivata lì, però, Riley si è resa conto che quel posto che chiamava "casa" non era più tanto accogliente e sicuro per lei, e non volendo arrendersi e tornare indietro, ha deciso di andare avanti e vivere la vita a modo suo.
Così Riley ha deciso di dimenticare il passato e di diventare una persona nuova, una persona che niente ha a che fare con la Riley del passato; quella bambina che adora giocare a hockey, sempre in vena di scherzare, non c'è più. Riley ormai non prova più emozioni, e si limita a vivere per strada come una delinquente, in attesa di qualche evento che dia una svolta alla sua vita.
Allo stesso modo vivono le sue emozioni, che rassegnate, incapaci di togliere dalla testa della ragazza quell'idea che la fece andare via, continuano a occuparsi di lei nella speranza di farle fare le scelte giuste.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riley Andersen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Gioia mosse un po’ la testa per controllare che stesse bene. Piegò il collo a destra e sinistra e sentì la sua cervicale fare dei suoni strani a ogni movimento. Era svenuta? Doveva aver sbattuto la testa, perché le pulsava forte la fronte; gli arti intorpiditi si muovevano con difficoltà. Cercò di parlare, ma dalla sua gola venne solo un suono rauco e irriconoscibile. Deglutì per lubrificare le corde vocali e questa volta riuscì a prendere aria.
Che succede?
Cercò di tirarsi su piantando i gomiti sul pavimento, ma era troppo indolenzita per farcela. Decise di aprire gli occhi, e dopo aver sbattuto un paio di volte le palpebre si rese conto che li aveva già aperti; era tutto buio.
Dove sono?
Questa volta la piccola stellina si fece forza e riuscì a mettersi in ginocchio, in modo da non dover rimanere per terra. Che cosa le era successo? Lei non era mai svenuta così, non era proprio da lei…
Cos’è questo dolore?
Gioia era abituata all’oscurità, anche se questa volta ce n’era davvero troppa. Dopo alcuni istanti passati a cercare di localizzare dei punti di riferimento attorno a sé, riuscì a riconoscere la sua modesta capanna, dove si era rintanata dal giorno in cui lei e Tristezza erano tornate dall’esterno. Si mise in piedi e cominciò a vagare piano, a tentoni, alla ricerca di una fonte di luce per vederci meglio. Tastando l’aria riuscì a raggiungere una parete, e poggiandosi a quella cominciò a scorrervi parallelamente fino ad arrivare a un’apertura: la sua finestra ondulata. Andò un po’ più avanti, e questa volta trovò la porta per uscire dalla sua casetta.
Non sento niente…
Nel Quartier Generale c’era un po’ più di luce che nella stanzetta di Gioia: una debole e pallida luce veniva dalle grandi vetrate che davano verso l’esterno, dove sopra gli archivi della memoria di Riley si stagliava un cielo nero in mezzo al quale compariva una luna piena; quella era l’unica fonte di illuminazione presente. Al centro della sala c’era la console dei comandi dall’aria diversa dal solito e i suoi amici svenuti attorno ad essa; Rabbia, Disgusto e Paura erano riversi per terra, come se fossero stati spinti indietro dalla stessa console. Pochi passi distanti da Disgusto, nella direzione di Gioia, c’era la piccola sfera che era uscita dalla mente di Riley prima che tutti quanti sentirono quella scossa.
Una scossa…?
Gioia si guardò intorno per un attimo prima di lanciarsi contro la console e inginocchiarsi accanto al leader del Quartier Generale. << Rabbia! Rabbia, svegliati! >> Cercò inutilmente di chiamarlo. << Apri gli occhi! >> In preda al panico, dopo aver scosso senza successo il piccolo ometto rosso, Gioia andò da Disgusto e cercò di chiamarla parlandole nell'orecchio, poi si avvicinò a Paura vedendo che non funzionava neanche con lei e gli diede un paio di schiaffi chiamando il suo nome.
<< E' inutile. >> Disse una voce lontana quando la piccola stellina alzò lo sguardo distrutto verso il soffitto. Chi aveva parlato? Si voltò per cercare di individuare l'origine di quella voce e scoprì che Tristezza si era finalmente decisa ad entrare in scena.
Invece che reagire con un'esclamazione incredula o una richiesta di aiuto, Gioia si limitò a sbuffare lanciando un'occhiata delusa alla sua piccola amica blu. Adesso che le faceva comodo, parlava…
Tristezza era in piedi, finalmente fuori dal suo cerchio disegnato sul pavimento con un gessetto, e avanzava con passetti piccoli e lenti. I suoi fluenti capelli blu ondeggiavano a ogni passo che faceva, tanto da riuscire ad attirare l'attenzione di Gioia. << Riley ha avuto uno shock e tutti loro ne hanno risentito. Non potranno risvegliarsi finché lei non si sarà ripresa… >>
Gioia non smise di guardare in cagnesco l'altra compagna. << Se questo è vero, perché noi siamo sveglie? >> Le chiese con tono aggressivo. Aveva finito di essere dolce e gentile con chi non le mostrava lo stesso.
Tristezza piegò mestamente un angolo delle labbra e rispose con calma, con la sua voce roca e dall'aria affannata:<< Perché noi non eravamo connesse direttamente a lei. >>
Gioia non capì cosa intendesse dire. Si alzò da terra e raggiunse rapidamente il Ricordo Base di Rabbia, quello in cui Riley riversava tutta la sua frustrazione sul povero e innocente Andy, che finiva col perdere ogni speranza il lei e scappare via. Si sbrigò a portare al sicuro quel ricordo, tornando per un momento nella sua capanna e mettendolo nella sua sacca magica assieme agli altri, prima di tornare da Tristezza per continuare a guardarla con astio. << E con questo? Tu che cosa vuoi? >>
Tristezza rispose in fretta cominciando a gesticolare piano. << Dobbiamo aiutare Riley! Guarda: la console dei comandi è andata in corto circuito. >>
Gioia rivolse lo sguardo verso la console da cui potevano guidare Riley durante la veglia: di solito il piano era scintillante e sempre pronto all'utilizzo, con qualche lucina che indicava lo stato corrente della loro protetta e tutti i parametri vitali che non dovevano andare oltre la norma; adesso però, la console era spenta, annerita come se fosse stata colpita da un fulmine o fosse stata bruciata, e tutte le luci erano spente. Non appena si rese conto che c'era qualcosa che non andava, l'espressione di Gioia cambiò radicalmente e si lasciò sfuggire un sospiro preoccupato.
<< Presto, dobbiamo muoverci! >> La incitò Tristezza dirigendosi di corsa alla console. Mise le mani sulle cloche e si voltò in attesa dell'arrivo di Gioia.
La stellina aveva paura. Temeva di rovinare tutto come l'ultima volta che aveva messo mano ai comandi della loro bambina e rischiare di peggiorare le cose ulteriormente. Non guidava Riley da una vita, nemmeno ricordava come funzionassero tutti quei pulsanti e quelle leve, probabilmente avrebbe combinato un pasticcio. Tristezza, invece, aveva trovato una incredibile confidenza con quella posizione, pur non avendo mai pilotato Riley prima d'ora; ci aveva provato una volta, per toglierle di testa quell'idea di scappare da San Francisco, ma non aveva funzionato. Sì, sarebbe stato meglio se avesse lasciato tutto in mano a lei: Tristezza sapeva quello che stava facendo.
<< Muoviti! Che cosa stai aspettando? >> Sbottò quella facendo un cenno con la testa.
Gioia indietreggiò un po', intimorita da quella console oscura. << E' meglio se ci pensi tu… >> Balbettò nascondendo le mani dietro la schiena e cominciando a torturarsi i polsi.
<< Che diavolo dici? Non posso fare tutto da sola! >> Ribatté Tristezza.
Dolore…
Gioia sentì come una scossa all'interno del suo petto, assieme a un'altra lungo la schiena che la fece brillare debolmente per un attimo. Tristezza aveva bisogno di lei, perché non poteva fare tutto da sola?
Paura…
E se Tristezza non poteva fare tutto da sola, quello non voleva dire che avrebbe lasciato tutto a lei. Avrebbero cooperato per aiutare Riley!
<< Sbrigati! Non possiamo perdere altro tempo! >> Le gridò contro, cercando di farla svegliare. << Dobbiamo aiutare Riley! >>
Non voglio più tutto questo.
"Aiutare Riley"? Tristezza aveva detto proprio la cosa giusta. Non c'era niente alla quale Gioia tenesse di più del bene di Riley, la loro bambina… Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarla, per salvarla, per vederla felice. Doveva essere quella, la sua chiamata. Ecco perché era rimasta ancora al Quartier Generale, perché non era scomparsa nel Baratro della Memoria, e perché era riuscita a tornare nonostante tutte le difficoltà: Riley aveva bisogno di lei, e lei aveva bisogno di Riley. Non poteva lasciarla a sé stessa proprio nel momento del bisogno.
L'espressione della stellina cambiò radicalmente e al posto del suo sguardo spento, perso nel vuoto, vennero fuori gli occhi brucianti della determinazione, del desiderio, della voglia di rimettersi in gioco.
Con grande intraprendenza, Gioia raggiunse con poche potenti falcate la console dei comandi da dove la aspettava Tristezza e piantò i palmi su un punto del ripiano libero da pulsanti. << Facciamolo! >> Disse con decisione, guardando intensamente lo schermo spento con un leggero sorriso sicuro di sé sul volto. Tristezza reagì piegando un angolo della bocca in un sorrisetto di approvazione, prima di allungare un braccio per raggiungere un comando protetto da una cupola.
La leva che voleva attivare Tristezza era il comando per le emergenze, Gioia non ricordava di averlo mai usato: era rinchiuso sotto quella cupola protettiva per evitare che venisse usato in modo improprio o anche solo toccato per errore, aveva una sorta di valvola nera sull'apice e di sotto continuava un tubo a strisce gialle e nere che finiva per attivare qualche meccanismo che avrebbe dovuto risvegliare Riley. Gioia non sapeva bene come funzionasse quell'affare, ma per fortuna Tristezza sapeva tutto quanto sulla mente della ragazza e su come funzionassero i comandi del Quartier Generale; avrebbe lasciato fare quella cosa a lei.
Tristezza sollevò la cupola che nascondeva l'interruttore e si preparò ad afferrare la leva, ma prima che cominciasse l'operazione una voce fece sobbalzare lei e Gioia.
Aiutatemi…!
Quelle continue richieste di aiuto, quei pianti di sottofondo che Gioia aveva pensato di essersi immaginata… Adesso li sentiva chiaramente negli altoparlanti del Quartier Generale, pur essendo piuttosto fumosi, e ne riconosceva la voce: quella era Riley, nel suo subconscio, che chiedeva aiuto. I suoi pensieri, le sue paure e idee; tutto si stava liberando in quel momento. Niente aveva più un controllo, Riley non sapeva più cosa voleva.
Gioia sentì una forte pressione su di sé mentre quelle voci continuavano a suonare negli altoparlanti. << E' doloroso… >> Mormorò ansimando, non riuscendo a sopportare il dolore della sua bambina. Le faceva male vederla in quello stato. Avrebbe voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene…
Tristezza alzò lo sguardo verso Gioia alla sua sinistra. << Gioia… >> La chiamò piano per poter incontrare il suo sguardo. << Non so ancora cosa abbia fatto svenire Riley, né so dove ci risveglieremo… >>
E' tutto buio…!
Tristezza continuò mentre la voce di Riley rilasciava un altro lamento. << Ma quello su cui dovremo concentrarci sin dal primo momento, sarà aiutare Riley a fare pace con sé stessa. >>
Non voglio…
Gioia non capì. Rivolse lentamente lo sguardo verso lo schermo ancora spento della visione di Riley. << Ancora non hai risposto alle mie domande… >> Mormorò con una punta di risentimento nella voce. Strinse i pugni, pensando di non poter proseguire senza aver prima chiarito quei punti.
Tristezza sorrise mestamente. << Senti questa voce? >> Le disse di fare silenzio per un secondo mentre alzava un indice e indicava il soffitto. La voce di Riley continuò a echeggiare nel vuoto della sala. Gioia abbassò lo sguardo confusa, in attesa di una spiegazione. << In questo momento nessuno è più vicino a Riley di te. >>
Gioia indietreggiò di scatto. << Che vuol dire? >> Chiese quasi preoccupata che potesse essere un male. << Come è possibile? Non sto nemmeno toccando i comandi! >>
Tristezza si lasciò andare a una leggera risatina mentre Gioia cercava di capire cosa intendesse con quelle parole. Prese un bel respiro prima di cominciare a spiegarsi per lei:<< Oh, Gioia… Non è necessario toccare i comandi per guidare Riley… Non sempre. >>
Adesso era ancora più confusa di prima.
Tristezza si allontanò un attimo dalla leva che stava per tirare. Anche se Gioia avrebbe voluto che attivasse quel comando in modo da fermare la sofferenza di Riley, era terribilmente curiosa di sapere cosa stesse accadendo. << In tutti questi anni ho cercato di stabilire un contatto con lei… Mi ero ricordata di un particolare che avevo letto in un manuale, molto tempo fa: la console dei comandi è il centro principale da dove si pianificano le operazioni, dove queste si attuano e dove vengono impartiti gli ordini; però c'è un altro modo per guidare un protetto, accade molto raramente in casi eccezionali. Un'emozione deve essere abbastanza legata al suo protetto da condividere gli stessi pensieri, gli stessi sentimenti… E' quello che ho cercato di fare isolandomi da tutto il resto, concentrandomi su Riley per riuscire a comunicare con lei e aiutarla nelle decisioni. Ma non ci sono riuscita… E' capitato qualche volta che riuscissi a prendere il controllo per pochi istanti, ma niente di significativo… >> Tristezza abbassò lo sguardo per un attimo, prima di tornare a guardare negli occhi di Gioia puntandole contro un indice con eccitazione. << Ma tu ci sei riuscita, Gioia! Tu sei riuscita a creare quel legame che io non ho saputo tessere in tre anni. E questo perché, tra tutti noi, tu sei quella che vuole più bene a Riley. Tu ti preoccupi per lei, sei felice quando le succede qualcosa di bello e non vai mai incontro ai suoi desideri più profondi… >>
Gioia, sconvolta da quelle rivelazioni così aliene, si sentì riempire di dubbi. Abbassò la testa mentre un sacco di domande le risuonavano nella mente: era veramente così? Se voleva così bene a Riley, perché si era allontanata da lei per tutto quel tempo? Era davvero felice per lei? In fondo, lei aveva votato per scappare quando Rabbia lo aveva proposto, se fosse stato veramente quello che voleva Riley, perché erano ancora lì?
Non era sicura delle affermazioni di Tristezza, si sentiva molto scettica a tutto quello, però poi le tornò alla mente un episodio alla quale avevano assistito solo lei, Paura e Tristezza: quando Riley era tornata a sognare dopo tanto tempo e aveva sognato proprio Andy, lei era stata quella che aveva chiesto a Paura di non interrompere il collegamento con i sogni di Riley, perché voleva assistere a quei sogni. A Gioia era sempre piaciuto Andy, non era un segreto, ma era possibile che valesse la stessa cosa per Riley?
La stellina abbassò lo sguardo sulla console dei comandi, bruciacchiata e dall'aria irrecuperabile. Le sfuggì una risata serena, che sembrava voler trasmettere tutto il suo sollievo per quello che aveva scoperto. Dopo un po' alzò lo sguardo al cielo, e riprendendo fiato disse:<< Allora non sono una buona a nulla. >>
Aveva le lacrime agli occhi mentre diceva quello, ma sorrideva. Era un pianto felice, perché aveva capito di essere ancora di aiuto, di non aver perso la voglia di aiutare Riley e di volerle bene. Abbassò lo sguardo con molta più serenità; adesso si sentiva molto più leggera, come se un terribile macigno che aveva nel petto l'avesse finalmente liberata. << E dimmi, Tristezza… >> Mormorò senza ancora rivolgere lo sguardo verso l'emozione alla sua destra. << Quando te ne sei accorta? >>
Tristezza piegò lateralmente la testa e alzò gli occhi al cielo come se stesse cercando di ricordare. << Probabilmente quando ti ho vista così presa dai sogni di Riley, la notte che abbiamo conosciuto Andy… Però ci sono state delle circostanze in cui Riley ha messo da parte tutti i dubbi, le paure o i pregiudizi, ed è stata semplicemente felice. Quella eri tu, Gioia, e puoi ancora essere felice, proprio come può esserlo lei! >>
Le parole di Tristezza sembravano quasi fantascienza. Pur sentendo che fosse inesatto, Gioia voleva credere che fosse vero! Lei poteva aiutare Riley, poteva riportarla sulla retta via e salvarla dai pericoli in cui si era cacciata. Doveva solo crederci; in fondo, anche se aveva sempre sostenuto il contrario, era sempre rimasta ad occuparsi di Riley in un modo o nell'altro, prendendosi cura per tutto quel tempo dei suoi Ricordi Base. Lei aveva passato un'infinità di momenti e aveva vissuto milioni di ricordi con Riley; chi meglio di lei avrebbe potuto conoscerla e aiutarla in una situazione talmente critica?
Sul viso di Gioia comparve un sorrisetto deciso. << Va bene, Tristezza… >> Disse facendo una breve pausa. << Mi hai convinto. Andiamo! >>
Tristezza si fece seria in un attimo e annuì senza fare complimenti; in un attimo estrasse la leva dalla console dei comandi fino a tirarla fuori completamente, la fece ruotare di novanta gradi e tornò ad inserirla con decisione.
Non appena la leva fu rientrata nel pannello comandi, al centro dello schermo della visione di Riley comparve un minuscolo punto luminoso che causò uno sfarfallio dell'immagine; ci fu un altro colpo e lo schermo sembrò allargarsi per un istante, poi tornò il buio. Infine si sentì una scossa nell'aria e una fortissima luce bianca illuminò interamente lo schermo, accecando gli occhi ormai abituati all'oscurità di Gioia e Tristezza.
Ti aiuteremo, Riley!
Dopo un attimo di attesa lo schermo cominciò a tornare nero, ma questa volta Tristezza avvertì delle reazioni positive dai comandi, e i parametri vitali di Riley tornarono attivi.
Che sta succedendo? Riley aveva sentito nella sua testa questa e molte altre domande dal momento in cui era caduta a terra perdendo i sensi, ma solo ora si rendeva conto veramente di essere svenuta. Non ricordava nulla, non sapeva cosa la avesse colpita, eppure sentiva ancora male.
Le pulsavano insistentemente le tempie, la testa le faceva male da morire e aveva la nausea. Non riusciva a vedere niente e le sue forze erano così poche neanche da permetterle di sbattere le palpebre. Sentiva qualcosa, però: sentiva un leggero crepitio attutito di gocce di pioggia che cadevano tutto intorno a lei, sopra una superficie piana e metallica. Aveva freddo e gli arti erano intorpiditi, specialmente le braccia che non smettevano di farle male.
Un tuono la fece sobbalzare e la ragazza si lasciò sfuggire un gridolino. Nessuno sembrò udire la sua voce.
Maledizione… Non aveva nemmeno la forza per imprecare. Era da sola, stanca e infreddolita, la caviglia le faceva male… Non aveva idea di dove fosse e perché si trovasse là, non sapeva nemmeno cosa fosse successo e quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva aperto gli occhi. Provò a sbattere le palpebre, ma non vide niente lo stesso; sentì l'ansia salire dentro di sé quando, continuando a sbattere le palpebre, i suoi occhi non le diedero niente a cui aggrapparsi, tanto da pensare di aver perso la vista.
<< Stai calma, Riley… >> Mormorò Gioia tenendo gli occhi fissi sullo schermo, nonostante non ci fosse nulla da guardare. Si limitò dal dare qualunque tipo di ordine a Tristezza accanto a lei finché non avrebbero capito cosa fosse successo.
La ragazza cominciò a respirare lentamente, inspirando fino in fondo e poi buttando l'aria con impeto ma senza sforzarsi; quando fu riuscita a stabilizzare il suo battito cardiaco e a regolare la necessità di ossigeno ai polmoni, poté rilassarsi e tornare a pensare obiettivamente. Non poteva aver perso la vista da un momento all'altro, doveva esserci una spiegazione più razionale a quel mistero che era nato quando aveva provato ad aprire gli occhi; Riley provò ad annusare l'aria per capire dove fosse, ma sentì solo puzza di chiuso. Ansimò affaticata quando ebbe rilasciato l'aria e cercò di girare la testa per testare la sua mobilità.
Quando agitò il busto si rese conto di una cosa: le sua braccia erano tese verso il cielo, e non era certo lei a tenerle in quella posizione innaturale. I polsi le facevano male mentre cercava di muoverli e la sua pelle sfregava con qualcosa di ruvido: era legata.
Il panico prese un'altra volta il sopravvento. Era stata rapita? Dove era stata portata? Era davvero da sola, oppure c'era qualcuno lì con lei? Agitò con furia le spalle per cercare di liberarsi, ma l'unica cosa che riuscì ad ottenere fu uno strano tintinnio sopra la sua testa mentre dalla sua gola usciva un gemito di fatica.
All'improvviso la ragazza sentì una presenza di fronte a sé, non molto distante. Un sospiro, uno sbuffo… Questo le fece pensare di non essere da sola. Avrebbe voluto chiamare aiuto, chiedere a quella persona di darle qualche segno, ma invece rimase immobile e in silenzio, a fissare il buio verso dove avrebbe dovuto trovarsi quella persona. Pochi secondi dopo ci furono dei passi: il pavimento riproduceva dei tonfi vuoti e lunghi, sempre più vicini, quindi la ragazza immaginò che quella persona stesse andando da lei.
La sentì fermarsi di fronte a sé. Sentì il suo respiro, e per qualche motivo pensò che fosse molto più in alto di lei; era inginocchiata, quindi doveva per forza essere in una posizione sopraelevata rispetto a lei.
Per paura di innescare qualcosa di poco gradevole, Riley rimase in silenzio boccheggiando per il terrore. Ancora non sapeva dove si trovava, cosa le fosse successo e chi si trovasse lì assieme a lei, ma tutto a un tratto desiderò solo non essere vista da quella persona, che sembrava indugiare di fronte a lei.
Improvvisamente sentì qualcosa colpirle la guancia sinistra e Riley venne spinta sul lato; non cadde a terra perché le sue braccia rimasero bene ancorate a quel supporto a cui era legata. Si lamentò con un verso rauco di dolore e cercò di mantenere la calma senza lasciar trasparire la sua paura. Una grossa mano le afferrò i capelli e la tirò fino a che la ragazza non fu di nuovo in posizione verticale, mentre lei si lamentava e gridava dal dolore.
Quando la mano ebbe lasciato andare i suoi capelli Riley fu pervasa dal sollievo, pur sapendo che quel momento non sarebbe durato molto. Inaspettatamente, la stessa mano che aveva colpito Riley e le aveva tirato i capelli un istante prima, adesso le restituì anche la vista: tutto a un tratto si presentò davanti agli occhi della ragazza un corridoio stretto e poco illuminato, pieno di scatoloni e strani oggetti di metallo, in mezzo alla quale stava in piedi un ragazzo con in viso un ghigno inquietante, ma irriconoscibile a causa della poca luminosità; nella mano destra stringeva una benda nera. Quello era il motivo dell'inspiegabile cecità di Riley: una stupida benda!
<< Ti sei risvegliata, raggio di sole? >> Fece quello con disprezzo nella voce. << E' stata davvero una rottura, starti dietro tutto questo tempo, soprattutto con quella specie di guardia del corpo che ti portavi in giro, ma alla fine si è trattato solo di essere pazienti per sfruttare il momento giusto… >>
Riley non capiva. Lo guardò con occhi confusi e stanchi mentre cercava di riconoscere quella sagoma in controluce. << Di che stai parlando…? >> Mormorò con un filo di voce.
Con un rapido movimento della mano, lo sconosciuto estrasse un piccolo taser dalla tasca del giubbotto e lo puntò in faccia alla ragazza; non appena Riley vide le piccole saette attivarsi tra i suoi contatti, ebbe uno scatto verso dietro per allontanarsi. Era quella la scossa che le aveva fatto perdere i sensi. << Paura, eh? >> Biascicò con un ghigno compiaciuto in viso. Poi sembrò cambiare radicalmente espressione; con un rapido movimento fece passare un braccio dietro alla schiena di Riley e cominciò a frugare nelle tasche posteriori dei suoi pantaloni. << Dove l'hai messo? >> Fece con tono aggressivo, mentre intanto Riley cercava di dimenarsi per allontanarlo da sé. Le diede uno schiaffo con l'altra mano per dirle di stare ferma. Quando venne colpita e la sua testa girò dall'altra parte, Riley vide accasciata a terra una figura fin troppo familiare che le fece venire i brividi.
<< LIZZIE! >> Esclamò terrorizzata guardando il profilo inerte della ragazza dai capelli viola. Lizzie era addormentata per terra e aveva i polsi legati assieme.
<< La troietta pensava di essere pronta a diventare una di noi… Poi si è pentita di averti venduta e ha cercato di tradirci… >> Disse quello continuando a frugare nelle tasche di Riley; alla fine tirò fuori da una tasca il coltellino che la ragazza aveva preso alcuni giorni prima a uno degli scagnozzi di Bad Dog. Lo fissò con un ghigno soddisfatto:<< Finalmente, di nuovo insieme… >>
Quando la luce illuminò per un attimo il volto del ragazzo, Riley, ancora scioccata da quella scoperta, riuscì finalmente a riconoscerlo: era lui, il proprietario del coltello; pelle scura, sguardo maligno… Portava una bandana mimetica legata al collo, e fu quello il particolare che le fece riconoscere anche il misterioso inseguitore che aveva braccato lei e Andy al fast food; ricordava anche di non averlo visto all'incontro con Duncan nel cantiere abbandonato. Ma come faceva a conoscere anche Lizzie? Prima che Riley potesse dire o fare qualsiasi cosa, quello tornò a rivolgerle uno sguardo duro.
A un tratto l'espressione del ragazzo cambiò e quello si mise a sorridere gentilmente; si sedette su una cassa alla sinistra di Riley e la guardò con occhi rilassati, mentre si rigirava il coltellino tra le dita. << Sai, quel calcio che mi hai dato mi fa ancora male… >> Disse con calma. << Quando ce ne siamo andati, ho chiesto al boss di potermi occupare personalmente di te. Ero troppo arrabbiato per essere stato pestato e derubato da una ragazzina, non potevo lasciare che te ne andassi impunita… E così Bad Dog mi ha detto di cercarti e tenerti d'occhio; niente di più facile! Il problema è arrivato quando ho scoperto che Duncan era venuto a pagare parte del suo debito con il capo: aveva detto che dovevamo lasciarti in pace… >> Abbassò la testa per un attimo, lo sguardo perso nel vuoto; poi ebbe uno scatto improvviso e accostò il coltellino alla gola di Riley fissandola con occhi da psicopatico. << Ma io non potevo lasciar perdere! E anche il capo mi ha detto di non perderti di vista. Diceva che ti avremmo sfruttata nel caso Duncan non avesse pagato in tempo… >>
<< Ma non è ancora scaduto il termine… >> Cercò di ribattere la ragazza con la gola tesa al limite. Se quel tizio avesse fatto anche solo un piccolissimo movimento sarebbe stata la fine per lei.
<< Credi che a Bad Dog importi qualcosa di qualche ora in più o in meno? >> Disse quello spingendo leggermente la lama sulla pelle della ragazza. Riley sentì il gelo del filo della lama che sfiorava la sua gola. << Lui mi ha dato il via per prelevarti, e io non me lo sono certo fatto ripetere due volte… La tua amichetta qui mi ha dato una mano; quando sono arrivato a casa sua è bastata qualche piccola minaccia per farle spifferare tutto, e lei ha detto che si sarebbe occupata di te. Ma poi, invece, ti ha lasciata andare e ha cercato di contattare gli sbirri! Così le ho dato una botta in testa e l'ho portata qua, prima di venire a prendere te. >>
Riley sentì il suo fiato su di sé, il respiro gelido di quel ragazzo folle che avrebbe potuto tagliarle la gola in un attimo. Temette veramente di morire lì dentro, mentre fuori pioveva e la polizia la cercava; era una situazione strana, difficile: non sapeva cosa sarebbe stato meglio, se essere prigioniera di quel pazzo o della polizia. E perché Lizzie avrebbe fatto una cosa del genere?
<< Gioia. >> Tristezza chiamò la stellina che si era incantata di fronte a quella scena così spaventosa. Gioia si voltò con sguardo perso verso di lei e aspettò che parlasse. << Dì qualcosa. >> E con questo staccò la mano dalla cloche della console. Tristezza le stava dando carta bianca, non poteva fare altro se non sperare che lei risolvesse la situazione.
<< Non posso… Non so cosa fare. >> Rispose Gioia scuotendo lentamente la testa con aria persa.
Tristezza si avvicinò lentamente e le prese la mano con delicatezza. << Devi solo essere te stessa. Qualunque cosa accadrà, io sarò accanto a te. >>
Gioia fissò con grande timore il viso di Tristezza e quei comandi che la terrorizzavano così tanto. Vide sullo schermo il viso del secondino di Riley e pensò che le cose non avrebbero potuto aggiustarsi da sole, ma nemmeno peggiorare; dopo aver preso un gran respiro, Gioia avanzò e prese i comandi di Riley.
<< Facciamolo! >>
Riley inspirò improvvisamente, molto profondamente, come se si fosse ricordata di aver bisogno di ossigeno per rimanere in vita. I suoi occhi ruotarono disorientati fino a posarsi sul viso del malvivente di fronte a lei; la sua espressione si intristì gradualmente fino a diventare di disperazione pura.
Quello sembrò disgustato dalla reazione di Riley e tolse il coltello dalla gola della ragazza. << Ecco, lo sapevo… Non puoi fare il duro per un attimo che subito se la fanno sotto. >> Si sedette di nuovo sulla sua cassa ed esaminò la lama del coltellino. << Adesso non sei più tanto coraggiosa, eh? >> Commentò con un sorriso spavaldo, come se avesse ottenuto ciò che voleva.
Riley abbassò la testa con fare sconfitto. Sentì una grande tristezza farsi largo dentro di sé, un sacco di pensieri che non aveva mai provato a formulare fino a quel momento. Si trovava di fronte a un vicolo cieco, era finita; dopo di quello sarebbe potuto accadere di tutto, nessuno lo avrebbe saputo, nessuno si sarebbe più preoccupato per lei, e quella sarebbe solo diventata la storia di un'altra ragazzina scomparsa, un nome anonimo e privo di significato. Sarebbe morta? Sarebbe diventata la schiava di quella gente? L'avrebbero usata e drogata fino a che il suo corpo e la sua psiche non avrebbero ceduto definitivamente? A che serviva pensarci, ormai? Tutto quello che sarebbe successo da quel momento in poi non sarebbe più dipeso da lei; tanto valeva smettere di fingere, smettere di credere che ci fosse veramente un motivo a tutto quello che aveva fatto.
<< E' vero… >> Mormorò a un certo punto la ragazza senza alzare la testa. Il ragazzo si sorprese a sentirla parlare ancora, alzò lo sguardo interessato e smise di rimirare il coltellino. << Non sono coraggiosa, perché non lo sono mai stata… Non sono mai stata in grado di rubare dagli scaffali di un negozio, non sono mai stata in grado di picchiare qualcuno per strada anche solo per difendermi. Ho sempre fatto finta di essere una dura per non essere lasciata indietro, per adattarmi… >> La sua voce si ruppe in quel momento e sentì le lacrime cominciare a salire. << Non credevo che sarei mai arrivata a dire tutto questo… Speravo di poter continuare a fuggire dal passato, ma… >> Alzò lo sguardo mentre le lacrime già le solcavano il volto, ormai aveva perso ogni tratto distintivo di quella Riley dura e sfacciata ed era tornata quella bambina di un tempo. << Non voglio più tutto questo! Voglio tornare a casa e non dovermi preoccupare ogni giorno di chi potrebbe farmi del male o imprigionarmi. Voglio la mia mamma e il mio papà… >>
Gioia fissò con occhi spalancati lo schermo mentre Riley si abbandonava definitivamente alle lacrime e abbassava la testa per l'ultima volta, ormai rassegnata al suo destino. Aveva voluto evitare di affrontare la realtà fino a quel momento, e ora ne pagava il prezzo; anche Gioia stava pagando il prezzo di essersi voluta isolare così fino a quel momento: ormai non si poteva tornare indietro. La stellina però non si aspettava che sarebbe bastato un suo semplice tocco dei comandi per innescare quella reazione nella ragazza; sembrava quasi che Riley stesse solo aspettando un motivo per liberarsi di tutte quelle ansie e paure, il coraggio che le era mancato per tre anni.
Rivolse uno sguardo confuso a Tristezza, che invece stava continuando a manovrare Riley dai comandi secondari e quella le rispose con un leggero cenno. Non c'era niente da dire. Riley era stata onesta con sé stessa, e questo era tutto ciò che potevano fare. Il resto non avrebbero potuto impedirlo, da lì.
Proprio mentre si fissavano, ormai arresesi, alle loro spalle cominciarono a rinvenire i tre loro amici che avevano perso i sensi e che videro quella scena proprio nel suo atto conclusivo. Ancora prima che potessero fare qualche domanda per sapere cosa stesse accadendo o attirare l'attenzione delle due emozioni ai comandi, la voce di Riley risuonò negli altoparlanti.
<< Mi dispiace… Mi dispiace… >> Piagnucolò abbandonandosi di nuovo ai pianti. A chi stava chiedendo scusa? Ai suoi genitori, che aveva abbandonato senza nemmeno degnare di un saluto? Oppure chiedeva scusa a Duncan, che si era preso cura di lei per tutti quegli anni e che non aveva nemmeno mai ringraziato? Chiedeva scusa a Lizzie, per non essere stata una buona amica? Oppure, ancora, stava chiedendo scusa a Andy, per averlo deluso?
La voce dello scagnozzo di Bad Dog sovrastò i lamenti di Riley e disse:<< Sì… Comunque sia, tra poco arriverà Bad Dog e deciderà che farne di te. Ti consiglio di metterti l'anima in pace, perché qualunque sarà la sua decisione non rivedrai mai più mamma e papà! >> E a quel punto rise con gusto mettendosi in posizione scomposta sulla cassa.
<< Gioia! Tristezza, che state facendo? >> Esclamò confuso Rabbia, che si rialzò in fretta.
Gioia non si era nemmeno accorta del fatto che Rabbia e gli altri si fossero ripresi; si voltò di scatto e fece un saltello per allontanarsi dalla console dei comandi, dato che l'ultima volta che si era ritrovata lì Rabbia l'aveva fatta sentire malissimo. << Vi siete svegliati! >> Esclamò con incertezza, insicura se essere contenta di quella circostanza o no.
Mentre Rabbia faceva saltare lo sguardo sconcertato dalla faccia di Gioia a quella di Tristezza, Paura si alzò a sua volta e prese la parola con grande sorpresa nella voce:<< Hai preso i comandi tu, Gioia? >>
Gioia sentì immediatamente una grande pressione su di sé e si fece da parte indicando Tristezza. << No, no! E' stato tutto merito di Tristezza! Non avete idea dei segreti che mi ha rivelato… >> Ma non fece in tempo a parlare che la piccola emozione blu accanto a lei la interruppe.
<< No, Gioia; sei stata tu. Tu hai aperto il cuore di Riley. >> Nello stesso momento in cui diceva quello, prima che la stellina potesse ribattere, dalla mente della loro protetta venne fuori una luce accecante che illuminò a giorno il Quartier Generale; era una luce azzurrina con dei riflessi dorati. Nei canali della memoria cominciò a scorrere una piccola sfera azzurra contaminata da alcune macchie d'oro. Si fermò sbattendo a uno dei ricordi grigi e spenti della giornata e rimase immobile, quasi come se aspettasse che qualcuno andasse a prenderla.
Fu di nuovo Rabbia ad avvicinarsi lentamente a quel nuovo ricordo e a raccoglierlo con occhi increduli; non riusciva a proferire parola, tutto quello che poté fare fu sollevare il Ricordo Base e voltarsi verso gli altri, mentre con gli occhi di chi sembrava aver visto tutto osservava la scena che si ripeteva all'infinito nella sfera.
Quando ebbe finito di vedere le immagini, Rabbia tornò lentamente al suo posto per far vedere anche a Disgusto e Paura ciò che era uscito dalla mente di Riley. Dopo aver assistito a quella scena, Disgusto e Paura rivolsero gli occhi strabiliati verso Gioia, mentre Rabbia alzava lo sguardo ancora più incredulo, allibito.
<< Siete state voi…? >> Mormorò piano Paura, mentre il suo lungo capello ballava a ogni movimento della faccia.
<< Avete fatto… Piangere Riley? >> Gli fece eco Disgusto ancora più confusa.
Rabbia tornò a fissare con sguardo profondo il ricordo che teneva tra le mani. << Ma perché…? A che serve ormai? >>
Gioia e Tristezza non lo sapevano. Probabilmente, se Rabbia fosse stato ancora al comando, avrebbero continuato a gridare e inveire contro il loro guardiano in attesa del momento opportuno per agire e provare a scappare. Ma ormai era troppo tardi, Riley era distrutta dentro e fuori, e nemmeno loro sentivano alcun desiderio di cambiare le cose.
Una serie di tonfi vuoti fecero sobbalzare tutti gli esserini nel Quartier Generale, mentre anche Riley aveva un debole scatto privo di emozione. Qualcuno stava bussando alla porta di quella specie di prigione: Bad Dog.
Il ragazzo che si era seduto sulla cassa ghignò e si alzò rapidamente. << Te l'avevo detto che sarebbe stato qui a minuti. >> Passò rapidamente in mezzo al corridoio e andò ad aprire la porta ai complici. Qualunque cosa sarebbe successa, Riley non aveva più forza per provare a ribellarsi; forse se si fosse comportata bene avrebbe ricevuto un trattamento meno duro, ma non ci sperava troppo…
Si abbandonò al nulla calando lentamente la testa, mentre il ragazzo apriva una pesante porta scorrevole facendo un cenno a chi stava dall'altra parte e cominciando a dire qualcosa: prima che le sue labbra potessero formulare una frase sensata, il ragazzo fu colpito in faccia da un pugno avvolto da un guanto munito di borchie sulle nocche e le dita tagliate a metà. Non fu quel colpo a destare Riley, che quasi non se ne accorse, ma il seguente baccano che si creò quando quello indietreggiò sbattendo con la schiena alla parete del corridoio. Riley alzò lo sguardo, e proprio mentre in quello spicchio di cielo visibile passava un fulmine a illuminare la notte e il suo tuono scuoteva con violenza la prigione della ragazza, dalla porta entrava a passi lenti un ragazzo bagnato fradicio dai capelli verdi e una furia negli occhi.
Riley non riuscì a dire nulla, ma inspirò profondamente piena di sorpresa quando vide il viso di Duncan contratto dall'odio per quel ragazzo. Fu l'altro ragazzo a urlare il suo nome con rabbia:<< DUNCAN! Bastardo! >>
Il ragazzo tentò di colpire la testa di Duncan con un pugno da destra, ma l'amico di Riley si abbassò rapidamente e lo spinse un'altra volta contro il muro buttandosi su di lui con tutto il suo peso. Quello ebbe un attimo di esitazione prima di dare un colpo sulla schiena di Duncan e spingerlo indietro; il ragazzo dai capelli verdi si aggrappò con una mano al bordo della porta scorrevole per non cadere di fuori e tornò dentro.
<< DUNCAN!!! >> Urlò Riley dopo aver finalmente recuperato la voce. Il ragazzo volse lo sguardo verso di lei solo per un attimo e venne colto di sorpresa dall'avversario, che gli diede un pugno sulla guancia. Duncan barcollò tenendosi una mano sulla guancia prima di sputare un grumo di sangue a terra e lanciarsi urlante contro l'altro ragazzo. Ma per qualche motivo, Riley sentì che non avrebbe dovuto farlo. << ATTENTO, E' ARMATO! >>
L'avvertimento di Riley venne dato giusto in tempo; Duncan si accorse subito del coltellino stretto nella mano destra del suo avversario e si spostò piegando ancora di più la schiena per abbassarsi. La lama sfiorò la sua spalla mentre Duncan passava rapidamente accanto al ragazzo e si voltava per rivolgere le spalle a Riley con fare protettivo.
Riprendendo fiato, il ragazzo cominciò a dialogare con il suo avversario:<< Mi sorprende che tu sia ancora così legato a quella stronzetta… Fossi stato in te, mi sarei preoccupato di lasciare la città il più velocemente possibile per non finire nelle grinfie di Bad Dog! In fondo, se sei qui immagino che non sei riuscito a raccogliere i soldi in tempo… >>
Anche Duncan stava ansimando, ma avrebbe dovuto essere più avvantaggiato dell'altro. << Joel, sei un bastardo psicopatico! >> Lo insultò con rabbia nella voce. << Non ti sei preoccupato di attendere che io vi ripagassi, volevi solo fare del male a Riley, non è vero? >>
Joel si mise una mano al mento e ghignò. << Forse. >> Poi tornò a guardare con disprezzo Duncan e continuò a parlare:<< Comunque mi è dispiaciuto molto non poter assistere al tuo pestaggio, l'altra volta. Ho saputo che sei arrivato a vomitare sangue; è vero? >>
Duncan rispose a quella provocazione con un verso di noncuranza, ringhiando in faccia all'avversario.
Il ragazzo era in estasi a quel punto; non vedeva l'ora di fare del male a Duncan, forse addirittura di ucciderlo. << Bé, non fa niente… Potrò avere l'onore di spedirti definitivamente al Creatore! >> Dopo di quella frase si lanciò contro Duncan sollevando con enfasi il coltellino che aveva sottratto a Riley. Il ragazzo dai capelli verdi si preoccupò di coprire interamente il corpo inerme della ragazza e prese in pieno la carica di Joel.
Riley urlò terrorizzata, pensando che Duncan fosse stato colpito; poi però vide che i due erano immobili e ancora in piedi: Duncan aveva afferrato il polso armato di Joel e aveva chiuso l'altra mano nella sua con una stretta potente. Con un grande sforzo riuscì a spingerlo indietro, liberando anche un urlo, e si limitò a fissarlo ancora con grande odio negli occhi.
Joel si mise a ridere, sapendo di essere ancora in vantaggio: sia Duncan che Riley erano in trappola e lui era armato; avrebbe vinto di sicuro. Fu in quel momento che un urlo rabbioso alle spalle di Joel scosse l'aria, mentre fuori da lì un altro tuono si faceva sentire in tutta la sua potenza.
Un ragazzino dai capelli biondi e le punte colorate di blu colpì in pieno la testa di Joel tramite un tubo di ferro a elle preso chissà dove; lo spinse in avanti fino a quasi farlo cadere a terra e gli diede un altro colpo dando un improvviso strattone verso l'alto al tubo, questa volta centrando in pieno la faccia del teppista senza che quello potesse fare o dire nulla in reazione a quell'attacco a sorpresa.
<< Andy?! >> Esclamarono all'unisono le emozioni nella testa di Riley quando videro quella scena nello schermo. Gioia ebbe un tuffo al cuore quando rivide il ragazzino che le aveva ridato la speranza e la voglia di vivere.
<< Andy?! >> Urlò Riley senza poter fare altro, ancora legata.
Il ragazzino alzò lo sguardo ansimante verso la ragazza e quasi si mise a piangere. Lasciò cadere il tubo a terra e avanzò lentamente verso di lei. << Bel lavoro, ragazzino… >> Si complimentò Duncan alzando una mano. Andy gliela batté con la sinistra e tornò a concentrarsi su Riley.
<< Riley… >> Mormorò quasi incredulo. << Pensavo che non ti avrei più rivista. >>
La ragazza lo guardò con occhi lucidi e un nodo alla gola. Scosse la testa mentre le lacrime tornavano a scendere lungo le sue guance:<< Anche io… >>
Andy abbracciò Riley liberando tutta la tensione che aveva accumulato dentro di sé fino a quel momento e rimase per alcuni secondi con il mento di lei poggiato sulla spalla. Dopo un attimo quell'abbraccio sembrò durare un po' troppo e Andy tirò indietro la testa per guardarla meglio in faccia:<< Hai pianto? >> Chiese squadrandola con un sopracciglio inarcato, sorpreso da quella visione.
Riley tentò inutilmente di nascondere il proprio viso e rispose quasi mettendosi a ridere:<< No… >>
Duncan prese la parola improvvisamente facendo sobbalzare la ragazza. << Non abbiamo tempo ora! Dobbiamo andarcene da qui. >> E detto questo cominciò ad esaminare le corde che tenevano legata Riley.
<< Sì, grazie… Se mi slegaste mi fareste davvero un piacere… >> Mentre Riley diceva questo con voce sarcastica, Andy seguiva l'esempio di Duncan abbassandosi per slegare Lizzie a terra. Ma come avevano fatto ad arrivare lì? Prima ancora che la ragazza potesse chiedere qualcosa al riguardo, una vocina acuta entrò nel corridoio da fuori la porta.
<< Possiamo entrare ora? E' sicuro? >>
<< Ci stiamo bagnando tutte! >> Le fece eco un'altra voce più matura che Riley riconobbe all'istante. Due visetti vispi e pimpanti sbucarono da dietro la porta che Joel aveva aperto alcuni minuti prima e si illuminarono ancora di più quando scorsero il viso solcato dalle lacrime di Riley.
<< Abigail! Alex! >> Esclamò incredula la ragazza quando quelle due furono salite su ed ebbero cominciato ad avvicinarsi. Che ci facevano lì anche loro due?
<< Non potevamo lasciarti andare via senza prima salutarti, no? >> Disse Alexandra mostrando un sorrisetto furbo mentre si metteva le mani ai fianchi. Riley era felice di rivederle, non solo per il fatto che le avevano appena salvato la vita, ma anche perché condivideva il loro stesso sentimento riguardo al salutarsi un'ultima volta; se ne sarebbe pentita amaramente se l'ultima volta a parlare con loro fosse stata quando poi se n'era andata quasi senza nemmeno salutare, dopo aver scoperto che le ragazze conoscevano Andy.
<< Ma come avete fatto a trovarmi? >> Chiese ancora confusa, quasi convinta di stare sognando. Fu Abigail a prendere la parola questa volta.
<< E' stato merito di Andy. >> Disse spostando il peso da una gamba all'altra e indicando con un pollice il ragazzo accovacciato accanto a Lizzie nel tentativo di liberarla dalle corde. << Verso sera io e Alex abbiamo ricevuto una sua chiamata che ci chiedeva se sapessimo dove ti trovassi tu. Sembrava preoccupato, gli abbiamo detto che non ti vedevamo da giorni… >>
<< Non sapevamo nemmeno che voi due vi frequentaste… >> Aggiunse Alex con le braccia incrociate al petto.
Abbie annuì e continuò:<< Comunque dopo aver tentato di chiamarti inutilmente, abbiamo deciso di incontrarci con Andy e andare a cercare aiuto da Duncan. >>
Riley alzò lo sguardo interrogativa verso il ragazzo dai capelli verdi, al momento occupato a sfregare la corda con un suo coltellino. << Quando ho saputo che tu eri sparita e che non potevi essere per certo da Liz, ho capito subito che cosa fosse successo… Ho chiamato Bad Dog dicendogli di avere i suoi soldi e al posto mio ho fatto andare all'appuntamento la polizia, mentre noi venivamo qua. >>
<< Come hai fatto a scoprire che ero proprio qua? >> Chiese Riley, non avendo la minima idea di dove si trovassero realmente.
Duncan non la guardò per continuare a tagliare le corde. << Conoscevo questo posto; un vecchio container che quel bastardo ha adibito a magazzino, ci tiene tutta la roba di valore. Il posto perfetto per nascondere una persona. >>
Sentendo quelle parole, Riley si sentì una stupida. Non solo era scappata alle sue responsabilità, mentendo a tutti quanti e trattando male le persone che avevano cercato di aiutarla, ma si era fatta catturare e aveva messo in pericolo la sua stessa vita; era stata tanto infantile da volersi rinchiudere in una stanza e non uscirne più per anni…
<< Scusatemi… >> Mormorò la voce di Riley quando Gioia ebbe spinto piano la cloche della console dei comandi. Quel gesto le venne naturale, come se fosse non solo il suo pensiero ma quello di tutti, voler chiedere scusa a quelle persone che le avevano voluto bene. << Sono stata un'incosciente… >>
Per poco non si mise di nuovo a piangere. Duncan diede una taglio netto alle corde che tenevano ancora legata Riley e quando queste cedettero, la ragazza si sentì cadere a peso morto per terra; le braccia non vollero saperne di sollevarsi e lungo tutti i suoi muscoli cominciarono a scorrere brividi e scosse elettriche che le fecero venire dolori immani; non se ne curò e rimase a terra, a nascondere le proprie lacrime nell'oscurità, mentre intanto Abigail e Alexandra si inginocchiavano accanto a lei per aiutarla a tirarsi su. E proprio quando si aspettava delle parole di rimprovero da qualcuno di loro, Duncan sospirò stancamente e la sorprese:<< Non farlo mai più. >> Sussurrò con in viso un'espressione dispiaciuta. Si inginocchiò accanto a Riley e le fece alzare lo sguardo, mentre intanto anche Andy si voltava a guardarla con occhi sgranati. << Ti prego. >>
Gli occhi di Duncan erano infossati, il suo viso era tetro e pallido; sembrava non mangiare e dormire da giorni, come se senza di Riley si fosse dato all'autodistruzione… Solo in quel momento Riley capì quanto fosse legato a lei quel ragazzo, come anche quelle ragazzine che erano venute fin lì a salvarla… E quell'altro ragazzino, invece? Avevano detto che era merito suo, ma perché? Quanto era legato a lei, lui?
<< Quando me ne sono andato, mi sono diretto al commissariato per sapere se c'erano stati sviluppi nelle ricerche… >> Cominciò a dire dopo che Riley gli ebbe posto quella domanda. << Erano tutti sorpresi di vedermi, mi hanno subito chiesto dove fossi stato… E io gli ho raccontato tutto. >> Ci fu una smorfia sarcastica sul viso di Riley, quando il ragazzo disse questo. << Non appena ho finito, si sono precipitati tutti fuori a cercarti e io sono rimasto solo. Ho pensato che avrei potuto andarmene a casa e dormire, ero stanco di tutto questo… Poi però mi sono ricordato degli occhiali che tu avevi preso a Lizzie, e allora ho deciso di andare a restituirglieli. Ma quando sono arrivato a casa sua, non mi ha risposto nessuno al citofono. In casa non c'era nessuno e io non sapevo come fare per chiamarla e assicurarmi che ci fosse… Poi sono arrivati i genitori di Lizzie, appena tornati dal loro viaggio; quando mi hanno visto davanti al portone di casa loro, mi hanno chiesto se cercassi qualcuno, e dopo che gli ho spiegato la situazione si sono presentati e, con molta fretta, sono saliti in casa per controllare che Lizzie ci fosse. Ma lei era sparita, il cellulare era ancora lì e c'erano i segni di una lotta. Mentre i genitori di Liz chiamavano la polizia, io ho deciso di telefonare ad Abigail per sapere se ne sapesse qualcosa, e a quel punto le ho raccontato tutto. >>
Riley guardò con occhi sorpresi la ragazzina più piccola, che le rivolse un sorriso interrogativo. << E tu non ti sei fatta qualche domanda? >>
Abbie sorrise ingenuamente. << Perché? Andy ha detto di essere tuo amico. >> Rispose facendo sobbalzare il ragazzo e suscitando un sorrisetto di scherno nella ragazza più grande.
<< Comunque sia… Quando le ho chiesto se ci fosse un modo per trovare Lizzie, Abigail ha prima provato a chiamare te – non so per quale motivo – e poi ha chiamato Duncan, dopo avermi detto di incontrarla in centro. >> Andy concluse in fretta nel tentativo di nascondere il rossore delle sue guance derivato da quello che aveva detto la ragazzina. << Il resto lo sai. >>
Riley rimase in silenzio per qualche secondo, poi rivolse lo sguardo a Duncan accanto a lei e disse:<< E tu che hai pensato di lui? >>
Tutte quelle domande incentrate su di lui stavano facendo mettere in soggezione Andy, che fece girare lo sguardo rapidamente da Riley a Duncan. << Ho pensato che fosse solo un'altra delle tue povere vittime… >> Rispose il ragazzo dai capelli verdi mostrando un piccolo ghigno alla ragazza inginocchiata accanto sé.
Riley rise sotto i baffi mentre Duncan si alzava. << D'accordo, adesso andiamo. >> Disse il ragazzo muovendosi verso la ragazzina ancora a terra, svenuta.
<< Liz è ancora priva di sensi! Come facciamo a trasportarla? >> Chiese Andy tornando a concentrarsi sulla ragazza dai capelli viola. Senza dire niente, Duncan si abbassò al suo fianco e la sollevò di peso mettendosela su una spalla.
<< Andiamo! >> Ripeté cominciando ad avviarsi lungo il corridoio della prigione di Riley, ormai espugnata. Al suo ordine, Abigail e Alexandra offrirono appoggio dalle spalle a Riley e la ragazza tentò con riluttanza di rialzare le braccia ancora doloranti per aggrapparsi a loro. La aiutarono a rialzarsi e cominciarono ad accompagnarla lungo il tragitto, essendo state già informate da Andy dell'infortunio alla caviglia della ragazza. Prima di uscire da lì, Riley chiese alla sua scorta di fermarsi e si girò a guardare dall'alto verso il basso il corpo inerte di Joel, il ragazzo che l'aveva imprigionata; era stato legato mani e piedi da Duncan e adesso sembrava totalmente indifeso.
Riley gli diede un calcio nello stomaco con il piede sano, togliendosi una grossa soddisfazione. << Fottiti, Joel! >> Ghignò prima di voltarsi verso l'uscita e ordinare ad Andy di raccogliere il coltellino che era caduto a quel furfante.
Quando Riley fu fuori dal container in cui era stata segregata, la pioggia e il freddo della sera la colpirono improvvisamente. Nonostante non fosse una pioggia fitta e pesante, le gocce cadevano velocemente dal cielo e colpivano con forza le superfici; l'intensità della pioggia cambiava di continuo assieme al vento e ogni tanto un fulmine squarciava il cielo oscuro.
Pioggia, vento e freddo. Odore di libertà. Riley non si era mai sentita più viva di quell'istante.
Duncan arrivò a infrangere le sue fantasticherie mettendole davanti le sue responsabilità. << E adesso andiamo dai tuoi genitori. Senza fare storie! >>
Riley sembrò quasi sorpresa quando lui le disse così, ma dopo averlo fissato per un attimo abbassò lo sguardo e annuì accondiscendente, accennando anche a un minuscolo sorriso. << Già… Hai ragione. >> Disse con calma. In fondo era arrivato il momento… Non c'era motivo per tenere ancora il muso.
   
 
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