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Autore: myqueasysmile    01/02/2017    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Erano passate circa due settimane dal giorno in cui Stefano aveva suggerito a Milani che avrebbe potuto essere il mio fidanzato. Ripensandoci non so come avevo fatto a tirarmi fuori da una situazione tanto imbarazzante...

A scuola stava andando tutto bene e i prof continuavano a dirci di cominciare a pensare alla tesina e all'argomento da affrontare.
Non ne avevo la più pallida idea. Magari avrei chiesto a Marco un consiglio...
Col coro si proseguiva alla grande, avevamo fatto molte altre canzoni e le tre oche, Ludovica, Benedetta e Stefania, mi avevano per fortuna lasciato in pace da quel fatidico giorno.

Pur essendo metà dicembre gli studenti continuavano comunque ad uscire a ricreazione, per fumare più che altro. Altri si riunivano nei corridoi e guardavano la gente che passava.
Altri ancora, come me, se ne stavano in classe tranquilli, lontano dalla confusione.
Questa volta non mi ero infilata le cuffie, ma mi ero portata un libro da leggere, più precisamente "Harry Potter e il principe mezzosangue". Mi ero seduta per terra sulla giacca con la schiena appoggiata al termosifone. Si stava da dio.

Mi mangiai il panino mentre leggevo, finché non sentii la porta aprirsi. Mi ero completamente dimenticata che fosse martedì, e che Milani avrebbe passato la ricreazione in classe nostra.

Avrei voluto scappare a nascondermi, pensavo che prima o poi questa attrazione verso di lui mi sarebbe passata, ma ormai continuava da tre mesi e io non sapevo cosa fare.
Richiuse la porta, ma probabilmente non mi vide perché non mi salutò. Feci un sorrisetto, poi tornai a leggere. Ero così concentrata che nemmeno mi accorsi che lui in realtà si era accorto di me ed era arrivato tra i due banchi dov'ero.

«Ciao Elisa». Sobbalzai e alzai gli occhi. Aveva uno sguardo divertito, cosa che avevo notato spesso in lui.
Arrossii. «Buongiorno prof».
«Cercavi di nasconderti da me?» chiese sempre con tono divertito.
«Io? No... Sto leggendo» risposi mostrandogli il libro.
«E stai comoda?» chiese alzando il sopracciglio col piercing. Maledettamente bello era!
Annuii.

«Devo ancora capire perché vuoi rimanere sempre da sola» disse lui sedendosi nello spazio vicino a me, e appoggiandosi al termosifone.
«Non c'è niente da capire...» risposi alzando le spalle e riportando gli occhi sul libro.
«Invece sì, non me lo vuoi dire?» chiese dolcemente.
«Perché dovrei?» chiesi arrossendo per la sua vicinanza.
«Pensavo ti fidassi di me!» rispose lui.
«Mi fido, però non ho niente da spiegare, sono fatta così...».

«Mmh» commentò lui «Arriverà il giorno in cui parlerai con me?».
«Ma io parlo con te, e ti ho anche detto troppe cose finora. Cose che tu nemmeno dovresti sapere».
«Possiamo parlare insieme anche se sono un professore Elisa, non è niente di illegale... se questo è il problema».
«È complicato» risposi fissando lo sguardo sul libro.
«Capito, comunque se hai bisogno ci sono» disse lui alzandosi. Annuii.

Quando alzai lo sguardo lui se ne era già tornato alla cattedra. Ripensai un attimo alla nostra breve conversazione, poi ritornai al mio libro e alle avventure di Harry, Ron ed Hermione.

Le ore mancanti non ci misero molto a passare, soprattutto perché non prestavo davvero tanta attenzione ai prof. Ripensavo a quello che lui mi aveva detto. Fin dall'inizio stranamente non avevo avuto grandi problemi nell'aprirmi con lui.
Stranamente, perché la timidezza spesso mi portava a cercare di stare in disparte, a non parlare con altre persone che non conoscevo bene, a sentirmi a disagio soprattutto con persone dell'altro sesso.

Invece con lui era stato diverso. Certo, la sua presenza mi causava tachicardia e nervosismo... ma parlare con lui mi veniva naturale, e lo trovavo strano, ma allo stesso tempo bello.
Forse davvero mi fidavo di lui, mi aveva fatto capire che non avrei dovuto avere paura del suo giudizio e avrei potuto contare su di lui.

Questa cosa mi faceva sentire in qualche modo più leggera, era come aver trovato un amico, anche se non era proprio un amico. O almeno, lui non sapeva che per me stava diventando sempre più importante, e speravo davvero che non se ne accorgesse.

Perché alla fine non ci incontravamo solamente a scuola. Capitava spesso che passasse a salutare il piccolo Stefano mentre c'ero io con lui... e allora inevitabilmente parlavamo assieme mentre giocavamo col biondino. Della scuola, di musica, di qualsiasi altra cosa...

Probabilmente in mancanza di mio fratello, lui era diventato una buona persona con cui parlare. Tra una cosa e l'altra io e Marco non ci sentivamo tanto spesso, ma sicuramente a Natale sarebbe tornato, anche perché ci sarebbe stato il suo compleanno. Dovevamo festeggiare per bene!

"Anzi, a proposito di compleanno e Natale" pensai mentre tornavo verso casa avvolta nella giacca con tanto di guanti, sciarpa e berretto, "devo muovermi a prendere i regali!".
Eh già, non avevo ancora preso niente, e mancavano poco meno di due settimane. Dovevo assolutamente farmi venire qualche idea... e poi volevo prendere un regalo anche a Stefano, addio cari soldi!

Arrivai a casa tutta infreddolita, salutai mamma e papà e dopo essermi cambiata scesi a mangiare.
Passai qualche ora a studiare e a prendermi avanti con i compiti dato che spesso dovevo badare a Stefano. Poi mi guardai un po' la tv e il resto del tempo lo passai suonando.

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La mattina dopo fortunatamente riuscii a farmi portare a scuola da papà. In realtà avevo la patente, ma non la macchina... quindi per forza o dovevo andarci a piedi o mi facevo accompagnare.
La mattinata passò anche abbastanza velocemente. Era ora di verifiche e interrogazioni varie, per il momento tuttavia me la cavavo abbastanza bene. Vabbè, a parte italiano...

Dopo pranzo messaggiai un po' con mio fratello, ormai ero abituata, però era strano ritrovarsi a casa da sola per tutto questo tempo.
Dopodiché mi preparai e andai a prendere Stefano all'asilo.

Mi salutò come sempre abbracciandomi, poi andammo a casa sua.
Giocò un po', poi mi chiese di leggergli un libretto. Era la storia di Biancaneve e i sette nani. Cominciai a leggere facendogli vedere le immagini del libretto. Lui pendeva letteralmente dalle mie labbra.

«Giochiamo a Biancaneve e i sette nani?» mi chiese una volta finito, alzandosi e guardandomi speranzoso.
«Va bene Stè».
«Allora, tu sei Biancaneve... io sono la regina cattiva... e aspetta! Vado a prendere i sette nani!!» esclamò correndo poi in camera sua.

«Ecco! E questa è la casetta dei sette nani» disse indicando il divano.
Sorrisi e seguii le sue istruzioni mano a mano che la storia andava avanti.
«Ciao bella ragazza, la vuoi una di queste belle mele rosse?» chiese facendo la voce roca.
Soffocai le risate e annuii, poi presi una mela finta, feci il gesto di morsicarla e feci finta di svenire cadendo sul divano, chiudendo gli occhi.

Lo sentii avvicinarsi coi vari pupazzi e fare le voci dei nani.
Aveva una fantasia incredibile, questo bambino era fantastico!

«Oh no, Biancaneve è morta!» disse facendo una vocina acuta, e poi facendo finta di piangere.
Cercai di rimanere seria e immobile.
«No, era tanto bella e dolce» disse cambiando voce. «Non può essere morta!».

«Però manca il principe uffa. Non ho più pupazzi...» lo sentii mormorare disperato.
In quel preciso momento suonò il campanello. Feci per alzarmi.
«No, Biancaneve è morta, non puoi alzarti!» esclamò andando verso la porta.

«Ciao zio! Sei arrivato nel momento giusto!».
Il mio cuore perse un battito. Perché doveva essere proprio lui? E per di più io stavo facendo finta di essere Biancaneve addormentata... era imbarazzante.

«Ciao Elisa!».
Feci per rispondere ma Stefano mi precedette «Non può parlare, è morta!».
«Morta?» chiese l'altro.
«Si, stiamo giocando a Biancaneve e i sette nani... solo che ci manca il principe, lo fai tu??».
Mi sentii sprofondare.
Lo sentii togliersi la giacca «Mmh, ok».
«Bene, allora adesso tu arrivi e la guardi e poi chiedi ai nani cosa è successo» disse il biondino istruendo lo zio.

L'altro seguì i suoi ordini e si mise a parlare coi pupazzi. Sorrisi.
«Ecco, adesso devi darle un bacio per svegliarla!» esclamò il piccoletto.
«Giusto» commentò il prof.
"Elisa stai calma, Elisa stai calma..." cominciai a ripetermi in testa.
Sentii il cuore accelerare mentre lui si avvicinava. Mi arrivò una ventata del suo profumo, che tra l'altro era buonissimo. E se non fossi stata già sdraiata sul divano, probabilmente sarei svenuta sul serio.

Lo sentii avvicinarsi e poi le sue labbra si posarono sulla mia guancia. Perché Stefano riusciva sempre a mettermi in queste situazioni assurde?
«No, non va bene. Devi baciarla sulla bocca!» esclamò il bambino.
«Eh? Stefano ti prego!» mormorai ancora ad occhi chiusi.
Milani rise.
«Non è divertente!» borbottai.
«Zitta, non puoi parlare. Sei addormentata Elisa!».

«Dai zio, baciala!» insistette di nuovo.
Lo sentii avvicinarsi e l'imbarazzo mi colorò sicuramente le guance.
«Tranquilla piccola solitaria» lo sentii sussurrare, poi posò dolcemente le labbra vicino alla mia bocca. Sperai davvero che non sentisse il battito accelerato del mio cuore.
Aprii gli occhi ed evitai accuratamente il suo sguardo. Poi mi alzai a sedere.

Stefano batté le mani. «Adesso la devi portare con te! Sarebbe sul cavallo, ma visto che non ce l'hai prendila in braccio» disse alzando le spalle.
Lo guardai «Non serve Stè, io peso».
«Ma sì che serve, dai zio ti prego!».
Alzai gli occhi al cielo, poi lanciai un urlo quando lui mi alzò all'improvviso. La sua risata mi arrivò dritta nel cuore.
Mi aggrappai al suo collo poi gli diedi un pugno leggero sul petto.

«Bene, dove la devo portare?».
«In camera mia».
Il prof fece come il nipote gli aveva detto e mi portò nella sua cameretta.
«Ecco, puoi mettermi giù» dissi sempre evitando i suoi occhi.
«Dici? Pensavo di poter fare quello che voglio con te, dato che sei la mia principessa!» disse con tono divertito.
Aprii la bocca, poi la richiusi.

«Perché non mi guardi?» chiese.
«Se te lo dico non ridere».
«Ok. Non rido, te lo giuro».
Esitai per qualche secondo «Perché mi sento in imbarazzo».

  
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