Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: Blablia87    01/02/2017    8 recensioni
«Contesto emotivo, Sherlock, ti distrugge ogni volta.»
[Ambientata durante la 04x03 – “The Final Problem”]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Emotional context, Sherlock, it destroys you every time.»
 

 
  
 
 


John sente qualcosa strapparsi al centro del petto e, per un attimo, è certo che un proiettile gli abbia attraversato la carne.
 
Brucia, lo squarcio che si allarga tra i suoi respiri mozzati e il nodo che gli serra la gola, e le fiamme di quel dolore devono essere arrivate fino agli occhi, perché li sente riempirsi di lacrime.
 
Ogni parte del suo corpo - del suo essere - duole, freme, come i palmi delle mani dove non si accorge di aver conficcato le unghie con forza tale da farli sanguinare.
 
 
Non immaginava potesse avere un suono simile, la parola amore.
 
Non immaginava potesse assumere una forma così chiara, così profonda, se forgiata da quelle labbra.
 
Non immaginava che potesse vibrare a tal punto, luminosa ed oscura, un’oscillazione ancestrale che risuona tra quelle pareti piovendo su di lui come luce aguzza.
 
 
 
«Ti amo
 
 
 
John si irrigidisce, sotto lo sguardo attento di Mycroft.
 
 
 
«Ti amo
 
 
 
Per un secondo - il tempo di un sussulto – John, semplicemente, odia.
Di un livore cieco, furioso, totale.
 
Odia Eurus. Odia Molly Hooper, che sente rispondere a quelle parole. Odia Sherlock, che continua a dargli le spalle ed a prostrarsi ad un gioco al massacro che gli sta lacerando l’anima.
 
Odia se stesso, pavido disertore di un sentimento che non ha mai avuto il coraggio di ammettere ma che non riesce a lasciare andare neanche adesso, mentre lo sente decomporsi in un grumo di umiliazione.
 
 
 
 
Sherlock chiude gli occhi, il tempo necessario per riuscire a percepire John muoversi appena alle proprie spalle.
 
Lo sente respirare affannosamente.
Fare un passo in avanti e poi, lento e appesantito, tornare al proprio posto.
 
 
“Dillo con convinzione.”  Ha chiesto Molly, una piccola rivalsa avvolta in un grande dolore.
 
E deve farlo, lo sa, se vuole che viva.
 
 
Apre gli occhi, il suono del respiro corto dell’altro ancora nelle orecchie e la sua immagine a sovrapporsi a quella sullo schermo.
 
 
 
«Ti amo
 
 
 
Ripete ancora una volta, un sussurro roco.
 
 
 
«Ti amo
 
 
 
Non immaginava che un giorno avrebbe davvero sentito la propria voce pronunciare quelle parole.
 
Non immaginava che potesse fare così male, non poter guardare il viso dell’uomo che ne è destinatario inconsapevole, ignaro approdo di quella dichiarazione che adesso - tagliente come schegge di vetro - ricade su di lui sotto forma di una voce spezzata di donna.
 
 
In un secondo – il tempo di un fremito – Sherlock, semplicemente, si satura di rabbia.
Una furia cieca, impetuosa, incontenibile.
 
Odia la voce di Eurus. Odia l’aver svenduto ad un ricatto il proprio amore, la propria voce, la propria anima. Odia John, incapace di vedere oltre il muro delle sue spalle.
 
Odia se stesso, per aver capito troppo tardi che il dolore è un fardello che grava sulle spalle di chi si lascia indietro e che non scompare, ma continua a decomporsi in un grumo di rimpianti.
 
 
 
 
Si volta, lento, senza riuscire a guardare John.
 
Lui - gli occhi lucidi e le labbra tirate - si avvia verso la porta che si è aperta dietro di loro, curvo.
 
 
Delicatamente, Sherlock sistema il coperchio sulla bara aperta. Deglutisce, leggendo incise sul metallo lettere scarlatte che adesso sente bruciare, incandescenti, sotto i polpastrelli.
 
Alza gli occhi sul medico un secondo, sorprendendosi di trovarli liquidi, morbidi, ancorati ai suoi.
 
«Sherlock.»
 
«No.» Lo ferma il detective, facendo un passo indietro e aprendosi la giacca.
 
Non può lasciare integro il simulacro del suo fallimento. Non vuole che quella targa, quelle parole, restino inchiodate ad una bara vuota come le sue mani, il suo petto, la sua stessa vita.
 
 
 
 
«No. No. No. NO!» Ripete, fin quando la cassa non è in frantumi sul pavimento, il legno a mescolarsi alle schegge del proprio dolore, alla polvere della frustrazione che sente scendere lungo la gola secca.
 
«NO!» Ancora, fino a cadere a terra, stremato, sconfitto. Mondato, la loppa1) del proprio autocontrollo persa - mai tanto inutile, mai così pesante - ed il chicco di un sentimento esposto, vulnerabile, vivo.
 
John lo vede appena, lo scorge in un battere di ciglia più rapido, nelle dita dell’altro che si muovono impercettibilmente nel vuoto.
 
E, alla fine, riesce a sentirlo.
 
Lo sente entrare sotto la pelle, piantarsi al centro di pensieri e respiri.
Lo sente prendere forma, farsi largo con le radici in ogni singola cellula del suo corpo.
 
Lo sente nutrirsi del suo risentimento, germogliare, riempire di foglie le ferite più profonde.
 
Lo sente fiorire in una speranza della quale non riesce a scorgere i confini.
 
 
 
 
«Soldati…?» Chiede poco più tardi Sherlock - tornando a respirare, a pensare – seguendo la voce di John come un faro nel torpore scuro che lo avvolge e nascondendo una promessa nel tremore della voce.
 
«Soldati.» Risponde lui, rapido, marziale, adagiando un giuramento sul palmo della mano che porge verso l’altro.
 
 
 
 
“Ti porterò via da qui.  E, poi, ti dirò ogni cosa.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
1)  Loppa: Involucro dei grani nei cereali, che nel processo di produzione viene tolto per poter giungere al chicco. Per “estensione”, si definisce figurativamente loppa una cosa da nulla, di nessun valore. ^_^
 
 
 
Angolo dell’autrice:
 
Anche questa piccola cosa appartiene al ciclo di flash e OS che sto scrivendo per aiutare il mio cervello a “metabolizzare” l’ultima stagione e, in particolare, l’ultima puntata.
 
È probabile che, per un po’, questo sarà il mio solo “apporto” al fandom, almeno fin quando non sentirò di aver “incastrato” i singoli avvenimenti che hanno generato confusione in me in un ordine (apparente e del tutto personale XD) che li racchiuda e li spieghi in modo coerente con la mia visione interiore della serie.
Portate pazienza per un po’, se potete! ^_^’’’
 
Grazie infinite comunque, e come sempre, a chiunque abbia letto fin qui. :)
 
A presto,
B.
 
 
 
 
 
 
 
“Dire ti amo a qualcuno è forse la suprema preghiera umana.”
(Georges Dor)
 
 
 

 


  
 

 
   
 
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