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Autore: Dicembre    01/06/2009    3 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Esco di casa, sono un po' di fretta ma volevo mettere il capitolo online perchè è troppo che non aggiorno. Ilprossimo lo metto tra pochissimo, tanto è già lì.

Vi ringrazio tantissimo per i vostri commenti, vi adoro e lo sapete *_* Scappo, mi stanno aspettando! (uno neanche in vacanza può rilassarsi XD). Baci

- - -

Cammini sul marciapiede di quella città, maledetto.

Le tue forme ingannano gli occhi dei mortali, ma non più i miei.

Le tue parole truffano chi ti è vicino, ma io sono troppo lontano.

I tuoi gesti illudono te stesso. Ma non traggono in errore me.

Ti pieghi, soccombi e gridi perché sei stato derubato di ciò che ti apparteneva, la tua superbia t’ha tradito, la tua anima ti ha illuso. E tu sei così, reduce in battaglia che non si dà per vinto: lo vuoi. Lo vuoi e basta, senza remore o compromessi.

Lo pretendi e lo esigi e per questo sei stato punito.

 

Percepisci anche tu il cambiamento del vento, e sorridi:

“Che noia” dici col tuo solito fare petulante “se ne sono andati” e guardi attraverso le tue ciglia nerissime e quegli occhi d’acqua il tuo interlocutore.

Sai che è stato lui ad avvisare i due mortali di fuggire, ma non ti interessa. Le vicende dei vivi t’infastidiscono: giochi con loro, ma hai solo voglia di schiacciarli.  Sei grato ad Ayel per averli mandati via, perché per qualche minuto - forse solo qualche istante - lui è lì di fianco a te, solo per te.

 

La tua natura ti condanna a non poter prendere iniziativa.

Non è la corruzione che sceglie la sua vittima, bensì l’anima che le dà libero accesso.

L’anima di Ayel è perfetta, limpida ed inaccessibile.

Sovvertire le regole del cielo non è qualcosa che ti fa paura, quindi gli getti le braccia al collo e col tuo fare mellifluo, cerchi un varco per baciarlo.

Ma l’anima di Ayel è incorruttibile, persino per te e il suo sorriso vince subito, ti domina.

“Non perdi mai la tua cattiva abitudine di cercare un varco nei cuori altrui?” ti chiede.

Posta così, la domanda ti permettere di fraintenderla a tuo piacimento e continuare a mentire.

“Voglio trovare un varco nel tuo” gli dici, così sinceramente che ti stupisci, ma lui continua a sorriderti, sicuro di aver già vinto.

La tristezza che quel sorriso genera esplode in te violentemente e si trasforma in follia. C’è un pensiero che già da tempo sta prendendo forma nella tua mente: risalire.

Ma come può, uno dei cinque Sobillatori, uno dei più potenti demoni dell’Inferno, abbandonare il suo posto?

Ora che il tuo Signore ti ha imposto la sua volontà, gli sei vincolato e sei obbligato ad obbedirgli. Ma quando il tuo compito sarà finito, quando finalmente potrai indossare nuovamente le tue vesti nobili, allora sì, finalmente potrai decidere.

Solo quando il tuo compito sarà finito. Il tuo, così come il suo.

“Che cosa farai quando tutto questo sarà finito?” gli chiedi, ma non senti la risposta. E’ la tua stessa domanda che t’infastidisce.

Perché dovrebbe scegliere cosa fare, quando sei solo tu che ha il diritto di possederlo?

Di lui stesso...

La gelosia che mostri nei confronti di lui stesso è malvagia.

E’ dolorosa.

 

 

Gli umani…

Ma gli umani ritornano prepotentemente fra di voi, e tu vorresti distruggerli e dissolverne il ricordo. Ma la voce di Ayel è sufficiente a calmarti.

Devi portare a termine il tuo compito, ha ragione. E’ stato firmato un contratto con un’anima e con una promessa come pegno.

Che questo patto e questa promessa vengano mantenute, non è compito tuo. Solo Cain – o Jude  se vogliamo usare il suo nome attuale, come ti diverte sempre precisare - …Solo Cain può fare e disfare ciò che lui stesso ha richiesto, solo Cain può subir le conseguenze delle sue azioni.

Tuttavia tu devi fare da garante, e Ayel deve proteggere il mondo dalla tua presenza.

 

Nessuno protegge te dalla sua.

Non c’è mai pianto, non c’è mai dolore.

Non c’è mai dissenso che tu faccia trasparire.

Non c’è mai verità che tu dica né a lui né a te stesso, incapace di capirti emozionato.

 

Vorresti che gli umani si estinguessero e morissero: esseri inutili, sotto le sue magnifiche ali bianche, protettrici.

Capitolo Ventisei - Giles Arnett

 

 

La mattina seguente Alec arrivò alla mostra per primo, un’ora prima dell’orario d’apertura.

Non voleva essere di nuovo in ritardo, come il giorno prima, inoltre aveva dormito molto male la notte precedente: alle quattro aveva rinunciato a trovare una posizione comoda e s’era preparato per uscire.

Prima però era stato un’ora sotto la doccia. Non aveva fatto niente di particolare, era rimasto fermo, immobile sotto l’acqua bollente che gli scorreva via. Non sapeva neanche esattamente a cosa aveva pensato. Sapeva però che l’oggetto dei suoi pensieri era stato Matthias.

Un nome che – come gli aveva fatto notare il moro la sera prima – non osava pronunciare in sua presenza. Chissà perché. Eppure sapeva che Matthias non voleva sentirlo…

L’avrebbe rivisto oggi.

Anche per questo, Alec era arrivato alla mostra così presto: nell’assurda convinzione che, arrivando in anticipo, l’avrebbe potuto vedere prima.
Ma lui, ovviamente, non era lì, né Alec s’aspettava di vederlo. Pensava solo che il tempo sarebbe trascorso più velocemente.

Prese un caffè ed entrò nella mostra. Seth gli aveva lasciato le chiavi. Trovò un biglietto di Nicole sulla scrivania.

 

Immagino sarai il primo ad arrivare

 

Alec si stupì di vedere come Nicole lo conoscesse bene.

 

ti ho lasciato un paio muffin fatti con le mie manine. Mangiali, altrimenti mi diventi troppo magro!

E poi non vorrai mica farmi credere che non ti piacciono, no?

Giles dovrebbe arrivare in mattinata, insieme al tuo uomo (certo che non è giusto che te lo sia accaparrato tu. E io?)

 

Alec non potè fare a meno di sorridere: Nicole lo rimproverava sempre di prendersi gli uomini che piacevano a lei.

Un istante dopo, però, fu colto dall’evidenza di quel pensiero. Suo, aveva scritto Nicole, e Alec aveva dato per scontato che Matthias lo fosse.

Alla prima lettura, non l’aveva sfiorato la portata di quell’affermazione.

Suo.

Pensò a come potessero essere quei capelli neri fra le sue dita, quella pelle sotto la sua bocca e quei fianchi fra le sue mani…

Ma si fermò immediatamente.
Sorrise, scuotendo la testa: non era davvero il caso di iniziare a fare sogni erotici su un cliente conosciuto il giorno prima. Nonostante tutto però, aveva le mani che gli tremavan
o per l’anticipazione.

 

Io arriverò più tardi. Un abbraccio.

 

Alec ripose il biglietto sul tavolo e prese uno dei muffin dalla scatola di cartone. Aveva una fame incredibile: era così di buon umore che non si rese neanche conto di prendere il secondo dolce e mangiarlo. Quando cominciò a sentire alcune voci in corridoio non ebbe paura. Quel giorno si sentiva bene, non c’erano fantasmi che avrebbero potuto turbarlo.

 

“C’è il panzone che s’è portato il codazzo dietro!”
”Smettila di parlare così! Se Arnett ti sente se ne va e addio pubblicità!”

La donna roteò gli occhi “Seth dovresti essere più rilassato, goditi la mattina come sta facendo il nostro amico”
Seth guardò Alec che se ne stava, poco distante, naso all’insù, a guardare una delle foto in bianco e nero che aveva scattato.

“Certo che è rilassato”  disse irritato Seth “è innamorato!”

Nicole rise “Parli del diavolo…” aggiunse poi, indicando Matthias, appena arrivato.

Alec gli andò incontro: era venuto davvero.

Riuscì però, a salutarlo a malapena, Giles Arnett lo sovrastò:

“Matthias, eccoti finalmente!” quasi gridò, con la sua voce possente “Non vedevo l’ora di vederti!”

“Perché non hai ancora acceso la tua prima sigaretta” lo prese in giro l’altro.

Giles si fece una grassa risata “Lo sai come va…”
Matthias si sporse verso Alec, sfiorandogli la mano in segno di saluto, ma non facendosi notare da Giles.

“E’ una nostra tradizione” poi gli spiegò “fumare sempre la prima sigaretta insieme, ogni volta che abbiamo un appuntamento. Non ti dico i drammi che mi fa Giles quando ci vediamo di sera”

L’uomo corpulento rise di nuovo “Certo, cazzo! Tutto il giorno senza una boccata rischio di morire!”

Alec guardò lo scambio di battute esterrefatto. Giles Arnett era l’esatto opposto di come se l’era immaginato: basso, molto robusto e con una pancia enorme – non poteva dare torto a Nicole, panzone era proprio un soprannome adatto. Aveva più o meno una sessantina d’anni, i capelli rossicci-grigi, arruffati quasi non se li pettinasse da anni. Sembrava poi aver messo i primi vestiti trovati nell’armadio, camicia a scacchi blu e gialli e pantaloni in velluto verdi, lisi sulle ginocchia. A completare il quadro c’erano due bretelle enormi a righe.

Un trionfo di colori messi a caso.

Alec era un esteta, proprio questa sua caratteristica l’aveva avvicinato alla fotografia, da piccolo, e i vestiti di Arnett gli risultarono un insulto al buon gusto.

Ma non era solo l’accozzaglia d’indumenti indossati da Giles che aveva stupito Alec, bensì il fatto che un uomo così fosse ritenuto il più grande critico d’arte d’Inghilterra, se non dell’Europa stessa; e che la gente facesse a gomitate per averlo alle sue mostre e nei suoi circoli.

Alec s’era aspettato una persona molto più fine. La voce profonda e i termini volgari, poi, completavano il quadro.

Nonostante questo, il biondo non poté fare a meno di trovarlo irresistibile, all’ennesimo scoppio di risata del rosso, nemmeno lui riuscì a trattenere le risate.

“Vedi” disse Arnett “contagio anche il ragazzo” Poi si lisciò i capelli, prima di riprendere a parlare con tono più serio. “Tornando a noi” iniziò “sono qui per lavorare! Matthias m’ha parlato molto di te…”
Alec sorrise, imbarazzato.

“…e di questa mostra” Continuò Arnett “E’ molto ben messa. Hai scelto tu la disposizione delle tue foto?”

Alec scosse la testa “No, io non ho avuto alcuna voce in capitolo” disse in un tono a metà fra l’ironico e l’imbarazzato. Probabilmente Arnett non avrebbe preso bene il fatto che Alec non avesse avuto parte nella decisione, l’avrebbe fatto apparire come un novellino - quale era, pensò..

"Mi piace! Mi piace questo ragazzo!"esclamò Giles dandogli una pacca sulla spalla "non è uno che racconta palle."

Alec cercò di trattenere la tosse che gli era stata causata dal colpo appena ricevuto.

"Vedi" iniziò Giles "i fighetti che fanno un paio di foto e si credono i nuovi Sander a me stanno in culo. Solo perché hanno una vaga idea di come e dove si punta un obiettivo... E sono quelli che io chiamo gli spandimerda, ovvero quelli che sanno parlare, ma hanno pochissima sostanza. La gente così, per me, è da eliminare subito dalla scena"

Giles si guardò intorno "Hai grande talento ragazzo, e questo t'è dovuto, ma se m'avessi detto che avevi avuto parte nell'organizzazione della mostra, che avevi deciso tu disposizioni e luci, t'avrei mandato a cagare per direttissima, sapendo che eri uno dei soliti spandimerda. Da quando faccio questo lavoro so che Kenneth Locke non dà la possibilità a nessuno - neanche al Padre Eterno - di decidere come gestire una sua galleria. Neanche se in cambio gli avessi promesso un pompino al giorno da qui all'eternità" di nuovo, accompagnò le sue parole con una grassa risata. "Del resto" continuò" il fatto che m'abbia chiamato Matthias doveva farmi venire il sospetto che tu non fossi uno dei soliti pivelli spacconi."

Alec era in imbarazzo e non sapeva esattamente come rispondere.

Fu Mathias a trarlo d'impaccio "Qualcosa che ti piaccia in particolare?"

Giles si guardò intorno "Ai miei ragazzi" disse indicando due uomini in fondo alla sala "piacciono sicuramente i visi di quei bambini.”Alle mie donne invece" indicò tre ragazze sedute in un'altra saletta con lo sguardo fisso all’insù "piacciono sicuramente quelle fotografie post-romantiche... Il cuore di una donna a volte è così facile da leggere…" aggiunse, scuotendo la testa “a volte impossibile”.

Alec rise "Post-romantiche mi pare eccessivo…"
"Non ti sottovalutare, giovane! Difficilmente, quando viene ritratto il mare, una donna non ne rimane affascinata. Ma le mie tre donzelle, t'assicuro, ne hanno viste d'immagini... Se sono col naso all'insù, vuol dire che siamo di sicuro di fronte ad un post-romantico. Per quanto invece riguarda me..." lasciò un attimo in sospeso la frase "penso che le migliori siano quelle due laggiù. Sono incisive, ma visionarie. Sono quelle foto che guardi e che ogni volta, hai l'impressione che sia la prima. "
Alec stava per dire qualcosa, ma Arnett non aveva finito "Ma..." disse puntando il dito in aria "c'è una fotografia che è speciale"
"La mia" continuò Matthias e Arnett annuì.

"Esatto, quella che hai comprato tu. Non è la foto più bella, questo è certo, ma c'è qualcosa, in quella fotografia che mi è inafferrabile. E' struggente. E' come se nascondesse un significato che non riesco a cogliere, ma che è lì che aspetta solo d'essere capito"
Alec spalancò gli occhi e guardò quell'ometto grassoccio davanti a sé.

Da critico d'arte temuto, quella mattina s'era trasformato in compagnone, ma d'improvviso era ritornato la persona degna della sua fama.

C'era qualcosa in quella foto, Alec lo sapeva bene, ma si stupì di sentire Giles Arnett commentare così quell’immagine. L’aveva percepito Matthias, ma lui sembrava coinvolto, in qualche modo, nella storia della foto. Arnett no, ne era completamente estraneo.

Alec sorrise, grato al critico che era riuscito a notare quel senso di attesa e solitudine che traspirava dalla foto.

 

 

“E’ di qua la stanza dove Seth tiene le sue carte, vero?” chiese Matthias camminando velocemente nel corridoio della mostra.

“Sì” rispose Alec “vuoi che lo chiami..?”

Matthias non rispose, trovò la stanza che cercava, vi entrò e diede un’occhiata intorno velocemente, per assicurarsi che non ci fosse nessuno.

C’era un’insolita urgenza nei modi di fare del moro.

Alec non fece in tempo a capire le sue intenzioni, perché questo lo portò con sé all’interno e chiuse dietro di loro la porta, girando velocemente il pomello per impedire ad altri di entrare.

Era riuscito a trattenersi mentre Arnett parlava, ma ora non ce la faceva più: da troppo tempo desiderava farlo.

Da sempre.

Baciò Alec con impeto, non ammettendo alcuna replica.

Si schiacciò contro il biondo che, colto fra le sue labbra e la porta, rimase per un attimo stordito e immobile.

Fu una sensazione così intensa che Alec tremò.

Matthias separò con la lingua le labbra immobili del biondo e ne assaggiò così il sapore.

Alec gemette, senza neanche accorgersene, ma in quell’istante la sua mente scomparve, si dissolse, e rimasero solamente la bocca di Matthias che reclamava la sua, e le mani dell’altro, che cercavano le sue.

Lo baciò, quasi la sua vita dipendesse da quel bacio.

C’erano una necessità ed un bisogno tali che Alec sentì la sua pelle sciogliersi e bruciare dove Matthias la toccava.

Non era abbastanza vicino. Non abbastanza vicino, nonostante Matthias lo stesse premendo contro la porta e la sua bocca fosse in quella dell’altro.

Lo attirò ulteriormente a sé, afferrando i capelli neri sulla nuca e passandogli un braccio intorno alla vita.

Matthias si staccò dalla sue labbra e continuò a baciarlo lungo la guancia e poi il collo, gemendo a quel distacco.

Il suo respiro nell’incavo del collo, le sue labbra morbide sulla spalla e i denti che gli mordicchiavano la spalla...

C’era troppo stoffa fra lui e quella pelle.

Voleva ogni centimetro, tutto. Suo. Solo per sé.

Gli morse la pelle e Alec gemette così sensualmente che Matthias dovette staccarsi e riprendere fiato per non perdere del tutto la ragione. Gli spostò i capelli dal viso con entrambe le mani, e appoggiò la propria fronte su quella del biondo.

Lo guardò negli occhi: le pupille dilatate facevano risaltare le iridi turchesi, umide e così belle che Matthias ebbe la certezza di essersi perso e di non poter più tornare indietro.

Gli passò la lingua sull’orecchio prima di staccarsi e permettere quindi che la maglia fosse sfilata.

Alec lo lasciò fare, e quando la bocca dell’altro arrivò sul suo petto soffocò a malapena un grido fra i capelli dell’altro.

Prese a slacciargli la camicia, mentre Matthias lo distraeva continuando a baciarlo sulla pelle nuda delle spalle e delle braccia.

Era l’odore che lo stava facendo impazzire, o forse il suo sapore…

Probabilmente entrambi.

Le sue mani ed i suoi baci.

Tolta la camicia, Matthias gli fu di nuovo addosso, di nuovo nella sua bocca.

 

Alec, d’improvviso, si fermò, raggelato.

“Accetto l’invito volentieri” si sentì una voce maschile provenire dall’esterno “e sono sicuro che anche Alec sarà felice di unirsi a noi a cena”

“Ti prego, vieni anche tu” sussurrò con urgenza Alec a Matthias.

Il moro aveva la voce troppo roca per rispondere e guardò il biondo cercando di capire.

“Jude Dorley” spiegò  allarmato Alec “Jude Dorley è qui. E’ appena stato invitato a cena da Giles Arnett e io con lui… Vieni anche tu, ti prego” Alec cercò di nascondere l’ansia che l’aveva colto.

Matthias la notò, ma preferì non indagare.

“Potresti chiedermi qualunque cosa, ora, sai?” gli disse invece, ansimante, ancora coi sensi in debito dell’uomo fra le sue braccia.

Alec passò una mano sul viso dell’altro “Lo prendo come un sì?”

“Però baciami”

Alec rise e obbedì.

“Stasera vengo, ma a due condizioni…” bisbigliò  Matthias posando piccoli baci sulla guancia di Alec.

“Due condizioni allora….” rispose Alec che intanto non riusciva a smettere di sorridere “…due condizioni però  valgono due richieste.”

“La prima è la cena di questa sera, e io ti dico di sì, solo se vieni come mio ospite…”

Così dicendo, intrecciò le dita fra i capelli biondi dell’altro. Poi proseguì.

“La mia seconda richiesta poi è di sapere chi è questo Jude Dorley e perché il suo nome ti provochi un brivido.”
”Geloso?” disse ammiccante Alec.

“Molto” rispose Matthias portandosi una ciocca di capelli d’oro sul viso.

Alec appoggiò la propria fronte contro quella dell’altro.

“Ti dirò chi è Jude prima di stasera, ora ci aspettano di là.”
Matthias sospirò, infastidito, ma annuì: “e la tua seconda condizione?”

Gli occhi di Alec furono attraversati da un lampo e le sue pupille si dilatarono. Appoggiò le labbra sull’orecchio dell’altro e bisbigliò così a bassa voce che Matthias quasi non riuscì a sentire.

Il fiato del biondo gli faceva il solletico e la sua voce sensuale gli rendeva difficoltosa la respirazione.

Quando poi sentì quello che Alec aveva da proporgli, ebbe un sussulto e poi scoppiò a ridere.

Averlo.

“Mi fai impazzire” gli disse rubandogli un ennesimo bacio.

 

 

  
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