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Autore: WriteMary    03/02/2017    3 recensioni
Zootropolis, città varia di fauna quanto di problemi.
Una volpe e una coniglietta alle prese con i più vari casi criminali.
Nuovi personaggi, occasionali citazioni e comparse del mondo Disney.
Tutto nell'ombra di una minaccia che prepara a lasciare la sua impronta.
Genere: Azione, Comico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde, Un po' tutti
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ulv si voltò a guardare la grande mappa della città affissa nella sala briefing. “…Si è un punto di partenza, ma il Docks non è certo un area ristretta.”
“Beh possiamo chiedere l’appoggio di un'altra pattuglia.” Suggerì la volpe.
“Farebbe comodo, ma sulla base di sole ipotesi dubito che ci daranno assistenza; facciamo qualche sopraluogo e se troviamo qualcosa di sospetto faremo richiesta.”
“In due a ispezionare quel labirinto?”
“Si lo so.” Rispose storcendo il naso come il collega. “Non è esaltante ma è più prudente; se l’orso si nasconde realmente lì preferisco non allarmarlo con un improvviso aumento della sorveglianza.”
“Scusate ma, cos’è il Docks?” Chiese Judy seduta sulle ginocchia di Nick.
“Oh scusa.” Rispose Ulv. “Ormai pure io uso lo slang. È il porto commerciale del Canal District, il primo di Zootropolis se non sbaglio.”
“Non sbagli.” Confermò Nick “È qui sta il problema; non è ordinato come quelli più recenti: il Docks ha dovuto adattarsi a fiumi, baie, e estuari; Il risultato è un labirinto di magazzini collegati da un infinità di ponti e banchine.”
“Sembra un buon posto dove nascondersi” Osservò Judy.
“Infatti, anche perché ormai il grosso del traffico navale passa per il Polar Strait e Bayou Bay.”
“Zona poco frequentata, difficile da ispezionare, sai non è poi un’ipotesi così azzardata.” Ammise il lupo strofinandosi il mento.
“Visto.” Sottolineò Nick allargando le zampe. “E tu che ti chiedevi come facessi ad esserne così sicuro.”
“Si, si scusa, e che mi spiazzi; spesso sembri ragionare più da criminale che da agente di polizia.”
“Sarà il fattore volpe, non so.”
Judy rise, Scambiando poi a Nick una rapida occhiata di complicità.
Thorley passò rapido nel corridoio, entrando poi nella stanza appena sentì le loro voci.
“Oh, ecco dov’eravate, stavo giusto iniziando a pensare di mettervi un microchip.”
“E che siamo ai domiciliari?” Rispose Ulv ruotando una sedia per farlo sedere. “Tu piuttosto dov’eri? È tutta mattina che non ti vedo.”
“Sai com’è ogni tanto qui si lavora.” Rispose sedendosi. “Ero al museo: mi sono fatto dare altre informazioni sulla rapina; speravo di parlare col curatore, ma ho trovato ancora la dottoressa.”
“La tigre dell’ultima volta?” Chiese Judy.
“Si lei.”
“Ooh… una tigre.” Disse scherzoso il lupo. “Ecco perché ci sei andato da solo.”
“È sposata.” Sbuffò Thorley. “Le ho visto l’anello.”
“Quindi hai controllato.”
Nick rise, mentre la tigre ruotò gli occhi.
“Ci stavi cercando.” Riprese la coniglietta “È successo qualcosa?”
“Oh, si!” Esclamò raddrizzando il busto. “Ulv diamine, mi distrai.”
“Chi è distratto cade in distrazioni.”
Thorley finse di ignorare il commento, dedicandosi a Judy. “Alla reception; c’è qualcuno per te.”
“Per me, Chi?”
“È quell’ocelot, non ricordo il nome.”
“Oh!” Escalmò alzandosi. “Vado subito, tu però non sparire, dopo dobbiamo andare in un posto.”
“Si, si…” rispose distrattamente, serrando poi fulmineo il braccio attorno al collo di Ulv. “Sempre che non mi distragga!”
Ulv fece per divincolarsi ma la tigre pese a sfregargli il pugno sulla testa.
“No, no, no, Nicholas fermalo!”
“Vai contropelo.” suggerì. “Così da più fastidio.”
“Nicholas!”
 
Judy trovò Eduardo nell’atrio: sempre elegante nei suoi tre pezzi scuri che parevano quasi estensione del manto maculato.
Clawhauser lo stava intrattenendo col la sua solita innocenza scolaresca, mostrandogli forse un video o una app dal suo cellulare.
“Eccoti!” Esclamò entusiasta il ghepardo vedendo arrivare la coniglietta. “Stavamo giusto parlando di come Eduardo sembra un me in miniatura.”
“Pero más delgado.” Commentò l’ocelot con un filo di sorriso.
“Stava cercando l’agende Delgado?” Chiese confuso Clawhauser.
“No, no è tutto ok  Benjamin.” Intervenne Judy stringendo la zampa di Eduardo. “Mi fa piacere rivederla è…”
“Mi fa piacere rivederti.” Corresse cortese.
“Oh giusto, come posso aiutarti?”
“In realtà volevo essere io d’aiuto.”
“Come?”
Eduardo prese la ventiquattrore appoggiata a terra. “Ricordi che avevamo parlato dei progetti che Bentley era solito portare a casa?”
“Si ricordo, ma…”
“Non è stato immediato, ma sono riuscito a farmi dare una coppia dei suoi ultimi contratti.”
Judy avrebbe voluto dirgli che non lavorava più al caso, ma pensò che non ci sarebbe stato nulla di male se poi avesse riferito tutto a Nick e Ulv.
Si fece allora seguire nella sala colloqui, dove il felino aprì la valigetta, distribuendo una gran quantità di fogli sul tavolo.
“Non sapevo quali potessero servire, così ho preso anche quelli dove compare la firmati di Barnes.”
“Ottimo.” Sostenne Judy prendendo uno dei contratti; la coniglietta poteva vantare una buona conoscenza della legge, ma non era altrettanto esperta nel decifrare il linguaggio legale li espresso; l’unica sua certezza era il logo della B.B.A impresso in trasparenza sotto le firme.
“Grazie per l’aiuto, ma....” Riprese poggiando il foglio. “Purtroppo devi sapere che non siamo riusciti a impedire il furto dei progetti.”
“Oh… Bhe sapere cos’hanno rubato può sempre tornare utile.”
“Si ovviamente, mi dispiace solo che ti sei scomodato tanto.”
“No hay problema, è stata una mia iniziativa e poi o dovuto solo aspettare i comodi della direzione.”
Judy sorrise, mentre l’ocelor riprese a sfogliare le carte.
“Dunque… qui c’è un po’ di tutto: appalti a Cloud Alley, una cisterna a Rainforest, ristorante sull’ Ice Lake, Rimodernamento del Climate Wall, una gradinata a Canyonlands e così via… Il più recente però, eccolo qui, è questo.”
Judy prese il contratto, riconoscendo le firme di Aiden Bentley e Dick Barnes.
“È stato il loro ultimo progetto, una nuova ala espositiva del museo di storia naturale.”
Le orecchie di Judy si tesero, ricordando che durante gli interrogatori Barnes aveva accennato a qualcosa di simile.
Cercò di leggere il contratto ma fu costretta a ripassarlo per farselo tradurre.
“Qui dice nuova… ma tecnicamente è un ampliamento, hanno solo esteso i colonnati per ricavare più spazio, l’unica cosa realmente nuova è il lucernario.”
“Di quale ala espositiva si parla?”
“Qui da i dati tecnici: terzo piano, pianta a base circolare…”
Judy si soffermò a riflettere, trascurando le successive misure elencate: il terzo piano era tutto dedicato all’evoluzione dei vertebrati, e l’unica stanza circolare con colonnati che aveva visto, era proprio quella dedicata al pleistocene; solo non ricordava nessun lucernario.
“Sai per caso se ci sono più stanze con queste caratteristiche?” Chiese di scatto interrompendo esposizione del felino.
“…No.” Rispose preso alla sprovvista. “Cioè, non lo so. Non amo particolarmente il museo, tutti quegli scheletri in posa mi fanno impressione.”
“Oh, capisco. Oltre ai dati tecnici c’è qualcosa… non so, di insolito? Hanno magari cambiato la posizione degli espositori o risistemato il sistema d’allarme?”
“È successo qualcosa?” Chiese l’ocelot sospettando che l’agente avesse preso a parlare d’altro.
“C’è stato un furto al museo di recente, proprio al terzo piano in una sala molto simile.”
“Oh.”
“Si, ma forse è solo una coincidenza.”
“Non lo so, mia nonna diceva sempre: Las manchas sobre el pelaje no son nunca casuales.”
“Cioè?”
“Le macchie sulla pelliccia non sono mai casuali.” Tradusse con gran sorriso indicando le macchie sul suo muso. “Comunque no; è chi lavora al museo che si occupa dell’allestimento e visto il lavoro elencato, non vedo perché toccare gli impianti di sicurezza.”
Judy fece solo cenno di conferma, tentando di mascherare il suo scontento.
“Anche se...” Riprese Eduardo. “Gli accordi di pagamento sono stati particolari.”
“Particolari?”
“Sia la richiesta che gli accordi preliminari sono stai esposti alla B.B.A da Zander Orshack, qui indicato come curatore del museo; tuttavia gran parte del pagamento è stato effettuato tramite assegno, firmato da un certo Verron Myers.”
“Ed è starno?”
“No, solo insolito, in questi casi è il curatore che si occupa dell’intera gestione finanziaria, ma in fondo questo Verron potrebbe anche far parte dell’Associazione Musei o enti annessi.”
“Capisco, posso tenere i contratti?”
“Sono fotocopie, puoi farci quello che vuoi, se li lascio qui mi alleggerisco solo il ritorno.”
“Grazie d’avverò, per tutto.” Disse stringendogli forte la zampa.
“Es un placer. Se servissero ancora delle informazioni non esitare a chiamarmi.”
 
Thorley bevve un gran sorso dalla bottiglietta d’acqua, slacciandosi la cravatta gettandola poi nei sedili posteriori.
“Non dico che Eduardo abbia perso tempo, solo che Ulv ha ragione; le indagini al museo erano già in corso quando l’orso ci è scappato con i progetti.”
“Già…” Rispose Judy scontenta bevendo anche lei dalla sua bottiglia. “Senza un viaggio nel tempo non possono certo aver usato i progetti per la rapina.”
“A questo punto cedo non siano le piante del museo ad essere state rubate.” Puntualizzò la tigre sbottonandosi la parte alta dell’uniforme.
“Siamo punto e a capo allora; nessuna pista concreta e nessun indizio su Kepala.”
“Spero che venire qui non si riveli altrettanto inutile. Sto facendo la sauna.”
L’auto fu parcheggiata in uno spiazzo, a qualche prudente metro di distanza da una gigantesca duna che aveva invaso gran parte del parcheggio.
“Se quella cosa mi tocca l’auto non risponderò delle mie azioni.” Commentò la tigre squadrando il grosso accumulo di sabbia.
Judy scese dal veicolo, bevendo un ultimo sorso per poi gettarsi l’acqua restante sulla testa.
Thorley fece lo stesso, smuovendo poi seccato i piccoli sedimenti che si erano già accumulati sul cofano.
Erano all’estremo nord di Sahara Square: dove il paesaggio urbano arginava il meglio possibile la porzione di deserto sabbioso che precedeva il Climate Wall.
L’estesa ed imponente struttura era distante, eppure il rombo delle colossali ventole d’emissione era discretamente percepibile, al contrario della temperatura, che nella zona arrivava a toccare i 45 °C.
“Si può sapere chi siamo venuti a cercare?” Domandò schermandosi istintivamente dal sole.
“Nick ha detto che l’avrei riconosciuto subito, mi a detto solo di essere all’harmattan Wind appena dopo pranzo.”
“Ossia quando fa più caldo! Nicholas ti fa spesso questi giochetti?”
“Credimi se ti dico che gli conviene rigare dritto questa volta.”
“Questa volta?”
“Storia lunga e non ancora ben digerita.”
L’harmattan Wind era un piccolo negozio di antiquariato: il genere di posto che sembra più un museo che un luogo di vendita.
Entrando Thorley scorse un salvifico ventilatore, al quale dedicò tutte le sue attenzioni avvicinando il muso alla leggera brezza.
Judy si guardò attorno; le scaffalature più alte ospitavano vecchi libri polverosi, mentre i ripiani più bassi, tavoli ed espositori erano pieni dei più svariati oggetti: soprammobili dall’aspetto antico, orologi da taschino, un grosso grammofono e delle curiose statuette di animali, dove tra le tante quella di un elefante a quattro braccia suscitò la sua curiosità.
Thorley prese tra le zampe un grosso corno cavo, e capendone l’utilizzo fu quasi tentato di soffiarci dentro.
“La prego di tenere le zampe a posto signore.” Lo rimproverò il cammello al bancone.
“Judy si sporse da dietro un grosso vaso, vedendo l’animale consegnare una rispettabile somma di denaro a un piccolo fennec.
Indossava una maglietta sportiva nera a banda rossa, con piccoli shorts verdi militari e un paio di grossi occhiali da sole sulla fronte.
“Finnick!” Esclamò sorpresa.
La piccola volpe del deserto si giurò come allarmato, per poi assumere un espressione seccata appena riconobbe la coniglietta.
“E tanto che non ci si vede.” Proseguì Judy.
“Non che io vi cerchi. Wilde… è qui?”
“No sono qui con un altro agente.”
Finnick squadrò la grossa tigre che si aggirava tra gli scaffali, intuendo con smorfia che sebbene sembrasse distratto, il suo orecchio era ben puntato su di loro.
“Immagino sia stato Wilde a mandarti qui. Che cosa vuole?”
“Lui niente, sono io che ho bisogno del tuo aiuto.”
“Ah si?” Chiese alzando un sopraciglio. “Cos’è, la volpe ha esaurito i consigli o è stata messa a tacere?”
Thorley si accigliò leggermente, preferendo pensare di aver dato troppo significato a quella frase.
“Siamo sulle tracce di un animale.” Proseguì la coniglietta. “Mi chiedevo se per caso sai nulla di una volpe volante nota come Kepala.”
Finnick scoppiò a ridere, premendosi le zampe sull’addome come se potesse esplodere.
“State cercando Kepala?! Quanto mi dispiace!”
“La conosci?”
“Posso dire di averci parlato; una volta.”
“La conosci si o no?” Intervenne Thorley nettamente più serio della collega.
 Finnick resettò la sua risata. “Vacci piano sbirro, o potrei preferire il silenzio.”
La tigre non rispose, se non con un soffocato ringhio.
“Kepala è un animale di tutt’altra categoria, non è una volpe ma è più furba di molte volpi, puoi passare con lei un’intera giornata e solo alla sera ti accorgi che di lei non sai neppure il nome. Ha fascino, sa quello che vuole e sa come averlo.”
La tigre ruotò gli occhi. “A noi interessano tutt’altri dettagli.”
“Si vede allora che non ascolti; di lei so solo quello che ha voluto farmi sapere, ossia poco e niente.”
“Ma ci hai avuto a che fare no?” Chiese Judy.
“Solo una volta ed è stata lei a trovarmi. Al tempo era interessata ai profitti della mia… attività commerciale.” Disse scambiando una fugace occhiata a Judy. “Poi è sparita, è ho perso un terzo del guadagno mensile.” Ammise riprendendo a sogghignare.
“Non sai proprio nulla? Avrà pure un punto di ritrovo.”
“Coniglietta; la sua casa è l’intera città e lei vola letteralmente da un distretto all’altro. Se la state cercando vi conviene archiviare il caso, sono due anni che si prende gioco di voi. Agenti.”
 
Thorley mosse nervosamente la sabbia sul cofano.
“Stai attento a…”
La tigre imprecò, ritraendo la zampa scottata dalla rovente carrozzeria. “Odio Questo posto e odio essere arrivato qui per nulla!”
Judy si sarebbe espressa diversamente, ma condivideva la stessa frustrazione.
Risalirono nel forno che ormai era l’auto, lasciando la regione estrema del distretto con una guida dettata più dalla rabbia che dal buon senso.
“Sul serio, non so da che parte girarmi.” Ammise la tigre. “Anche andare al museo si è rivelato inutile.”
“Nessuna novità?”
“Magari; per lo più la dottoressa si è ripetuta, di nuovo mi ha solo dato il nome del collezionista che possedeva i totem; un certo Verron qualcosa.”
“Aspetta!” Si drizzò sul sedile. “Verron Myers?!”
“Si Mayers. Perché, lo conosci?”
“No ma…” Mantenne in silenzio per un istante, poi batté le zampe d’improvviso facendo sussultare la tigre. “La nonna di Eduardo ha ragione! Il maculato del pelo non è mai casuale!”
“Judy, hai preso un colpo di sole?”
   
 
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