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Autore: PrincessintheNorth    03/02/2017    1 recensioni
La storia di Morzan e Selena, per come me la sono immaginata.
Dal testo:
"Signore, padrone!" esclamò Gedric.
"Che succede?"
"Lady Selena! Sta male!"
Il terrore si impossessò di me. Oddio. Cosa poteva avere?
"Cos'ha?"
"Senso di nausea, signore!"
"Portami da lei ..."
Corsi da Selena, e la trovai distesa sul nostro letto.
Accanto a lei, una guaritrice.
Selena dormiva, sembrava tranquilla: e la donna accanto a lei sorrideva.
"Cos'è successo a mia moglie?!" gridai terrorizzato.
La donna mi guardò, sorridente. "Congratulazioni, signore. Presto Lady Selena metterà al mondo un erede."
Prequel di "Family"! Se non l'avete letta, andate a darle un'occhiata!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brom, Morzan, Murtagh, Selena | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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SELENA

 

 

 

Ho sentito persone dire “è come se fosse ieri” dopo essere tornate in un luogo dal quale erano mancate parecchio. 

Per me non fu così. 

Ero perfettamente consapevole dei mesi passati dall’ultima volta che ero entrata in quella casa. A ricordarmeli, il bambino e la mano di Morzan che stringeva con delicatezza ma fermezza la mia. 

Mia madre mi rivolse un piccolo sorriso, come a scusarsi. 

Cercai di non risponderle a pugni, ricordando ciò che mi aveva detto Morzan non più tardi di cinque minuti prima. 

- Vuoi una tazza di tè, cara? Sarà stato un lungo viaggio. – propose. 

Annuii, cercando di mostrarmi gentile, e mi sedetti al tavolo, quasi trovando scomode le sedie di legno alle quali non ero già più abituata. 

- Ne desideri un po’ anche tu? – fece a Morzan. 
- Non mi dispiacerebbe. – rispose, sedendosi accanto a me. – Allora. Chi sta male? 

Mia madre sospirò. – La moglie di Garrow. Secondo la guaritrice del luogo, è … come aveva detto, Garrow?

- Sepsi puerperale. – rispose lui, fissando il vuoto. 

Deglutii. 

Poveretta. Marian in fondo mi era sempre stata simpatica … 

- E il bambino? – chiese Morzan. 
- È molto debole. 

In quel momento, il pianto disperato di un bambino ci raggiunse. 

- Garrow? – fece mia madre, esortandolo. – è tuo figlio … 

Ma lui non sembrò nemmeno sentirla. 

- Ma per favore. – sbuffai, mi alzai e seguii il pianto, raggiungendo la stanza di Garrow e Marian. 

Lei giaceva nel letto, incosciente, e accanto c’era una culla di legno grezzo, nella quale un piccolo neonato strillava, agitando i pugni chiusi. 

- Che succede, piccolo? – lo presi in braccio, iniziando a cullarlo. 

Nel vedere quel faccino tenero, non potei trattenere un sorriso. 

- Ma ciao. E tu chi sei? 

Scrutai la culla alla ricerca di un nome, e lo trovai, inciso sulla testiera. 

- Roran? Ma che bel nome. Su, adesso calmati. Andiamo dallo zio e dal papà? Ti va? 

Il piccolo Roran smise di piangere, prendendomi l’indice e stritolandolo in una morsa d’acciaio. 

- Ma come sei forte! 

Lo portai in cucina, porgendolo a Garrow. 

Di nuovo, nessuna risposta. 

Non lo guardò nemmeno. 

Comportati bene, mi ripetei cercando di non prenderlo a schiaffi. 

Per fortuna, intervenne Morzan. 

- Fammi vedere … oh, ciao. – fece un sorriso al piccolo, che ricambiò. – Come ti chiami? 
- Roran. – rispose mia madre, con un sorriso. 
- Roran? Sai che il tuo papà mi ha detto che tu e la tua mamma avete mal di pancia … vediamo un po’ … 

Prese il nostro nipotino in braccio, andandosi a sedere. 

E lì non potei trattenere un sorriso. 

Mai avrei immaginato che Morzan ci sapesse fare così tanto bene con i bambini. 

- Ecco qui … - lo cullò un po’, mentre controllava cos’avesse. – Ma sì, è un po’ di febbre. Niente di che. 

Gli bastarono poche parole perché il piccolo stesse di nuovo bene. 

E infatti iniziò a ridere, mentre Morzan lo intratteneva con qualche scintilla rossa. 

- Bene. Adesso vai un po’ con la zia, che intanto fa pratica per il tuo cuginetto … - e così dicendo mi passò Roran. – E io vado a far star bene la tua mamma. 
- Eccoti qua. Allora, cosa facciamo? Andiamo a vedere il drago dello zio? Ti va? – proposi al piccolo, provando a parlarci nell’antica lingua. 

Roran si illuminò e fece un versetto dolcissimo, così lo avvolsi in una copertina e lo portai fuori per vedere Dracarys. 

Spalancò gli occhietti non appena lo vide, un po’ intimorito, ma poi rise quando il drago avvicinò la grande testa triangolare alla sua piccola manina, per farsi fare le coccole. 

Dracarys non faceva altro, ultimamente. Chiedeva coccole a tutti. 

- Visto? Lo zio ci sale su e vola nel cielo, e combatte con la magia e con la spada e fa la bua ai cattivi, e non si fa mai male … ma adesso torniamo dentro, o ti ammalerai di nuovo. 

Tornammo in casa e continuai a cullarlo, mentre mi sedevo. 

- Da quanto è nato? – chiesi.
- Cinque giorni. – rispose mia madre, avvicinandosi per fare una carezza al piccolo. 
- E non mangia da cinque giorni?! 
- Elain e Horst hanno appena avuto un bambino. Finora lo ha nutrito lei, grazie al cielo, o sarebbe morto. – mormorò. 

Annuii, mentre il piccolo iniziava a chiudere gli occhietti, assonnato. 

In quel momento Morzan uscì dalla stanza. 

Sembrava stanchissimo, e si reggeva a stento in piedi. 

Subito andai ad aiutarlo, ma scosse la testa. 

- Sto bene, amore, non preoccuparti. – mormorò sfiorandomi i capelli con un bacio. 
- Sicuro? 
- Sì. Anche Marian sta bene. 

Cercò di nascondere uno sbadiglio, con pochi risultati. 

- Desideri andare a sdraiarti un po’, caro? – fece mia madre, con un tono molto premuroso. – Non ne so niente di magia, ma sembra che tu abbia corso mille miglia con un vitello sulle spalle. Va a riposarti, al tuo risveglio il pasto sarà pronto. 
- Grazie. – mormorò. 
- Vieni, ti faccio vedere. – dissi e lo accompagnai nella mia vecchia camera, ovvero l’unica disponibile. 

Appena vide il letto, ci si sdraiò, sfinito. Non sembrò nemmeno accorgersi dell’immane differenza tra il nostro e quello. 

- Sei sicuro di essere comodo? 
- Va benissimo, amore. – sussurrò. 

L’attimo dopo chiuse gli occhi, distrutto. Gli accarezzai i capelli, per evitare che come sempre gli finissero negli occhi. 

- Buonanotte, amore mio. – mormorai e lo lasciai riposare. 

Accanto a lui lasciai Roran, che si era addormentato. A furia di tenerlo mi erano partite le braccia, ed era meglio non lasciare un bimbo così piccolo e comunque appena guarito nella stanza di sua madre, dove comunque l’aria non era ancora pura al cento per cento. 

Appena il bambino capì, seppur incosciente, di trovarsi accanto ad una persona di cui ormai si fidava, trovò la sua mano e ne strinse il pollice, avvinghiandosi al suo braccio. 

Quanto. Erano. Teneri. 

E pensare che in meno di quattro mesi avrei potuto vivere la stessa scena, solo con il nostro bambino …

L’attimo dopo mi resi conto che molto probabilmente così non sarebbe stato.

Galbatorix non ci avrebbe mai permesso di crescerlo, o crescerla, davvero. 

Mi sfiorai il pancione, improvvisamente e tremendamente conscia che quei nove mesi, ancora non trascorsi, con il mio piccolo sarebbero stati il periodo più lungo trascorso insieme.

Lo sentii muoversi dentro di me, senza prendermi a calci. 

Oh, piccolo …

E insieme a quella tremenda verità, arrivò anche la consapevolezza che mai sarei riuscita a staccarmi da lui. 

In ogni singolo momento trascorso lontano da mio figlio, o figlia, avrei sentito la sua mancanza, senza un singolo attimo di tregua. 

In ogni attimo, sarei stata consapevole che mio figlio era miglia lontano da me, e che se fosse stato in pericolo non sarei stata in grado di difenderlo. 

Inoltre, con ogni probabilità anche io e Morzan saremmo stati separati. 

Una sola, unica lacrima solcò la mia guancia. 

Separata da mio marito, entrambi separati da nostro figlio. 

Non riuscivo ad immaginare destino peggiore. 

 
   
 
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