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Autore: Leila 95    05/02/2017    5 recensioni
Ho voluto raccontare ancora il viaggio di Han Solo e della Principessa Leia verso Bespin, stavolta però attraverso gli occhi del Capitano.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chewbacca, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Dal diario di bordo del Capitano Solo'
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Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:10

Diciassettesimo giorno di viaggio verso Bespin.
La riconversione del flusso di potenza del generatore ausiliario di energia della nave procede senza difficoltà. Le modifiche apportate hanno già consentito un risparmio energetico del 15.2%, in aumento.
 

Questa notte non ho chiuso occhio. Ho messo in atto tutti i rimedi che di solito adotto per scacciare via un brutto pensiero e sedare la mia rabbia: ho fatto una lunga doccia gelata, mi sono scolato una intera bottiglia di scotch andoriano e ho lavorato alla nave per tutta la notte senza sosta, ma niente è riuscito a distendermi i nervi. Non sono riuscito a dimenticare il bruciore del suo schiaffo sulla mia guancia, mentre le sue parole non smettono di rimbombarmi nella testa.
Va’ al diavolo, Han.
Nei nostri alterchi, mai era successo che mi avesse offeso fisicamente…per questo lo schiaffo mi fa ancora più male.
Non ho capito cosa è successo, cosa le ho fatto per agitarla così, ma a questo punto è del tutto irrilevante. Qualcosa si è rotto, e non credo che potrà più tornare come prima.  
 
Non mi sogno neanche lontanamente di andare a cercare un chiarimento. Visto quello che è già successo ieri, non so cosa aspettarmi di peggio. Se lei vuole parlarmi – del resto – sa dove trovarmi.
*****
Percepisco la sua presenza. So che è qui, fuori della porta. Nonostante il molto alcol nel corpo e la notte completamente insonne, i miei sensi sono allertatissimi.
So che è qui ma non mi muovo, non faccio nulla per invitarla ad entrare. È venuta di sua volontà, e deve essere lei a farsi avanti. Io ho già compiuto la mia mossa.
Lentamente di manifesta alla mia vista. Appare molto stanca e…arresa. Gli occhi sono gonfi e cerchiati, i capelli sono raccolti in modo disordinato dietro la nuca.
“Posso sedermi?” bisbiglia.
Con un gesto le indico il posto libero accanto al mio, sul divanetto del tavolo da Dejarik. Si raggomitola, sedendosi sui talloni, quanto più lontano è possibile da me, e si aggiusta una ciocca di capelli dietro l’orecchio con lo sguardo fisso sul tavolo da gioco.
Io non fiato né mi azzardo a muovere anche solo un muscolo. Non voglio metterla in imbarazzo più di quanto lei non lo sia già.
Sospira profondamente e finalmente solleva lo sguardo per incontrare il mio.
“Volevo chiederti scusa…per ieri. Mi sono fatta un po’ trasportare e alla fine ho perso la ragione.” Accenna ad un sorriso. “Non mi era mai successo prima, di andare così fuori controllo.”
Fa una pausa e mi guarda. Forse si aspetta che io dica qualcosa, che faccia magari una delle mie battutacce squallide per ravvivare l’atmosfera, ma sinceramente non mi viene in mente nulla da dire. Vorrei soltanto capire il motivo della sua rabbia contro di me.
Visto che non apro bocca, continua: “Ho riflettuto un po’, in questi giorni, e mi sono accorta di una cosa che non avevo previsto.” Ora evita accuratamente di guardarmi, tamburella con le dita sul tavolo seguendo l’alternanza del quadrati sulla scacchiera. “Più stiamo insieme, e più mi rendo conto di starmi affezionando a te e di non poter più sopportare l’idea che tu te ne vada per sempre…anche se per un certo periodo – almeno all’inizio – l’ho desiderato. Credo che ormai non sia più possibile evitarlo, o negare l’evidenza. Sarebbe ipocrita…e stupido.”
Resto in silenzio a guardarla torturarsi nervosamente le mani, allibito tanto dalle sue parole quanto dalla sua fredda e lucida capacità di analisi. Sembra quasi che il fatto non la riguardi personalmente, che non sia lei ad essere coinvolta.
Per lo meno, ha ammesso di esserci dentro tanto quanto me. Ha ammesso che le piaccio, e questo è sufficiente.
“Non sarebbe dovuto succedere. Innamorarsi, intendo” confessa all’improvviso. “È un inutile spreco di tempo ed energia, oltre che un indebolimento del mio equilibrio mentale. Mi è stato insegnato a mettere da parte i sentimenti e a nasconderli. Evitare il coinvolgimento emotivo aiuta a mantenere lo sguardo fisso sul proprio obiettivo, senza distrazioni. Le emozioni annebbiano la vista.”
Non riesco a credere a quello che sto sentendo. Perché continua a tormentarsi in questo modo, a frenare i suoi impulsi, a mantenersi così rigida di fronte all’evidenza di quello che prova per me?!
“Sai” prosegue “anche se Alderaan ormai non esiste più, io resto una principessa, erede di un mondo. Sono anche membro del Senato Galattico…tra l’altro.”
Tutto questo già lo so. Spero che non mi stia ricordando i suoi ruoli per giustificare il fatto che mi scaricherà, perché non mi ritiene alla sua altezza.
“Secondo i miei consiglieri, contrarre un matrimonio con un membro di spicco di un’aristocrazia di un altro sistema potrebbe ancora risultare vantaggioso per il bene della Nuova Repubblica che intendiamo creare dalle ceneri dell’Impero. Un matrimonio è un contratto come un altro, utile per placare conflitti e stringere nuove alleanze. Capisci cosa intendo, Han?”
Annuisco lentamente, cercando le parole adatte per esprimere tutto quello che in questo momento mi sta attraversando il cervello. La nobiltà, le classi sociali alte e ricche, mi hanno sempre disgustato per i loro modi melliflui ed ipocriti. Una parte di me credeva che Leia potesse rompere questi schemi, essere diversa come lo è in tutte le cose che fa, ma evidentemente mi sbagliavo. In fondo è pur sempre una principessa, anche se indossa una divisa da soldato. Non sono arrabbiato con lei, provo solo una grande pena al pensiero delle bassezze che sarebbe disposta a compiere pur di ottenere i suoi scopi.
“Capisco perfettamente, principessa. Certo! Focalizzarsi sull’obiettivo, evitare distrazioni, essere disposti a sacrificare tutto…anche te stessa.” Punto i gomiti sul tavolo, sporgendomi in avanti per avvicinarmi di più a lei. “Mi ero illuso di averti conosciuta davvero, e invece non avevo capito proprio niente. Potevi uscirtene pure un po’ prima con questi tuoi discorsi sulla morale però.” Sbuffo. “Ti sei almeno divertita ad illudermi e a prendermi in giro per tutto questo tempo?”
Mi fissa ancora per qualche istante, poi prorompe in una fragorosa risata. Un altro ceffone come quello di ieri mi avrebbe fatto meno male che vederla ridere di me.
“Sei proprio un idiota, Han.” Si appoggia anche lei con i gomiti sul tavolo e mi accarezza una guancia. “A me non importa niente di quello che dicono i consiglieri, o di quello che penserà la gente. Io voglio provare a stare con te, per quanto sarà possibile.”
Mi prende il volto fra le mani e mi bacia dolcemente, e io non riesco a trattenere un sospiro di sollievo – che la fa ridere di nuovo. “Sorpreso, capitano?”
Oramai ci avevo perso le speranze. “Beh…ammetto che non credevo che alla fine ti saresti arresa ed avresti ceduto al mio innegabile fascino.”
“Arrendersi non è mai stato così piacevole, credimi.”
Finalmente mi sono tolto un peso dal cuore. Questo continuo tira e molla, sempre in bilico fra il suo smisurato orgoglio e la mia sconfinata sfacciataggine stava iniziando veramente a stancarmi.
“Vieni qui” dico battendo la mano sul divanetto, accanto a me.
Si avvicina sempre di più – anche lei visibilmente sollevata – e si mette su di me, sedendosi sulle mie gambe ed intrecciando le dita fra i miei capelli.
“Perché abbiamo lottato così tanto, Han? Perché non abbiamo semplicemente lasciato che accadesse già molto tempo fa?”
Ottima domanda. “Potrei chiederti lo stesso.”
Sospira, scuotendo la testa. “Non mi sembra che tu abbia fatto grandi passi in tal senso. Ah, se non fossi stato così odioso…”
“Io, odioso?!” esclamo con il dito puntato contro il petto. “E se tu invece non avessi fatto tanto la difficile! Non ho mai nascosto il mio interesse per te, dolcezza. Perfino un cieco se ne sarebbe accorto.”
Non mi sta più ascoltando, immersa in qualche pensiero. Continua a giocherellare con i miei capelli, il suo sguardo perso nel vuoto.
“Ti ricordi cosa è successo su Ord Mantell?” mi chiede con un velo di tristezza nella voce.
Certo che me lo ricordo. Quella missione è incisa a fuoco nella mia memoria. L’unica sera che rimanemmo a dormire insieme, in quello squallido motel, provai stupidamente a baciarla – forte forse del fatto che ci trovavamo in una situazione diversa, lontano dall’Alleanza, lontano da tutti. Lei ovviamente mi respinse, e da allora l’episodio non si ripeté più, almeno fino a qualche giorno fa. “A cosa ti riferisci, in particolare?”
“Non ero pronta per una relazione all’epoca, e forse non lo eri nemmeno tu…quel bacio fu una debolezza. Ma adesso è diverso: sento di avere più consapevolezza di quello che sto facendo. E poi ho imparato a fidarmi di te.”
“Intendi dire che tutto questo tempo passato a farci la guerra era necessario?”
Annuisce. “Credo di sì. Credo che questo tempo sia servito per imparare a conoscerci, e per distruggere le nostre barriere. Adesso possiamo essere noi stessi, senza più maschere, e godere del tempo che ci resta insieme.”
Non so se ha ragione. Se questo viaggio così lungo non fosse mai avvenuto, avremmo avuto davvero la possibilità di mettere a nudo i nostri sentimenti?

   
 
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