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Autore: Ale24    01/06/2009    1 recensioni
Non avevo mai notato come potessero essere splendidi gli aeroporti.
Ci sono centinaia di persone, che partono e arrivano e tutte hanno una cosa in comune: qualcuno; qualcuno che li saluta, qualcuno che li aspetta a braccia aperte, qualcuno che li ami.
Ricordavo storie che mi avevano raccontato Bella, Alice, Rose e Esme di viaggi, avventure, anche salvataggi e alla fine erano sempre insieme, loro con i loro compagni inseparabili.
Sono convinta che i vampiri siano simili ai cigni, non per l'appariscente bellezza, ma perché anche se si rivedono dopo anni celebrano come la prima volta nuovamente il loro amore, che è rimasto immutato e puro.
I vampiri possono avere un solo compagno per tutta la loro esistenza, mi aveva spiegato Carlisle, e trovarlo può richiedere anche più di cento anni.
Ma io devo avere qualcosa di sbagliato, non sono abbastanza forte per soppravvivere altre quattro settimane da sola.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Corsi per tutta la notte senza una meta precisa. Ormai era chiaro ciò che ero. La mia velocità superava quella di un auto in corsa senza che mi impegnassi eccessivamente. La notte era ormai calata da ore quando decisi di fermarmi. Respirai sollevata dal momento in cui non ero più circondata da loro, umani, ciò che pure io ero stata fino a tre giorni prima; nuovamente disgustata dal comportamento che avevo decio di adottare inspirai quell'aria pura; il bosco era coperto da una candido manto di neve e l'aria fresca mi aiutò a regionare con lucidità. Le voci nella mia testa si erano finalmente placate e non più circondata dal sfrastuono della città guardai per la prima volta con reale attenzione dove mi mi trovavo. Distinguevo chiaramente ogni increspatura nelle cortecce degli alberi che mi circondavano, in alto fino ai rami più alti. La luna piena era alta in cielo, e faceva brillare come cristalli le mille sfaccettature diverse dei fiocchi di neve che coprivano tutta la foresta. Un immagine splendida che non sarei riuscita a cogiere con occhi umani. Mi resi conto che finalmente vedevo. Una morbosa curiosità mi spinse a guardarmi le mani, gesto che non avevo ancora compiuto per timore di ciò che avrei potuto vedere: la mia pelle brillava leggermente, liscia e chiara come la perla alla pallida luce della luna.
Come era possibile che fosse tutto reale. I rumori, gli odori, la vista, persino la mia mente, tutto era amplificato e più nitido. Sebbene avessi riconosciuto cosa fossi, ero ancora ben lontana dall'accettarlo. Era chiaro che ero stata condannata ad un esistenza da non morta, forse per l'eternità. Tremai al solo pensiero di quella parola: eternità. Non ero mai riuscita ad immaginare nulla di eterno, di infinito; l'idea che ora io sarei potuta essere un termine di paragone mi allarmò; cosa avrei fatto io in un'eternità vuota come quella che mi si prospettava? Ritornare a casa era escluso poichè solo evitando di respirare sarei potuta restare e non avrebbe avuto senso esporre i miei cari ad un così perenne e alto rischio di morte; l'unica alternativa era la fuga, andarmene da tutto ciò che conoscevo, da coloro che amavo, verso una meta che non avevo per non vederli mai più. Non appena ogni cellula del mio corpo fu cosciente che la seconda era la mia unica possibilità, il terrore più nero divampò in ogni antro della mia mente facendomi perdere ogni ancoraggio dal mio corpo per un periodo di tempo che mi sembrò infinito. Ero immobile persa in mezzo ad un bosco chissà dove ed ero completamente inerme, vulnerabile, dal momento in cui i miei muscoli avevano smesso di rispondere ai miei comandi.
Mentre cercavo di riprendere il controllo di me stessa dal mare di emozioni che mi avevano travolta e trascinata al largo nella mia incoscienza, un odore non troppo lontano attirò la mia attenzione facendomi riemergere completamente, non era umano, ma ma ciò nonostante fece ardere ugualmente la mia gola in preda alla sete. Non avevo ancora fatto nulla per soddisfarla e questo non rientrava neppure nei miei programmi essendo a conoscenza di ciò che avrebbe potuto placarla. Sapevo di essere un mostro ma questo non avrebbe giustificato la completa sottomissione a istinti che avrebbero compromesso la vita di vittime innocenti. Mi addentrai nella foresta, seguendone la scia; mi avvicinai sempre di più fino a scoprire che era stato un lupo l'oggetto delle mie attenzioni. L'animale sentendo il mio odore fuggì, la sua vita era seriamente in pericolo in mia presenza. Non lo rincorsi, non ero a caccia.
Ero stata attratta dall'odore di sangue animale e questo aveva una sola spiegazione: potevo nutrirmene che a sua volta riconduceva a una sola conclusione: Cullen. Ripensai ai libri che avevo letto quando ero ancora umana, benchè fosse difficile poichè tutto era come filtrato attraverso la nebbia; ricordai che alcuni raccontavano di vampiri, menzionandone di vegetariani, essi infatti si definivano tali perchè si nutrivano di sangue animale, vivevano a contatto con gli umani, cambiando stazionamento solo se la propria segretezza fosse stata a rischio, erano soliti a dividersi in clan e tra questi il più antico era quello dei Cullen.
Mi si illuminarono gli occhi: avevo una meta! Ero pienamente cosciente che le probabilità dell'effettiva esistenza di quel clan fossero bassissime ma avevo davanti un'eternità intera per provare il contrario. Avevo incoscientemente deciso di credere a tutto ciò che ci fosse scritto su quei libri dato che non avevo ancora scoperto nulla, nemmeno in me stessa, che dimostrasse il contrario. Ovunque mi avrebbe portata questa mia nuova vita decisi che non avrei mai perso completamente i miei genitori. Con una nuova speranza quella notte ripercorsi il mio cammino iniziale, costeggiando fiumi e case guidata dalla mia stessa scia fino a raggiungere quella che era stata casa mia. Scivolai in casa passando da una finestra dimenticata aperta senza fare alcun rumore, già prima di entrare avevo smesso di respirare e ora mi muovevo cautamente per la mia vecchia casa alla ricerca di ciò che mi potesse servire. Girando di stanza in stanza mi stupii di quante immagini riemergessero dalla mia mente offuscata. Rividi me e mio fratello rincorrerci da bambini per il corridoio, sentivo la voce di mia madre chiamarci dalla cucina, vedevo mio padre seduto in poltrona a guardare svogliatamente la televisione senza seguire realmente ciò che vi passasse, inspirai e sentii il dolce e familiare profumo di casa. Per loro fortuna l'odore del sangue aveva bruciato leggermente la gola, forse perchè non mi erano troppo vicini, decisi che comunque non li avrei più sottoposti ad un rischio simile. Chiusi gli occhi per prestare finalmente attenzione alle voci che erano tornate ad affollare la mia testa. Sentii nitidamente la voce di mio fratello mentre parlava nel sonno, e quelle dei miei genitori; anche loro stavano dormendo, ma a differenza di mio fratello loro mi chiamavano continuamente, con voce strozzata dai singhiozzi. Riaprii gli occhi e cercai di non ascoltare quei lamenti che non erano d'aiuto al mio proposito. La mia vista era perfetta anche al buio e questo mi aiutò a trovare la mia valigia e a prepararla per il viaggio che stavo per intraprendere senza intoppi. Una volta terminatala andai in cucina per scrivere una lettera a mia madre. Non fu facile trovare la parole giuste per spiegarle ciò che mi era accaduto e ciò che stava per accadere, ma dovevo farle sapere tutta la realtà, almeno quella che non le avrebbe provocato troppo dolore. Così trovate le parole migliori provai a scriverle:
Mamma, sono Alessia, non temere non sono morta. Sappi che quelle che ti hanno detto i dottori sono tutte menzogne. Io sono viva mamma, ma non posso restare, non posso ritornare a casa, devo andare a cercare qualcuno che sia più simile a me, devo trovare qualcuno che mi aiuti, ma non sto andando via per sempre, presto tornerò con voi. Questa notte sono venuta a casa, ho preso alcuni dei miei vestiti, la carta di credito, il passaporto e il mio cellulare; perchè devo partire mamma, ma ci terremo in contatto, te lo prometto, appena leggi questa lettera, infatti, chiamami; cercherò di rispondere a tutte le tue domande. Mi dispiace dirti che tutte le risposte che non ti saprò dare dovrai trovarle da sola in quei libri che tengo accanto al letto e che tu ritieni tanto orribili. Ora devo andare mamma, devo prendere un aereo che mi porterà in America.
Aspetto con ansia la tua chiamata mamma.
Dai un bacione da parte mia a Matteo e a papà.
Ti voglio bene.
Alessia

Mi pizzicarono gli occhi; volevo piangere ma non avevo lacrime; lasciai la lettera sul tavolo della cucina e mi avviai verso la finestra dalla quale ero entrata, passando davanti al bagno illuminato dalla luce della luna; il mio sguardo scivolò velocemente verso lo specchio. Ero curiosa di vedere come fossi cambiata, come ero diventata, di nuovo quella curiosità morbosa nel sapere come il fuoco mi avevsse trasformata. Mi avvicinai cautamente allo specchio fino a trovarmici davanti e fermarmici incredula. Era stupenda. Una splendida creatura con la pelle chiara come perla; il volto perfetto, incorniciato da sinuosi capelli d'oro che scendevano lunghi fino alla schiena era immobile di fronte a me. Il mio sguardo si incanto sui suoi occhi, erano rossi come il sangue che bramavano. Alzai una mano a sfiorarmi il viso con lo sguardo fisso sullo specchio, anche quell'essere, magnifico e terificante al tempo stesso, che vi era riflesso mi imitò. Non potevo farmi prendere dal panico, la mia famiglia era nelle stanze accanto. Ero io, ero sempre io, forse cambiata, ma sempre uguale. Cercai disperatamente una qualsiasi imperfezione in quell'essere troppo perfetto che lasciasse intravvedere che ero stata anche io umana, imperfetta, mortale; e quando la trovai mi trattenni dall'esultare: l'orecchio destro era pochi millimetri più in alto rispetto al sinistro; un difetto che l'occhio umano non avrebbe mai notato e probabilmente nemmeno quello di uno della mia specie se non fosse stato alla disperara ricerca di un difetto in un viso tanto perfetto. Rincuorata dalla mia imperfezione andai alla ricerca di un paio di occhaili con lenti scure che mi permettesse di muovermi il più disinvoltamente possibile in mezzo agli umani nel viaggio che mi accingevo a iniziare. Recuperata la mia valigia mi voltai ancora una volta a guardare la mia casa, sapevo che non sarei tornata presto quanto promesso.
Approfittai delle poche ora che mi dividevano dall'alba per correre liberamente verso l'aeroporto di Caselle senza che nessuno mi potesse vedere. Quando fui davanti all'aeroporto respirai profondamente, mi feci coraggio, ed entrai. Avrei duvuro aspettare fino alle 6.45 poi avrei preso il mio aereo per Roma, una volta arrivata nella capitale avrei dovuto aspettare il mio volo per Vancouver; arrivata oltre oceano avrei raggiunto in treno Seattle e da lì probabilmente avrei corso fino a Forks per granghirmi le gambe dal viaggio. L'aria fresca che mi scompigliava i capelli mentre il sole stava iniziando la scalata verso l'alto del cielo, rientrai ed appoggiata ad una delle colonne vicino alle finestre aspettai sorridente l'arrivo del nuovo giorno.



◊ Spazio autrice:
Vi prego di perdonarmi, l'addio alla famiglia e alle sue radici non piace nemmeno molto a me ma la nostra protagonista deve crescere e per farlo deve prendere decisioni e strade che la portino lontano e lei punta ad andare parecchio lontano, fino a Vancouver!!
Prometto che i prossimi capitoli saranno migliori, lo giuro e spero potrete perdonarmi! u.u
  
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