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Autore: rocchi68    06/02/2017    2 recensioni
Quello era l’ultimo anno prima della maturità.
Era passato tanto tempo da quel giorno eppure quando si avvicinava quel periodo, lui si sentiva molto peggio del solito.
Tutto era tornato apposto, ma quella calda giornata estiva gli aveva causato una profonda frattura.
Il che era un vero peccato, considerando il passato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Trent
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Scott aveva passato finalmente un pomeriggio senza essere attanagliato dai rimorsi e non credeva che Dawn fosse diventata così interessante.
Non si rendeva minimamente conto che si stava avvicinando alla fonte del suo malessere, con l’unica eccezione rappresentata dalla direzione che avrebbe percorso.
“E tua madre come sta?” Chiese, mentre si avviavano verso il bivio.
“Non è cambiata. Dovrei essere la sua roccia, ma con la faccenda di Trent ho capito che non sarò mai forte quanto lei.”
“Se ti dà fastidio, potrei essere io la tua roccia.” Mormorò il giovane, mentre lei arrossiva.
“Non vorrei infastidirti.”
“M’infastidisce di più questa chiusura. Se hai bisogno di me, non devi avere paura. Io non giudico le persone e se posso aiutare, lo faccio senza ricercare nulla in cambio.”
“Quello che brontola sempre mio padre.” Continuò la ragazza, mentre il rosso la fissava incuriosito.
Era questo che gli piaceva di lei.
Dawn non era superficiale come le altre ragazze e anzi aveva sempre qualcosa d’interessante di cui parlare.
“Che dice?”
“Che non devo curarmi del giudizio altrui e che se un amico ha bisogno di una mano, non c’è motivo di rifiutarsi.”
“È molto saggio.”
Non aveva mai avuto il piacere di conoscerlo bene e lo aveva intravisto un paio di volte.
Durante il periodo delle medie ricordava che ogni tanto gli dava qualche strappo a casa, ma il suo lavoro spesso lo costringeva per molti periodi lontano dalla sua famiglia.
Se fosse stato presente, il gigante avrebbe ucciso quasi sicuramente Trent, ma durante i pochi giorni di ferie, la consorte e la figlia non l’avevano mai seccato con una faccenda così inquietante.
Inoltre il moro quando sapeva del ritorno del capofamiglia preferiva svanire ed evitare amare sorprese.
“Non hai paura delle conseguenze?” Gli chiese la giovane, senza che lui riuscisse a capire di cosa stesse parlando.
Aveva creduto che la domanda riguardasse il padre della ragazza, ma dal tono abbattuto e dall’umore sembrava centrasse qualcun altro.
“Di cosa parli?”
“Trent è nell’alta società e i suoi avvocati potrebbero distruggerti.”
“Se solo ci prova, lo porterò con me all’Inferno.”
“Non sei pentito del tuo gesto?” Ricominciò Dawn.
“Neanche un po’.”
“Ma non lo temi?”
“Se volesse denunciarmi, dovrebbe spiegare ogni cosa alla polizia e ci sono le minacce e molti testimoni che potrebbero salvarti. Non gli conviene giocare alla guerra se non sa nemmeno contro chi combattere.”
“Mia madre sarà felice di vederti.”
“Porgile i miei saluti.”
“Credi di cavartela così a buon mercato? Tu entrerai con me e riceverai i suoi ringraziamenti.”
Non era una semplice richiesta: era un ordine.
Lui doveva solo rispettarlo, se voleva vivere in pace, ma non si aspettava di certo che una ragazza lo mettesse con le spalle al muro.
Più il tempo passava più vedeva la sua reputazione da teppista andare in pezzi.
Se nella scuola si forse sparsa la voce, avrebbe vissuto un pessimo periodo.
Sarebbe stato costretto a tornare il despota che era stato nei primi mesi e non doveva più dimostrare pietà.
Stava diventando un mollusco privo di spina dorsale e mai gli era capitato di lottare per una ragazza.
Anche se non c’era mai stata nessuna ragazza che avesse richiesto il suo aiuto.
Le fidanzate dei suoi amici erano abbastanza protette e lui interveniva solo quando la faccenda si faceva spinosa.
“Addio reputazione da teppista.” Sbuffò, cercando nella tasca dei pantaloni il pacchetto di sigarette.
Era da un pezzo che non fumava, ma quando era nervoso e stressato aveva necessità di riempirsi di nicotina.
Inutile cercare se le ultime gliele aveva fregate Duncan.
“Se ti piace così tanto la vita da teppista perché mi hai difeso?”
“Perché avevi bisogno di me e…non so nemmeno io il perché sia diventato un teppista.”
“E non puoi semplicemente smettere di esserlo?”
“Non saprei cosa diventare.” Sbuffò annoiato.
“Perché non torni il ragazzo che eri alle medie?”
“Parli di quello che si faceva mettere i piedi in testa da chiunque? Mi dispiace, ma non lo rivedrai più.”
“E allora perché non ricominci da zero?”
“Sono teppista da una vita e la scuola ha bisogno di me. “Ricominciò, mentre lei s’incupiva sempre più.
Era da quando aveva risposto alle prime domande che si era fatta seria e non sembrava più la ragazza di qualche attimo prima.
“Non hai mai pensato che la tua felicità possa venire prima degli altri?”
“Non farmi la predica. So bene che è così, ma non potrei mai cambiare.”
“Allora ti aiuterò io. Tu mi darai lezioni di autodifesa ed io cercherò di sostenerti. Ci stai?”
Accettare quella proposta significava avercela sempre attaccata, ma ormai era tardi per lamentarsi.
L’aveva presa sotto la sua ala e non poteva lamentarsi se lei metteva delle condizioni al loro ”rapporto”.
Anche se sostenerla, non era un fatto terribile.
“E sia.”
I due parlarono ancora un po’ delle lezioni d’autodifesa che la ragazza avrebbe imparato, lasciando ovviamente l’onere a Scott di spiegarle in teoria cosa doveva fare.
Sembrava restia a colpire i suoi aggressori, ma doveva comportarsi così…se desiderava rimanere in pace.
Fu quando giunsero al cancello della sua piccola villetta che i due si zittirono.
Lei non sapeva come presentarlo alla madre e aveva timore che la donna lo giudicasse male.
Anche Trent era entrato in quella casa, accolto come un gentleman, per poi subito dopo dimostrarsi un infame.
E non poteva mettere la mano sul fuoco che la madre lo accogliesse come il salvatore della patria.
Non poteva essere sicura che la madre lo trattasse come uno di famiglia.
Il fatto di conoscersi dalle medie poteva essere utile, ma preferiva non sottovalutare troppo la padrona di casa.
Lui, nonostante apparisse come un tipo poco sveglio, aveva capito tutto alla perfezione.
Aveva chiesto apposta alla ragazza di potersene andare.
Sentiva con sicurezza che la donna l’avrebbe trattato con diffidenza e freddezza.
“Vieni entra.” Borbottò la giovane, aprendo la porta e trovando la madre ad aspettarla.
“Ti sembra l’orario perfetto per tornare a casa, signorina?”
Neanche uno straccio di chiamata e lei, per tutto il pomeriggio, era rimasta a fissare la porta d’ingresso con apprensione.
“Scusa mamma…è che ho trovato un amico e ho passato un po’ di tempo con lui.”
“E chi sarebbe?” Chiese dubbiosa, mentre il rosso aspettava ancora sull’uscio senza sapere se entrare oppure andarsene.
“Buonasera signora.” Mormorò, rendendosi udibile a fatica.
Lei già dal suo sguardo si era fatta un’idea del tipo.
Non avrebbe mai accettato che sua figlia frequentasse un simile individuo ed era pronta a cacciarlo di casa a malo modo.
“E lui chi sarebbe?”
“Lui è Scott…il ragazzino delle medie con cui passavo il mio tempo. Ora studia alla mia stessa facoltà e mi sta aiutando a recuperare le materie.”
“Non sarà come Trent, voglio sperare.” Disse, poco prima che un bambino uscisse dal salotto e si attaccasse alla gamba della sorella.
Vedendolo così gioioso tutti si erano come dimenticati delle parole della donna per concentrarsi su quel tenero fagottino che correva.
Scott non appena lo vide, iniziò a sentirsi strano.
Non sentiva il bisogno di avere figli…per quello c’era ancora molto tempo, ma era un legame.
Il legame che univa Dawn al bambino gli ricordava il passato.
Ricordava qualcosa di quando era più giovane.
Un qualcosa che però era meglio evitare.
Ricacciò indietro le lacrime, evitando che qualcuno si accorgesse di quel momento d’appannamento.
“E lui chi è?” Chiese il bambino, staccandosi da Dawn e osservando il ragazzo.
“Un amico.” Mormorò la sorella, mentre prendeva in braccio il fratello.
“Il tuo ragazzo?”
La madre guardò subito spaventata i due giovani con Dawn che era subito diventata rossa e Scott che negava con decisione.
Non avrebbe mai permesso che la figlia sprecasse il suo tempo con uno così ed era pronta a distruggere il legame che li univa.
“No, sono solo un amico. Lo sai… anch’io ho un fratellino e gli voglio molto bene, nonostante sia una peste. Tu sei l’ometto di casa e proteggi tua sorella e tua madre, vero?” Chiese con un sorriso, accarezzando il capo del bambino e scompigliandogli i capelli.
“Sì…finché papà non torna.”
“Ti piace il calcio?”
“Lo adoro.”
“E la scuola?”
“Non mi piace.” Rispose il bambino, sbuffando.
“Piccolo birbante, mi sei simpatico.”
“Quand’è che ti metti con mia sorella?”
La tipica curiosità dei bambini non lasciava scampo al rosso, il quale per salvarsi, iniziò a ridere.
“Non sono il suo tipo.”
“Perché? Non ti piace?” Chiese, rivolgendosi alla sorella, la quale non sapeva come rispondere.
La donna li fissava con uno sguardo che non sembrava promettere nulla di buono.
“Perché è già impegnato.”
“Tua sorella ha ragione.” Riprese il rosso, sperando che si rassegnasse.
“E che problema c’è? Lasciala e mettiti con mia sorella.”
“Ora basta, credo che tu sia stanco.” Borbottò la donna, prendendo in braccio il bambino e portandolo nella sua stanza, mentre questi non sembrava felice di abbandonare il suo nuovo amichetto.
“Non credevo avessi un fratello.” Ricominciò il ragazzo che era rimasto da solo con Dawn.
“Una peste adorabile.” Riprese la ragazza, sorridendo.
La donna mentre saliva le scale, pensava alle parole del figlio.
Non avrebbe mai permesso che Dawn uscisse con quel coso rosso e non era per niente felice di quella scelta.
A ogni gradino malediceva la scarsa attenzione della ragazza che non sapeva scegliere delle compagnie raccomandabili.
Trent ne era un esempio più che lampante e non voleva che lei si rovinasse a causa di quel teppista.
“Che figlia degenere.” Pensava, scendendo le scale e avviandosi verso il salotto, intuendo che Dawn lo avrebbe fatto accomodare sul divano.
Non si aspettava che passando davanti alla porta d’ingresso il marito l’abbracciasse.
Sapeva che era oberato di lavoro, ma con tutte le ferie che aveva guadagnato, il datore aveva deciso di tenerlo tranquillo per un mese.
Senza nemmeno pensarci aveva preso la macchina ed era subito tornato a casa per fare una bella sorpresa alla consorte e ai figli.
“Ciao cara.”
“Sei tornato.”
“Sì e dove sono Dawn e il marmocchio?” Chiese, guardandosi intorno.
“Flash è in camera sua e Dawn è con un ragazzo che non m’ispira fiducia.”
L’uomo sapeva che la moglie spesso ingigantiva i fatti e voleva conoscere quell’individuo che non era degno della figlia.
Infatti con passo lento e felpato entrò in salotto e vi trovò il rosso intento a sfogliare una rivista, mentre la figlia era in cucina a preparare qualcosa da bere.
“Dunque…saresti tu.” Mormorò l’uomo, spaventando il ragazzo che si era subito alzato dal divano.
“Buonasera.” Tentò inutilmente.
“Sei un amico di Dawn?” Chiese il padre della ragazza.
“Sì.”
“È a causa tua che ha fatto tardi?”
“Aveva bisogno di una mano per ambientarsi e mi ha chiesto aiuto. Mi rendo conto che è tardi, ma spero che non ve la prendiate con lei. Non volevo che tornasse a casa da sola e mi sono offerto di accompagnarla.”
Il rosso non poteva credere a quello che stava dicendo.
Non sembrava più il teppista che terrorizzava la scuola e davanti ai suoi genitori si era come rimpicciolito.
“Quanto vuoi per lasciarla in pace?” Borbottò la donna, mentre il rosso la osservava sbigottito.
“Come prego?”
“Quanti soldi vuoi per lasciarla tranquilla?”
“Lasci che la aiuti, la prego.”
“Mia moglie sta cercando di dirti che non si fida di te.”
“Lo immaginavo. Comunque continuerò ad aiutarla che voi lo vogliate oppure no e senza i vostri soldi. Vi auguro una buona serata.”
Avrebbe tanto voluto decantare le sue gesta, ma non ne aveva il coraggio.
Non credeva di riuscire a provare timore davanti a loro e iniziava a dubitare della sua figura.
Infatti uscì velocemente e tornò verso la sua abitazione, senza nemmeno salutare l’amica.
 
Dopo qualche minuto lei era tornata in salotto con un vassoio colmo di dolcetti e di bibite frizzanti.
Appena rivide la figura paterna non poté che abbandonare il vassoio sul tavolino per poi abbracciare il padre.
“Ciao papà.”
“Ciao principessa.” Disse, mentre le accarezzava i capelli.
Guardandosi intorno cercava di scorgere la figura di Scott, ma con scarsi risultati.
“Dov’è Scott?”
“È andato via.” Rispose prontamente la madre e la figlia s’intristì.
Mai le era capitato di sentirsi così triste e non credeva che, la felicità provata, fosse merito del rosso.
“Perché? Volevo ringraziarlo.”
“Ringraziarlo?” Chiese il padre, sedendosi sul divano.
“Lui mi ha aiutato.”
“E come ti avrebbe aiutato, signorina?”
“Perché lo tratti con così tanta freddezza, mamma?”
“Perché mi ricorda molto un ragazzo che t’infastidisce spesso.”
“Chi è che infastidisce la mia bambina?” Chiese il padre, abbandonando la sua aria benevola e facendo comparire un’aura maligna.
“Mamma…hai iniziato tu e ora risolvi la faccenda.” Borbottò la ragazza, mentre la donna iniziava a sentirsi in difficoltà.
“Sai caro, ho dovuto cambiarla d’Università.”
“Cosa?” Alzò la voce, credendo d’aver sentito male.
“C’era un ragazzo che la importunava in continuazione,  che ha provato a violentarla e lei aveva paura di continuare a stare in quella scuola.”
L’uomo si era subito alzato dal divano e sembrava propenso ad uccidere quel disgraziato.
Lo avrebbe scuoiato vivo perché aveva osato toccare la sua bambina e nessuno doveva farlo.
“Dove sta?”
“Non importa.”
“Nostra figlia ha ragione…lascia perdere.”
“DOVE SI TROVA?” Urlò, spaventando le due.
“All’ospedale.” Mormorò la ragazza.
“Vivo?” Chiese nuovamente.
“Sì.”
“E come ci è finito?” Ricominciò la donna che credeva di essersi persa qualche passaggio.
“È per questo motivo che volevo ringraziare Scott.”
“Che cosa avrebbe fatto?” La madre aveva appena finito di preparare la tavola, ma per tutto il tempo aveva seguito il discorso della figlia.
Non credeva potesse fare qualcosa di buono ed era ancora convinta che quello fosse un tipo poco raccomandabile.
“È stato lui a mandarlo all’ospedale. Quei lividi che aveva sul volto se li è procurati questo pomeriggio. Lo abbiamo incontrato al parco, Trent ha iniziato a molestarmi e Scott non riuscendo a sopportarlo, mi ha difeso.”
“Quel ragazzo non m’ispira fiducia.” Borbottò il padre cercando d’imitare la consorte, facendole capire che l’aveva giudicato con troppa superficialità.
“Ha detto che mi proteggerà fino a quando non sarò in grado di cavarmela da sola.”
“Devi imparare a difenderti.” Mormorò il padre, fissando la consorte che sembrava avvilita per quello sbaglio..
“Me l’ha detto anche lui. Vorrebbe che imparassi un po’ d’autodifesa.”
“Ha ragione.”
“Ma io detesto la violenza.”
“Lo sappiamo, ma lui?” Chiese la madre.
“Lui è un teppista, ma non è come gli altri. Vuole che ce la faccia da sola perché dice che non potrà difendermi in eterno.”
“Forse ha ragione.” Borbottò il vecchio.
“Vorrebbe che imparassi a difendermi.” Ripeté di nuovo la ragazza, mentre il padre annuiva sempre più convinto.
“E sarà lui a spronarti e a sostenerti?” Chiese il padre.
“Credo di sì.”
“Ma perché proprio lui? Non possiamo chiedere a qualche palestra d’allenarla?” Tentò la donna.
“Non conoscono nostra figlia e solo il ragazzo conosce le sue potenzialità nascoste.”
“Sì però…”Riprese la donna, cercando di convincere il marito che quell’idea non era la migliore.
“A me sta bene, ma deve trattarti con cura.” L’uomo rivolse quindi una gelida occhiata alla moglie.
Un’occhiata che non ammetteva repliche e la consorte fu costretta ad accettare.
Non poteva permettersi di ribattere.
Sentiva d’aver sbagliato e mentre tornava in cucina per controllare il forno, ripensava a quello che il rosso aveva fatto per sua figlia e capiva che aveva un po’ esagerato.
Sapeva d’aver esagerato.
Era stata troppo apprensiva, ma in sua difesa poteva affermare che il ricordo di Trent era ancora vivo tra quelle mura.
“È un bravo ragazzo, nonostante tutto.” Pensò, riflettendo su ciò che aveva fatto per Dawn.
Dopotutto lui l’aveva protetta e aiutata e se quel teppista rendeva felice sua figlia, lei non avrebbe mai avuto più nulla da ridire.
Finché la sua bambina sorrideva, non avrebbe più messo il becco tra loro.
Per questo decise di dargli il beneficio del dubbio e una sola possibilità di far breccia anche nel loro cuore.
Erano circa le 19 quando tutti si ritrovarono a mangiare, ma nessuno osò più far parola di Trent e del "massacro" a cui la ragazza aveva assistito.


Angolo autore: Oggi non ho troppa voglia di scrivere.


Ryuk: Strano.


Ringrazio chi legge e recensice.
Spero non ci siano errori e che tutto sia chiaro.
Alla prossima (giovedì).


 
   
 
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