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Autore: Darkrystal Sky    07/02/2017    1 recensioni
MULTI-CROSSOVER FIC Conoscete tutti la storia di Edward e Alphonse Elric, ma quanto cambierebbe questa se le persone che hanno incontrato durante il loro viaggio non fossero le stesse? Se il Viaggio tra Dimensioni parallele fosse di dominio pubblico e il Multiverso fosse al centro di una faida millenaria?
La storia di Fullmetal Alchemist come non l'avete mai vista.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Envy, Roy Mustang
Note: AU, Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11 - AM

I'm losing sight of this eerily familiar pain,
so I wander about. Should I go right or left?
While voices of wishing blend with the ringing in my ears,
the speed of my fall does not change.
Meisa Kuroki - ‘Wired Life’
 
Van Hohenheim,
                il processo alla base dell’alchimia è piuttosto semplice se ci pensi: comprensione, distruzione, ricostruzione. Ciò che nessuno menziona mai è l’attitudine, il talento richiesto per riconoscere e manipolare l’energia alla base del cambiamento. Nel
Liquor Alchahest, Philalethes propone un’origine di questa energia nei movimenti della crosta terrestre e placche tettoniche, mentre Wei Bo Yang introduce il concetto chiamato Lung Mei, un torrente di vita che scorre metaforicamente dalla cima dei monti fino a valle, nutrendo tutto come sangue che scorre nel corpo. Qualunque sia la natura di questa energia, che cosa rende una persona in grado di piegarla alla propria volontà? L’alchimia richiede una completa comprensione della chimica, fisica e teoria alchemica, ma non basta studiare per diventare un competente alchimista. Qual è la sorgente di questo talento intrinseco nella manipolazione di materia ed energia? Questo è l’obiettivo della mia ricerca.
S. Aizen, 17 Ottobre 1889


Van Hohenheim,
                la teoria da te esposta è certamente illuminante, ma ho alcune domande rispetto alle tue considerazioni. L’uomo, l’individuo è indubbiamente composto dagli elementi distinti del corpo materiale e la mente immateriale, ma non credi che parlare di “anima” dal punto di vista alchemico sia alquanto offensivo? L’anima è un concetto religioso, oltraggioso per uno scienziato. Considerarla, come hai scritto nella tua ultima lettera, la fonte di energia o perlomeno il tramite attraverso cui possiamo accedere ad essa mi sembra alquanto strano. Non c’è dubbio che il concetto di un’individualità disconnessa dagli impulsi elettromagnetici del cervello sia affascinante e certamente intrigante, ma servono delle prove per accettarlo come fatto.

S. Aizen, 7 Gennaio 1900


Van Hohenheim,
                non so se ti è mai capitato di leggere le considerazioni di Arthur Barma sul Viaggio Dimensionale, contenute nel “Storia di Amestris”: viene menzionato un potenziale per Viaggiare presente in ogni individuo ma l’abilità di pochi di effettivamente farne uso. Non ti nascondo che in parte ho sempre trovato affascinante la possibilità di visitare una realtà alternativa, ma la mia curiosità nei confronti delle leggi di
questo Mondo è sufficiente a tenermi ancorato, o perlomeno a non farmi rodere troppo il fegato cercando di capire come ottenere l’abilità di Viaggiare. Questa digressione per sottolineare che probabilmente c’è un legame tra l’abilità di usare l’alchimia e quella di Viaggiare. Mi è capitato di parlare con un Viaggiatore di recente, che mi ha reso nota un’informazione molto interessante: l’alchimia come viene praticata in Amestris non è utilizzabile in alcuno degli altri Mondi da lui visitato. Lascio a te le conclusioni.
S. Aizen, 13 Marzo 1900


Van Hohenheim,
                innanzitutto ti faccio i miei più sinceri complimenti per la nascita di tuo figlio, spero di riuscire a venire presto nell’Est per conoscere la tua nuova famiglia, ma il lavoro all’ufficio e le mie ricerche mi tengono incredibilmente occupato. Quest’anno vorrei riprovare l’esame per diventare Alchimista di Stato, a quel punto potrò finalmente ottenere la strumentazione di ricerca di cui ho bisogno per ottenere dei risultati degni di questo nome. In secondo luogo, per quanto riguarda i tuoi commenti alle considerazioni nella mia ultima lettera: ho bisogno di pensarci. Ho come l’impressione che tu sappia di più sull’argomento di quanto mi voglia dire. Deve per forza esistere un legame tra l’abilità di usare l’alchimia e la capacità di Viaggiare, se riuscissi a capire come è definita l’una, sono sicuro che sarebbe possibile rendere entrambe accessibili a chiunque.

S. Aizen, 21 Aprile 1900
Van Hohenheim,
                 scusami se non mi sono più fatto sentire. Apparentemente essere un ricercatore, per quanto capace, non è sufficientemente a diventare Alchimista di Stato senza essere in grado di operare trasmutazioni. Inoltre sono finito nei guai con i miei superiori per essere in possesso di testi considerati illegali. Sarò mandato in assistenza al fronte ad Ishbal, non so se ci vedremo ancora.

S. Aizen, 3 Novembre 1901


Van Hohenheim,
                un’incredibile fortuna mi è venuta incontro: sono stato stanziato sulle retrovie del conflitto civile in quanto ricercatore, piuttosto che sul fronte. La guerra civile è più violenta di quanto non vogliano lasciar trapelare, ma l’esercito sta facendo un discreto lavoro di confinamento delle celle terroristiche più attive. Il nostro lavoro qui è confidenziale, ma posso dirti questo: uno dei nostri obiettivi è il potenziamento dei soldati di Amestris per poter concludere questo conflitto prima possibile. I miei colleghi, Stein e Grantz, sono Alchimisti di Stato di incredibile talento: sono sicuro che sotto la loro guida sarà in grado di ottenere risultati straordinari.

S. Aizen, 28 Settembre 1903


Van Hohenheim,
                il Comandante Supremo Bradley ha deciso di militarizzare gli alchimisti di Stato: ora coloro che si vantano di questo titolo non sono più solo ricercatori come me, ma soldati in grado di sprigionare una potenza distruttiva incredibile. Prevedo la fine di questa guerra in pochissimi giorni ora che loro sono al fronte. Non vedo l’ora di tornare a casa, anche se senz’ombra di dubbio questo conflitto mi ha consentito di ottenere dei soggetti su cui sperimentare le mie teorie senza che l’esercito o i civili venissero a ficcanasare: sono sicuro di aver fatto un incredibile passo avanti rispetto a quando lavoravo a Central. Ho parlato con qualcuno che sembra essere in grado di capire per quale motivo la mia ricerca mi sta così a cuore: non so se posso confidarmi con te riguardo a questa “persona”, ma è qualcuno dall’immensa conoscenza e potere.

S. Aizen, 6 Ottobre 1908


Van Hohenheim,
                le ultime lettere che ti ho inviato sono tornate indietro, cos’è successo? Continuo a scriverti nella speranza che si sia trattato di un disguido delle comunicazioni. La persona di cui ti avevo parlato si sta rivelando altrettanto difficile da contattare, ma ogni volta che ne sono in grado faccio passi da gigante: la creazione di un catalizzatore è ora per me solo un piccolo passo verso un obiettivo molto più grande. Ricordi di quando parlavamo della possibilità di usare l’alchimia per aprire Porte verso altri mondi? La possibilità è più che concreta adesso, ma ogni passo in avanti richiede un sacrificio e presto potrei non essere più in grado di creare un catalizzatore da solo.

S. Aizen, 19 Dicembre 1908


Van Hohenheim,
                chi siede sul Trono del Mondo? Chi ci lega con le sue stupide leggi se non un Falso Dio che ha abbandonato il suo ruolo e si beffa delle nostre esistenze? Ho raggiunto il picco delle mie ricerche, presto aprirò quel Gate e siederò su quel trono vuoto per distruggere le nostre catene.

S. Aizen, 7 Gennaio 1912


“Ti avevo detto di andartene dalla città,” fu la prima cosa che Ryuken disse quando, al tramonto del sole, si ritrovò di nuovo Oriel sulla porta. L’uomo si stava infilando un cappotto, preparandosi a lasciare il piccolo ospedale.
La ragazza scrollò le spalle.
“I miei compagni di viaggio hanno qualcosa da fare, e io voglio capire che cosa succede qui.”
Per un lungo intervallo di tempo, l’uomo la squadrò in silenzio. Infine, con un sospiro rassegnato, richiuse a chiave la porta e le fece un cenno.
“Sei davvero testarda. Seguimi, ti dirò quello che so.”
-
Ed e Al sedevano sul prato scosceso al di sotto della villa. Sotto di loro, scorgevano i tetti delle case dei minatori, avvolti nelle tenebre. Non se la sentivano di tornare da Urahara a chiedere ospitalità dopo aver fallito così miseramente e, anche se Edward non lo avrebbe mai ammesso, si sentiva in parte responsabile per essersi fatto beccare dagli impostori prima di scoprire qualcosa di importante. Al momento Edward, la cui ferita sulla guancia aveva smesso di sanguinare ma si era gonfiata e pulsava dolorosamente, rimaneva appoggiato all’armatura di Al, alleviando il dolore tramite il contatto col metallo freddo.
“Cosa facciamo adesso?” domandò Alphonse, pensieroso.
“In questo momento saranno tutti in guardia là dentro” mugugnò. “Se vogliamo riprovare ad entrare, direi di aspettare domani notte. Intanto, dobbiamo decidere cosa rispondere a Pigiama quando torniamo…”
“Pigiama…” Al ripeté con tono divertito l’appropriato soprannome che il fratello aveva usato per il signor Urahara. Sotto di loro, pochissime luci rimanevano accese nelle casupole, e anche quelle andavano spegnendosi velocemente. Se non fosse stato per la brillante luna piena, la valle mineraria sarebbe stata buia come il tunnel da cui erano appena usciti. “I minatori vanno a letto presto, a quanto pare… tutte le luci sono spente.”
“Non tutte.”
I fratelli Elric scattarono immediatamente in piedi, allarmati dalla voce sconosciuta che avevano appena sentito. Edward si guardò intorno, frenetico, ma non vide anima viva.
“Chi ha parlato?” esclamò Alphonse, ma nessuno rispose.
“Al” mormorò Edward, indicando al fratello un casolare sul fianco della montagna dall’altra parte della valle, le cui finestre erano ancora illuminate.
I due fratelli si scambiarono un’occhiata di intesa: seguire il consiglio di una voce fantasma non era certo allettante, ma il casolare li incuriosiva. Mentre i due scendevano il sentiero, dai cespugli alle loro spalle sbucò un piccolo cagnolino marrone che cominciò a seguirli.
-
Da una parte, Oriel avrebbe dovuto aspettarsi di non ottenere nulla per nulla. Dall’altra, non si aspettava che il dottor Ishida l’avrebbe impiegata come infermiera nel casolare che aveva adattato per ospitare i pazienti più gravi. La mezza dozzina di persone ricoverata era priva di sensi o, nel caso di un paio di loro, delirante. Tutti loro presentavano macchie nere sulla pelle e, in alcuni casi, perdita di dita o estremità. Diverse volte, mentre sistemava letti e bende, Oriel dovette uscire all’aperto e prendere dei respiri profondi per non vomitare.
“No” Ishida ripeté con tono sempre più scocciato all’ennesima benda legata male. “Troppo stretta, in questo modo blocchi la circolazione e ottieni l’effetto opposto a quello voluto!”
Oriel sbuffò ma slegò la benda sulla carne secca e scura e ricominciò il lavoro senza lamentarsi. Doveva lavorarsi il medico prima di chiedergli qualunque cosa sulla sua alchimia, o avrebbe davvero fatto tutto quel viaggio a vuoto. Mentre portava una caraffa d’acqua sul comodino di uno dei letti, le capitò di lanciare un’occhiata fuori dalla finestra e quasi si prese un infarto quando vide Ed e Al fuori dal vetro. Rovesciandosi l’acqua sulle scarpe, si riscosse appena in tempo per non far cadere l’intera brocca a terra.
“Cos…?!” esclamò Ryuken quando vide a sua volta i due ragazzi.
“Sono i miei compagni di viaggio” spiegò Oriel con un grosso sospiro, mentre posava la caraffa ed andava ad aprire la porta. “Com’è andata?” domandò sarcasticamente una volta fuori dal casolare, incrociando le braccia.
Edward sbuffò, ma non rispose.
“Che cosa ci fai qui?”
“Non bene, eh?” lo ignorò lei, riconoscendo che il ragazzo stava cercando di evitare di rispondere. Edward mugugnò qualcosa di incomprensibile prima che Ryuken apparisse sulla porta dietro alla ragazza.
“Falli accomodare di sopra, qui finisco da solo” disse dopo una veloce occhiata ai fratelli. L’armatura di Al non sembrava turbarlo in alcun modo. “Vi raggiungo dopo.”
“Veramente non credo…” cominciò Al, ma l’uomo stava già tornando dai propri pazienti. Oriel lanciò loro un’occhiata prima di farli entrare e salire sulle scale che portavano al piano superiore.
Il sottotetto del capanno era arredato come una modesta abitazione, con una piccola libreria, due divani ed un letto a due piazze. I ragazzi si sedettero sui divani, rimanendo in un silenzio imbarazzato per alcuni secondi.
“Sentite…” Oriel ruppe il silenzio, parlando a voce bassa. “Per favore, non dite che sono un’alchimista di stato o il motivo per cui vi ho trascinati qui, d’accordo?”
“Ma quel medico è per caso…?” cominciò Al, Oriel annuì.
“Ishida. Ma prima di fare qualsiasi richiesta, voglio guadagnarmi la sua fiducia” concluse, rilassandosi contro lo schienale. “Avete incontrato gli impostori?” domandò poi, in tono più alto.
“Due pazzi. Ci hanno sparato contro senza preavviso! E hanno un sacco di libri sulla trasmutazione umana ed esperimenti su chimere e…” Le parole uscirono come un fiume in piena. “Sarebbe abbastanza per sbatterli in galera a vita, ma prima voglio capire esattamente cosa stanno cercando di fare” borbottò infine con tono scocciato ma più tranquillo.
“Almeno è un passo avanti dal ‘voglio riempirli di botte’…” sospirò Al.
“Quand’è che avrei detto una cosa del genere?!” Edward esclamò, con tono offeso.
“L’hai pensato. Sicuramente.”
Un rumore di passi sulle scale annunciò l’arrivo di Ishida, che portava con sé una scatola di metallo. L’uomo rimase in piedi, osservando Edward per una manciata di secondi.
“Quel taglio si sta infettando, lascia che ci dia un occhio” esordì. Alphonse si alzò in piedi lasciando il posto al medico che esaminò il taglio. Edward si irrigidì sulla poltrona mentre l’uomo puliva e disinfettava la ferita: non era abituato ad essere trattato come un bambino, soprattutto da un estraneo. Ad interrompere il silenzio imbarazzato fu inaspettatamente proprio il dottor Ishida. “Voi siete i veri fratelli Elric?” chiese, lasciando i tre di stucco.
“Come ha fatto a…”
“Sapevo che i ragazzi alla villa non erano l’Alchimista d’Acciaio e suo fratello: sono abbastanza simili alle voci, ma certamente non hanno tratti Xerxiani” spiegò. “Oltre a questo... vi ho sentiti parlare di ‘impostori’ pochi secondi fa” concluse, mettendo un cerotto sulla guancia del ragazzo. “Ora, mi piacerebbe sapere perché un Alchimista di Stato si trova in questo posto dimenticato da tutti, ma è mio dovere in quanto medico preoccuparmi prima di tutto della vostra salute.” L’uomo fece una pausa, assicurandosi di avere l’attenzione di tutti i presenti. “Andatevene da Karakura: se credessi in cose simili, direi che questa città è maledetta. Quello che avete visto al piano di sotto è probabilmente l’effetto di un agente patogeno, ma non ho mai visto niente di simile in vita mia.  Sto facendo del mio meglio per aiutare i pazienti, ma al momento non ho potuto che assistere alla morte di un minatore dopo l’altro…”
“Non è possibile nemmeno curarli con l’alchimia?” fece Al.
Il medico gli scoccò un’occhiata perplessa.
“L’alchimia medica è incredibilmente complessa e poco praticata ad Amestris, non mi sentirei in grado di…”
“Aspetti, aspetti un minuto” lo interruppe Edward. “La famiglia Ishida non pratica forse l’alchimia medica?”
Oriel resistette l’impulso di coprirsi il volto con le mani: come aveva potuto credere che Edward Elric, tra tutte le persone, sarebbe stato in grado di tenere un profilo basso? L’uomo alzò un sopracciglio, cercando di mettere insieme i pezzi del discorso che avevano portato il ragazzo a porgli quella domanda.
“No, siamo medici da generazioni e alchimisti, ma chiunque ti abbia dato questa informazione era fuori strada. Dimmi, da chi hai sentito una cosa simile?”
“Un collega alchimista di stato,” disse Ed, rimanendo vago. Oriel tirò un sospiro di sollievo. “Che tipo di alchimia praticate, allora?”
“Questo è il motivo che ti ha portato qui?” il tono dell’uomo si era fatto più secco. Si alzò in piedi per riporre la cassetta di metallo. “La nostra arte è stata tramandata di generazione in generazione, a me da mio padre, da me a mio figlio. Non lascerò che cada nelle mani dell’esercito per soddisfare la curiosità di un ragazzino.”
Edward si accigliò. Resistette all’impulso di voltarsi verso Oriel.
“Non sia egocentrico, siamo giunti in questa città per caso” mentì. “Onestamente, al momento vorrei solo mettere in luce cosa stanno facendo in quella villa.”
“E restituire l’oggetto rubato al signor Urahara” aggiunse Alphonse, tornando a sedersi accanto al fratello.
“Ah, già, quello” annuì Edward. “Me n’ero quasi dimenticato.”
“Il tizio che pretende di essere te ha rubato qualcosa a quel Viaggiatore mezzo matto?” domandò il medico.
“No, secondo lui è stato Aizen. Il proprietario della villa, giusto?”
L’uomo sembrò genuinamente sorpreso da questa affermazione.
“Aizen avrebbe rubato qualcosa ad un Viaggiatore?” esclamò, prima di portarsi una mano al mento e mormorare qualcosa tra sé e sé. “Avrebbe senso se…”
“Aizen ha comprato la villa da lei, non è così? Lei forse può aiutarci a capire le sue intenzioni…” azzardò Oriel, che era rimasta in silenzio fino a quel momento.
Ishida annuì, dopodiché avvicinò una sedia ai divani, sedendosi di fronte ai ragazzi.
“Non avrei mai voluto trascinare dei ragazzi in questa storia, ma… forse potete davvero aiutare me e le persone di questa città.” Dopo un lungo sospiro, guardò i tre ragazzi negli occhi con uno sguardo di ghiaccio. “Promettetemi che le informazioni che vi darò non raggiungeranno i vostri superiori. Non avrò parte nel riconquistare la mia reputazione o riprendere il controllo su questa città, voglio solo aiutare i miei concittadini.”
“Promesso!” esclamarono immediatamente Al e Oriel.
“Mi sembra che stiamo facendo un sacco di promesse di recente…” borbottò Edward prima che una gomitata del fratello gli facesse promettere a sua volta.
“Fino a una dozzina di anni fa, la villa e le miniere che ci circondano sono sempre appartenute alla mia famiglia” raccontò. “La città dell’oro, chiamavano Karakura, ma quando le miniere si esaurirono, la città cadde in povertà. Poiché si rifiutò di trasmutare oro con l’alchimia, mio padre attirò l’odio dei minatori verso di noi e ci ritirammo in questa casa, lontano da occhi indiscreti. Abbandonò il suo compito di medico, perseguendo invece la strada di Alchimista tramite gli insegnamenti del nostro capostipite. Io non ero d’accordo, volevo continuare ad aiutare le persone, quindi andai a Central City per studiare medicina…e quando tornai, mio padre aveva venduto la villa e le miniere ad un giovane scienziato che si era stabilito a Karakura.”
“Aizen?” indovinò Oriel. “Perché comprare le miniere se non c’era più oro?”
Ryuken si alzò nuovamente in piedi, aprendo un cassetto del comodino mentre continuava a raccontare.
“Poche settimane dopo il trasferimento di proprietà, Aizen forzò la riapertura delle miniere, sfruttando la povertà degli operai per indurli a tornare a lavorarci. Improvvisamente cominciarono a estrarre dal sottosuolo un liquido nero. Pensavamo che fosse petrolio, oro nero, ma non era possibile, non avevamo mai trovato nulla di simile sotto Karakura.” L’uomo tornò a sedersi, tenendo in mano un portagioie. “Quello che stavano estraendo era una sostanza che, concentrata e trasmutata nel modo corretto, diventava quelle che oggi sul mercato sono conosciute come Düsternis.”
L’uomo aprì il portagioie, che conteneva una collana d’argento con un pendente nero. Edward si avvicinò per osservarlo meglio: la pietra non rifletteva la luce circostante, dando l’illusione di essere un buco nero.
“Posso?” fece Edward, e aspettò che l’uomo annuisse per prendere delicatamente in mano il gioiello. Come lo strinse tra le dita, sentì un brivido freddo lungo la schiena e, cautamente, ripose la gemma nel portagioie. La strana sensazione scomparve immediatamente. Se l’era immaginato?
“Ne ho sentito parlare” commentò Oriel, che, seduta di fronte a lui, non sembrava essersi accorta di nulla. “Sono molto in voga tra le nobildonne di Central City. Fammi vedere…” La ragazza si alzò per guardare all’interno del portagioie, ma, esattamente come era accaduto a Edward poco prima, si immobilizzò come paralizzata, e impallidì. “Trauer…” gemette, prima di scuotere la testa e sedersi con un’espressione che, se Edward non avesse conosciuto la ragazza, avrebbe definito terrorizzata. “Non dovrebbero esistere, non dovrebbero essere qui” continuò a voce bassa. Ryuken chiuse il portagioie, scoccando alla ragazza un’occhiata perplessa. “Le Düsternis, accuratamente trattate, sono addirittura più resistenti del diamante. C’è solo un modo per distruggerle.” Estraendo il pendente dal portagioie, lo posò sul tavolino di legno davanti a sé e, con un gessetto che aveva estratto dal taschino della giacca, vi disegnò attorno un semplice cerchio, senza diagrammi ne formule tipici dei cerchi alchemici che erano abituati a vedere. Prima che i ragazzi potessero studiarlo e capirne lo scopo, Ryuken lo attivò. Il gioiello perse la sua opacità e cominciò a brillare di lampi rossastri: in pochi secondi dal legno del tavolo crebbe una piantina dalle foglie verdi che appassirono immediatamente quando l’energia si esaurì. L’uomo si accigliò. “Chiedo scusa. Nonostante amplifichi l’energia alchemica, non sono davvero portato per l’alchimia organica.”
Alzò la testa e vide che i tre ragazzi avevano lo sguardo fisso sul tavolo e l’espressione basita.
“Ma certo! Ha senso!” esclamò Ed. “Non è la stessa cosa di Anderson, ma ci va molto vicino! L’impostore doveva avere una Düsternis con sé in quel momento!” Dopo un attimo di silenzio, il ragazzo realizzò. “Hai detto che questi gioielli vanno trasmutati… Non è che quei due stanno usando i nostri nomi per creare un catalizzatore?!”
“È possibile, e già di per sé questo sarebbe abbastanza problematico. Ma non è tutto: da quando hanno cominciato ad estrarre la materia prima delle Perle dal sottosuolo, tra i minatori si è cominciato a diffondere un morbo misterioso che in poco tempo ha mietuto decine di vittime, specialmente tra i bambini. Avete visto i pazienti di sotto, presentano tutti gli stessi sintomi, ma nonostante questo non sono riuscito a trovare un collegamento tra la sostanza e il morbo. L’unica cosa che so è che non si trasmette come una normale malattia, mentre infetta solamente chi si reca nel sottosuolo per un periodo di tempo prolungato. Non sono riuscito a trovare una cura, posso solamente aiutare ad alleviare il dolore dei casi più disperati: sono un fallimento come medico.” Fece una pausa, l’espressione calma velata da tristezza e rabbia.  “Ho mandato mio figlio e mio padre a Central City, lontano da questo inferno, ma pochi giorni fa mia moglie, che lavora come domestica per Aizen, cercando di scoprire qualcosa di più sul morbo, non è più tornata a casa.”
Edward incrociò le braccia e si lasciò cadere contro lo schienale del divano, la fronte aggrottata in un’espressione pensierosa.
“Sua moglie, l’oggetto rubato a Urahara, la possibilità di un prototipo di Pietra Filosofale…” borbottò. “Non basta fare irruzione, dobbiamo trovare il modo di infiltrarci nella villa in modo permanente. Dobbiamo smascherare quei due impostori e convincere Aizen che vogliamo lavorare con lui.”
Mentre Ed parlava con il fratello e Ryuken, Oriel si alzò in piedi e, a bassa voce, disse di aver bisogno di una boccata d’aria fresca. La ragazza uscì dal casolare senza prestare alcuno sguardo ai pazienti al piano terra e, una volta fuori, camminò per alcuni metri prima di appoggiarsi al tronco di un albero. Stava tremando. Aveva sentito parlare delle Düsternis, ma se avesse avuto l’occasione di vederle di persona, avrebbe certamente riconosciuto prima quell’oscurità che nessun materiale poteva realmente ottenere. Quella vista, innaturale eppure familiare, le aveva fatto gelare il sangue nelle vene. La cicatrice sul dorso della mano sinistra le sembrava tornare a pulsare dolorosamente e in quel momento, nonostante il desiderio di conoscere l’alchimia di Ishida e il suo senso morale che la obbligava ad aiutare gli sventurati minatori, voleva semplicemente andarsene alla svelta da quel posto. Le mancava suo fratello, avrebbe voluto andare da lui per avere un po’ di conforto.
Ma lui non avrebbe potuto aiutarla. Non gli aveva mai detto niente.
“Sai cosa devi fare.” Oriel si voltò di scatto, verso la sorgente della voce che aveva appena sentito, ma non vide nessuno nelle vicinanze. “Qui,” disse ancora la voce, Oriel abbassò lo sguardo. Sul prato, di fianco a lei, sedeva con aria tranquilla un piccolo cagnolino col pelo marrone e strani disegni rosso scuro sulla pelliccia. L’animale la fissava scodinzolando, gli occhi che brillavano con intelligenza. La ragazza si guardò un ultima volta attorno, prima che la voce parlasse ancora. “Hai già intuito che cosa sta succedendo in questa città,” il muso del cagnolino si muoveva in sintonia con la voce, quindi non c’era dubbio che fosse stato lui a parlare. “Mi dispiace che sia stata tu ad arrivare qui per prima, avrei mandato gli altri due se avessi potuto, ma questa situazione ha bisogno di essere risolta.”
Oriel stava per fare dietro front e scappare da quella che probabilmente era una grave allucinazione e, anche se non lo fosse stata, l’esperienza le diceva di stare molto lontano dai piccoli animali parlanti, quando realizzò di conoscere quella voce.
“Watanuki?” Il cagnolino scodinzolò. Oriel sbatté gli occhi diverse volte, lo sguardo perso nel vuoto. “Ti dispiace spiegarmi perché sei un cagnolino?”
“Era l’unico modo per venire qui di persona. Come puoi intuire, sono qui per un cliente…” continuò, grattandosi un orecchio. Se non fosse stato per la voce, sembrava comportarsi come un normale cucciolo.
Oriel aprì e chiuse la bocca diverse volte prima di chinarsi al suolo, avvicinando il volto al cagnolino.
“Le Düsternis… sono Grief Seed, uova di Strega, non è così?”
“No,” rispose immediatamente Watanuki. “Anche se hanno un’origine comune: paura, ansia, disperazione. Le peggiori emozioni umane condensate costituiscono quel liquido che viene usato per trasmutare le Düsternis.”
Oriel era tornata a strofinarsi nervosamente il dorso della mano.
“I minatori non stanno solo estraendo quella sostanza, la stanno creando.”
“Se vuoi, è un modo semplificato di vederlo” confermò il cagnolino. “Ma in questo Mondo non dovrebbe essere possibile una cosa del genere: chi ha cominciato a produrre Dark Matter è entrato in possesso di un potere o una conoscenza che nessuno dovrebbe possedere.”
“Chi è il tuo cliente?” fece Oriel.
“Non posso dirtelo.”
“Il desiderio?”
“Non posso dirtelo. Fermare l’uomo di nome Aizen costituirebbe però un notevole passo in avanti” concluse, restando poi a fissare la ragazza per un lungo periodo di tempo.
Oriel ricambiò lo sguardo, perplessa, e passarono diversi secondi prima che riuscisse a realizzare cosa implicavano le parole di Watanuki.
“No,” disse tra i denti. “Non se ne parla. Non farò di nuovo il lavoro sporco per voi.”
“Non te l’ho chiesto. Anche se l’hai già fatto una volta.”
“Quella è stata una mia scelta. Il mio unico rimpianto è di non essere rimasta al suo fianco...”
“Non avresti mai rivisto tuo fratello.” Oriel si fermò, mordendosi la lingua. “Yuuko teneva in conto anche il suo desiderio, ricordatelo,” continuò il cagnolino, finché Oriel non scattò in piedi bruscamente.
“Andrò ad investigare, solo piantala di farmi pressione” sbottò, allontanandosi dal casolare a grandi passi, verso la villa stessa. Mentre camminava nella notte, un piano cominciava già a farsi strada nella sua mente.
E questa volta avrebbe tenuto conto dell’impulsività di Edward.
  
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