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Autore: myqueasysmile    08/02/2017    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Ti senti in imbarazzo a guardarmi?» chiese lui scrutandomi con quegli occhi azzurri così belli.
Sospirai «In questo momento sì».
«È perché ti ho quasi baciato?» chiese alzando il sopracciglio. Non lo guardavo, ma sono sicura che lo fece.
Annuii arrossendo «Ehm, potresti mettermi giù?».
«Solo se non scappi» disse lui.
«Perché dovrei scappare?» ribattei.

Lui non rispose, ma mi fece scendere. Poi uscì dalla cameretta e si fermò nel corridoio «Stefano, puoi giocare da solo per qualche minuto? Io ed Elisa dobbiamo parlare!».
«Va bene zio!» rispose l'altro dal salotto.

Sbuffai alzando gli occhi al cielo e mi sedetti sulla sedia aspettandolo. Odiavo essere così timida, odiavo sentirmi in imbarazzo per qualsiasi cosa. Era bruttissimo, cazzo. Non riuscivo nemmeno a godermi questi momenti pazzi in sua compagnia.

Prese l'altra sedia e si avvicinò.
«Allora... mi dispiace, a quanto pare ho superato il limite prima. Scusa» disse lui.
«Non è colpa tua se io sono una maledetta stupida. Sono io che rovino sempre tutto...».
«Non sei stupida, sei solo timida, l'ho capito... forse è questo il problema» disse allungando il braccio e alzandomi il viso fino a far incontrare i nostri occhi.

«È sempre quello il problema. Mi odio, perché non riesco a fare niente. Fa schifo, perché non riesco a divertirmi che continuo a pensare alle cose sbagliate che potresti pensare di me...».
«Ma tu fregatene di quello che pensa la gente, compreso me. Tu devi vivere la tua vita per te non per gli altri».
Sorrisi «È quello che mi ha detto anche Mika».
Lui mi fissò per qualche secondo «Hai parlato con Mika?».
Annuii «Non sono pazza, ci ho parlato quando sono andata a Milano con Marco, ad x-factor qualche settimana fa».

«Non lo sapevo, e com'è stato?» chiese.
«Bello, abbiamo parlato tanto e fatto foto... ho anche il suo numero!» risposi sorridendo.
«Quindi non hai avuto problemi a parlare con lui, perché invece con me sì?» chiese.
«Io ci parlo con te, anche adesso» risposi.
«Però tendi ad evitarmi... prima o poi scoprirò il perché!» concluse lui scrutandomi.

"È perché mi piaci" avrei voluto urlargli. "Perché non so mai come comportarmi quando ci sei tu, e se poi quasi mi baci capirai che non è facile far finta di niente!".
Lui si alzò e si voltò per andarsene senza aggiungere altro. Mi sentii malissimo in quel momento.

Mi alzai velocemente.
«Aspetta!».
Lui si voltò.
«Sei arrabbiato con me?».
«No, non avrei motivo di esserlo» rispose avvicinandosi.
«Però lo sembri...» constatai io sospirando «Mi dispiace, non sto cercando di evitarti. È solo che certe volte non so cosa fare, come comportarmi con te quando non siamo a scuola. Lo so che te l'ho già detto, ma non riesco a superare questa cosa».

«Va bene, vedremo di fartela superare» rispose sfoderando un sorriso magnifico «Ora credo sia meglio vedere che combina mio nipote».
«Meglio sì» risposi seguendolo fuori dalla camera.

Tornammo in salotto dove Stefano stava giocando con le sue solite macchinette.
«Elisa, mi chedevo se vi va di venire da me... avevo chiesto a Stefano se mi aiutava a fare l'albero di Natale l'altro giorno» disse il prof. girandosi a guardarmi.
«Mmh, non so. E se tua sorella torna?» chiesi riflettendoci.
«Dopo ci parlo io. Hai voglia di venire?» chiese lui.
«Ok» risposi con un piccolo sorriso.

Nel giro di venti minuti avevamo parlato con Stefano ed eravamo davanti a casa del prof.
«Permesso!» dissi entrando in casa, e subito notai la piccola palla di pelo di nome Spark che ci veniva incontro.
Anche Stefano se ne accorse e andò ad accarezzarlo prima che quest'ultimo scappasse.
Come previsto il micio si liberò dalle grinfie del bimbetto e si fermò ai miei piedi fissandomi.

«Ciao Spark!» lo salutai accucciandomi e lasciandogli qualche carezza.
Poi seguii il prof e mi tolsi la giacca che lui prese e appese all'attaccapanni.
«Allora Stefano? Sei pronto?» chiese lui sfregandosi le mani.
Il nipotino annuì entusiasta.
«Perfetto. Aspettami qua che prendo le decorazioni!» aggiunse sparendo nel corridoio.

Mi guardai attorno, era tutto esattamente come qualche mese prima, eccetto un grande albero vicino alla parete.
Feci qualche passo e mi avvicinai alla libreria scorrendo i titoli dei vari libri, poi passai alla fila di dvd e quella di cd.
Quando mi girai ci mancò poco che spiaccicassi il gatto.
Si salvò per un pelo solo perché prontamente avevo cambiato la traiettoria del mio piede.
«Spark stavi per fare una brutta fine» gli dissi guardandolo negli occhi.

Di lì a qualche secondo ricomparve l'uomo dei miei pensieri con uno scatolone che posò per terra vicino all'albero.
Mi avvicinai mentre lui tirava fuori le varie palline.
«Vieni Stè» disse porgendogli una pallina.
Il nipotino la prese e la appese all'albero.
«Zio? Mettiamo la musica?» chiese dopo qualche secondo il piccoletto facendo una giravolta e prendendo un'altra pallina dalle mani dello zio.
«Va bene» rispose quest'ultimo andando ad accendere lo stereo.

«Ci aiuti Elisa?» chiese poi guardandomi.
«Ok» risposi avvicinandomi all'albero col gattino che mi seguiva.
«Però il tuo gatto è inquietante... da quando sono arrivata non fa che fissarmi e seguirmi» aggiunsi prendendo una pallina dalla scatola.
«Spark non si fissano le ragazze! E se proprio si deve fare non ci si fa notare» disse lui puntando il dito verso il gattino che ora lo guardava.

Gli lanciai un'occhiataccia.
«Che c'è? Gli sto insegnando!» rispose lui con un'alzata di spalle e un sorrisetto sulla faccia.
«No, mi stai prendendo in giro!» precisai incrociando le braccia.
«Come vuoi, Piccola Solitaria!» rispose ammiccando.
«Smettila Occhi Azzurri!» replicai. Poi mi sporsi a prendere una pallina rossa che andai ad appendere sull'albero.

«Occhi Azzurri, che è? Tipo Toro Seduto?» chiese ridendo. Una risata che mi arrivò dritta nel cuore.
Lo fulminai con un'altra occhiataccia.
Poi feci spallucce «Non sapevo come altro chiamarti ed è la prima cosa che mi è venuta, e quindi sei Occhi Azzurri».

«Ehi, ma anche io ho gli occhi azzurri!» esclamò il piccoletto in quel preciso momento.
Mi girai verso di lui «Lo so, e sono bellissimi!» dissi scompigliandogli i capelli.
«Ehi!!» esclamò sottraendosi dal mio tocco e facendo qualche passo indietro.
Risi. «Scusa Stè, non te li tocco più!» lo rassicurai appendendo una pallina blu.

«Non ci arrivo, non ci arrivo più!!» si lamentò ad un certo punto la piccola peste.
«Aspetta, ti aiuto io» risposi. Lo presi in braccio in modo che ci arrivasse. Lui appese la pallina che aveva in mano.

«Ce la fai?» chiese subito il prof.
Annuii. «Però Occhi Azzurri ci devi passare le palline!» dissi girandomi a guardarlo e facendo un sorrisetto.
Lui rise «Sei fantastica Elisa!». Poi prese una pallina e la passò a Stefano.
«Non è vero, ma ok» risposi spostandomi in modo che Stefano arrivasse allo spazio libero rimasto sulla cima dell'albero.

«Ma sì, lo zio ha ragione» commentò Stefano.
«Lo zio ha sempre ragione» replicò il prof sottolineando la parola "sempre".
Lo guardai male «Che ne hai fatto del prof di musica serio e composto?».

«Oh, be' quando voglio posso essere anche serio» disse incrociando le braccia sul petto e togliendosi l'espressione divertita dalla faccia.
Mi fissò con sguardo fermo e autoritario.

«No ok, era meglio prima» commentai facendolo ridere di nuovo.
«Ti faccio paura?» chiese divertito.
«No» risposi mettendo giù Stefano che andò a giocare col micetto. L'albero era ormai pieno di palline.
«Invece sì» disse lui alzando un sopracciglio.
«Invece no, non mi hai mai fatto paura da quando ti conosco» risposi alzando a mia volta un sopracciglio.

Mi voltai e raggiunsi Stefano e il micio.
«Lo vuoi tu?» chiese il biondino passandomi Spark.
Lo presi e lo feci accoccolare sul braccio, accarezzandolo con la mano.

«Adesso cosa facciamo?» chiese il piccoletto guardando il gattino acciambellato tra le mie braccia.
«Non lo so, forse è meglio se torniamo a casa tua... che tra un po' arriva la tua mamma».
«L'ho chiamata prima, viene direttamente qua a prendere Stefano» disse lo zio.
«Ecco, allora cosa facciamo?» chiese ancora il biondino.

«Ho un'idea!» esclamò il prof. all'improvviso. Andò verso le scale e le fece a due a due, saltando metà degli scalini. Esattamente come facevo io a casa quando ero di corsa, rischiando, come mi ricordava spesso papà, di rompermi l'osso del collo.

«Ecco, tieni» disse tornando davanti a noi con una chitarra.
Lo guardai stranita «Io?».
«Sì, non credo che Stefano la sappia suonare» rispose con un'alzata di spalle.
«Ma tu sì» replicai «E sicuramente meglio di me».
Lui alzò gli occhi al cielo «Non riuscirò in alcun modo a farti suonare adesso vero?».
«No, credo proprio di no» confermai.
«Ok» rispose sedendosi sul divano e sistemandosi la chitarra sulla gamba.
Io e Stefano lo imitammo andandoci a sedere vicino a lui.

Lui iniziò a suonare e, cogliendomi di sorpresa, anche a cantare. Era una canzone che avevo già sentito... forse dei Coldplay. Era molto bella, ma la sua voce era davvero fantastica.
Avevo i brividi.
Questa cosa mi stava lentamente sfuggendo di mano.
Prima o poi si sarebbe accorto delle mie reazioni? Boh. Speravo tanto di no.

Ci stavo ripensando anche due ore dopo, al caldo, nel mio letto sotto le coperte.
Probabilmente prima o poi mi sarebbe passata questa fissa con lui. Ma chissà quando...
Speravo molto presto.
Stargli vicino diventava sempre più difficile, e nascondergli che mi piaceva ancora di più.

  
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