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Autore: rocchi68    09/02/2017    2 recensioni
Quello era l’ultimo anno prima della maturità.
Era passato tanto tempo da quel giorno eppure quando si avvicinava quel periodo, lui si sentiva molto peggio del solito.
Tutto era tornato apposto, ma quella calda giornata estiva gli aveva causato una profonda frattura.
Il che era un vero peccato, considerando il passato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Trent
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Scott si chiedeva perché fosse così stupido.
Non riusciva a trovare una risposta ad una domanda che continuava a torturarlo.
Perché si era offerto d’aiutarla?
Non aveva nulla da rimpiangere sulla faccenda di Trent, ma non aveva mai osato aiutare gli altri con lo studio o insegnargli un minimo di autodifesa.
Ficcò di nuovo le mani nei jeans con la speranza di trovare una sigaretta, ma le tasche erano vuote.
Era una fredda sera di gennaio e si avviava con la sua solita lentezza verso lo squallido monolocale.
Ben poca gente in giro a quell’ora, ma per loro era come invisibile.
Sembrava avesse scritto sulla fronte che lui era un teppista e quell’etichetta lo rendeva fiero.
Se lo avessero visto in compagnia di una ragazza avrebbe perso tutta la sua fama e avrebbero potuto prendersela con lei.
Era l’unico che considerava l’onore come un marchio fondamentale e preferiva evitare di utilizzare colpi bassi pur di vincere.
Gli altri non erano così, ma fino a quando avesse avuto fiato in corpo non ci sarebbe stato nulla da temere.
Con tutte le risse cui aveva partecipato, si chiedeva come avesse fatto a evitare gli ospedali, ma sapeva che al mondo c’era qualcuno molto più forte di lui.
“Che noia.” Borbottava, mentre ripensava alla giornata che aveva affrontato e mentre si accingeva ad aprire la porta.
Era tardi per studiare e dopo aver mangiato qualcosa, si buttò a dormire.
 
L’indomani alle 6 era già in piedi e questo perché doveva passare a prendere qualcuno.
Non si sarebbe mai sognato di lasciarla da sola e anche se i suoi genitori non lo volevano intorno, non gliene fregava nulla.
Aveva promesso che l’avrebbe protetta e fino a quando non sarebbe stata in grado di cavarsela, era sotto la sua responsabilità.
“Perché devo svegliarmi a quest’ora?” Si disse, mentre tirava un pugno alla sveglia e si trascinava in cucina per fare colazione.
Tempo mezzora ed era già per strada e si avviava con passo lento verso la villetta della ragazza.
“Speriamo sia sveglia che non ho voglia di arrivare in ritardo.” Pensò, mentre si appoggiava al muretto e aspettava impaziente che lei uscisse.
I vecchi erano stati chiari: la villa per lui era off-limits.
Poi la vide.
Era vestita come il giorno precedente e non si era nemmeno accorta della sua presenza, tanto che si ritrovò costretto a seguirla a breve distanza.
Sembrava assorta nei suoi pensieri, altrimenti non si sarebbe spiegato quella scarsa attenzione.
Poi si mise a canticchiare qualcosa e sembrava stranamente felice.
La faccenda del giorno precedente non aveva lasciato troppi strascichi.
“Siamo di buonumore questa mattina.” Bisbigliò, facendola girare.
Lei non appena lo vide sgranò gli occhi per la sorpresa e senza fare troppo domande gli si affiancò.
“Ciao, ma che ci fai qui?”
“Devo proteggerti e ricorda che venerdì pomeriggio avrai la prima lezione d’autodifesa.” Borbottò, prendendola in controtempo.
Non avevano ancora parlato di quelle lezioni e le sembrava troppo presto per cominciare.
“Non è presto?”
“Non posso sapere per quanto potrai ancora vedermi.”
“Perché non facciamo sabato mattina?”
“Sabato può esserci la seconda lezione.” Riprese.
“E lo studio?”
“Prima la testa e poi il corpo.”
“Non ti arrendi mai?”
“Se ti secca puoi rispondermi di no.” Per il rosso non c’erano problemi.
Era solo un consiglio, ma se un giorno fosse rimasto assente, nessuno l’avrebbe difesa.
“E va bene, allenami.”
“Perfetto e lascia che ti spieghi qualcosa della nostra Università.”
“E sarebbe?” Chiese, cercando di capire dagli atteggiamenti del ragazzo cosa nascondesse.
“Nonostante sia un teppista, ho anch’io alcuni amici e sarebbe meglio che rimanessi sempre con loro. Te li presenterò alla ricreazione e comportati bene.”
“Non sono una bambina.”
“Hai ragione, ma devi sapere che quando sarai in grado di difenderti non dovrai più rivolgermi la parola.”
Su quella regola era intransigente.
Sapeva cosa sarebbe successo se una ragazza gli fosse stata vicino.
Gli altri delinquenti si sarebbero vendicati su di lei ed era per questo motivo che rivolgeva raramente la parola a Duncan e agli altri ragazzi.
“Perché?”
“Perché sei una ragazza e non mi conosci così bene.”
“E quello che hai fatto per me?”
“Nulla d’importante. 10 lezioni e sarai pronta.”
“Così poco?” Chiese.
“10 lezioni e non di più.”
“Perché non vuoi nessuno?” Mormorò, rendendosi udibile a fatica.
“Lo capirai, ma è ora di muoversi.”
Per il resto del tragitto restarono in silenzio e anche durante le ore di lezione non ebbero modo di parlare.
Scott troppo preso a recuperare le ore di sonno in arretrato e Dawn troppo impegnata a seguire i professori.
Fu solo con l’arrivo della ricreazione che il ragazzo si era svegliato e sfoggiando il solito ghigno aveva avvertito per tempo l’amica di prepararsi per conoscere i fenomeni da baraccone che poteva considerare amici.
“Andiamo prima che il punk si fumi anche il pacchetto.” Riprese, sospirando e ficcando le mani nella tasca dei jeans.
“Ma non è che non mi vogliano?”
“È vero che sono sciroccati, ma non fino a questo punto.”
“Teppisti?”
“Ex teppisti.” Rispose, osservandosi intorno.
Sperava di trovarli vicino alle macchinette, ma probabilmente si erano spostati in giardino dove potevano guardare le loro moto.
“E che tipi sono?”
“Sciroccati, ma simpatici.”
“Fidanzati?”
“Alcuni sì, altri no.”
“E tu cosa ne pensi?” Chiese di nuovo la ragazza, mentre Scott si prendeva un po’ di tempo per riflettere.
“Non posso dirti come la penso perché ognuno ha la sua opinione.”
Erano appena giunti in giardino e l’aria fredda penetrava nelle ossa.
Il ragazzo sbuffava in continuazione, mentre lei tremava come una foglia e il rosso si chiedeva perché non seguisse mai le sue indicazioni.
“Hai freddo?” Le chiese, osservandola con attenzione.
Per quanto fingesse di star bene ogni tentativo era inutile, anche se Scott non aveva intenzione di metterla in imbarazzo.
Non davanti a così tanta gente.
Se le avesse ceduto il giubbotto si sarebbe rovinato ancora di più, ma se avesse fatto finta di nulla, avrebbe mantenuto l’aria da teppista imperturbabile, facendola ammalare.
“No.”
Alcune volte una risposta così era sufficiente al rosso per lasciar perdere, ma quello non era il caso.
Infatti si tolse il giubbotto e lo adagiò sulle spalle della ragazza, mentre i pochi alunni assistevano sbigottiti alla scena.
“Guarda cosa mi tocca fare per aiutarti. Gli altri penseranno che sia diventato una femminuccia.”
“Grazie.”
Il sorriso che lei sfoggiava era più che sufficiente ed era una risposta anche per quelli che lo additavano come un leader senza attributi.
Dopotutto era l’unico teppista credibile della scuola e nessuno era in grado di tenergli testa nemmeno fuori dalla struttura.
Non si proclamava come il più forte del mondo, ma non era nemmeno una checca.
Almeno stare con gli altri suoi amici non gli sembrava così male.
Potevano accogliere la compagna nei migliori dei modi e potevano consigliarla su cose che lui preferiva ignorare.
Scott tuttavia sapeva che lei avrebbe sempre rinnegato la violenza.
Non vedeva plausibile la possibilità che una come Dawn alzasse un dito per difendersi.
Avrebbe sempre preferito subire piuttosto che ferire qualcuno ed era pronto a scommettere che si sarebbe inventata di tutto pur d’evitare una sua lezione.
Non perché fossero impossibili, ma solo perché erano tutto fuorché leggere.
Fu quando uscirono insieme dal cancello che intuì cosa avesse in mente.
Per far saltare uno pseudo appuntamento è necessario litigare con la persona con cui si deve uscire.
E per qualche motivo Dawn aveva tirato fuori i pessimi scherzi che le faceva da ragazzino e che l’aveva portata a provare odio nei suoi confronti.
Scott, in verità, sapeva che quella era solo una tecnica articolata per evitare di difendersi.
   Lui doveva solo portare pazienza.
Una dote meravigliosa che lei però non aveva in natura.
Infatti, come se non bastasse, dovette ascoltare un fiume di paure, ansie e speranze uscire dalla sua bocca.
Lui che ne aveva fin sopra i capelli era costretto a ingoiare anche quella parte.
Non ce la faceva più ad ascoltare tutti senza che nessuno gli chiedesse cosa avesse da nascondere.
“E tu?” Si era perso tutti i lunghi monologhi di Dawn e si ritrovava tutte le volte senza una scusa valida.
“La vita è una fregatura e tra un po’ avrai la prima lezione.”
Non gl’importava molto sapere se era la risposta alla sua domanda o se riguardasse tutt’altro.
Voleva solo essere lasciato in pace.
“Se ti secca avermi intorno puoi dirmelo subito.”
“Sì e ora andiamo.”
“Non ho intenzione di essere ignorata da te e quindi me ne vado.”
“Fai come ti pare.” Borbottò, seguendola fino alla sua villetta.
Fu solo quando la vide entrare che tirò un sospiro di sollievo e poté tornare a casa.
Passando per il parco sperava di trovare un po’ di tranquillità, ma quella giornata poteva continuare solo nei peggiori dei modi.
Infatti, seduto su un’altalena, vi era un bambino che lui conosceva bene.
Si avvicinò con molta calma e si sedette sul posto libero affianco a lui.
“Ciao Flash.”
“Scott?”
“Non eri a casa?” Chiese il rosso, vedendo gli occhi arrossati del bambino.
“No.”
“Cosa hai fatto?”
“Niente.”
“Se non avessi niente, non saresti qui.” Borbottò, dondolandosi appena.
“Sono scappato.”
“Sei troppo giovane per scappare.”
“Non sono più un bambino.” Riprese, imbronciandosi appena.
“Cosa hai combinato?”
La giornata da psicologo non era ancora finita e ora doveva sorbirsi le lamentele del bambino.
Un bambino che gli ricordava tanto quel giorno e quanto fosse stato stupido.
“Ho fatto cadere un ricordo di mia sorella e non voglio che lei lo sappia.”
“E credi che fuggendo si possa risolvere ogni cosa?”
Chiese, senza ottenere risposta, costringendo quindi a continuare.
“Io sto scappando da una vita e fidati non è il massimo. Quando mi comporto bene nessuno lo capisce, ma è una parte che devo affrontare da solo. Credimi…la fuga non risolve i problemi.”
“Io…”
“Se anche scappassi cosa risolveresti? Non pensi a tua sorella e ai tuoi genitori? E poi di quale ricordo si tratta?”
“Una statua.” Borbottò il bambino che aveva ascoltato con interesse le parole del ragazzo.
“Posso sempre accompagnarti a comprarne un’altra.”
“E lo faresti per me?”
“Certo.”
Il rosso dopo essersi alzato, aspettò per qualche istante che anche il bambino facesse lo stesso e poi andarono verso il centro.
Girovagarono senza meta per buona parte del pomeriggio e solo verso le 17 riuscirono a trovare un oggetto molto simile all’originale.
I due erano sulla via del ritorno, ma Flash aveva ancora qualcosa da chiedere al rosso.
“Ti piace mia sorella?”
“Anche se ti rispondessi, non potrei aspettarmi nulla in cambio.”
“Sì o no?”
“Abbastanza.” Rispose, scompigliandogli la testina bionda.
“Se non lo dici, non lo saprà mai.”
“Lascia che sia lei a decidere.”
 
Se Scott aveva passato un pomeriggio diverso dal normale, di certo i genitori e la sorella di Flash iniziarono a dare di matto e Dawn per prima si era già messa a cercarlo.
Aveva guardato ovunque.
A casa dei suoi amici.
Nel parco.
Alla sala giochi.
Nei bar.
Aveva ribaltato quasi tutti i negozi come un calzino senza ottenere alcun risultato.
Aveva chiesto in giro se avessero incrociato il fratello da qualche parte, ma niente.
Sembrava che Flash fosse scomparso dalla faccia della terra.
Sconfitta e demoralizzata stava facendo ritorno a casa.
Già sentiva la madre piangere e il padre che chiamava mezzo mondo pur di trovare il piccolo.
Fu quando si girò un ultima volta prima di aprire il cancello che vide una piccola figura avanzare affiancata da una ben più alta e rassicurante.
Senza riflettere troppo si avvicinò ai due e non appena vide il fratello, lo prese subito in braccio.
“Dove sei stato? Mamma e papà sono in pensiero.”
“Mi dispiace.”
“Perché te ne sei andato?” Chiese di nuovo senza rivolgere nemmeno un occhiata al rosso.
“Perché volevo farti un regalo.”
“Un regalo? Per me?”
“Sì.” Rispose, porgendole un pacchetto che lei aprì all’istante.
“Non dovevi.”
“Poi ho incontrato Scott e mi ha riaccompagnato a casa.”
“L’ho fatto volentieri e ora devo andare.” Borbottò, prima di girarsi e di tornare al suo monolocale.
La ragazza non gli rivolse nemmeno un saluto, mentre il bambino continuava a sbracciarsi, ringraziandolo per quello che aveva fatto.
Lei invece era parecchio innervosita.
Non poteva credere che tra tutte le persone al mondo, Scott era l’unico ad aver trovato il fratello.
Era tutta colpa sua.
Ma colpa di cosa?
Lui l’aveva protetta da Trent senza chiedere nulla in cambio e gli aveva riportato Flash senza che nessuno glielo chiedesse.
E lei aveva dato tutto questo per scontato.
Dawn si era resa conto d’essere stata ingiusta con lui e anche quando il fratellino parlò del suo incontro con il rosso, non aveva smesso di colpevolizzarsi.
E non bastavano quelle parole dure come il cemento, ma doveva anche subire le domande imbarazzanti del bambino.
Infatti fu con la scusa di leggere una favola che Dawn si ritrovò ad ascoltare le domande di Flash.
“Ti piace Scott?”
“Sì, non è male.”
“Ma se lui è da solo perché non ci provi?” Chiese, facendola arrossire.
“Perché non so se sia amore.”
“Amore? Dagli un bacio e lo scopri.”
“Non funziona così alla nostra età. Bisogna trovare la persona che ti mette al primo posto e che ti protegge senza chiedere nulla in cambio e che sappia amarti.”
“E lui non lo fa?”
“Lo ha fatto.”
“E allora? Dagli un bacio.” Borbottò di nuovo, sistemandosi meglio sotto le coperte.
“E se non gli piaccio?”
“Gli piaci.”
“Però…”
“Studia con lui, parlaci e bacialo. È così semplice.”
“Va bene principino.” Disse, chiudendo la luce e augurandogli la buonanotte.
Durante quelle poche domande si era sentita molto in imbarazzo e pensando a Scott aveva sentito il cuore martellarle nel petto.
Non poteva credere di provare qualcosa per quel tipo.
Uno che non aveva scrupoli, ma che aveva anche un lato tenero.
 


Angolo autore: Scusate se pubblico a quest'ora, ma tra un po' devo uscire.

Ryuk: Non ha avuto nemmeno il tempo per rileggere il capitolo.

Inizio a fidarmi della tua grammatica, Ryuk.

Ryuk: Che onore.

Non usare il sarcasmo con me, shinigami troppo cresciuto.
E comunque ringrazio tutti coloro che leggono e seguono la storia.
Alla prossima.
   
 
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