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Autore: coffee girl    11/02/2017    1 recensioni
Una modern AU sui nostri John e Paul adolescenti.
Dal primo capitolo:
"È buffo quando bastano uno sguardo diverso e una piccola insignificante frazione di secondo a cambiare tutto ciò in cui si è sempre creduto. Eppure non è proprio in questo modo che gli eventi destinati a cambiare per sempre la nostra vita prendono forma?"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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John si era svegliato ancora una volta con il mal di testa e la luna storta. Tutte le stupide chiacchiere e i pettegolezzi che gli toccava sentire, in corridoio, prima dell’inizio delle lezioni gli erano ancora più insopportabili del solito, soprattutto se l’argomento di conversazione era Paul.
 
«Questa mattina ho fatto la strada con Jane…» Confidò con aria cospiratoria una ragazzina all’amica.
«E?» Domandò l’altra che appariva consumata dalla curiosità.
«E mi ha raccontato che ieri sera Paul l’ha invitata al cinema e poi beh, puoi immaginare il resto... »
Non appena John fu a pochi passi da loro, le due ragazze ammutolirono, arrossendo all’istante, ma John aveva sentito abbastanza. Era tutto ciò che aveva bisogno di sapere.
 
Durante le prime due ore di scuola, nonostante avesse lezione di arte, una delle sue materie preferite, non poté concentrarsi e fu solo grazie a Stuart se riuscì a non estraniarsi del tutto dalla lezione evitando la nota di demerito che sarebbe arrivata se si fosse fatto trovare disattento quando il professore gli aveva domandato quale argomento stesse trattando. Al suono della campanella che annunciava l’intervallo, saltò dalla sedia come un indemoniato, senza dire nulla, si precipitò fuori dall’aula e imboccò uno dei corridoi quando scorse finalmente l’oggetto della sua ricerca.
Lo seguì fino ai bagni e quando vide che stava per scomparire dentro uno dei cubicoli, si infilò in mezzo e poi chiuse con un tonfo la porta alle sue spalle. Paul si ritrovò sbattuto contro le piastrelle molto prima di avere il tempo di registrare cosa stesse accadendo.
«J-John, ma cosa?» Gracchiò quando si rese conto di essere bloccato tra la parete e il corpo del suo migliore amico che aveva appoggiato le mani sopra le sue spalle, impedendogli ogni possibile via di fuga.
Già, come se avesse voluto fuggire. Certo, era ancora arrabbiato con John per il pomeriggio precedente, ma stargli così vicino lo stordiva del tutto, lo rendeva incapace del più elementare pensiero razionale. John Lennon aveva su di lui questo potere: con la sua sola presenza poteva mandare le sue sinapsi in corto circuito.
John non aveva risposto alla sua domanda, in compenso aveva avvicinato il viso al suo tanto che poteva percepirne il respiro sulle labbra. Con il cuore che batteva all’impazzata, senza il tempo di formulare un pensiero coerente, si ritrovò la bocca dell’altro sulla sua e gli sembrò che fossero scoppiati i fuochi d’artificio. Sentiva le gambe molli e ringraziò il fatto che dietro di lui ci fosse la solida parete dei bagni ad impedirgli di scivolare a terra. Baciare John era una sensazione insieme familiare ed elettrizzante.
Fu un bacio esigente, uno scontro di labbra, di denti e John non fu paziente o dolce come in tutti i baci che si erano scambiati durante la settimana di preparazione al suo appuntamento con Jane. La pazienza del resto non era mai rientrata nella rosa delle sue virtù e, in quel frangente, lo era stata meno che mai. Paul, dopo lo stordimento dovuto alla sorpresa iniziale, iniziò a rispondere al bacio. John pensò che doveva essere stato un ottimo maestro, oppure che Paul fosse un allievo particolarmente dotato perché era dannatamente bravo a farlo impazzire mentre succhiava piano il suo labbro inferiore procurandogli dei piccoli brividi che scendevano lungo la schiena e gli si propagavano in tutto il corpo. Paul si era aggrappato al bavero della giacca della sua divisa scolastica per attirarlo, lentamente, più vicino a sé. John, intanto, aveva portato una mano dietro al capo di Paul e l’altra intorno alla sua vita.
La seconda campanella li sorprese entrambi senza fiato, ansimanti e con gli occhi sgranati. John fu il primo a staccarsi e a tornare alla realtà e, quando lo fece, la suddetta realtà, lo colpì come se avesse preso una tegola in testa. Fu scosso da un moto di autentico terrore e, incapace di parlare, se ne andò come una furia così come era arrivato lasciando Paul senza una parola di spiegazione. Quest’ultimo provò invano a trattenerlo per un braccio ma John fu molto più veloce. Lo era sempre quando si trattava di sfuggire ai problemi.

E’ tutto vero.
Sono una fottuta checca.
Solo una fottuta checca.
Avrebbe voluto gridare e correre il più lontano possibile e piangere, soprattutto piangere, come facevano le fottute checche.
 
Doveva esserci per forza una soluzione e, pensandoci con un po’ più di calma, John si rese conto che era a portata di mano: un pub in compagnia di Stuart, qualche birra e una ragazza disposta a passare una serata piacevole in sua compagnia. Non aveva mai avuto problemi a trovare una ragazza, le ragazze facevano la fila per uscire con John Lennon. Chissà perché poi, dato che nessuna di loro durava abbastanza per arrivare al secondo appuntamento, eppure avevano tutte la stessa ingenua convinzione di essere quelle che gli avrebbero fatto la mettere la testa a posto. Non sapevano che John Lennon non aveva nessuna intenzione di farlo.
Per intanto avrebbe dovuto evitare di vedere di nuovo Paul fino a che non avesse risolto il suo fottuto problema. Non era colpa di Paul e John questo lo sapeva bene, era lui che provava cose che non avrebbe dovuto sentire, ma non poteva permettersi di stargli vicino così presto, non prima di essere sicuro di essere normale e di potere archiviare ciò che era successo quella mattina come uno spiacevole incidente.
 
Paul dal canto suo, finite le lezioni, lo cercò dappertutto senza riuscire però a trovarlo.
John l’aveva baciato. John, il suo John. Ancora non riusciva a credere che fosse successo per davvero. Che avesse ragione Ringo? Ma se John ricambiava davvero i suoi sentimenti, perché se ne era andato in quel modo dopo il bacio? E soprattutto, perché se ne era sparito ancora una volta senza aspettarlo? Si era pentito?
Tanto pentito da non volerlo neppure sentire al telefono? Aveva provato a scrivergli e anche a chiamarlo, ma il cellulare era sempre spento e a rispondergli era quell’odiosa vocina della segreteria.
Le immagini di ciò che era successo solo qualche ora prima gli scorrevano in testa come la pellicola di un film. Sentiva ancora le guance bruciare, le labbra gonfie per i baci e il cuore stretto perché John sembrava essersi volatilizzato senza una spiegazione.
Arrivò alla conclusione che dovesse avere lasciato la scuola prima del suono dell’ultima campanella della giornata. Si avviò mestamente alla fermata del bus perché, come se non bastasse, quella mattina non aveva potuto prendere la bicicletta dato che aveva una gomma a terra. Ci arrivò ciondolando svogliatamente, il capo fisso sul marciapiede.
«Ehi, Paul!»
«Geo.»
«Cosa ci fai in autobus?»
«Bicicletta con gomma a terra.»
«Per il resto è tutto ok?»
Paul annuì e poi si vergognò di essersi ridotto al punto da mentire a George, l’amico con cui aveva sempre parlato di tutto, che aveva sempre considerato come una sorta di fratello minore nonostante avessero appena un anno di differenza.
«A me non sembra che tu stia bene. Sei sicuro di non avere la febbre? Sei pallido come un fantasma e hai le borse sotto gli occhi.» Gli disse, premendo con il dito appena sopra lo zigomo di Paul.
«Non è nulla, sono solo un po’stanco, avevamo una montagna di compiti per oggi e così ieri sera ho tirato parecchio tardi.»
«A me sembra proprio che tu non stia per niente bene.»
Quando Geo ci si metteva, poteva diventare davvero insistente e Paul sapeva fin troppo bene che non avrebbe ceduto. In più erano amici da troppo tempo perché potesse rifilargli una scusa banale come si era illuso di fare poco prima, quindi provò a dirottare il discorso su un altro argomento.
«Senti, ti andrebbe di venire a suonare da me oggi pomeriggio? Potremmo passare a casa tua a prendere la chitarra e poi andare da me. Mike è fuori quindi avremo la stanza tutta per noi.»
«E John?»
«Cosa c’entra adesso John?» Domandò Paul che, punto sul vivo, al solo sentire quel nome, era balzato sull’attenti.
«Niente, è solo che da quando hai iniziato a provare con lui, non ti fai più vedere come prima…insomma, l’ho capito che preferisci suonare con John che con me.» Confessò George visibilmente offeso ma in parte sollevato per avere sputato il rospo.
Era la verità, solo che Paul non se ne era reso conto prima che l’amico glielo facesse notare. Si sentì immediatamente in colpa per averlo trascurato per tutto quel tempo, del resto non l’aveva fatto apposta, era successo e basta. Quando lui e John avevano iniziato a suonare insieme, di colpo, tutto il resto era come scomparso. C’erano solo John e Paul, Paul e John[1].
E pensare che lui e John si conoscevano da tanti anni, eppure non era da molto tempo che suonavano insieme, al contrario era da tantissimo che provava con Geo. Sebbene fossero entrambi amici di lunga data con Paul, George e John non si erano mai frequentati molto a causa della differenza dei loro caratteri.
«Geo, mi dispiace. Davvero, non avrei mai voluto che ti sentissi così. Mi credi?» Domandò Paul, gli occhi imploranti e l’aria genuinamente contrita.
«Ti credo, però vorrei un favore in cambio…» rispose l’amico, un guizzo furbo ad illuminargli lo sguardo, prima di fare una pausa e fissare Paul dritto negli occhi per decidere se proseguire o meno «mi prometti che quando tu e John farete pace gli chiederai se, qualche volta, potrei venire a provare insieme a voi?»
«Io, ecco sì…glielo chiederò, però io e John non abbiamo litigato» ci tenne a precisare, «Beh, forse. Non è proprio una lite, la realtà è che in questi giorni si comporta in modo strano e non capisco cosa gli sia successo.»
Quando arrivarono alla fermata di Geo, Paul gli chiese di nuovo se gli andasse di suonare insieme quel pomeriggio e Geo per tutta risposta, lo trascinò per un braccio fuori dal bus. Sembrava proprio che fosse un sì e che almeno con lui i problemi fossero risolti.
 
 
ANGOLINO DELL’AUTRICE
Grazie mille a Paola per il betaggio e le chiacchiere e ancora grazie a tutti coloro che hanno la pazienza di leggere la mia storia.
Alla prossima,
Alex
 
[1]  Citazione di George 
   
 
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