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Autore: gattina04    12/02/2017    3 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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4. Chi possiede le risposte?
 
POV Emma
Senza neanche accorgermene mi ritrovai di nuovo seduta al tavolo della cucina: sei paia di occhi erano puntati su di me; qualcuno probabilmente mi stava parlando, ma io ero troppo sconvolta per prestare attenzione. Fatto restando che avevamo appena appurato che io ero ancora viva, il perché mi trovassi in quel mondo era ancora un mistero. Per qualche strano scherzo del destino ero finita in un luogo popolato da anime defunte e fino ad allora la mia mantenuta attività cardiaca non aveva fatto molta differenza. Avere un cuore pulsante non sembrava aver importanza visto che rimanevo intrappolata come Robin e tutti gli altri.
«Emma?». Qualcuno mi accarezzò la testa, ma non seppi capire di chi si trattasse. Il mio sguardo era rivolto ad un punto fisso sulla parete, ma non stavo veramente guardando là. La mia mente era lontana mille miglia. Cercai di pensare a cosa era successo, a cosa fosse scattato nel medesimo istante in cui avevo spento le candeline, perché era ovvio che fosse stato quel mio gesto a causare tutto. Avevo espresso un desiderio impossibile ma non poteva certo essersi avverato visto che, ancora una volta, mi ritrovavo sola senza mia madre.
«Credo sia sotto shock», disse una voce.
Eppure una spiegazione doveva pur esserci perché non potevo essere finita nel fiume dell’anime perse così per caso. Ero di nuovo lontano dalla mia famiglia, da Killian, in un mondo che metteva i brividi e da cui probabilmente era impossibile uscire; altrimenti Robin, Milah e tutti gli altri avrebbero trovato il modo di essersene andati già da tempo. Ma forse il fatto che loro erano inequivocabilmente morti era ciò che li teneva ancora imprigionati là dentro.
«Emma tesoro perché non ci parli? Capisco che tu sia sconvolta, ma perché non ci esponi quello che ti passa per la testa?». Era la voce di Joe e le sue parole avevano una certa logica. Restare chiusa nel mio mutismo non sarebbe servito a niente; se volevo capirci qualcosa, loro dovevano innanzitutto rispondere alle mie domande.
Sbattei le palpebre e cercai lo sguardo di Robin tra i presenti. Non so perché scelsi proprio lui, forse perché era la persona che in quella stanza conoscevo meglio. «Parlami di questo mondo, spiegami cosa succede a quelle persone là fuori e perché voi non siete come loro».
«Beh non so se riuscirò a rispondere a tutte le tue domande», iniziò lui. «Personalmente non conosco molto di questo mondo, non è come gli altri; qua il tempo sembra non scorrere mai, non c’è distinzione tra giorno e notte. Ed è anche difficile orientarsi, perdersi è più facile di quanto si possa pensare, ogni vicolo può sembrare uguale a un altro. È per questo che solo io e Milah usciamo in esplorazione da soli. Siamo gli unici in grado di tornare qua senza problemi».
«Come avete trovato questo posto?», chiesi cercando di riprendere il controllo della mia mente e di immagazzinare tutto ciò che mi stava dicendo.
«Beh non so dirtelo con precisione».
«Nessuno di noi sa come sia stato scoperto», intervenne Charlie. «Ognuno di noi è stato portato qui da un’altra persona, un po’ come Robin ha fatto con te».
«E gli altri adesso dove sono?». Temevo di conoscere la risposta alla mia domanda, ma avevo bisogno di sentirlo dire da loro.
«Sono persi», affermò Joe tristemente.
«Perché voi non siete come gli altri?», ripetei di nuovo. Che cosa era capitato a quelle anime in pena?
«Loro sono allo stadio successivo», mi rispose Robin. «È così che si finisce a forza di stare qui».
«Emma», intervenne Milah, «stare in questo mondo ti fa letteralmente impazzire, arrivi ad un punto in cui non trovi più nessuna ragione per andare avanti, per continuare ad opporti. Il tempo sembra non scorrere mai e stare a contatto con quelle persone non fa che velocizzare il processo».
«Voi finirete come quelle anime?». Era un destino orribile, senza considerare la consapevolezza di essere destinati a fare una fine del genere.
«Facciamo di tutto per evitare che accada», continuò Robin. «Stare in compagnia ci aiuta, ci facciamo forza a vicenda e nel frattempo cerchiamo una scappatoia, un qualcosa che ci permetta di conservare la speranza. Per questo andiamo in esplorazione, sia per trovare altre persone non ancora trasformate, sia per cercare un’uscita, un qualcosa che possa aiutarci a sopravvivere; anche se forse usare il termine sopravvivere non è corretto visto che siamo tutti morti».
«E ne trovate molti come voi?». Era quasi ovvio che non fosse così.
«No, non molti», rispose Milah. «Non da quando abbiamo trovato Robin». Ipotizzai che fosse correlato anche alla conseguente scomparsa di Ade. Fino a che aveva governato l’Oltretomba erano state molte le anime gettate nel fiume, anche del tutto ingiustamente. Milah ne era un esempio.
«Quando sono finita qua», riflettei, «sono comparsa in un enorme caverna oscura. È stato inquietante. Anche voi siete arrivati da là?».
«No», mi rispose Charlie, «noi siamo stati gettati nel fiume dall’Oltretomba, o siamo entrati in qualche modo in contatto con le sue acque. Siamo come caduti…».
«Robin è comparso lì», si intromise Lizzy. Mi voltai subito verso di lui aspettando una sua conferma.
«Sì, credo che sia dovuto al fatto che io non sono passato dall’Oltretomba, la mia anima è stata subito persa».
«È successo così anche a me», sussurrai. Non c’era stato nessun passaggio intermedio.
«Sì ma tu sei ancora viva», affermò Mark. Era la prima volta che lo sentivo parlare, non sapevo se fosse perché si sentiva ancora in imbarazzo per la scena di prima o perché semplicemente fosse un tipo taciturno.
«Emma tu potresti essere la soluzione», affermò all’improvviso Milah con lo sguardo acceso di emozione. Era come se la mia presenza le avesse svelato un possibile piano.
«In che senso?», domandai titubante.
«Tu sei viva», dichiarò, «ed anche se non posso saperlo con certezza, non penso che tu possa trasformarti in quelle anime. Il tuo cuore batte e questo fa la differenza». Beh io avevo pensato esattamente l’opposto: non mi sembrava che essere ancora in vita comportasse un gran vantaggio.
«E con ciò?». Continuavo a non capire: cosa potevo fare visto che ero intrappolata come loro?
«Tu puoi aiutarci ad andarcene. A noi basta solo tornare nell’Oltretomba, basta solo aver di nuovo la possibilità di andare in un posto migliore».
«Cosa ti fa pensare che io possa aiutarvi ad andarvene? Sono bloccata qui come voi. Potrei non trasformarmi in un anima persa, ma ciò non significa che non possa rimanere intrappolata qui per tutta la vita».
«Killian verrà a cercarti». A quell’affermazione sentii il mio cuore accelerare. «Se tu hai avuto la forza di scendere negli Inferi per salvarlo, vuol dire che quello che c’è tra voi è intenso. Conosco abbastanza Killian da sapere che non si arrenderà». Lei aveva ragione, ma non sarebbe stato facile nemmeno per lui trovarmi, visto che entrambi non avevamo la minima idea di cosa fosse successo.
«Tu sei la Salvatrice, Emma», intervenne Robin. «Se c’è qualcuno che può sottrarci a quel crudele destino sei proprio tu».
«Ma finora avete resistito», feci notare, «vuol dire che potete farcela anche da soli».
«Abbiamo resistito a stento», mi rispose Charlie. «Ogni giorno è sempre peggio, e l’abbiamo visto già succedere: più tempo rimaniamo qui, più ci trasformiamo in quegli esseri».
«Tu devi aiutarci, ti prego», mi supplicò Lizzy stringendomi le mani. Li guardai ad uno ad uno, tutti mi stavano pregando con gli occhi. Non capivo proprio il perché di tanta fiducia, non avevo fatto niente di particolare per meritarla.
«D’accordo», mormorai, «anche se non ho la minima idea di come potrei riuscirci». Ero la Salvatrice, ma in quel posto mi sentivo anch’io un’anima da salvare; soprattutto da quando avevo scoperto di essere senza magia.
«Ci penseremo insieme». Robin mi appoggiò una mano sulla spalla con fare comprensivo.
«Adesso però credo che dovremo riposarci tutti un po’», comunicò Joe. Lo guardai stupita, non aspettandomi certo quella inutile perdita di tempo da parte loro.
«Dormire un po’ ti farà bene», mi spiegò. «E poi serve anche a noi, dare una sorta di alternanza del tempo, ci aiuta a mantenerci lucidi».
«So che ti sembra assurdo, ma ti sentirai meglio più tardi», intervenne Milah. «Vieni ti mostro il tuo letto».
 
Dopo quella che mi sembrava un’infinità di tempo, mi stavo ancora rigirando cercando di addormentarmi. Non ero nel mio letto, ma non era quello il problema; c’era comunque troppa luce e, come mi avevano spiegato prima, nessun cambiamento che facesse presagire l’arrivo della notte, ma neanche quello era il problema. Sapevo benissimo cosa c’era che non andava, ma mi rifiutavo in tutti i modi di ammetterlo: era patetico. Ero diventata una stupida femminuccia.
Eppure era proprio così: mi mancava Killian. Ormai ero talmente abituata a dormire con lui, che non sentirlo al mio fianco mi agitava ancora di più.  Mi aveva viziata abituandomi a dormire tra le sue braccia; o comunque, anche se non ci stringevamo, una parte del mio corpo era sempre a contatto col suo, che fosse un piede, una mano o qualcos’altro. Un gesto così semplice e piccolo, riusciva a calmarmi e a cullarmi nel mondo dei sogni.
Ed ecco spiegato perché, nonostante tutte le novità e l’effettiva stanchezza che avevo provato appena distesa sul letto, avevo ancora gli occhi sgranati. Mi ero rifiutata di pensare a lui o alla mia famiglia o al fatto che fossero lontani, però adesso non riuscivo più a dividere la mia mente in compartimenti stagni. Cosa stavano facendo? Come mi stavano cercando? Era ovvio che fosse così, li conoscevo tutti fin troppo bene. Milah aveva ragione né Hook né la mia famiglia si sarebbero mai arresi.
Mi alzai cercando di fare meno rumore possibile e mi avviai verso quello che era il loro salotto. Tutti gli altri stavano dormendo e così potei sedermi con le ginocchia al petto sul quel decrepito divano, senza che nessuno mi osservasse.
Mi trovavo in una situazione orribile: ero in un mondo di cui non conoscevo nulla, con sei anime a cui avevo appena promesso un miracoloso salvataggio. Non ero solo senza magia, ma non avevo anche nessun riferimento e, in più, avevo promesso loro una cosa che non ero sicura di poter fare. Se fossi riuscita veramente a salvarle, avrei potuto concedere loro un finale migliore, ma se avessi fallito? Cosa avrei detto a Regina quando finalmente sarei riuscita a tornare a Storybrooke? Avevo trovato loro, non ero da sola, ma era come se lo fossi.
Killian avrebbe saputo cosa dirmi per rassicurarmi: lui avrebbe trovato le parole giuste per infondermi coraggio. Tuttavia il solo pensare a lui mi spezzava il cuore.
«Non riesci a dormire?». La voce di Milah mi fece voltare di scatto. Mi stava osservando appoggiata allo stipite della porta e la sua espressione era indecifrabile. Non risposi ma le feci semplicemente posto accanto a me sul divano.
«È difficile abituarsi a quest’ambiente», sentenziò.
«Già». Non aggiunsi altro e continuai a guardare un punto indefinito sul pavimento.
«Ti manca non è vero?». Non aveva avuto bisogno di specificare chi affinché io capissi. Il mio silenzio parlò per me. «Lo so, Killian ti entra dentro e resta incatenato nel profondo. Essere amate da lui è un’altalena di emozioni». Feci una smorfia sentendo quelle parole; non mi andava proprio giù che lei parlasse del mio uomo in quella maniera. Non ero mai stata gelosa, forse perché non ne avevo mai avuto motivo, Killian non mi aveva mai fatto dubitare di lui. Ma lei era diversa, era il suo primo amore e odiavo il fatto che rappresentasse per lui qualcosa di importante, qualcosa che io non sarei mai stata. Loro non si erano lasciati, lei era morta e Hook l’aveva amata per secoli cercando vendetta. Sapere che anche Milah provava lo stesso per lui mi mandava fuori di testa.
«Non dovresti parlarmi di lui così», sibilai sempre con lo sguardo puntato davanti a me. «Lui…».
«È tuo adesso, lo so», concluse al mio posto. «Emma, devi sapere che Killian non è mai stato la mia questione in sospeso».
«Ah no?». Una parte di me lo sapeva già, sapeva che era rimasta nell’Oltretomba per via di Neal, ma la mia parte gelosa si rifiutava di ammetterlo.
«No, l’amore per Killian non è mai stato il mio problema. L’ho amato ma è passato tanto tempo, posso amarlo abbastanza da essere felice che abbia smesso di soffrire per me e abbia incontrato te». Era molto più maturo dell’atteggiamento che avevo io in quel momento. «È per Bealfire, è sempre stato per lui, non avrei dovuto abbandonarlo anche se odiavo suo padre».
«Neal… Bealfire non ti odiava, era buono e soprattutto sapeva perdonare».
«Tu potrai essere gelosa di me Emma», disse dopo qualche secondo di silenzio, «ma sono io che ti invidio. E non per Killian, ma perché tu hai avuto la possibilità di conoscere mio figlio, di vedere l’uomo che è diventato nonostante i genitori orribili che ha avuto». La gelosia che provavo nei suoi confronti si sciolse come neve al sole; non era l’amante che l’avevo sempre considerata, era semplicemente una madre che non riusciva a perdonarsi per aver abbandonato suo figlio, lasciandolo solo con un padre come Tremotino.
«Quando ci hai aiutato a salvare Killian», iniziai, «quella era la tua possibilità di redimerti, saresti potuta andare in un posto migliore, magari da lui, invece Ade ti ha spedita quaggiù».
«Ade?», la sua voce uscì sorpresa. «Non è stato Ade a farmi cadere nel fiume, è stato Tremotino». Per un attimo pensai di non aver capito bene, ma poi tutta la mia sorpresa svanì. Non era una novità che Gold fosse un uomo riprovevole, non era poi così sorprendente che l’avesse condannata in quel modo.
«Fammi indovinare», continuò, «vi ha detto che era stato Ade a gettarmi nel fiume?».
«Beh sì», affermai sospirando. «E pensare che l’abbiamo anche ringraziato per averci aiutato».
«Avrei dovuto aspettarmelo, lui non è mai stato in grado di pensare ad altri se non a sé stesso».
«Avremo dovuto capirlo anche noi», mormorai non sapendo cosa altro aggiungere.
Passarono alcuni minuti di silenzio, dove entrambe rimanemmo perse nei nostri pensieri. C’erano davvero troppe preoccupazioni ed un futuro alquanto incerto; se io non riuscivo più a dormire senza Killian, lei non poteva dormire non sapendo quanto ancora avrebbe potuto farlo.
«Cosa pensi ti sia accaduto?», mi domandò all’improvviso rompendo il silenzio. «Come sei finita qua secondo te? Che idea ti sei fatta?».
«Non lo so», risposi riflettendoci. «Credo che sia difficile da capire: era il mio compleanno, stavo spegnendo le candeline, esprimendo uno stupido desiderio, e l’attimo dopo mi sono ritrovata nel buio più completo di quella caverna gigantesca. Non so perché, non so se c’è stato qualcosa che non ha funzionato nel desiderio, ma vorrei proprio saperlo. Perché se è davvero come dici e Killian mi sta cercando, vorrei tanto aiutarlo a trovarmi e capire cosa mi è capitato potrebbe essere il primo passo».
Milah sembrò ponderare bene le mie parole prima di parlare di nuovo. «Quando sono finita qua, è stata un’anima di nome Vincent a trovarmi e a portarmi al rifugio. Lui è stato una delle persone che ha resistito di più, era qua da molto tempo e mi ha raccontato una sorta di leggenda. Mi ha detto che ai margini della città, in un punto difficilmente raggiungibile, vive ormai da secoli una donna, che non si è ancora persa, tanto che molti hanno iniziato a credere che non sia mai morta e che la sua anima si trovi per scelta bloccata in questo posto. Secondo la storia, questa donna ha trovato in questo mondo la sua casa. All’inizio ho pensato che fosse una stupida leggenda e che me l’avesse raccontata per dimostrarmi che era possibile resistere. Da oggi la penso diversamente».
«Pensi che lei possa essere finita qua come me?», domandai sbattendo le palpebre.
«C’è dell’altro. Si dice anche che lei abbia col tempo sviluppato una sorta di potere, stando a contatto con tutte queste anime perse. Sembra che sia diventata una specie di sensitiva e che conosca questo mondo meglio di chiunque altro».
«Potrebbe avere tutte le risposte che stiamo cercando!», proruppi scattando in piedi. Mi voltai di scatto per poterla guardare. «Perché diavolo non siete andati a cercarla subito?».
«Perché è un viaggio rischioso e nessuna anima come noi è mai riuscita ad arrivare a lei senza perdersi prima; in più, visto che nessuno l’ha mai vista effettivamente, pensavo che si trattasse di una stupida leggenda».
«Ma se esistesse davvero e se riuscissi ad arrivare a lei, potrebbe sapere come andarcene da qua». Era una notizia meravigliosa, perché non me l’aveva data subito?
«Prima pensavo che esporsi per una stupida leggenda fosse da idioti, adesso però penso che potremo farcela, che tu potresti farcela e sono disposta a rischiare per questo. Sei pronta ad affrontare un viaggio Emma?».
 
POV Killian
Guardai fuori dalla finestra del loft in cerca di una qualche risposta. Era notte fonda e Storybrooke era avvolta nell’oscurità, in un silenzio quasi spettrale. Emma si era praticamente addormentata subito dopo aver mangiato, era crollata e non l’avrebbero svegliata neanche le cannonate.
Il ritorno al loft era stato veloce, così come rapida era stata la decisione di rimandare ogni ricerca all’indomani. Nessun avrebbe risolto nulla in una notte e in fondo qualche ora di sonno avrebbe fatto bene a tutti. Lo sapevo e lo capivo, ma la sola idea di dormire mi sembrava impossibile.
Mary Margaret e David erano andati a sistemare la piccola nell’altra stanza. La mia Swan era a pochi metri di distanza, con solo un muro a separarci, eppure mi sembrava che tra me e lei ci fosse un oceano intero. Era così vicina, ma allo stesso tempo così lontana. Era lei, ma non lo era veramente. Non aveva niente a che fare con la donna che amavo ad eccezione del suo minuscolo corpicino. Mi chiedevo se lo spirito della vera Emma fosse ancora lì dentro o fosse semplicemente scomparso come la sua versione adulta.
La piccola aveva dimostrato un attaccamento particolare verso di me e quello già dimostrava quanto fosse diversa dalla mia Swan; il suo legame nei miei confronti era una cosa che il mio cigno aveva ammesso solo dopo tanto tempo. Emma poteva avere ancora gli stessi sentimenti di prima, provare le stesse emozioni, ma la differenza era abissale. La piccola Emma era spontanea, era chiara, senza nessun filtro, come tutti i bambini d’altronde; la vera Emma era tutta un’altra questione, ma erano state proprio tutte le sue difese a farmi innamorare perdutamente di lei. Emma Swan senza i suoi muri non era la stessa e non avrei voluto che lo fosse. Le sue difficoltà erano parte di lei e quel ritorno all’infanzia era solo un modo per eliminarle tutte.
Dovevamo trovare al più presto una soluzione, un modo per riavere la mia metà. Mi sentivo perso senza di lei; era davvero diventata tutto il mio mondo: la mia famiglia, la mia amante, la mia confidente, la mia migliore amica. Quanto tempo ci sarebbe voluto prima che la piccola Emma cominciasse a vedermi in maniera diversa da ciò che ero? Ero il suo fidanzato, il suo uomo, per quanto tempo avrei dovuto continuare a farle da bambinaia prima che anche lei iniziasse a vedermi come una sorta di padre? Non volevo neanche pensare a quell’ipotesi.
«Hook?», la voce di David mi distolse dai miei pensieri. Lasciai perdere la Storybrooke addormentata fuori dalla finestra e mi voltai verso di lui. Anche David aveva l’aria stanca e preoccupata, potevo scorgere sul suo volto la stessa apprensione che c’era sul mio.
«Dobbiamo pensare ad un piano d’azione», mi disse prendendo posto ad un lato del tavolo. Gli fui estremamente grato per il fatto che avesse scartato senza problemi l’idea di dormire.
«Hai la minima idea di dove incominciare?», gli domandai sedendomi a mia volta.
«No purtroppo». Posò la fronte sulla mani ed emise un enorme sospiro. «Ti sembrerà strano ma non sei l’unico a percepire l’urgenza di farla tornare come prima. So che è mia figlia, e che potrei vivere con lei momenti che mi sono stati preclusi, ma non è giusto. È contro natura e non sarebbe la stessa cosa».
«Emma non sarebbe la stessa». Era ciò che non voleva ammettere, che il loro abbandono l’aveva resa una donna diversa, ma io non avevo problemi a farlo.
«Già. Emma non sarebbe stata la stessa persona se noi non l’avessimo lasciata».
«Non è solo questo», aggiunsi. «Quando l’hai messa nell’albero magico per farla andare in questo mondo, l’hai resa ciò che è oggi: la Salvatrice. Non potevi sapere cosa l’aspettava, né potevi evitarlo. Però con il tuo gesto l’hai resa quella che è adesso e, per quanto riguarda la bambina che c’è di là, non sono certo che diventerebbe la stessa persona».
«Già, nemmeno io. E non solo perché ha una strana ossessione nei tuoi confronti». Aveva  tentato di sdrammatizzare e di alleggerire il tono del discorso. Accennai un mezzo sorriso e continuai a riflettere sulle possibilità che avevamo.
«La fata dice che i desideri non possono essere annullati», ricordai.
«Un desiderio una volta espresso, non può essere disfatto».
«Utilizzare un altro desiderio?», proposi, pur sapendo che si trattava di una ipotesi da scartare.
«No, è troppo rischioso. Potremmo addirittura peggiorare la situazione, hai visto cosa è successo ad Emma, possono essere fraintesi troppo facilmente».
«Di sicuro non possiamo aspettare che cresca». Appoggiai la fronte sulla mano, massaggiandomi le tempie con le dita. Cercai di spremermi le meningi per farmi venire qualche buona idea, invece delle sciocchezze che avevo tirato fuori fino a quel momento. Ci doveva essere qualcosa che continuava a sfuggirmi e che avrebbe potuto dare una svolta alla situazione.
«Potremmo usare la polvere che Gold ha usato su Belle, per accelerale la gravidanza». Biancaneve era appoggiata allo stipite della porta e ci stava guardando; probabilmente aveva ascoltato buona parte della nostra conversazione.
«Non credo che funzionerebbe». L’idea non era male, ma avevo come la netta impressione che non sarebbe stato così facile. «E se anche funzionasse non abbiamo garanzie che sarebbe ancora lei una volta cresciuta. Non sappiamo cosa ricorda o cosa non ricorda».
«Lei lo sa Killian», ribatté Mary Margaret avvicinandosi al tavolo. «Hai visto come voleva solo stare accanto a te. Solo tu sei riuscito a calmarla».
«Il fatto che abbia bisogno di me non significa pertanto che ricordi realmente ciò che c’è tra noi». Era quella la cosa che mi faceva più paura; magari la piccola Emma aveva dimostrato uno strano attaccamento nei miei confronti, ma il nostro era Vero Amore non un semplice bisogno affettivo. In quel momento era troppo piccola per amarmi o anche solo per riuscire a capire l’intensità dei nostri sentimenti, non avevo garanzie che crescendo nuovamente i suoi sentimenti sarebbero rimasti immutati.
«Non credere che per noi la situazione sia più facile», disse David all’improvviso.
«Esatto». Biancaneve si sedette accanto a noi e posò la mano sul mio uncino. «Noi abbiamo perso la sua infanzia, ma non è così che dovremo viverla. Il passato non può essere cambiato e ce ne siamo fatti una ragione. Abbiamo imparato a conoscere e ad amare la donna che è diventata; e lei è meravigliosa ed è diventata così senza il nostro aiuto. È naturale che io non vorrei averla abbandonata, ma non sarebbe la stessa se io avessi scelto diversamente».
«Noi vogliamo bene ad Emma, non a quella che sarebbe potuta diventare», concluse David.
«Quindi come vedi Hook», proseguì Biancaneve, «siamo tutti nella stessa barca e vogliamo tutti la stessa cosa».
Stavo per parlare, anche se non sapevo esattamente cosa dire, quando il pianto di Emma si diffuse nella stanza. La mia idea che non si sarebbe svegliata neanche con le cannonate era decisamente sbagliata; aveva dormito molto meno di quanto che tutti ci aspettavamo.
Mary Margaret fece per alzarsi, ma senza neanche accorgermene la fermai. «Vado io». Volevo allontanarmi dalla coppia perfetta per un po’, ma probabilmente andare dalla bambina non era la scelta più giusta. Eppure l’avevo fatto lo stesso: mi ero appena proposto di andare a calmare la piccola Emma.
Sia Mary Margaret che David mi guardarono stupiti, non aspettandosi senz’altro quella mia offerta. Sinceramente non me l’aspettavo neanche io, ma avevo bisogno di un momento di solitudine.
Lei fu la prima a riprendersi. «Sei sicuro Hook?».
«Certo, d’altronde a quanto pare sono l’unico che riesce a calmarla». Così dicendo mi diressi verso l’altra stanza senza aspettare risposta. Emma continuava a piangere a pieni polmoni; la trovai sdraiata in quella che era stata la culla di Neal, ormai troppo piccola per lui, con le gote arrossate e il respiro sempre più affannato. Era probabile che non riprendesse neanche fiato per quanto urlava. Per fortuna avevano spostato Neal nell’altra stanza al piano di sopra, dove il pianto arrivava più attutito, altrimenti avrebbe svegliato anche lui.
«Ehi calma Swan». Le sfiorai la guancia con l’uncino e, a quel contatto, lei aprì i suoi meravigliosi occhioni ormai completamente arrossati. «Ssh va tutto bene». Le mie parole non sembrarono calmarla, anche se la mia presenza aveva fatto ridurre, anche se di poco, l’intensità del suo pianto.
Ero sicuro che Biancaneve e il principino stessero confabulando su di me nell’altra stanza e che presto, se Emma non avesse cessato di fare tutta quella confusione, sarebbero venuti a controllare. Ero andato dalla piccola proprio per allontanarmi un attimo da loro, dovevo in tutti i modi evitare che mi seguissero di nuovo.
«E va bene. Sei la solita testa dura», dissi rivolto alla bambina. Cercai di ricordare il modo in cui Mary Margaret mi aveva messo in braccio la piccola quella sera stessa e cosa mi aveva detto a riguardo. Dovevo tenerle la testa, o qualcosa del genere.
Aiutandomi con l’uncino e facendo attenzione a non farle male – sembrava talmente fragile che avrei potuto graffiarla anche solo sfiorandola – riuscii a prenderla in braccio. Il suo pianto diminuì ma non cessò.
«Sei un osso duro, non è vero Swan?». Cercai di cullarla come avevo fatto poco tempo prima, ma questa volta non sortì l’effetto desiderato. Sembrava che lei volesse averla vinta a tutti i costi.
Rigirandomi nella stanza, notai una vecchia sedia a dondolo in un angolo. Mi avvicinai e, cercando di sbilanciare Emma il meno possibile, mi sedetti. Iniziai a dondolarmi tenendo la bambina appoggiata al mio petto. Quella diversa combinazione sembrò finalmente sortire l’effetto desiderato. Le sue urla diminuirono fino a quando un piacevole silenzio piombò nella stanza.
«Ti piace il movimento eh?», le sussurrai «Sei proprio una signorina esigente». Quando mi resi conto di ciò che avevo appena fatto, e che avevo continuato a fare fino ad allora, scossi la testa sospirando.
«Come sono arrivato a questo punto? Il famigerato Capitan Uncino che sussurra smancerie ad una bambina». Ero proprio caduto in basso, peggio di così non poteva andare.
O forse poteva andare anche peggio. «Bene ora sto anche iniziando a parlare da solo». Sospirai, ma stavolta non aggiunsi altro. Emma continuava a guardarmi e lentamente il suo respiro si regolarizzò e si coordinò col mio. Il nostro lento movimento sembrava piacerle, ma forse anche il contatto con me le faceva un certo effetto.
Stare lì in quella stanza con lei in braccio faceva nascere in me sentimenti del tutto contrastanti. Da una parte non volevo altro che stare da solo con Emma, ma dall’altra non avrei voluto passare un attimo di più con quella bambina. C’erano il mio cuore e la mia mente in netto contrasto: il mio cuore mi portava da lei, la mia mente mi faceva notare che quel legame era del tutto malsano.
Mentre la cullavo, Emma sbadigliò e i suoi occhi cominciarono di nuovo a chiudersi. Era strano vederla addormentarsi tranquillamente tra le mie braccia. Era già successo molte volte: molto spesso dopo che avevamo fatto l’amore, restavo a guardarla fino a che non crollava stretta tra le mie braccia. Vederla dormire tranquilla sul mio petto era una scena che guidava anche me nel mondo dei sogni. Adesso però era completamente diverso.
«La vizierai se continui così». La voce di David mi riscosse dai miei pensieri. Sia lui che Mary Margaret erano in piedi sulla porta e mi stavano guardando. Mi avevano concesso più tempo di quanto pensassi.
«Però così si è di nuovo addormentata». Fu Biancaneve a replicare prima che potessi farlo io.
«È stata piuttosto esigente», gli feci notare. «Questo è stato l’unico modo per riuscire a calmarla. Non credo che all’orfanotrofio dove è cresciuta abbia avuto le stesse possibilità». Non volevo lanciar loro una frecciatina, ma in qualche modo le mie parole potevano essere mal interpretate.
«Hai ragione». Mary Margaret prese una copertina dalla culla e mi si avvicinò in modo tale da coprirla. Fissai la piccola addormentata tra le mie braccia: probabilmente se mi fossi mosso si sarebbe svegliata di nuovo e avrebbe ricominciato a piangere. Avrei dovuto passare tutta la notte così con lei; non che fosse una posizione scomoda, ma c’era qualcosa di sbagliato.
Come avevo appena fatto notare alla coppia Azzurra, dubitavo che all’orfanotrofio, quando era stata veramente piccola, l’avessero trattata con tale riguardo. Ero quasi certo che l’avessero lasciata piangere per ore senza nessuna considerazione e che avesse imparato presto che era meglio per lei rimanere in silenzio. D’altronde chi avrebbe potuto viziarla? Pinocchio forse? Ma anche lui se ne era andato lasciandola sola.
Quando pensai al bambino di legno, fu come se mi si accendesse una lampadina in testa. Come avevo fatto a non pensarci prima? Lui da adulto era tornato bambino e poi il coccodrillo lo aveva fatto tornare adulto. Se c’era riuscito con lui, perché non riuscirci con Emma?
«Pinocchio», mormorai alzando lo sguardo sugli altri due.
«Cosa?». Mary Margaret e David mi guardarono perplessi, forse pensando di non aver capito bene.
«Pinocchio», ripetei. «August l’amico di Emma». Lentamente vidi la comprensione disegnarsi sui loro volti, intuendo dove volessi andare a parare.
«Gold è riuscito a farlo tornare adulto», dichiarò David.
«Per quanto l’idea di chiedere aiuto al coccodrillo mi faccia accapponare la pelle, sono disposto a farlo se può davvero risolvere tutta questa soluzione».
«Ma avete sentito Turchina», ci fece notare Biancaneve. «Un desiderio non può essere annullato, se la magia di luce non può fare niente… non sono sicura che usare la magia oscura sia la soluzione migliore».
«Non importa come, l’importante è arrivare alla meta», dichiarai. «Non siamo degli sprovveduti, sappiamo che la magia ha sempre un prezzo e sappiamo anche di che pasta è fatto Tremotino. Non ci faremo ingannare».
«E poi Belle è dalla nostra parte e lei, per quanto le costi ammetterlo, sa come prenderlo», le fece notare David.
«E qualora Gold si rivelasse un buco nell’acqua», continuai, «sapremo da chi andare dopo: da l’uomo tornato bambino ridiventato uomo. Forse lui sa più cose di quante immaginiamo».
«Allora cosa ne dici?», le domandò David.
«Beh cosa posso dire?», rispose sospirando. «Non credo che abbiamo molte altre possibilità».


 
Angolo dell’autrice:
Buona domenica a tutti! Ecco a voi anche il quarto capitolo.
Direi che da entrambe le parti inizia a delinearsi una sorta di piano per mettere fine a tutta questa situazione. Ovviamente metterli in pratica non sarà poi così semplice.
Voglio fare una piccola parentesi su Milah: all’inizio odiavo profondamente il suo personaggio, mi sembrava solo un egoista senza nessuna giustificazione. Poi con la sua comparsa nell’Oltretomba nella quinta stagione, ho nettamente cambiato punto di vista; ho capito il perché di tante cose e ho iniziato a considerarla in modo diverso. Non mi è piaciuto il modo in cui è finita quella puntata per lei, ciò che Tremotino le ha fatto, ed è per questo che ho voluto inserirla nella mia storia.
Detto questo, ringrazio sempre chi legge e chi recensisce. Grazie infinite con tutto il cuore. <3
Un bacione e alla prossima settimana.
Sara
 
  
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