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Autore: Robigna88    15/02/2017    1 recensioni
CROSSOVER TRA The Originals/The Vampire Diaries/Supernatural/Constantine
Terza parte della serie The Family Business, sequel di The Family Business - The coven
Sono passati tre mesi da quando Allison ha preso il comando della Strige, affiancata da Tristan che sembra esserle fedele in tutto e per tutto. Il suo cambiamento e le sue scelte hanno colto alla sprovvista la famiglia Originale che di lei si fidava ciecamente e che ora la considera una nemica. Il più toccato da tutta questa storia sembra essere Elijah che di Allison è innamorato, ricambiato, e che si sente responsabile per il profondo mutamento della bella cacciatrice.
Quanto della vecchia Allison è rimasto dentro la nuova? Basteranno l'amore di Elijah, l'amicizia dei Winchester e di Constatine, dei Salvatore, di Castiel e di chi le vuole bene, a riportare ogni cosa al proprio posto?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elijah, Klaus, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The family Business'
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26.

 

 

 

 

 

Elijah si mise a sedere per terra, poggiò le mani sul bordo della vasca dentro la quale Allison stava seduta, cullata dall’acqua calda e rimase a fissarla per un lungo istante; era imbronciata, e quel muso lungo la rendeva ancora più bella.

“Posso vedere che sei arrabbiata, ma non capisco perché” le disse.

Lei alzò un sopracciglio, poi sospirò. “Perché a volte sembra proprio che tu non riesca a capire,” gli disse. “Mi tratti come se potessi sopportare qualunque cosa Elijah.”

“Lo faccio perché so che sei una donna forte e…”

“Esatto” lo interruppe lei. “Una donna Elijah. So che non sei un uomo che lascia entrare facilmente le persone, so che non ti piacciono le smancerie e non piacciono nemmeno a me ma a volte… a volte vorrei che la smettessi di trattarmi come una cacciatrice e mi trattassi semplicemente come Allison.”

Lui piegò poco il capo, allungò la mano e gliela poggiò sulla guancia. “Dimmi cosa vuoi che faccia e lo farò.”

Allison fece un grosso respiro, poi si spostò all’interno della vasca fino ad essere faccia a faccia con lui. Poggiò il mento sulle sue mani e rimase in silenzio, a fissarlo per alcuni secondi. Era bello il suo Originale elegante, con quel cipiglio frutto di tutte le responsabilità che aveva deciso di accollarsi nel corso dei secoli; suo fratello Klaus e la sua scelleratezza, Rebekah e i suoi sogni umani, Kol e il suo fregarsene di tutto, Finn con la sua cieca obbedienza…

Si allungò in avanti e lo baciò tra le sopracciglia, quasi volesse baciare via quello sguardo accigliato.

Lui sorrise, rilassandosi all’istante. “Grazie,” le sussurrò prendendole il viso tra le mani. “Ne avevo bisogno.”

“Lo so” rispose lei. “A volte ne ho bisogno anche io.”

“Cercherò di ricordarmelo, promesso. E prometto anche che mi farò perdonare.”

La donna abbozzò un sorriso, poi con le mani prese ad allentargli la cravatta. “Vieni nella vasca con me e ti perdonerò ogni cosa.”

Elijah rise mentre si spogliava pronto a raggiungerla.

 

 

Allison aprì piano gli occhi e fissò il soffitto sopra di sé. Non era sicura di ricordare bene, mentre le immagini di quel breve sogno le accarezzavano ancora le palpebre, ma se la sua memoria non la stava ingannando si trovava alla stazione di polizia di Mystic Falls, città in cui si era recata con Finn ed Elijah alla ricerca di Freya.

Fece un grosso respiro e si sollevò piano fino a mettersi seduta su quel piccolo divanetto sul quale, supponeva fosse stato lui, Matt l’aveva sdraiata dopo averle iniettato qualcosa. Sì, ora ricordava. Istintivamente alzò la mano e se la poggiò sul collo, proprio sul punto in cui l’ago che l’aveva fatta addormentare l’aveva punta.

Deglutendo a vuoto represse un conato di vomito passandosi entrambe le mani tra i capelli. Dannato Matt Donovan, sempre a fare l’eroe. Perché era per tenerla al sicuro che le aveva iniettato un sedativo giusto? Pensandoci non riusciva a darsi altre spiegazioni. Lentamente si mise in piedi e cercando di mantenersi in equilibrio raggiunse la porta; girò la maniglia convinta che fosse chiusa e invece la trovò aperta.

Pensò che se fosse riuscita a raggiungere l’esterno si sarebbe sentita meglio, un po’ di aria fresca poteva farle solo bene, solo che sentiva un fischio nelle orecchie e la testa le girava. Non era certa che sarebbe riuscita ad arrivare fuori.

“Allison, hey sono qui” la afferrarono piano due braccia la cui stretta le era incredibilmente familiare.

“Elijah” mormorò trovando difficile persino parlare. O forse era solo una sua impressione. “Freya?”

“Sta bene” lui la aiutò a sedersi su una sedia e le spostò con delicatezza i capelli dal viso. “Sta bene. Tu stai bene?”

“No” scosse il capo la donna. “Mi gira… mi gira la testa e ho la bocca secca e un fastidioso fischio nelle orecchie. Matt… Donovan, lui mi ha iniettato qualcosa ma non so cosa fosse e non so perché lo abbia fatto.”

Elijah le baciò la fronte prendendole il viso tra le mani. “Gli ho chiesto io di tenerti al sicuro, lui ha pensato che sedarti fosse l’unico modo possibile.”

“Perché? Perché l’hai fatto?”

“Non sapevo con cosa avessimo a che fare, non volevo correre alcun rischio. Ti prego, non essere arrabbiata.”

Allison rimase in silenzio, cercando di mettere insieme tutte le informazioni si ritrovò a pensare che forse, stavolta, non era davvero il caso di arrabbiarsi. Odiava che prendessero le decisioni al suo posto ma capiva bene che se fosse andata con loro, stanca e priva di concentrazione come si sentiva da un po’, sarebbe stata solo di intralcio. L’unica cosa che contava era che Freya stesse bene, arrabbiarsi con chi aveva solo voluto proteggerla non era la cosa giusta da fare.

“Mi dispiace” sussurrò iniziando a piangere, senza sapere neppure perché lo stesse facendo. “Davvero” aggiunse alzandosi, sentendo le gambe tremarle un po’ quando lo fece.

L’Originale le passò un braccio intorno alla vita, una mano strinse quella piccola di Allison. “Per cosa ti dispiace?”

“Non sono stata molto di aiuto. Non lo sono da un po’ oramai. Non avrei dovuto insistere per venire qui, sono solo un di più privo di ogni utilità.”

“Cosa stai dicendo?” il vampiro cercò il suo sguardo. “Tu non sei un di più senza utilità; sei la donna più sveglia e abile che conosca. Non ti ho messa in panchina perché credevo che non potessi aiutarci, l’ho fatto perché ti amo e l’idea che ti succeda qualcosa mi… terrorizza” le sorrise. “Andiamo a casa adesso, che ne dici?”

La donna annuì ma non riuscì a smettere di piangere. Qualunque droga Matt le avesse dato aveva decisamente esagerato con la dose. “Ti amo anche io. Ma non credo che riuscirò ad arrivare all’auto, qualunque cosa Matt mi abbia dato ha esagerato.”

Elijah la prese delicatamente in braccio. “Ci penso io” le sussurrò baciandole la fronte.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

Allison aveva fatto una lunga doccia; aveva lasciato che l’acqua calda le accarezzasse la pelle e lavasse via la stanchezza di quella giornata. A liberarla di qualunque sedativo le avesse iniettato Matt ci aveva pensato Freya con una specie di incantesimo che aveva praticato in auto mentre tornavano a New Orleans. Quando erano arrivati in città si erano recati dritti alla tenuta e lì era rimasta per un’ora, fino a quando non aveva annunciato che se ne sarebbe andata a casa e che preferiva farlo da sola e a piedi per prendere una boccata d’aria.

Elijah aveva capito e l’aveva lasciata libera, le aveva dato i suoi spazi sicuro che comunque qualcuno della Strige la tenesse sempre d’occhio. E non su richiesta di Tristan o su sua richiesta… lo facevano semplicemente perché la rispettavano ed Elijah non era sorpreso che, nonostante tutto, fosse successo.

Dopo la doccia aveva preso le chiavi dell’auto e si era diretta nel Bayou. Aveva fermato l’auto proprio davanti alla casa di Jackson e aveva fatto un grosso respiro prima di scendere dall’abitacolo. Si era chiesta, prima di farlo, cosa stesse facendo, perché era proprio lì che era andata, perché semplicemente non aveva chiesto al suo fidanzato di stringerla per toglierle di dosso quella strana sensazione che sentiva da un po’.

Non era riuscita a darsi una risposta ma in fondo poco importava. Diede una rapida occhiata al suo anello e si avvicinò alla porta. Allungò la mano e bussò due volte, poi attese.

Jackson le aprì dopo qualche secondo e per uno strano motivo che Allison ricondusse ai Winchester la vista della sua camicia di flanella le infuse calma.

“Allison” mormorò lui con espressione perplessa. “Che ci fai qui a quest’ora?”

Lei si guardò intorno per un istante. Cosa ci faceva lì a mezzanotte passata? Non ne aveva idea o forse sì ma le faceva paura ammetterlo. “Io non…” farfugliò. “Non lo so. Avevo bisogno di parlare con qualcuno e sei la prima persona che mi è venuta in mente.”

Il lupo piegò poco il capo. “Stai bene? Hai l’aria di una che non si fa una bella dormita da un po’.”

Allison abbozzò un sorriso. “Ho avuto momenti migliori in effetti. Posso entrare?”

“Sì certo, scusa” Jackson si fece di lato per farla passare. “Non ricevo spesso visite quindi non sono abituato a… beh hai...”

“Mi dispiace” lo interruppe lei. “Mi dispiace Jackson.”

“Per cosa ti dispiace?”

“Per come sono andate le cose tra te ed Hayley, non avevo ancora avuto modo di dirtelo” la donna arricciò poco la bocca. “Io non… non so cosa dire.”

Jackson tirò fuori due bicchieri e una bottiglia di tequila. “Parlare è un’azione sopravvalutata” le disse. “L’ho sempre pensato” le passò un bicchierino pieno e se ne versò uno per sé.

Allison lo strinse tra le dita per qualche secondo, poi scoppiò a piangere. Jackson la strinse in un abbraccio.

 

 

 

 

 

****

 

 

 

 

 

“Allison” Elijah la chiamò a gran voce entrando in casa ma non ricevette alcuna risposta. L’orologio segnava le due del mattino e lui non aveva idea di dove fosse la sua fidanzata. Tirò fuori dalla tasca il suo cellulare e rimase per qualche secondo con gli occhi fissi sulla foto di lui ed Allison che faceva da sfondo; l’aveva impostata proprio lei qualche tempo prima.

Con un sorriso compose il numero e avviò la telefonata. Tre squilli dopo partì la segreteria e la sua voce roca gli risuonò nelle orecchie; così diversa da quella fragile e triste che aveva sentito alcune ore prima a Mystic Falls. Riattaccò e provò di nuovo, la quarta volta decise di lasciare un messaggio.

“Allison, sono le due del mattino… dove sei? Ti prego, richiamami appena senti il messaggio.” Poggiò il telefono sull’isola della cucina e dopo essersi tolto il cappotto e la giacca si versò un bicchiere di vino e si mise a sedere su uno sgabello, gli occhi puntati su quel maledetto cellulare che però sembrava non volerne sapere di squillare.

Attese fino alle quattro del mattino, poi dopo un’altra vana prova sul numero di Allison decise di telefonare a Freya per chiederle di fare un incantesimo di localizzazione.

 

   
 
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