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Autore: Kuroko_Tetsuya    15/02/2017    3 recensioni
Secondo. A seguito a un quindicenne. Un peso per il grande Viktor Nikiforov, stella del pattinaggio che ha abbandonato un mondo di vittorie consecutive e successi per lui, un misero idiota che non era riuscito a fare altro che arrivare secondo.
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"What if?" in una specie di mondo parallelo dove Viktor e Yuuri già si conoscevano e si erano sposati prima degli avvenimenti di Yuri!!! on ice.
Ambientato dopo il Grand Prix, dove Yuuri non è contento del suo risultato.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Secondo. Dopo un quindicenne. Un peso per il grande Viktor Nikiforov, stella del pattinaggio che ha abbandonato un mondo di vittorie consecutive e successi per lui, un misero idiota che non era riuscito a fare altro che arrivare secondo. Sapevo perfettamente che questi erano i pensieri che affliggevano mio marito in quel momento e, come al solito, non sapevo cosa fare quando quella stessa ansia che ero riuscito con non poche difficoltà ad allontanare da lui, tornava. Mi sentivo tremendamente infimo nel vederlo rannicchiato in posizione fetale su quel letto d'albergo, con le lacrime che gli rigavano il volto e gli occhiali decorati con alcune gocce sulle lenti. Continuava a sbiascicare qualcosa sulla sua debolezza, su quanto mi avesse deluso e...

Senza neppure rendermene conto avevo alzato la voce e la mia mano aveva urtato un vaso facendolo cadere e rompere. Lo sentii bloccarsi immediatamente e fissarmi con i suoi occhi ora rossi e umidi. Mio dio, amavo, adoravo, quasi veneravo quegli occhi. Gli stessi che mi avevano fatto completamente perdere la testa per uno sconosciuto completamente ubriaco intento a buttare all'aria la sua dignità cimentandosi in una sfida di ballo, ma non mi interessava, io mi ero completamente perso nelle sue iridi colme di ammirazione per la mia persona. Ed ora era lì, sul letto, distrutto psicologicamente di fronte a me, che mi mostrava ancora una volta quanto possa essere insicuro di sè stesso nonostante le sue esibizioni cariche di passione che mi portavano quasi all'esaurimento: ogni salto, ogni passo, ogni movimento, ogni respiro, tutto di quel corpo che sulla terra era così goffo mentre sul ghiaccio si muoveva leggiadro e aggraziato mi portavano a provare un eccitazione tanto forte da costringermi a trattenermi dal fare azioni avventate di fronte a tutti. Ora era diverso, dovevo fargli capire che io l'amavo, e l'avrei amato nonostante il risultato del Grand Prix. Mi avvicinai a lui e mi sedetti sul letto, togliendogli gli occhiali e asciugandogli le lacrime con il dorso della mano. Le sue guance erano bollenti e leggermente rosse, ciò mi fece ricordare una delle tante serate in cui avevamo deciso di saltare gli allenamenti per stare insieme, ma intuì che non fosse il momento giusto per far rivivere quei ricordi.
<È meglio che tu vada, non voglio farti perdere altro tempo...>
Mi disse spingendomi via per poi alzarsi e camminare verso l'uscita. Sembrava un vero idiota quando cercava di camminare senza occhiali. Lo fermai afferrandogli il polso e lo tirai verso di me, stringendolo poi in un forte abbraccio dal quale non lo avrei mai voluto lasciare. Ho sempre saputo che aveva un forte bisogno di essere rassicurato, amato, coccolato e non mi sono mai lamentato per questi suoi bisogni, anzi. Era piuttosto piacevole avere qualcuno accanto che non rifiutasse mai un po' di coccole, ma arrivare addirittura a pensare che volessi rompere solo per un argento, era troppo.

Sussurrai al suo orecchio quelle parole, rassicurandolo con voce bassa e calma, riuscendo persino a farlo smettere di piangere. Mi sentivo benedetto dal cielo ogni volta che riuscivo a farlo tranquillizzare o a strappargli un sorriso, perchè si, ero il suo coach, ma anche il suo ragazzo. Se Yakov lo avesse saputo probabilmente mi avrebbe ucciso o urlato che lavoro e relazioni devono stare separati, ma non sono mai stato un buon allievo.

Non potevo trattenermi ancora. Lo baciai dolcemente, accarezzandogli i capelli

Sentì un forte dolore al petto che mi obbligò ad accasciarmi per terra. Non riuscivo neppure a respirare e il volto di Katsuki che urlava il mio nome iniziava a sfocarsi. Corse immediatamente al telefono, mentre nella mia testa una voce proveniente dall'esterno mi ordinava di svegliarmi: non era mio marito, era una voce femminile, sembrava provenisse da un'altra dimensione. Non sapevo cosa stesse accadendo, e fino a poco fa non lo avevo capito. Terminata la chiamata il pattinatore mi accarezzò la guancia e mi baciò dolcemente, mentre i suoi occhi tornavano rossi come lo erano stati fino a poco tempo prima. Riuscì solo a sussurrare un lieve "Ti amo" prima di chiudere gli occhi e vedere per l'ultima volta l'uomo che avevo amato così tanto.
Mi svegliai. Non ero in un ospedale giapponese, ma in uno russo. (potevo dedurlo dall'infermiera bionda accanto a me che parlava la mia lingua natìa). Non ci capivo nulla, ero sfuggito alla morte ma ero in Russia, e poi dov'era Yuuri? Ero sicuro che, anche se mi avessero trasferito, lui mi avrebbe seguito ovunque. Mi alzai lentamente, ma fui fulminato dallo sguardo freddo dell'infermiera

Effettivamente mi sentivo abbastanza stordito, ma volevo capirci qualcosa

La donna alzò un sopracciglio con uno sguardo confuso, segno che, per lei, quel nome era totalmente sconosciuto, o che comunque non capiva quella domanda. Iniziavo ad arrabbiarmi. Oltre l'essere stato trasferito, mi nascondevano anche quel ragazzo. O forse era il mal di testa ad ave fatto fare quel ragionamento

Alzai un po' la voce, ma credo sia comprensibile. La bionda abbassò lo sguardo e mi fece cenno di aspettare mentre lei usciva dalla mia stanza. Ero veramente scocciato, ma anche il solo urlare a quella signora mi aveva fatto stancare, costringendomi a sdraiarmi. Yuuri non mi avrebbe mai dimenticato, mai. Tanto meno abbandonato, in un momento simile per di più. Mi girai su un lato e, vicino al mio cellulare, vidi una fede d'oro. Immediatamente pensai fosse la mia, probabilmente tolta per fare alcuni controlli, quindi la presi in mano per indossarla al solito dito. Mi accorsi di averla già. Lessi l'incisione all'interno e compariva la lettera V, dunque era l'anello che Yuuri custodiva gelosamente al dito. Tutto ciò era troppo strano, anche perchè più di una volta mi era capitato di aver una discussione con lui perchè la portava sempre con sè e rischiava di rovinarla, o di farla durare 2 giorni. La mia voglia di capire qualcosa di questa storia era sempre più forte, tanto da spingermi ad alzarmi da quel letto, ignorando completamente le flebo attaccate al mio braccio. Mi sentii sollevato nel sapere che le mie gambe reggevano il mio peso abbastanza bene e riuscivano a muoversi come desideravo. Che poi, per un semplice svenimento le flebo? Non ricordavo di aver avuto qualcosa di tanto grave da aver bisogno di queste cure. Comunque, arrivando nel corridoio vidi Yakov e Yurio intenti a parlare con la stessa infermiera di prima. Mi venne spontaneo sorridere guardandoli, anche se non sapevo esattamente perchè.
 
Notai un velo di tristezza persino nello sguardo della fata russa, il che era più unico che raro.

 Sentì dire alla donna. I due fecero un cenno col capo, mandando via la signora e invitandomi a sedermi accanto a loro.
 
Chiesi accogliendo l'invito e accomodandomi accanto al biondo. Se volevo delle risposte le avrei sicuramente avute dalla sua lingua diretta e pungente, ma persino lui sembrava tergiversare. Capii che si trattava di qualcosa di grave. Yurio frugò nella tasca laterale dei suoi pantaloni maculati e tirò fuori il suo cellulare, iniziando a cercare su internet con espressione abbastanza nervosa. Mi passò il cellulare accompagnando il gesto con due parole sussurrate che mi preoccuparono più di tutta questa storia, "Mi dispiace". Lessi la notizia, pronto a tutto. Improvvisamente capii tutto. Tutta quella storia, tutti quei sentimenti, tutto, nulla era stato reale, nulla.
Erano le 3 di notte e, come al solito, non riuscivo ad addormentarmi tormentato da quegli occhiali blu che tanti sorrisi mi avevano regalato. Mi ritrovai a fissare il vuoto sotto di me, affacciato da un ponte. Sono passati 2 mesi da quel giorno e neppure per un secondo ho mai smesso di pensare a quel momento, a quel dolore che mi colpì improvvisamente non appena venni a conoscenza della morte di mio marito in un incidente su un autobus mentre andavamo in trasferta. Avrei voluto accogliere il cupo mietitore abbracciando l'amore della mia vita, ma a quanto pare erano riusciti a salvarmi. Unico superstite. La gara tra Yurio e Yuri ad Hasetsu, quella in Cina, la sua dichiarazione a Barcellona, la finale del Grand Prix, tutto un sogno durante il mio coma. Lui non c'era più, ed io non volevo e non dovevo stare senza l'unico uomo che era riuscito a rendermi talmente folle da farmi giurare al cospetto del Signore fedeltà eterna. No, "finchè morte non ci separi" non lo dissi con leggerezza, nel mio cuore sapevo che nulla avrebbe diviso le nostre anime, e così fu.

"Notizia straordinaria: il pattinatore Viktor Nikiforov ritrovato deceduto ai piedi di un ponte. La polizia segue la traccia del suicidio."

  
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