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Autore: simoSQ    15/02/2017    0 recensioni
Emma detesta gli ospedali, da quando ha avuto Mya non ha fatto altro che passare il suo tempo lì dentro. Era diventato quasi come una seconda casa. Una seconda casa orribile...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Cause you can count on me
As long as I can breathe
You should know
 
I can't outrun a bullet
I’m no hero
But I’d take one for you
Sure I would”
 
 
[No Hero, Elisa]
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quella mattina Emma si era svegliata più presto del solito, non aveva dormito bene.
Già dalla sera prima si sentiva strana, stanca, dopo la cena con Regina ed il signor Mills era tornata a casa, si era fatta una doccia calda e prima di mettersi a letto aveva preso un’aspirina.
Aveva dolori ovunque, la testa le stava per scoppiare e doveva andare a lavorare.
Si allungò per prendere il telefono, il comodino sembrava lontano dei chilometri, ruotando su sé stessa riuscì ad afferrarlo e fu quasi accecata dalla luce del display.
L’orologio segnava le cinque e mezza, Emma si sentì in un certo senso sollevata, aveva ancora un paio d’ore per riposare e provare a farsi passare quel dannato mal di testa. Con tutta la calma del mondo si alzò e barcollando leggermente andò in cucina, prese un’altra aspirina, bevve un sorso d’acqua e ritornò a letto.
Alle sette in punto la sveglia iniziò a suonare, Emma maledisse quel suono, allungò un braccio e con un colpo secco la spense restando poi immobile sotto le coperte per un tempo indefinito.
Non aveva le forze per alzarsi.
Aveva ancora gli occhi chiusi quando il telefono squillò, la bionda rispose mugugnando.
 
-Emma?- chiese la voce al telefono
 
La bionda ci mise un po’ a riconoscere la voce
 
-Ehi Rubs! Ciao!-
 
-Buongiorno a te. Volevo sapere come ti senti, visto che quando sei rientrata ieri non sembrava stessi molto bene- disse la ragazza
 
Emma rise leggermente  -Effettivamente stamattina non va diversamente, anzi, mi sento come se mi avesse investita un tir- rispose poi mettendosi una mano sulla fronte per cercare di placare il dolore – credo di avere la febbre- aggiunse.
 
-Ti sei beccata l’influenza Swan. Forse dovresti restare a letto e riposare-
 
-Restare a letto?! No no…non se ne parla proprio. Un’altra aspirina e mi passa tutto-
 
Ruby rise –Sei impossibile Emma! Vedi di riprenderti, ti chiamo più tardi-
 
-Okey Rubs, buona giornata!-
 
Emma chiuse la chiamata, si stiracchiò un attimo e poi si decise ad uscire dalle coperte.
Fuori era una giornata grigia e fredda, non prometteva nulla di buono.
 
 
 
 
 



 
 
 
***
 






 
 
Regina era ancora a letto.
Oggi avrebbe avuto la mattina libera, si era presa qualche ora da passare con suo padre, visto che era venuto in città per stare con lei. Avrebbero fatto colazione insieme, poi sarebbero usciti per visitare un po’ la città e magari avrebbero pranzato fuori.
La stanza era illuminata dalla poca luce che filtrava dalla finestra, Regina, sommersa dalle coperte, aprì leggermente un occhio e lanciò un’occhiata alla sveglia. Erano le 08:30.
La donna si rigirò ancora per qualche minuto nel letto prima di alzarsi.
Suo padre in cucina, si stava destreggiando ai fornelli, pancakes, brioches, spremuta d’arancia e caffè.. erano anni che Regina non faceva una colazione così. Per un istante le sembrò di essere tornata indietro nel tempo, a quando andava al college e suo padre le preparava la colazione ogni mattina prima delle lezioni.
 
-Che buon profumo!- disse la donna avvicinandosi al tavolo della cucina
 
L’uomo ai fornelli si voltò di scatto –Buongiorno!-
 
-Buongiorno! Non sapevo fossi qui, non ti ho sentito entrare- disse Regina
 
-Lo so, ho fatto piano. Non volevo svegliarti e poi volevo farti una sorpresa- rispose l’uomo avvicinandosi con i piatti e lasciandole un lieve bacio sulla guancia.
Regina sorrise e si sedette a tavola.
 
-Allora, quali sono i programmi per la giornata?- chiese poi l’uomo mentre versava il caffè nelle tazze
 
-Beh innanzitutto direi che potremmo andare a fare un giro in uno dei parchi della città, visto che non piove ancora, poi c’è la Vancouver National Gallery, il porto, le vie dello shopping ma dubito ti possano interessare- rispose Regina
 
-Direi che ci sono parecchie cose da vedere, quindi è meglio se ci sbrighiamo. Finiamo la colazione e scendiamo, non vedo l’ora di vedere la città e passare un po’ di tempo con te- disse l’uomo facendole l’occhiolino
- A che ora devi essere in ospedale oggi?- chiese poi
 
-Per le 14, salvo imprevisti- rispose la donna ridendo – e spero vivamente non ce ne siano- aggiunse.
 
 
Una mezz’ora più tardi i due si apprestavano ad immergersi nel caos mattutino di Vancouver.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 







 
Dopo aver accompagnato Mya all’asilo e aver imprecato contro il traffico, Emma era riuscita ad arrivare in ufficio.
 
-Due gocce di pioggia e la gente va nel panico! Com’è possibile che diventano tutti incapaci di guidare?- disse entrando dall’ingresso principale
 
-Buongiorno signorina Swan!- la salutò la ragazza alla reception
 
Emma alzò la testa –Oh scusa Stephanie! Buongiorno anche a te- rispose
 
-Brutta giornata?- chiese la segretaria
 
-Diciamo che non è la mia giornata migliore- rispose la bionda sorridendole
 
-Se non sono indiscreta posso dirti che si vede?! Hai una faccia…- disse la ragazza facendole una smorfia
 
Emma scoppiò a ridere – io c’ho provato a rendermi il più presentabile possibile- rispose facendole spallucce
 
Le due donne si scambiarono un sorriso prima di tornare al loro posto.
Emma si diresse all’ascensore, una volta dentro si poggiò alla parete e voltandosi si vide riflessa nello specchio. Effettivamente Stephanie aveva ragione, era proprio uno straccio, forse avrebbe dovuto dar retta a Ruby e restarsene a letto.
Una volta arrivata nel suo ufficio si lasciò cadere sulla sedia e benedisse lo schienale reclinabile.
 
-Che Dio benedica chi ha inventato questa sedia!- si disse allungando poi le gambe sotto la scrivania
 
Restò in quella posizione per qualche minuto, fino a che il telefono non iniziò a squillare. Era sua madre.
 
-Mamma, ciao!-
 
-Emma tesoro, tutto bene?-
 
-Ehm..si, diciamo che potrebbe andare meglio- rispose
 
-Come potrebbe andare meglio? Che succede?- chiese la donna preoccupandosi
 
-Ma no nulla di che, credo di essermi presa l’influenza. Mi sento uno straccio- rispose Emma tossendo
 
-Emma! Non potevi restare a casa oggi? E magari riposare?!-
 
-Mamma ti prego…già Ruby mi ha detto la stessa cosa. No, non potevo restare a casa, ho un lavoro!- rispose
 
-Vedi di non esagerare, quando esci da lavoro vai a casa e riposati. Passo io a prendere Mya e la tengo per cena. Così puoi rilassarti un pò- disse la donna
 
-Grazie mamma!- Emma era davvero grata a sua madre, aveva proprio bisogno di prendersi un po’ di tempo per sé, soprattutto in quella giornata.





 
***
 
 






Dopo aver fatto un giro in uno dei parchi più belli della città e aver visitato la Galleria d’arte, Regina e suo padre stavano passeggiando lungo il porto, il signor Mills era stato un marinaio da giovane e aveva sempre avuto un debole per le imbarcazioni. Ora stava spiegando a Regina le varie fasi di costruzioni di un’imbarcazione e la donna, da parte sua, poteva solo fingere interesse. Adorava parlare con suo padre, avrebbe passato le ore ad ascoltarlo, ma delle imbarcazioni proprio non le era mai importato granchè e poi iniziava ad avere un po’ di fame.
Suo padre le stava per dire qualcosa riguardante la barca a vela che stava fissando da quasi venti minuti quando il telefono di Regina vibrò.
La donna frugò nella borsa prima di ricordarsi di aver lasciato il telefono nella tasca della giacca. Lo estrasse, un messaggio. Quando lesse il nome del mittente le si illuminò il volto.
 
“Buongiorno!
Sono in ufficio sola soletta e ti stavo pensando. Avrei preferito chiamarti ma non volevo disturbare, così ho preferito scrivere. Come sta andando la tua giornata?
E.”
 
Regina sorrise, sorrise talmente tanto che al Signor Mills bastarono pochi secondi per capire chi le avesse scritto.
 
-Come sta Emma?- chiese l’uomo improvvisamente
 
Regina lo guardò sorpresa –Come sai che è lei?- chiese
 
-Regina, sono tuo padre. Ti conosco meglio di chiunque altro. Hai un sorriso che illuminerebbe l’intera città e questo capita solo in rare occasioni- rispose l’uomo
 
Regina arrossì lievemente. Eppure suo padre aveva ragione, sorrideva raramente ma da quando Emma era entrata nella sua vita, non aveva smesso di sorridere un attimo.
Mentre l’uomo continuava la sua camminata lungo il porto, Regina rispose al messaggio di Emma.
 
“Buongiorno Miss Swan.
La mia giornata procede piuttosto bene, abbiamo fatto un giro al parco, visitato la Galleria d’arte e adesso siamo al porto. Mio padre sta tenendo una lezione su “come si costruisce una barca”. J
Come va la tua giornata?
Ps: mio padre ti saluta e chiede come stai.
R.”
 
Un istante dopo arrivò la risposta di Emma.
 
“Sono contenta che passiate un po’ di tempo insieme.
Tuo padre è davvero una bella persona, mi piace. E poi chiede di me…l’ho già conquistato J
La mia giornata non va granchè, in ufficio non c’è molto da fare, ho la febbre e dolori ovunque, credo di essermi presa l’influenza.
Avrei proprio bisogno di una dottoressa!
E.”
 






 
***
 






 
Emma stava bevendo l’ennesimo caffè di quella mattina quando il telefono suonò. Un sorriso apparve sul suo viso.
 
-Regina…-
 
-Emma!!!! Hai la febbre e sei in ufficio?!-
 
-Ma ciao anche a te Regina.
Si sono in ufficio perché ho tre linee di febbre non sto morendo… per adesso- rispose Emma ridacchiando
 
-Emma…non fa ridere! Dovresti riposarti- rispose la donna
 
-Sembri mia madre…appena finisco di lavorare vado a casa e mi riposo. Promesso-
 
-Sarà meglio per te, Miss Swan-
 
-Uh-oh… altrimenti che succede? Mi punisci?!- rispose la bionda con fare malizioso
 
-Emma!- l’ammonì Regina
 
La bionda scoppiò a ridere –So che l’idea non ti dispiace- disse punzecchiando la donna che all’altro lato del telefono scuoteva la testa.
 
-La febbre ti fa delirare… miss Swan- rispose Regina
 
-Può essere, o forse sei tu che mi fai questo effetto.
A che ora inizi il turno oggi?- chiese poi la bionda
 
Regina rise prima di rispondere –devo essere in ospedale alle due...fino ad orario indefinito. Se finisco ad un orario decente magari passo a vedere come stai-
 
-Avrei giusto bisogno di una dottoressa che si prenda cura di me- rispose Emma
 
-Vedremo cosa posso fare-
 
Emma sorrise –Ti lascio alla tua giornata, ci sentiamo più tardi. Salutami tuo padre-
 
-va bene.. a più tardi Emma-  rispose Regina
 
La bionda rimase per qualche istante immobile con ancora il telefono vicino all’orecchio, aveva ancora la voce di Regina in testa. Quella voce la incantava ogni volte, era dolce ma severa allo stesso tempo. Era musica per le orecchie di Emma.
 
 





 
***
 








Regina stava pranzando con suo padre in un piccolo ristorante a qualche isolato dal Grey Sloan Memorial Hospital.
Controllò l’orologio, aveva ancora un paio di minuti prima di iniziare il turno.
 
-Mi dispiace lasciarti da solo oggi- disse rivolgendosi all’uomo seduto difronte a lei
 
-Non ti preoccupare tesoro, ho il mio bel giretto da fare- disse sfilando la cartina della città
 
-Vedi di non perderti e se hai bisogno chiamami- disse Regina alzandosi, lasciò un bacio a suo padre e uscì dal locale.
 
Fuori il cielo era diventato più scuro, si era alzato un leggero vento e iniziava a piovere.
La bruna, sprovvista di ombrello, accelerò il passo per evitare di arrivare al lavoro bagnata fradicia ma fallì miseramente, visto che quando arrivò al Grey Sloan sembrava fosse appena uscita dalla doccia.
La giornata lavorativa di Regina non era iniziata nel migliore dei modi, oltre alla pioggia era arrivata anche un’emergenza. Stava cercando di darsi un’asciugata ai capelli quando il suo cercapersone aveva iniziato a suonare senza sosta. La bruna alzò gli occhi al cielo esasperata prima di dirigersi verso il pronto soccorso.
 
-Mi avete chiamata?- chiese rivolgendosi alla giovane specializzanda
 
-Ruby Kendal, 9 anni, febbre e dolore nel punto di Mcburney- rispose la giovane ragazza tutto d’un fiato
 
-uhm..okey, appendicite. Fammi sentire un po’ dove ti fa male- disse poi Regina rivolgendosi alla ragazzina che emise un piccolo lamento non appena la donna le tocco la pancia
 
-Come pensavo… la tua appendice è proprio arrabbiata. La sottoporremo ad un piccolo intervento- disse poi rivolgendosi ai genitori – sarà una cosa veloce e tu Ruby domani sarai fuori di qui con una minuscola cicatrice e una buona scusa per farti portare un bel gelato tutte le sere per una settimana- sorrise alla bambina prima di rivolgersi alla specializzanda –Dottoressa Murphy, ricoverala in pediatria e resta con lei, io prenoto la sala operatoria-
 
 
Mezz’ora più tardi Regina si preparava per l’intervento e insieme a lei c’era Leah Murphy, la specializzanda che l’avrebbe assistita durante l’operazione. O forse Regina avrebbe lasciato fare tutto alla ragazza e sarebbe rimasta a guardare, infondo era un intervento semplice.
Era una giornata apparentemente tranquilla al Grey Sloan, almeno così sembrava.
 
 
 
 



 
 
***
 
 




 
 
 
Emma se ne stava tranquillamente seduta alla sua scrivania, una tazza di caffè fumante in mano ed il mac accesso davanti a sé. Aveva un paio di articoli da scrivere ma se la stava prendendo con comodo, il mal di testa la stava ancora tormentando.
Soffiava sul caffè bollente con le labbra poggiate al bordo della tazza quando un rumore assordante attirò la sua attenzione. Senza posare la tazza si avvicinò alla vetrata che dava sulla via principale della città e restò a guardare per qualche minuto. Auto della polizia, camionette dei servizi speciali, pompieri…sirene e lampeggiati accesi. I veicoli sfrecciavano a tutta velocità lungo la strada. Sembrava la scena di un film.
Emma stava ancora fissando fuori dalla finestra quando Stephanie bussò alla porta.
 
-Signorina Swan!- la chiamò la ragazza
 
-Oh! Stephanie, che succede laggiù?- chiese Emma
 
-Se non ho capito male deve esserci stata una sparatoria o una sorta di attentato. Il signor Jefferson ha mandato Parcker, sperando torni con qualche notizia-
 
Emma tornò a guardare la strada –Si sa il luogo dell’incidente?- chiese
 
-Si. E’ il Grey Sloan Memor…- la ragazza non fece in tempo a finire la frase.
Emma si girò di scattò, la tazza le scivolò dalle mani. Non era sicura di aver capito bene
 
-L’ospedale Grey Sloan?- chiese quasi urlando
 
La ragazza esitò un attimo a rispondere, il viso di Emma le metteva quasi paura
 
-STEPHANIE! Rispondimi..-
 
-S..si. L’ospedale Grey Sloan Memorial Hospital- rispose
 
Emma si precipitò a prendere la giacca, chiuse con un colpo secco il mac e si precipitò fuori dall’ufficio senza dire una parola.
 
-Signorina Swan!!!!!- la chiamò Stephanie ma Emma ormai non la sentiva. Non sentiva più nessuno.
Emma stava pensando solo a correre, doveva arrivare al Grey Sloan il prima possibile. Non le importava più di nulla. Nella sua testa c’era solo un pensiero, Regina.
Doveva andare da Regina, doveva assicurarsi che Regina stesse bene.
E se qualche pazzo le avesse sparato? E se l’avessero ferita? E se fosse morta?
Al solo pensiero le lacrime iniziarono a rigarle il viso. Non poteva nemmeno immaginare di vivere in un mondo senza Regina.
Emma aumentò ancora di più la corsa, correva talmente veloce che non si sentiva nemmeno le gambe. Andavano in automatico.
Quando arrivò davanti al Grey Sloan si trovò la strada sbarrata. C’erano camionette della polizia ovunque, uomini armati, cecchini in posizione, qualche giornalista ficcanaso ed un po’ di passati.
In lontananza scorse una figura familiare, un uomo, vestito di tutto punto con un piccolo ombrello in mano.
Emma si avvicinò.
 
-Signor Mills!-
 
L’uomo si girò, un leggero sorriso comparve sul suo volto
 
-Emma! Cosa ci fai qui?-
-Ho saputo della sparatoria…Lei dov’è?- chiese Emma
 
-E’ ancora dentro. Tutti sono ancora dentro, gli agenti stanno cercando di entrare-
 
-Ma che aspettano? Non possono starsene qui a fare nulla- la paura iniziò a prendere il sopravvento su di lei
 
-Emma! La tireranno fuori, dobbiamo solo aspettare. Sanno quello che fanno- il signor Mills cercò di tranquillizzarla ma quello che ottenne fu l’effetto contrario.
La bionda partì con passo spedito verso l’ingresso dell’ospedale, un poliziotto la fermò a pochi metri dalla porta
 
-Signorina!! Lei non può stare qui- le disse portandola dietro le transenne
 
-Lei forse non capisce, lì dentro c’è una persona a me cara. Non so cosa sia successo, chi sia questo folle e che cosa diavolo gli passi per la testa, di certo so che non starò qui ad aspettare che voi facciate non so cosa-
 
-Signorina, ce ne stiamo occupando noi. Lei stia qui dietro e non si preoccupi-
 
Il poliziotto si allontanò di qualche metro, in quell’istante, come una saetta, Emma sgattaiolò oltre la transenna e corse verso la porta.
 
-Emma!!!!!- il signor Mills la chiamò inutilmente
 
Emma aveva oltrepassato la porta. Nessuno l’avrebbe fermata.
 
La scena che le si presentò davanti la lasciò a bocca aperta.
Davanti al bancone della reception, il corpo di un uomo giaceva in una pozza di sangue, poco più a destra il corpo di una donna; forse un’infermiera; con un foro in testa.
Attorno c’era solo il silenzio. Un silenzio che metteva paura.
Emma cercò di muovere qualche passo in avanti ma i piedi sembravano inchiodati al pavimento.
Era talmente terrorizzata che non riusciva nemmeno a muoversi, ogni suo muscolo era come paralizzato.
Cercò di tornare in sé, chiuse gli occhi e prese un lungo respiro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 






 
 
 
Regina era ancora in sala operatoria, l’intervento era appena terminato.
 
-Okey, abbiamo finito. Possiamo trasferirla in reparto. Te ne occupi tu Murphy?-  chiese rivolgendosi alla specializzanda
 
-Dottoressa Mills…non posso!-
 
-Come scusa?- Regina la fulminò con lo sguardo
 
-Non posso! Non possiamo uscire. Era questo che mi diceva la Dottoressa Sheperd prima. Ci sono degli uomini armati in ospedale, dobbiamo restare qui-
 
-Che cosa?! Che cosa aspettavi a dirmelo?- Regina era furiosa o forse era spaventata
 
-Ma la Sheperd ha detto…-
 
-Non mi importa quello che ha detto la Sheperd!- Regina zittì la ragazza e in quell’istante si sentì un colpo di pistola.
Nella sala operatoria cadde il silenzio. Tutti i presenti erano come pietrificati, nessuno fiatava.
Tutti gli occhi erano puntati sulla porta e dalla porta passarono poi a Regina.
La donna si era avvicinata alla porta, spiò dal vetro stando attenta a non farsi vedere.
Alla fine del corridoio c’era un uomo con una tuta mimetica, in spalla un fucile e in mano una pistola, Regina non riuscì a vederlo in faccia, portava un berretto nero ed uno scalda collo che lasciava visibili solo gli occhi. Poco distante da lui, un uomo riverso a terra. Regina non ci mise molto a riconoscerlo, era Patrick, l’addetto alla sicurezza. Probabilmente era sceso per avvisarli o per controllare che non ci fossero ulteriori feriti ed ora si ritrovava con una pallottola nel petto.
Regina sarebbe uscita a prenderlo se non fosse stato per l’uomo armato che aveva deciso di proseguire il suo cammino proprio verso la sala operatoria in cui si trovava.
 
-Merda! Sta venendo verso di noi!- disse bisbigliando, rivolgendosi agli altri medici
 
-che facciamo?- chiese uno – non possiamo stare qui!- aggiunse un altro
 
-Iniziate con lo stare zitti.
Allora, coprite la ragazzina con un telo, sembrerà morta e non le farà nulla- Regina stava cercando di mantenere la calma, era lei la responsabile di quella sala ed in quanto tale doveva gestire la situazione nel miglior modo possibile.
 
-Ora andate tutti a mettervi al sicuro in quella stanza. Sedetevi, sdraiatevi a terra, state in silenzio e non fatevi vedere-
 
-E lei non viene? Non può restare qui Dottoressa Mills. Sarà un bersaglio facile!- disse la giovane specializzanda quasi in lacrime
 
-Non preoccupatevi per me-  disse Regina voltandosi dinuovo verso l’esterno della sala.
 
L’uomo armato era scomparso dalla sua visuale.
 




 
 
***
 






 
Emma stava vagando per i corridoi del Grey Sloan quando udì un colpo d’arma da fuoco.
Istintivamente si bloccò, in piedi, gli occhi sbarrati e le orecchie tese a captare ogni singolo rumore.
In quell’ospedale non volava nemmeno una mosca, non un rumore di passi, non ho un respiro, nulla. Era il luogo più silenzioso che Emma avesse mai visto.
Mosse qualche passo verso la porta d’ingresso del reparto di pediatria, la spinse lentamente stando attenta a non emettere alcun suono. La oltrepassò e lentamente avanzò restando sempre con le spalle al muro.
Era quasi arrivata all’ascensore quando si sentì afferrare per un braccio e fu trascinata in uno stanzino.
 
-Lasciami!- disse senza far uscire un filo di voce
 
-Sssssh…ci farai scoprire!- una ragazza con una divisa azzurra le si presentò davanti agli occhi, dietro di lei, sdraiato sul pavimento, un ragazzo, probabilmente un infermiere era stato colpito dal killer.
Aveva un foro sul fianco, leggermente sotto l’ascella e sanguinava. C’era sangue ovunque in quella stanza.
 
-E’ ferito! Quell’uomo gli ha sparato. Devi aiutarmi!-
 
-Io?!? Io…io non sono un medico. Non so come si fa, non posso aiutarti!-
 
-Dobbiamo solo togliergli il proiettile e ricucire. Sono al secondo anno di medicina, non ho mai operato da sola ma posso…posso fare qualcosa se mi aiuti- la ragazza la stava supplicando
 
-Come ti chiami?- chiese Emma
 
-Lexie, Lexie Grey!-
 
-Okey Lexie, io sono Emma. Ascolta, io ti aiuterò a salvare il tuo amico, ma tu poi aiuterai me a trovare una persona. D’accordo?-
 
-Va bene, chi devi trovare?- chiese la ragazza mentre iniziava a somministrare una specie di calmante al ragazzo, in modo da renderlo quasi incosciente per l’operazione
 
-E’ una donna.. una dottoressa, lavora qui, è un chirurgo pediatrico. Speravo di trovarla in questo reparto ma poi mi sono ritrovata qui dentro- spiegò Emma mentre osservava la ragazza armeggiare con aghi, bisturi e pinze.
 
-Sono chiusa in questo stanzino da ormai un’ora quasi e non ho visto passare nessuno. Probabilmente saremo gli unici qui. E se stai cercando la Dottoressa Mills…beh…stava andando in sala operatoria l’ultima volta che l’ho vista- disse Lexie prima di prendere il bisturi in mano –Emma…ora dovrai tappargli la bocca. Gli farà un po’ male e non vorrei che ci scoprissero-
 
Emma annuì, prese uno strofinaccio e, facendo pressione, lo posò sulla bocca del ragazzo in modo da attutire le grida.
Nella sua testa maledisse il momento in cui aveva deciso di entrare in quell’ospedale.
Lei voleva solo prendere Regina e tornarsene a casa ed ora si trovava ad assistere ad un intervento improvvisato, con un ragazzo terrorizzato che le stringeva la mano in cerca di sicurezza.
 



 



***
 





 
Il Signor Mills all’esterno stava letteralmente andando fuori di testa.
Da quando Emma aveva varcato la porta d’ingresso, non aveva fatto altro che inveire contro i poliziotti dandogli degli incompetenti.
 
-Abbiamo sgomberato un piano, sgombereremo anche gli altri- disse il capo della polizia cercando di calmarlo
 
-Avete sgomberato un piano?! Un piano?! Ha idea di quanto sia grande questo posto?!
 Ha 4 uomini per perquisire un ospedale di diecimila metri quadrati e…- il Signor Mills stava ormai urlando in faccia al comandante
 
-Signore, è così che funziona. E’ la procedura. Ci pensiamo noi, stia tranquillo-  poi si voltò verso un’agente per darle ulteriori indicazioni
 
Il loro piano era quello di bloccare gli ascensori e tutti le uscite principali in modo da bloccare i killer all’interno, ma così facendo avrebbero bloccato anche tutte le persone in ostaggio.
 
-Buon Dio… volevo solo passare un po’ di tempo con la mia bambina. Perché tutto questo?- il signor Mills iniziava ad imprecare.
Quell’attesa era diventata ormai un’agonia. Più guardava l’orologio e più gli sembrava che il tempo non passasse mai.
 
Al suo fianco nel frattempo era arrivato un uomo, sui quarant’anni, in mano la scatola di una pizza ed un peluche.
 
-Ancora nulla?- chiese
 
-No! Questi idioti non sanno nemmeno da dove iniziare- rispose il signor Mills
 
L’uomo rise, una risata isterica –Doveva essere una giornata felice, finalmente avrei rivisto mia moglie e la mia piccola e invece…- non riuscì a finire la frase
 
Il padre di Regina si voltò, l’uomo stava piangendo, così cercò di fargli coraggio. Di infondergli un po’ di speranza.
 
-Vedrà che andrà tutto bene. Sua moglie e sua figlia staranno bene e le rivedrà presto-
 
Quelle parole gli uscirono dalla bocca così…di getto. Forse erano solo parole di circostanza, il signor Mills era sempre stato un uomo forte, pieno di coraggio e di speranza ma in quel momento stava iniziando a perdere tutto.
 
 



 
*** 
 









 Dopo aver assistito a quel piccolo intervento, Emma era uscita dallo stanzino e stava seguendo le indicazioni che le aveva dato Lexie.
 
“in fondo al corridoio a destra troverai una porta, un’ uscita d’emergenza. Scendi le scale, alla terza rampa troverai una porta alla tua destra. Segui il corridoio fino alla fine, la terza porta a sinistra ti porterà dritta alle sale operatorie. La dottoressa Mills dovrebbe essere nella sala 7. C’è il numero fuori da ogni sala, non ti puoi sbagliare”
 
Queste erano state le parole di Lexie ed Emma se le stava ripetendo nella testa da quando aveva lasciato la ragazza, promettendole che sarebbe tornata a prenderla una volta trovata Regina.
Corse lungo il corridoio e poi giù per le scale, stando attenta a non sbagliare uscita. Aprì la porta con calma, prima di entrare controllò che non ci fosse nessuno. Anche lì regnava il silenzio.
Seguì il lungo corridoio fino alla fine, svoltò a sinistra e si diresse verso la terza porta. La aprì leggermente, sentì delle voci in lontananza, forse erano dei medici, forse dei feriti, stava per entrare nel corridoio quando vide un uomo armato sbucare da dietro un angolo. Istintivamente lasciò andare la porta e si nascose dietro il muro.
 
-Merda! E adesso che faccio?!- disse tra sé e sé
 
Non aveva una grande scelta, o starsene nascosta o continuare la ricerca. E di certo non avrebbe mollato proprio adesso che era lì. A due passi da Regina.
Prese un respiro e cercò di ragionare. Si avviò nuovamente verso la porta, l’area sembrava libera, si guardò intorno, la sala che si trovò davanti indicava il numero 3. Ora doveva solo capire se andare verso destra o verso sinistra. Stava per correre verso destra quando un proiettile le sfiorò il braccio.
 
-Cazzo!- imprecò –Lurido bastardo!- senza mai voltarsi corse verso le scale e si nascose per qualche minuto.
Il braccio le faceva male, il proiettile l’aveva presa di striscio lasciandole una piccola ferita.
Sentì dei passi correre verso la sua direzione, trattenne il respiro fino a che non sentì il rumore dei passi oltrepassarla.
 
L’istinto la spinse ad uscire, il corridoio era silenzioso.
Con calma si diresse nuovamente verso il corridoio delle sale operatorie e seguì l’intuito andando verso destra e grazia a Dio i numeri delle sale iniziarono ad aumentare. Quando arrivò davanti alla sala 7 spiò attraverso il vetro ma non vide nessuno. Spalancò la porta con un colpo di spalla e per poco non cadde a terra.
 
-Emma?! Che diavolo ci fai qui?- Regina le corse incontro –Vuoi per caso farti uccid…Oh mio dio…sei ferita!-
 
Emma le si lanciò letteralmente addosso, buttandole le braccia al collo e stringendola a sè non curante delle altre persone all’interno della sala.
Regina dovette appoggiarsi alla parete per non finire sul pavimento.
 
-Come sono felice di vederti…ho visto quel folle fuori nel corridoio, ho pensato ti avesse sparato,
 stai bene?-  le chiese quasi senza respiro
 
-S…si. Grazie a Dio non sono entrati qui- rispose la bruna – ma come hai fatto ad arrivare qui? Come hai saputo di tutto ciò?- chiese poi
 
-Ero in ufficio quando ho sentito le volanti della polizia, ho chiesto alla segretaria e mi ha detto che c’era stata una sparatoria al Grey Sloan così ho mollato tutto e mi sono fiondata qui. Non potevo di certo starmene con e mani in mano-
 
Regina sorrise scuotendo la testa –Devi sempre ficcarti nei guai tu?-  e le posò una mano sul braccio per controllare la ferita
 
-Sto bene! E’ solo un graffio…- disse Emma fingendo di non provare dolore
 
-Ah si? Stai bene? Non si direbbe…hai sangue ovunque- disse Regina indicandola dalla testa ai piedi
 
-Questo?! Non è tutto sangue mio- rispose la bionda indicando l’enorme chiazza di sangue che aveva sulla maglia
 
-In che senso non è tuo? E di chi sarebbe?- chiese Regina iniziando a preoccuparsi ulteriormente
 
-Ti stavo cercando quando mi sono imbattuta in una ragazza, credo sia un medico qui, mi ha chiesto aiuto per estrarre un proiettile ad un ragazzo … ah tra l’altro devo andare a recuperarla. Glielo devo, se non fosse stato per lei starei ancora vagando per l’ospedale-
 
-okey, ma prima devo sistemare questo braccio..- disse Regina afferrando il braccio di Emma, ma la bionda fu più veloce e lo ritrasse
 
-NO! Prima dobbiamo uscire di qui…non ho intenzione di stare in questo posto nemmeno un secondo in più-
 
-“no” lo dico io…questa è la mia sala operatoria e qui decido io. Adesso mettiti seduta e stai ferma!-
 
-Non è grave, sto bene!- Emma cercò inutilmente di replicare ma Regina aveva già deciso. E quando Regina decideva non c’era nulla che potesse farle cambiare idea.
 
 
 
 
 
 
 
***






 
 
Emma era sdraiata sul divano, la testa poggiata sulle gambe di Regina, la piccola Mya che giocava sul tappeto ed il signor Mills che finiva di sistemare la cucina.
Avevano deciso di lasciarsi quella brutta giornata alla spalle, il padre di Regina aveva cucinato una splendida cenetta per tutti e aveva insistito affinché Emma restasse per la notte. Non poteva di certo mettersi al volante con quel braccio malconcio e poi era ancora dolorante per l’influenza, la febbre non era più una sola sensazioni.
 
-Okey, direi che io qui ho finito!- disse l’uomo entrando in salotto
 
Regina girò leggermente la testa in modo da vedere suo padre e gli sorrise
 
-Grazie ancora papà, la tua cena era davvero squisita-
 
-Già…era davvero ottima signor Mills! – aggiunse Emma
 
Il signor Mills sorrise –Quante volte dovrò dirtelo di chiamarmi Henry?! –
 
-Ha ragione signor M… ehm Henry!- i due si scambiarono un sorriso
 
-Allora io vado, ci vediamo domani. Mi raccomando Emma, riprenditi- disse l’uomo
 
Lasciò un bacio sulla testa di Regina, salutò la piccola Mya e uscì dall’appartamento lasciando le due donne sole.
Regina stava giocando con i capelli di Emma, se li rigirava tra le dita come se fossero un nastro di seta, era persa nei suoi pensieri, la bionda alzò lo sguardo quanto bastava per vedere la bruna.
Emma la guardò, restando per un attimo incantata a seguire i suoi lineamenti; i capelli sciolti tirati tutti sulla spalla sinistra, lo sguardo fisso nel vuoto, le lunghe ciglia nere che sbattevano di tanto in tanto e quelle labbra perfette con un leggero tocco di rosso. Era bella da togliere il fiato.
Fu in quel preciso istante che Emma capì di non poter più fare a meno di Regina. In quell’istante capì quanto fosse fondamentale la presenza di Regina nella sua vita.
   
 
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