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Autore: coffee girl    18/02/2017    1 recensioni
Una modern AU sui nostri John e Paul adolescenti.
Dal primo capitolo:
"È buffo quando bastano uno sguardo diverso e una piccola insignificante frazione di secondo a cambiare tutto ciò in cui si è sempre creduto. Eppure non è proprio in questo modo che gli eventi destinati a cambiare per sempre la nostra vita prendono forma?"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Lennon, Paul McCartney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella sera, come d’accordo, John passò da casa di Stuart per poi dirigersi in uno dei suoi pub preferiti, un locale alla buona poco lontano dal porto.
Erano seduti al bancone già da una mezzora a bere e a guardare le ragazze in attesa di trovare qualcuna per cui valesse la pena di abbandonare il boccale ancora pieno e le chiacchiere sul mondo dell’arte. Nonostante si conoscessero da poco, John apprezzava per davvero il talento di Stuart e considerava ben speso tutto il tempo che trascorrevano a parlare di colori o nuove tecniche creative.
«Ehi, guarda quelle due!» Disse all’improvviso Stuart, voltandosi di scatto e accennando alle ragazze che avevano appena fatto il loro ingresso nel pub.
John alzò gli occhi dal boccale di birra e prese dalla tasca della camicia gli occhiali per poterle mettere a fuoco. Era cieco come una talpa, ma era convinto che solo gli sfigati portassero gli occhiali, così preferiva tenerli con sé ed indossarli solo quando fosse strettamente necessario. Mentre inforcava gli occhiali non poté impedirsi di pensare all’unica persona davanti alla quale non si era mai fatto nessun tipo di problemi: Paul. Il suo amico Paul che gli nascondeva gli occhiali e scompariva per riapparire subito dopo all’improvviso indossandoli e sorridendogli per poi strizzare gli occhi a causa dello spessore delle lenti.
«Allora?» Gli domandò Stuart riportandolo bruscamente alla realtà.
«Allora cosa?»
«Le ragazze. Cosa ne pensi?»
John rimase per un attimo in silenzio concentrandosi su quale fosse per lui il reale scopo di quella serata.
«La bionda è mia.» Puntualizzò subito dopo, riponendo gli occhiali nel taschino. Stuart non ebbe nulla da obbiettare, in parte perché con John aveva capito subito che non avrebbe potuto averla vinta tanto facilmente, un po' perché l'altra ragazza non aveva proprio nulla da invidiare alla prima con quel nasino all'insù e una serie di graziose lentiggini.
John saltò giù dal suo sgabello seguito prontamente dall'amico.
La ragazza bionda era davvero una bellezza: slanciata, un bel visino, i capelli biondi e lunghi fino alle spalle e due vivaci occhi verdi. Era tutto ciò che a John era sempre piaciuto in una ragazza, eppure quella sera c’era qualcosa di stonato.
Stuart, nel frattempo, aveva già fatto gli onori di casa e Carol e Becky erano state ben felici di sedersi a chiacchierare e bere birra insieme. Stuart, che in arte se la cavava parecchio bene, aveva promesso loro un ritratto che aveva iniziato a schizzare su un paio di sottobicchieri di cartone. John, che cominciava a dare i primi segni di essere un po' alticcio, aveva improvvisato una buffa poesia, composta su due piedi e volta a lodare le grazie di Becky. A giudicare dall'apprezzamento di quest'ultima si sarebbe potuto dire che aveva fatto centro. Del resto si trattava pur sempre di John Lennon e, nonostante quella sera non si sentisse troppo in forma, in quanto a tecniche di seduzione, rimaneva un vero maestro.
«E così l'anno prossimo andrete al College?» Domandò John.
«Sì, proprio così.» Io non vedo l'ora di andarmene da qui e di trasferirmi a Londra «E voi due? Frequenterete anche voi il College?»
John scoppiò in una fragorosa risata. Il College? Neanche a parlarne! Già non ne poteva più delle superiori e ringraziava il cielo che mancassero solo pochi mesi alla fine della maledetta scuola.
«Nossignore, io sono un musicista, suono la chitarra, e sapete una cosa, il qui presente Stuart Sutcliffe diventerà un artista di fama mondiale. E' così che andrà, vero Stu?» Domandò, dando una gomitata al suo vicino di posto. Ma bastarono pochi secondi perché il sorriso ebete che gli era comparso sul volto all'idea di un glorioso futuro scomparisse così come se ne era venuto a causa dell’immagine che gli attraversò la mente: Paul che suonava il basso. Di nuovo Paul. Sempre Paul. Come se non ci fosse nulla della sua fottutissima vita che valesse la pena di essere vissuto o anche solo menzionata, se non c'era di mezzo anche Paul.
Le ragazze risero, probabilmente non presero molto sul serio le velleità artistiche dei due amici, ma ne rimasero in un certo qual modo affascinate.
«Beh, io e Carol andiamo a fare quattro passi qui intorno. Fate i bravi voi due...» Se ne uscì Stuart all'improvviso, riportandolo alla realtà in modo brusco per la seconda volta in quella stessa serata.
«Oh, lo faremo!» Rispose John facendogli l'occhiolino.
Qualche minuto più tardi anche John e Becky uscirono dal pub. Stuart e Carol erano già spariti nel buio da qualche parte. Il freddo era pungente e l'umidità proveniente dal porto non migliorava la situazione. Nel frattempo si erano diretti in un vicolo appartato nel pressi del locale.
Quando la sua nuova conquista gli si strinse addosso, John non ci pensò due volte a cingerla tra le braccia e ad unire le loro labbra. Erano morbide e profumate e gli ricordavano un altro paio di labbra che, in quel frangente, avrebbe voluto dimenticare, se solo fosse stato possibile. Eppure più tentava di non pensarci più l’immagine del viso perfetto di Paul e delle sue labbra a cuore invadevano la sua mente.
John e la ragazza si erano baciati ancora e poi ancora. Becky era davvero sexy, ma allora perché John si sentiva così fuori posto? Perché il contatto tra la pelle bollente di lei, e la sua mano fredda, abilmente infilata sotto il maglioncino stretto, non gli procurava alcun piacere?
Doveva solo concentrarsi e continuare a baciarla. La ragazza sembrava apprezzare le sue attenzioni e iniziò a ricambiare accarezzandolo timidamente. Doveva solo concentrarci e ce l'avrebbe fatta.
Solo concentrarsi e sarebbe tornato tutto normale.
 
***  
 
La mattina seguente Paul aveva deciso di prendere nuovamente il bus con George dal momento che le cose tra lui e John erano ancora ben lontane dall'essersi chiarite e, oltre a tutto, faceva troppo freddo per la bicicletta. Non aveva nessuna intenzione di trasformarsi in uno stupido ghiacciolo.
Arrivò presto, tutto imbacuccato nel suo cappotto scuro e con la sciarpa che gli copriva metà del viso, naso compreso. Quella mattina avrebbe fatto un nuovo tentativo di parlare con John. All'intervallo dovette inventare una scusa per svignarsela, dato che George si era presentato davanti alla porta della sua aula stringendo un pacchetto di biscotti con le gocce di cioccolato, rigorosamente fatti in casa, pronto a condividerli. Se George, solitamente così geloso dei suoi dolci, era disposto a rinunciare a parte dei biscotti, significava solo una cosa: l’aveva perdonato per averlo trascurato. L’idea che George non fosse più arrabbiato con lui lo fece sentire subito meglio e Paul, davvero, non voleva rovinare tutto, ma sentiva che sarebbe impazzito se non fosse riuscito a parlare con John al più presto.
Disse a George che doveva vedere con urgenza uno dei suoi insegnanti e gli promise che sarebbe tornato in tempo per assaggiare i suoi biscotti.
Percorse veloce i corridoi e le scale e, una volta arrivato a destinazione, si guardò intorno con attenzione, ma non trovò John da nessuna parte. In compenso vide Stuart. Nonostante quel tipo non gli piacesse per nulla, Paul si arrese al fatto che fosse l'unico modo di avere informazioni sull'amico.
«Ehi Stuart, non è che per caso sapresti dirmi dove posso trovare John?» Domandò timidamente.
«John? Non è venuto a scuola. Probabilmente è ancora ubriaco da ieri o magari non ha ancora finito di scoparsi quella biondina...» Gli rispose l’altro, scoppiando a ridere al pensiero dei bagordi della sera precedente e riportando ancora chiari segni della sbornia.
Paul sbiancò e credette di perdere i sensi «Quale biondina?» Ebbe invece il coraggio di domandare, con un filo di voce.
«Niente, due ragazze che abbiamo rimorchiato giù al pub. Una gran bella serata. John dovrebbe portarti qualche volta.»
Ormai Paul non stava più ascoltando. Solo la mattina precedente John l'aveva baciato in quel modo, tutto urgenza e desiderio e, poche ore più tardi, era uscito con quel tipo e non si era fatto nessun problema a portare in un qualche vicolo sporco e puzzolente la prima ragazza che gli era capitata a tiro.
Se prima si chiedeva il perché del bacio e se John avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti, ecco, adesso aveva avuto la risposta che cercava: John l'aveva solo voluto prendere in giro. Di sicuro aveva capito i suoi sentimenti e gli aveva fatto quello scherzo di pessimo gusto. Si chiese se fosse davvero tanto palese quello che provava. Era molto probabile che ce l’avesse scritto in faccia!
Era stato un gesto così crudele. Paul si sentiva tradito e ferito, sapeva che, a volte, John si comportava in modo stupido, ma non avrebbe mai creduto che proprio lui, il suo migliore amico, potesse arrivare a tanto.
 
***
 
John aveva fatto ritorno a scuola un paio di giorni più tardi. Era più confuso di quanto non fosse mai stato nella sua vita, ma ciò che era successo la sera del pub l’aveva portato ad un’unica conclusione: per quanto, in linee generali, non fosse interessato ai ragazzi, Paul era un discorso tutto a parte. La realtà, per quanto fosse difficile da accettare era che aveva cominciato a guardare il suo migliore amico in quel modo. Quel modo in cui aveva sempre guardato solo le ragazze. Quel modo in cui non si dovrebbe mai guardare nessun ragazzo. Ma John non stava pensando ad un ragazzo qualsiasi, Lui non era mai stato uno qualsiasi, Lui era Paul.
Non sapeva cosa gli avrebbe detto, era però certo di sentire un bisogno di vederlo e di parlargli tanto intenso da fare fisicamente male. L’aveva incrociato quella stessa mattina, prima di entrare a scuola, ma Paul stava chiacchierando fitto fitto con George Harrison, il ragazzino magro che suonava la chitarra. Quando gli era passato accanto per salutarlo e per chiedergli di incontrarsi da soli, Paul si era voltato dalla parte opposta e lo stesso era successo all’uscita, quando l’aveva visto avviarsi alla fermata del bus, sempre insieme a quell’Harrison.
Paul aveva smesso di venire a scuola in bicicletta ed era diventato impossibile trovarlo da solo perché quando non era scortato da George, era con Jane. John, andando contro i suoi principi secondo cui non avrebbe mai dovuto essere lui quello che cercava le altre persone, aveva anche provato a chiamarlo e a scrivergli un messaggio ma anche quell’approccio non aveva dato i risultati sperati.
Resosi conto dell’impossibilità di trovare una soluzione diversa, prese la decisione di raggiungere i due ragazzi alla fermata del bus.
Paul, come del resto nei giorni precedenti, era tutto intento a chiacchierare con l’altro ragazzo e si comportava come se John fosse diventato all’improvviso invisibile. Così, quest’ultimo, senza fare troppi complimenti, si infilò in mezzo ai due. Paul sgranò gli occhi e fece una smorfia mentre George rimase immobile incapace di reagire.
«John che cosa vuoi?» Gli domandò Paul.
«Cosa voglio io? Tu piuttosto, mi vuoi dire cosa diavolo sta succedendo?»
Paul lo guardò negli occhi con aria di sfida. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vedere quanto male fosse riuscito a fargli. Dopo quel comportamento, chi si credeva di essere per venirgli a chiedere delle spiegazioni?
«Allora?» Insistette John, piantato in mezzo tra il suo amico e George Harrison che se ne era rimasto in silenzio senza capire cosa stesse accadendo.
«Vaffanculo John!» Gridò allora Paul, rosso in viso, con tutto il fiato che aveva in corpo.
 
ANGOLINO DELL’AUTRICE
E con questo siamo quasi arrivati in fondo…un grazie a chi segue la storia e, uno ancora più grande del solito a Paola che nonostante abbia iniziato un nuovo lavoro ha trovato comunque il tempo per betare il capitolo.
Alla prossima,
Alex
 
   
 
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