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Autore: Iaiasdream    22/02/2017    3 recensioni
Come ogni normale essere mortale, anche il mio Lys ha i suoi lati storti. Oltre alla dimenticanza, la cosa che detesto è il suo amico del cuore: quell'arrogante, sbruffone, antipatico, play boy, scontroso di Castiel..... In quel momento, ho come un flebile barlume di lucidità. quel movimento, scatena in lui il sudore, che evapora sotto forma di profumo, innalzandosi e invadendo le mie nari, dandomi una sensazione strana, come un giramento di testa, ma non dipende dall’essenza, bensì da chi la indossa, e non è Lysandro.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Lysandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16° Capitolo: SENTIMENTI SBAGLIATI
 


“Sì, è lei!” mi ripeto ancora incredula di ciò che i miei occhi stanno guardando. La persona che è apparsa al posto di Castiel, è la stessa che uscì dalla libreria del signor Gerard, il giorno in cui lo trovai disteso sul pavimento del suo studio.
Ma che cosa ci fa questa donna in casa del Rosso?
Mentre mi ripeto questa frase, la osservo dalla testa ai piedi e mi accorgo che sotto il cappotto appoggiato sulle spalle, la camicetta di seta è sbottonata e permette di intravedere il tessuto del reggiseno.
Ha il viso arrossato e le labbra dischiuse; gli occhi lucidi. Sembra stia piangendo.
<< Con permesso… >> sibila passandomi di fianco e uscendo dall’appartamento.
Rimango ancora frastornata senza rendermi conto che il padrone di casa è apparso da non so dove e mi sta osservando con un’espressione fredda e indifferente.
<< Che cosa sei venuta a fare qui? >> chiede bruscamente, riportandomi in tal modo alla realtà.
Tutt’a un tratto mi sento smarrita; senza possibilità che possa rispondergli.
Un’unica domanda continua ad assillarmi la mente: “Chi è quella donna e cosa ci faceva qui con te?”, ma non posso esprimerla, non voglio che capisca ciò che sto provando.
Nonostante sia venuta qui per cercare di comprendere i miei sentimenti, non riesco a spiegarmi il motivo di questa mia assurda ostinazione.
Perché è così difficile?
<< Allora, si può sapere che cosa vuoi? Ti ho già detto che non ho molto tempo! >> mi sprona infastidito.
<< I-io non… >> vorrei dirgli che non so più perché sono venuta da lui, ma m’interrompe cambiando repentinamente atteggiamento.
<< Forse ho capito… hai pensato che prima di battere in ritirata, ti avrebbe fatto comodo rifarlo un’ultima volta con me! >>
Quelle frasi escono dalla sua bocca più strafottenti del solito, e non posso negare che mi stanno facendo male.
Perché fa così?
<< Ma che stai dicendo? >> chiedo facendogli notare il mio stato d’animo.
<< Se vuoi, ti accontento subito! >> aggiunge sfilandosi la maglietta di dosso e mostrando il suo perfetto busto.
<< Castiel, che stai facendo? >>
Sembra non ascoltare quello che sto dicendo, e come una furia, mi afferra per un polso trascinandomi con sé, nel salottino adiacente al disimpegno in cui eravamo fino ad ora, e mi scaraventa sul divano con una forza mostruosa, per poi mettersi a cavalcioni su di me. Gli permetto tutto questo solo fino a quando non cerca di sbottonarmi la cinta dei pantaloni. In fine, qualcosa –forse il buon senso- dà l’allarme e mi fa agire.
Fortunatamente riesco a respingerlo via, anche se dopo un po’ mi rendo conto che lui non ha messo forza per resistermi.
<< Che cazzo stai facendo?! >> urlo alzandomi dal divano; gli occhi che sembrano bruciare a causa delle lacrime.
Lo vedo rimettersi in piedi e sorridere maligno. Sta perfino ansimando. << Che c’è? Hai bisogno dei preliminari? Eppure dovresti sapere che non sono il tipo che fa tante smancerie… quella sera ti piacque. >>
<< Sta’ zitto! >> grido con voce resa stridula dai tremiti di angoscia e rebbia messi insieme.
<< E ti incazzi pure. >> beffeggia, passandosi una mano tra i capelli.
Rimaniamo a fissarci in silenzio per qualche secondo, poi lui stesso riprende a parlare e cancella sua strafottenza come si fa con i ricordi che non hanno valore.
<< Se pensavi che avvisandomi della tua partenza, mi sarebbe importato qualcosa, beh… t’informo che hai solo perso tempo. >> rivela cinico, freddandomi all’istante. << Non mi frega un cazzo di te e delle tue decisioni. Per me, puoi anche andartene all’inferno. >>
E quelle parole, sono come veleno per il mio cuore. Rimango per qualche istante ferma e muta, poi permettendo agli occhi di dar sfogo a ciò che ho trattenuto fino ad ora, abbasso la testa scuotendola e con un filo di voce, dico: << Come… come ho potuto, anche solo per un secondo, mettere in dubbio i miei sentimenti per uno come te? >> e senza guardarlo in faccia scappo via.
Piango come una bambina, coprendomi il volto alla vista dei passanti.
Castiel mi ha fatto male al cuore; mi ha offesa nel profondo dell’anima; adesso ho ben chiaro cosa sento per lui, nient’altro che disprezzo e… odio.
<< Ti detesto… >> continuo a sussurrare tra i singhiozzi e gli ansimi della corsa.
Dopo qualche minuto, mi fermo esausta davanti a un negozio di animali. Mi appoggio alla vetrina strofinandomi gli occhi per cancellare quelle assurde lacrime.
<< Guarda un po’ chi c’è? >> interviene una voce alquanto familiare a pochi passi da me. Di botto alzo la testa per guardare di chi si tratta e quando i miei occhi incrociano, il volto sorridente e presuntuoso di Vicktor, la prima cosa che mi viene in mente di fare, è allontanarmi il più in fretta possibile, ignorandolo. Sfortunatamente lui sembra non aver capito le mie intenzioni.
<< Ehi, che fai, scappi? >>
Non rispondo e alzo il passo, purtroppo dopo alcuni passi, mi sento afferra per un braccio. Sapendo che si tratta di lui, non mi volto e gli intimo di lasciarmi andare.
<< Perché stai piangendo? >> chiede con voce seria. Troppo seria per i miei gusti. Strattono il braccio perché comprenda, ma, più forte di me, usa a suo favore quel movimento, per voltarmi verso la sua direzione.
<< Guardami Aud! >>
I miei occhi mi ingannano e si mostrano al suo sguardo inquisitore.
<< Che cosa ti è successo? >>
<< Non sono affari che ti riguardano. Lasciami andare. >> esclamo con voce tremante.
<< Non essere stupida! >> detto questo, mi tiene ben stretta la mano e dopo aver sbuffato un “ho capito.” Mi trascina con sé, rendendomi impossibile la via di fuga.
Stranamente non mi ribello più, eppure dovrei uscire gli artigli, soprattutto con lui. Ma forse perché sono stanca di comportarmi in questa maniera. Sono stanca di tutto.
Gli permetto di guidarmi e quando sto per entrare nella sua auto, scorgo in lontananza, l’immagine esterrefatta e contrariata di Rosalya.
 
 
<< Tieni, prendi >> Viktor mi offre una tazza fumante, per poi sedersi di fronte a me.
<< Non lo voglio. >> replico, come fanno le bambine capricciose, allontanando da me quella bevanda dal profumo di bosco.
<< Bevi! >> mi ordina con autorità, dopo aver osservato la mia mossa.
<< No! >> esclamo, attirando su di noi i pochi clienti del bar.
<< Te l’hanno mai detto che sei detestabile? >> chiede cercando di nascondere il suo fastidio con un sorriso sghembo.
<< Non capita quasi mai di ritrovarmi a bere uno strano intruglio con la persona che fino a qualche giorno fa, voleva, per arcana ragione, portarmi a letto. >> dico lanciandogli uno sguardo fulminante.
Viktor sbuffa un altro sorriso << E hai anche la lingua più biforcuta di un serpente. >> aggiunge afferrando una bustina di stevia. << Ma dovresti capire, che voglio solo aiutarti. >>
<< Non ho bisogno di nessuno, specialmente del tuo aiuto. >>
<< Fortunatamente per te, almeno per oggi, ho accantonato le mie intenzioni… quindi, dovresti prendere quella tazza e ringraziarmi per avertela offerta. >>
A un tratto un pensiero fugace sovrasta i miei pensieri, sorrido, guardo il contenitore di porcellana fumante e lo riavvicino a me, giocandoci con le dita. << Quindi, secondo te, dovrei prendere questa tazza e rovesciartela in pieno volto, facendoti fare una figuraccia davanti a tutte queste persone. Aggiungendo che sei un farabutto e pervertito. >> lo guardo con un’evidente espressione di sfida negli occhi.
Lui rimane basito per qualche secondo, poi lascia la sua tazzina nell’apposito piattino e senza cancellare quella beffarda ilarità, mormora << Ora, dovrei incazzarmi. >>
Sollevo un sopracciglio. << Non affaticarti, potresti semplicemente lasciarmi in pace. >> soggiungo poggiandomi sullo schienale della sedia.
<< Non riesco ancora a capire cosa Gerard ci trovi di tanto speciale in una come te. Nonostante questo, che tu lo voglia o no, io avrò ciò che desidero. Dovessi involontariamente farti innamorare di me… >>
<< Mi dispiace per te, ma credo che il tuo piano diabolico non vedrà mai la luce del sole. >>
Mi alzo, rimettendomi il giubbino e senza salutarlo, mi volto aggiungendo solo che presto non lo rivedrò più, poi me ne vado.
Uscita fuori dal locale, mi libero della mia frustrazione sbuffando rumorosamente. << Ci mancava anche lui, adesso >> sibilo passandomi una mano sugli occhi e preparandomi ad attraversare, ma qualcuno alle mie spalle mi ferma afferrandomi per il giubbino. Convinta che si tratti di Viktor mi preparo a voltarmi verso di lui con aria minacciosa, ma appena mi accingo a farlo, gli occhi dorati della mia migliore amica, sovrastano le mie intenzioni. Evidentemente è incazzata.
<< Rosa? >>
<< Si può sapere che cavolo stai combinando?! >> esclama confermando i miei dubbi.
<< Che stai dicendo? >>
<< Ti ho lasciata a casa di Castiel e ti ritrovo a salire in macchina con un estraneo? Che intenzioni hai? >>
<< Non è un estraneo, è il nipote del signor Gerard. >> mi meraviglio di me stessa. Detesto quel ragazzo e lo sto giustificando? Ho davvero toccato il fondo.
<< Questo non giustifica il fatto che ti stai comportando in maniera strana! >> urla gesticolando nervosamente.
<< Rosa, per favore, cambiamo discorso… >>
<< No! Voglio sapere che cosa è successo con Castiel? >>
<< Non è successo niente! >> rispondo alzando il tono di voce e tagliando l’aria con un gesto brusco del braccio.
Rosalya mi guarda basita.
<< E non succederà mai nulla! >> aggiungo trattenendo le lacrime. << Non ce l’ho fatta, ok? Non sono entrata in casa sua, perché in quel preciso istante mi sono resa conto che oltre a Lysandro, nel mio cuore non potrà mai esserci nessuno… nemmeno lui. >> l’ultima frase mi esce incrinata dal pianto. D’istinto, mi copro gli occhi per poi stringere il setto nasale così da evitare la fuoriuscita di un singhiozzo.
<< Audrey… >>
<< Basta, Rosa. Chiudiamo questo maledetto discorso e pensiamo ad altro. >>
<< Ma quindi… questo vuol dire che… >>
<< Partirò. >> rivelo dopo aver annuito.
Il silenzio che piomba dopo quella parola, viene interrotto dalla persona che mi ha portata in quel bar. << Che cosa stai dicendo? >> chiede rivelandosi alla nostra presenza, con le mani incrociate sul petto e un cipiglio disegnato sul suo volto carico di disapprovazione. L’unica a trasalire per la sorpresa è Rosalya, che si volta di scatto verso di lui pietrificandosi.
<< Me ne ritorno a casa, Rosa. Sono stanca >> sospiro, ignorandolo.
<< Aspetta… >> prova a fermarmi lei.
<< Tu non vai da nessuna parte! >> la interrompe Viktor avvicinandosi a me.
<< Viktor, piantala. >> lo avviso con voce bassa.
<< Mi devi spiegare. >>
<< Perché? >>
<< Perché ho il diritto di sapere che cosa fanno le persone che lavorano per me. >>
<< Io non lavoro per te. La libreria è ancora di Gerard. >>
<< Gerard è mio zio… >>
<< Basta! >> urlo attirando l’attenzione dei passanti. << Lasciami in pace. >> dopodiché mi allontano ignorando volutamente i richiami della mia amica.
 
 
<< Lys… >> rispondo alla sua chiamata solo dopo essermi schiarita la voce.
<< Ehi, sono passato da casa tua, ma a quanto pare non c’è ancora nessuno. >>
<< Non c’è Aisi? >> chiedo rivolgendo le mie preoccupazioni verso quest’ultima.
<< No. Sono le ventidue e trenta, perché non sei a casa tua? Mi hai fatto preoccupare. >>
<< Ho… fatto tardi al lavoro. Arrivo subito. >> mento in maniera incerta. Lysandro odia le persone bugiarde, ma non riesco ancora ad essere sincera, nemmeno con me stessa.
<< Ti aspetto >> riaggancia.
Osservo il cellulare e lo rimetto in tasca dopo aver mugugnato qualcosa di incomprensibile anche per me; poi però, lo estraggo componendo il numero di mia sorella. Non mi risponde e questo è davvero strano. Anche se litighiamo spesso, non si è mai permessa a farmi questo tipo di dispetti. Provo a richiamarla. Niente. All’ennesima prova, inizio ad avere paura. L’unica persona con cui potrebbe stare insieme è Castiel, ma non ho assolutamente intenzione di rivolgergli la parola e chiedergli aiuto. So che non è un comportamento consono a questa situazione, ma non nego che è più forte di me.
Sì, sono orgogliosa fino al punto di ignorare chi mi sta a cuore. Dovrei vergognarmene, ma le sue offese continuano a ferirmi ed è in questo preciso istante che mi viene in mente un’idea.
Aisi non vuole seguirmi perché vuole restare con quel maledetto, ma se le dicessi la verità, lei cambierebbe idea. Non mi va più il pensiero di saperla sola con quel bastardo al quale non importa nulla dei sentimenti prova per lui.
No. Ho deciso. Non m’importa delle conseguenze, ma devo dirle tutto.
Ricompongo il numero e non appena sfioro il simbolo della cornetta verde, la schermata cambia immagine rivelando che mia sorella mi sta chiamando. Rispondo subito.
<< Aud. >>
<< Aisi, dove sei? >> chiedo allarmata.
<< A casa. >> risponde singhiozzando.
<< Ma che cosa è successo? >>
<< Castiel… >>
<< Cosa? >> la sento piangere << Che cosa ti ha fatto quel bastardo? >> esclamo senza rendermene conto.
<< Mi… mi… ha lasciata… >>
Il mio cuore perde un battito sgretolando quella sensazione di rabbia che ho creato nei confronti dell’idiota.

 
   
 
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