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Autore: Lucius Etruscus    24/02/2017    1 recensioni
Stringere alleanza con il diavolo ha sempre dei costi, ma il maggiore Dunja è disposta ad accettarli. Sull’Avamposto di ricerca scientifica Adullam sbarcano Dunja e Boyka per stringere alleanza con il dottor Lichtner, uno scienziato specializzato nella costruzione... delle armi più inaspettate dell’universo. È solo questione di tempo prima che la situazione esploda...
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di 20th Century Fox (Aliens) e Nu Image / Millennium Films (Boyka). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
In fondo al testo riporto tutte le fonti che ho utilizzato per la stesura.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La ragazza danzava davanti agli ospiti, facendo piroettare la veste sottile che ricopriva a stento le sue nudità: era davvero difficile comprendere il motivo di quel balletto, ma al dottor Lichtner sembrava piacere molto.

«Guardate che movimenti aggraziati», diceva ai suoi ospiti, ancora scossi. «Capite la grandezza della mia opera?»

Dunja deglutì rumorosamente. «Davvero non riesco a credere che non sia una donna ma uno xenomorfo...»

Il dottore non aspettava altro. «Ho studiato a lungo la loro genetica, grazie ai molti campioni che ho recuperato: è incredibile cosa mercanti senza scrupoli siano disposti a procurare, per soldi. Ho modificato il DNA di quello che viene comunemente chiamato facehugger sostituendo il genoma alieno con quello umano, con le dovute proporzioni. Non sto ad elencare tutte le prove e gli studi fatti, ma alla fine sono riuscito a far impiantare in un ospite un embrione xenomorfo che ha poi dato alla luce un feto umano.» Dunja cominciava a dare segni di disgusto. «Umano solo nell’aspetto, ovviamente, solo nel fenotipo perché il genotipo è rimasto quello alieno. La crescita è di una rapidità incredibile e quelle che vedete sono creature adulte con l’aspetto fisico di donne giovani.»

«Perché giovani donne?»

Il dottore e Dunja si voltarono, stupiti: si erano quasi dimenticati di Boyka. Il maggiore fece un gesto per indicare di fare silenzio, Lichtner invece volle rispondere. «Ottima domanda, caro amico. E se me l’ha posta vuol dire che ha capito che la bellezza fisica non c’entra nulla. Queste donne sono percepite come deboli e la loro avvenenza fisica, che realizzare mi è costata molta fatica, le rende perfette per far abbassare le difese a chiunque. Quale soldato rimarrebbe impassibile davanti ad una giovane così bella che gli si agita mezza nuda davanti?»

«Il nemico più forte è quello che sembra debole», bofonchiò il lottatore.

Lichtner sorrise. «Esattamente. Nessuno potrebbe pensare che queste donne saprebbero sterminare un esercito a mani nude, quindi sono il corpo scelto più forte di tutti: e non hanno neanche bisogno di armi. Le vere armi sono loro stesse.»

«A che le serve un corpo scelto in un pianeta che è tutto ai suoi piedi?» continuò a chiedere Boyka, che paradossalmente sembrava più calmo adesso che prima di scoprire la presenza di xenomorfi.

Dunja continuava a fulminarlo con gli occhi ma il dottore sembrava invece divertito. «Domanda legittima, e le rispondo subito: il mio esilio quaggiù sta per finire.» Si voltò a guardare Dunja con occhi di fuoco. «Sto per distruggere la Weyland-Yutani dalle fondamenta per prenderne il posto, quindi faccio a lei, maggiore, la stessa domanda che ho posto ad altri suoi colleghi: da che parte sceglierà di stare, il giorno che io prenderò il potere?»

La donna lo fissò decisa e non esitò un attimo. «Io e miei uomini siamo mercenari, dottore, quindi stiamo con chi ci dà armi e missioni per usarle.» I due scoppiarono a ridere e brindarono, mentre Boyka li guardava poco convinto.

«Ora è il momento di liberare la stanza», disse Lichtner e diede un ordine alle ragazze alle sue spalle. Subito dopo ritornarono gli xenomorfi visti prima, afferrarono la grande cassa e la portarono via. «Apprezzo di cuore il vostro regalo, il generale Rykov sarà fonte di grande divertimento per me: avere nei miei laboratori l’uomo che mi ha esiliato, ferito e tradito darà una nuova sferzata alle mie notti. Sentirlo gridare durante gli anni di torture che ho in serbo per lui è davvero il più bel regalo che potevate farmi.»

Entrambi gli ospiti rabbrividirono. «Sono felice che il regalo sia stato gradito: lei, dottore, è il primo a cui ho pensato.»

«Forse c’è un altro regalo che potrei chiederle, maggiore... La sua guardia del corpo mi dà l’idea di uno bravo a combattere.»

Mentre il dottore fissava Boyka Dunja cercò di mettersi tra i due. «Certo, dottore, è un grande campione. Per questo l’ho voluto al mio fianco.»

Lichtner fissava divertito l’uomo. «Saprebbe insegnare a combattere ad una delle mie donne?»

La domanda rimase sospesa nel silenzio gelido che riempì la sala. Mentre Dunja balbettava qualcosa Boyka diede una rapida occhiata alle donne immobili alle spalle di Lichtner. «Sono alieni, che bisogno hanno di saper combattere?»

Il dottore sorrise. «Non mi riferisco a queste donne, ma ad un mio esperimento. Giocando con il DNA alieno ho fatto nascere una ginoide che pur se a forma di donna mantiene molta dell’aggressività della sua specie originaria. È muscolosa e grintosa, o almeno così sembra: purtroppo io non sono in grado di agire sul comportamento, ho potere solo sulla genetica. Vorrei che imparasse a combattere ma qui nessuno sa nulla in proposito...»

«Se è muscolosa e con la forza di alieno, ripeto la mia domanda: a che le serve saper combattere?»

Dunja era raggelata dalle domande irrispettose del lottatore, che fissava il dottore come fosse un ubriacone da bar, ma sembrava proprio che Lichtner trovasse divertente quel modo di fare. «Visto che ormai siamo una famiglia, tanto vale dirvelo: voglio che la mia Eloise – così ho chiamato quella ginoide – partecipi ad un grande torneo di combattimento segreto, il DOA. Lo conoscete?» Tutti scossero la testa. «Il Dead Or Alive è stato voluto dalla casata degli Yutani per dimostrare, volta dopo volta, il loro grande valore e supremazia. Lo vincono sempre loro e per questo si sono spinti a fare i gradassi: la regola vuole che chi vinca il DOA abbia il controllo del mercato, e infatti dalla nascita del DOA è sempre la Weyland-Yutani a comandare. Ora che ho un asso nella manica, un combattente forte che sembra debole, posso raggiungere il mio scopo velocemente: sarò il nuovo vincitore del DOA e comanderò il mercato, spazzando via ogni mio concorrente.»

Boyka lo fissava senza scomporsi. «Quindi vuole che io insegni qualche tecnica alla sua aliena perché sembri che vinca lealmente contro un altro lottatore?»

«Qualcosa del genere.» Il dottore gesticolò. «In realtà preferirei che sapesse fare qualcosa di più che “qualche mossa”: deve battere i campioni delle più grandi casate sembrando che sia un gioco pulito.»

Dunja stava per intervenire quando Boyka rispose secco. «Posso vederla?»

Mentre la donna lo fulminava con lo sguardo, il dottore andò in visibilio. «Anche subito, vi va?» Guardò entusiasta Dunja e il maggiore dovette per forza acconsentire con entusiasmo.

~

Quando le porte si aprirono una puzza terribile aggredì i visitatori. Nessuno dei due disse nulla ma non riuscirono ad evitare di coprirsi naso e bocca.

«Come vedete Eloise mi dà dei problemi», spiegò mortificato il dottore. «Geneticamente è perfetta ma il comportamento lascia molto a desiderare. Non si lava e rifiuta qualsiasi convenzione sociale: per questo sono costretto a tenerla rinchiusa qui dentro.»

Nella stanza aleggiava un buio denso, un’oscurità fatta di acredine e sudore. Man mano che gli occhi dei visitatori si abituarono al buio fu chiaro che non c’era nessuno, lì dentro. «Non dovete guardare in basso», avvertì il dottore. «Di solito le piace stare appollaiata sui tubi vicino al soffitto.»

Dunja e Boyka alzarono lo sguardo e infatti videro subito una forma umana rintanata su un alto tubo. La donna era accovacciata e li fissava dall’oscurità: non si vedevano le pupille ma i due sentivano addosso i suoi occhi.

«Signori, vi presento Eloise», disse Lichtner con enfasi.

«Non sembra proprio un nome da “aliena”», cercò di scherzare Dunja.

«È un nome perfetto», disse a sorpresa Boyka. «È anonimo, non attira l’attenzione e non incute timore. Tranquillizza l’avversario... prima di colpirlo.»

Il dottore gongolava. «Vedo che lei è esattamente quello che cerco.»

Il lottatore avanzò leggermente. «Boyka...» provò a fermarlo la donna.

«Stia tranquilla, maggiore, Eloise è ribelle ma non è un’assassina.»

Boyka fissò dal basso la donna, finché nell’oscurità riuscì a scorgerle gli occhi. Non aveva bisogno d’altro. Si voltò e tornò dal dottore. «Non prometto niente ma il materiale è buono. Ormai è tardi, comincerò domattina presto. Solo io, però.»

Il dottore smorzò leggermente il suo ampio sorriso. «La mia presenza le garantirà che Eloise non diventerà violenta, e poi a me fa piacere assistere...»

«Solo io», ripeté duramente Boyka. «Insegnare a combattere non è un circo, è qualcosa di intimo che non ha bisogno di spettatori.» Lichtner titubava ancora. «Dottore, fino a poco tempo fa anch’io ho vissuto come sta vivendo ora Eloise: rinchiuso in una gabbia sporca dove si respira puzza di merda, ad allenarmi e a combattere per rimanere in vita un giorno di più. Sa però quali erano i momenti più duri? Quando qualche stronzo potente veniva a vedermi allenare: ero come un animale da vedere durante gli esercizi per essere sicuri di scommettere su quello vincente.» D’un tratto il lottatore spostò leggermente gli occhi, a guardare Dunja. «Chi vive libero non si rende conto di quanto possa ferire anche quando ha le migliori intenzioni. Quando si comportano con te come fossi carne da macello o un animale da esposizione o una bestia da soma... non importa per cosa, ma ti usano. E quando vivi in una gabbia, essere anche usato per il divertimento di altri è quanto di peggio ci sia.»

Dunja lo fissava stupita: era chiaro che in realtà stesse parlando a lei.

«Va bene, va bene», si decise il dottore. «Se questo può servire a fare di quella ribelle una lottatrice che ben venga.»

Boyka si limitò ad annuire con la testa, e prese la parola Dunja. «A questo punto direi di ritirarci, visto che poi domattina dovremo svegliarci presto. Così mentre i ragazzi giocano alla lotta, noi... giochiamo alle armi.»

~

Dunja e Boyka non si erano scambiati una sola parola, rientrando nella loro stanza, ed ora rimanevano sdraiati nei loro letti a fissare il soffitto. Svegli entrambi.

Dunja non aveva ritenuto il caso di chiedere stanze separate: Lichtner aveva dato per scontato che avrebbe dormito con la sua guardia del corpo e non se la sentiva di contraddire quel pazzo furioso. Però avere Boyka lì vicino la faceva sentire a disagio. Chi voleva prendere in giro? Sarebbe stata a disagio anche se lui fosse stato in un’altra stanza. Doveva risolvere quella situazione, e doveva farlo subito.

«Davvero ti ho dato l’impressione di volerti comandare come se tu fossi un prigioniero?» Lanciò questa domanda nell’aria: odiava queste situazioni ma era necessario sciogliere la tensione fra di loro, vista la situazione esplosiva in cui si stavano infilando.

«Le uniche donne con cui ho avuto contatti sono state drogate e prostitute», rispose Boyka con un filo di voce. «Diciamo che non sono in grado di parlare con una donna normale. Figuriamoci una come te.»

Dunja scattò la testa in direzione dell’uomo. «Una come me? E come sarei, io?»

«Dal carattere forte», rispose Boyka con lo stesso tono pacato. «Una che sa muoversi e sa cosa vuole. E che mai avrei pensato che volesse me.»

Dunja sbuffò. «E chi ha detto che ti voglio?»

«Una cosa è una scopata dopo una missione pericolosa», continuò il lottatore come se niente fosse, «ma poi ti sei comportata come se fossi la mia donna... e questo mi ha confuso. Le mie donne sono sempre state solo puttane...»

«Sì, questo l’hai già detto. Più volte.»

«Sono cresciuto in un ambiente in cui se qualcuno si avvicina è per farti del male, quindi sono abituato a reagire... Quando ti sei avvicinata a me, l’altro giorno, ho semplicemente reagito come sono sempre stato abituato a fare.»

«Va bene, è inutile stare a rimuginarci sopra. Non mi avvicinerò più a te così starai tranquillo: va bene questa distanza? O devo spostare il mio letto più lontano?»

Dopo alcuni secondi di silenzio Boyka tornò a parlare. «Ma le donne non sono famose per voler sempre analizzare i propri sentimenti?»

«Be’, io non sono come le altre donne...» e d’un tratto Dunja scattò dal suo letto e con un gesto rapidissimo fu addosso a Boyka. L’uomo fece scattare le braccia in automatico e con un rapido gesto – su cui in pratica non ebbe il minimo controllo – afferrò al collo la donna, immobilizzandola. «Ti ho appena detto che io...» Si raggelò.

La presa d’acciaio di Boyka stava bloccando la circolazione sanguigna di Dunja, ma anche con il volto gonfio la donna riuscì a parlare. «E io ti ho appena detto che non sono come le altre donne», disse mentre premeva il suo coltello da marine sul collo del lottatore.

Boyka le lasciò il collo e lei ritirò la lama. Il volto della donna rimaneva gonfio e anche nel buio della stanza l’uomo poteva vedere le impronte delle sue dita sul suo collo. Ma Dunja non emise un solo verso, limitandosi a fissare il lottatore nel buio. «Non perdi occasione per parlare di dove sei cresciuto, be’ ti rivelo un segreto: neanch’io ho vissuto in una fiaba. Da quando ho avuto il mio primo ciclo dormo con un coltello sotto il cuscino, e ti stupiresti di quante volte ho dovuto usarlo.» Dunja si rimise nel suo letto con gesti secchi. «Quindi piantala di rompere il cazzo con il tuo passato violento: siamo tutti spazzatura che cerca di rimanere in vita lottando con tutto ciò che ha.»

Uno strano silenzio rimase ad aleggiare nell’aria, finché non venne spezzato da un bisbiglio di Boyka. «Sei la prima donna che mi abbia mai minacciato di morte...»

Dunja non lo guardò. «Perdonami se ho offeso la tua sensibilità», disse sarcastica. «Ora vuoi analizzare i tuoi sentimenti?»

«No, ora voglio scoparti.»

Dunja si voltò di scatto. «Scusa, puoi ripetere? Perché giurerei di aver sentito...»

«Hai capito benissimo», sibilò l’uomo. «Ma prima togli di mezzo quel coltello: lo sai usare troppo bene.»

Dunja sorrise, nervosa. «Ma credi davvero che funzioni così? Che quando ti viene la voglia io sono qui, pronta a...» Boyka, denudatosi velocemente, iniziò a spostare lentamente le lenzuola. «Amico, stai a cuccia, non mi sembra proprio di aver detto sì.»

Il lottatore si infilò lentamente nel letto. «Ma non hai detto neanche no.»

Spostandosi sul bordo del letto, Dunja agitava le braccia, indignata. «Siamo in missione su un pianeta ostile, abitato plausibilmente da soli xenomorfi mutati geneticamente, guidati da un pazzo che vuole conquistare l’universo, e tu pensi a...»

Boyka la strinse a sé e la baciò a fondo. Poi si interruppe di colpo e la guardò sorridendo. «Neanche questo mi sembrava un no.»

   
 
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