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Autore: ailinon    03/06/2009    0 recensioni
"Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori,
le cortesie, l'audaci imprese io canto"
Questo potrebbe essere l'introduzione presa da Ariosto.
Siamo nel medioevo fantastico di una verde terra lontana, dove il rosso è il colore dell'ardore in battaglia, che si mischia con il porpora dell'amore e della gelosia. Dove non tutto è quello che sembra.
Questa è la storia del giovane Gawyn D'Evin, e del suo signore.
Spero vi piacerà.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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GAWYN D’EVIN

GAWYN D’EVIN

 

 

Cucendo lentamente, la giovane si godeva il fuoco scoppiettante del grande camino in pietra.

Quell’anno, l’autunno era più freddo del solito e stava aprendo le porte a un inverno nevoso e gelido.

Il vento che spazzava continuamente i boschi del nord, non toglieva mai del tutto il nevischio che regnava su quel ducato.

  La ragazza sospirò, mentre la sua domestica rintuzzava la legna nel camino.

Sorridendo, continuò a parlare col padre.

L’alto uomo di mezza età fissava il panorama oltre la grande finestra, muto.

Le mani intrecciate, dietro la schiena, sotto gli abiti in pesante broccato rosso ornati di pelliccia.

«…E, padre mio, si dice che malgrado sia di una famiglia nobiliare lontana dalla schiatta reale, il suo onore e il suo coraggio siano imbattibili!»

«Mi è stato riferito, Marianne, che però egli non ha appreso da abili maestri né l’arte della guerra e dei tornei, né quella della politica» riferì, freddamente l’uomo, senza neppure voltarsi.

Marianne fissò il filo teso tra il ricamo e l’ago, soppesando le parole da dire: «E’ pur vero, ma queste doti vengono spesso eguagliate, in battaglia, dalla prontezza di spirito e dal valore»

Il marchese Pierre Duroche si girò vero l’unica figlia e rise bonariamente: «Parli come se fossi stata ancora in guerra, figlia mia adorata»

«Ma mio signore, tutti nel regno parlano del grande atto di coraggio e d’ardimento del giovane D’evin» Marianne disse quel nome con un tale enfasi da far sorridere il padre e preoccupare la domestica: «Marianne!Contegno!» la rimproverò.

«Ma balia cara, è un così bel giovane!»

«Che dici!Davanti a tuo padre!» ammonì timorosa l’altra, sbirciando il suo padrone.

Marianne proseguì:«Oh padre, vorrei poterlo sposare!»

Pierre sorrise accondiscendente. «Certo che ti sposerai, ragazzina vanesia!E con l’uomo che deciderà tuo padre per il tuo bene» commentò la balia.

Marianne fissò dapprima l’anziana e grassottella balia, poi il padre. Abbandonò il lavoro di cucito e si lanciò tra le braccia del genitore, implorando:«Oh ti prego padre!Decidi di farmi maritare con lui!E’ ormai diventato il protetto del nostro signore, il lord Damodred. Sarebbe un ottima scelta!Ha solo sedici anni ed è già stato nominato cavaliere!Padre mio!Ed è anche nobile!»

«Marianne…» l’uomo le accarezzò i capelli intrecciati in lunghe ed elaborate trecce nere:«Non temere. Sceglierò il miglior partito per te. Ormai sei nell’età adatta da sposarti»

La ragazza annuì felice.

Aveva tredici anni e una grandissima fiducia nella decisione del padre. Praticamente l’unico uomo che avesse mai veramente frequentato.

«Penserò io al tuo futuro» aggiunse il nobile, soprappensiero.

***

 

Il salone dei banchetti era illuminato con più di cento candele e lumi a olio. Un grande camino scaldava l’ampio locale in pietra. Arazzi e grandi stendardi ornavano le pareti. Le insegne del re, del Lord, e dei vari nobili presenti quella sera, erano appesi dietro la lunga tavolata a cui si sarebbero seduti.

Il banchetto era stato organizzato dal sommo Lord del ducato, per la fine della lunga guerra e la raggiunta unità delle regioni interne.

Impresa agognata dal popolo da oltre trent’anni, e da ben cinque consecutivi duchi.

Deceduti tutti di morti violente.

Solo una mano salda e una mente astuta avrebbero potuto far finire le lotte intestine tra i vari feudatari. E quest’uomo, dal grande ingegno, era stato il sesto lord Damodred, duca di Glamont.

Suo padre, e quasi tutti i suoi parenti maschi erano morti nel tentativo di riportare la pace. Ma solo lui, Einon Damodred, vi era riuscito.

Terzo nella linea di sangue reale.

Quella sera finalmente si sarebbe festeggiata la sua più grande vittoria.

La tavola era imbandita delle più succulente vivande che il regno potesse offrire. Cinghiali, cervi, fagiani e ogni bene che quella terra produceva.

La maggioranza dei nobili li radunati, erano già seduti ai lunghi tavoli. Molti sorseggiavano vino in eleganti coppe dorate, parlando tra loro.

Le donne tacevano, vicino ai rispettivi mariti.

Vi era un gran affaccendarsi di servitori e camerieri, per sistemare le ultime vivande, mentre alcuni menestrelli allietavano gli ospiti con stornelli e melodie liete.

Tutto il salone era un vocio sommesso, in attesa dell’arrivo del lord signore Damodred.

La stranezza di quella sera era che, attorno ad una delle famiglie nobiliari meno abbienti, vi era una gran folla.

L’unico giovane rampollo di questa casata, cercava di  destreggiarsi tra le domande poste dagli altri nobili.

Non era bravo nell’arte dell’oratoria, e di certo non era pronto per una simile accoglienza, al ritorno della guerra.

Aveva quindici anni quando vi era partito in veste di scudiero, e solo un anno dopo era ritornato con la vittoria e con il titolo di cavaliere.

Tutto il suo mondo era cambiato velocemente. Sembrava che tutti adesso si aspettassero grandi cose da lui. E che la sua opinione fosse molto importante.

Di quei cambiamenti non sapeva se averne paura o esserne lieto.

  «Messeri, madonne…Il lord signore di Glamont!» annunciò l’araldo alla porta del salone:«Salutate Einon Damodred

Un applauso ammirato scese nel salone, mentre l’imponente duca di Glamont entrava nella sala, accompagnato da alcuni nobili di sangue reale, e da due leggiadre donzelle, riccamente abbigliate.

Lo sfavillio delle sete preziose e delle pellicce pregiate era stupefacente, anche per gli ospiti d’alto rango lì radunati ma, senza dubbio, solo una persona su tutti attirava gli sguardi ammirati di tutti :  Lord Damodred.

L’alto uomo era completamente vestito di broccato nero. Dalla giubba sfasata in vita, agli stivali. I lunghi capelli neri, non rendevano il volto meno duro mentre gli occhi azzurri scrutavano la sala con intensità e intelligenza.

Sorrise ai nobili li presenti e fece un lieve inchino, esclamando: «Miei signori…Benvenuti al castello di Glamont. Mettetevi pure comodi. Stasera siete miei ospiti, e spero vi divertiate!» Detto ciò, fece un cenno ai suonatori e la musica subito riprese.

Con eleganza, accompagnò le dame a sedersi, indi prese il suo posto al tavolo centrale del salone.

E il banchetto poté iniziare.

***

 

   
 
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