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Autore: mymanga    28/02/2017    3 recensioni
Crescere comporta responsabilità.
Tra ricordi passati e speranze future, Pan ormai giovane donna, capisce che è giunto il momento di prendere decisioni veramente importanti, fondamentali per il proseguimento della sua vita.
.
Dal 1° capitolo:
Se la fortuna decide di sorriderti, capisci che l'immenso amore che provi per il tuo compagno... così forte e resistente perché costruito sulle solide fondamenta di rispetto fiducia e collaborazione, ecco quell'amore non è UN punto d'arrivo, ma IL punto di partenza per nuovi progetti, nuove priorità...
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Albero della Vita
 14 CAPITOLO


 

Perché la natura quel giorno doveva essere tanto bella? Perché?
Cosa se ne faceva di tanta meraviglia se non poteva condividerla?
Anzi, la sua incantevole presenza sottolineava proprio il fatto che lui era lì ad ammirarla da solo. Senza di lei.   
Sembrava lo facesse apposta a risplendere come non mai, quando lui avrebbe desiderato tutt’altro.
Ma non poteva piovere!?
Era tanto chiedere un bel temporale da manuale con acqua e vento, tuoni e fulmini, e una grandinata da record come ciliegina sulla torta!?
Magari pure un bell’uragano di passaggio a disperdere le macerie in lungo e in largo!
Sarebbe stato tutto molto più consono al suo stato d’animo: i suoi sentimenti, i suoi progetti…
Tutto in frantumi!
Tutto alla deriva…

E invece, NO!
Difronte a lui doveva ritrovarsi un tramonto spettacolare da contemplare, seduto in prima fila, sotto l'ombra di una maestosa quercia secolare che trasudava magia e saggezza da ogni singola fogliolina.
Chissà come aveva fatto, poi? Sembrava essere uscita fuori dalle illustrazioni delle fiabe.
Peccato che, paradossalmente, in quell’idilliaca oasi di pace e tranquillità, nella sua mente riecheggiassero assordanti tutti i suoi tormentati pensieri: ma dove diavolo erano finiti gli scoiattoli e gli uccellini?
Tsk! Una volta che voleva essere disturbato di proposito, si nascondevano fra i rami senza emettere un suono.
Almeno così avrebbe potuto scaricare su di loro un po’ della sua infinita frustrazione, no? Invece niente.
Razza di piccoli mostriciattoli ingrati..

E quel sole?
Quella perfetta sfera di fuoco? Almeno si fosse degnata di centralo per davvero, ponendo fine alle sue pene d’amore, anziché essersene rimasta lì a bearsi della sua sfolgorante magnificenza per un tempo indefinito che non aveva osato quantificare. Lo aveva sbeffeggiato per bene, inondando il paesaggio tutt’attorno con i suoi raggi, lucenti ed instancabili. Risultato?
Indecenti colori di indescrivibile bellezza, abbinati a sottili giochi di luci ed ombre, avevano quasi accecato la sua vista. Brillava tutto: l’oro dei campi di grano, il verde smeraldo dei prati, l’acqua cristallina dei ruscelli, e ora persino il cielo... quel dannatissimo cielo!

Ma si può? Limpido e immacolato.
Neanche l’ombra di una misera nuvola a rovinarne la perfezione, così, giusto per avere un pretesto a cui attaccarsi, visto che il mutismo di quegli inutili animaletti non gli aveva regalato alcuna soddisfazione.
Come se non bastasse, poi, dispettoso quanto un bambino capriccioso non ancora sufficientemente pago dopo un'intera giornata di gioco, ora, il sole si era messo a protestare a gran voce, infuocando la volta celeste di ardenti sfumature arancio-vermiglie, nella speranza di riuscire ad averla vinta sul lento avvicinarsi della sera, che con le sue tonalità più profonde, tra il violaceo e il ceruleo, portava con sé l’inevitabile ordine di andare a letto.

Andare a letto…
Chissà, forse in realtà, più che ad uno scontro famigliare, stava assistendo, suo malgrado, al malizioso gioco di seduzione che vedeva impegnate queste due dirompenti forze della natura, tanto opposte tra loro, quanto complementari.
Chi poteva dirlo? Magari laggiù, lontano dagli sguardi indiscreti dei curiosi, a cui veniva lasciata solo la possibilità di immaginare come avrebbero impegnato il resto del loro tempo, la luce del sole andava a spegnersi all’orizzonte per riaccendersi di nuovo sotto le infuocate coperte della notte tenebrosa.
Sospirò, probabilmente era davvero questa l’ipotesi più gettonata, o per lo meno, quella che sicuramente riempiva i sogni e l’immaginazione degli innamorati di tutte le generazioni e razze.
Inclusa la loro di dannatissimi Sayan!

Un ghigno amaro incurvò le sue labbra: ottimo, di bene in meglio!
Sicuro che d'ora in avanti alle maledizioni sui chiari di luna, avrebbe aggiunto anche quelle per i tramonti: uno sfacciato trionfo di colori a cui era impossibile resistere.
Bella la natura, davvero bella. Anche troppo!
Vergognosamente e fastidiosamente bella.
Faceva persino male osservarla.

Esattamente come lei, Pan, bella da far male.
Davvero una grande idea innamorarsi di quella piccola canaglia irascibile.
Maledetto quel giorno indefinito che era entrata nella sua vita per poi non uscirne mai più!
Tremenda e insopporta-… ah..

Il suo cuore perse un battito ritrovandosela improvvisamente di fronte ad una decina di metri di distanza, assieme a suo nonno. Non se lo aspettava proprio.
Dopo interminabili secondi di puro smarrimento in cui si chiese ripetutamente dove fosse andato a finire il proprio respiro, cercò di riprendersi da questa improvvisata perfettamente riuscita.
Decise di alzarsi, impresa affatto facile calcolando il corpo tutto indolenzito, ma soffocando qualche gemito ribelle, riuscì a rimettersi in piedi rimanendo appoggiato al tronco della quercia.

L’espressione dolorante nascosta dal ragazzo non sfuggì al Son, che si affrettò ad appoggiare in terra il sacchetto. Donate un paio di attenzioni ad entrambi - un saluto veloce verso Trunks e una lieve carezza al polso di Pan – scomparve, lasciandoli soli.

Soli… L’uno di fronte all’altra.
E ora? Da dove cominciare? Quando? Come? Chi?
Cosa dire e cosa fare, se il loro attuale stato d’animo era paragonabile ad un allucinante viaggio sulle montagne russe?
Li aveva visti salire così in alto, fino a raggiungere le stelle del paradiso, per poi precipitare talmente in basso da schiantarsi dritti nelle peggiori stalle dell’inferno.
Oppure come due semplici calzini: presi, rivoltati, centrifugati a mille giri, ed ora tutti stropicciati appesi da qualche parte ad asciugarsi. Non importava dove, distesi sul filo in lavanderia, appoggiati sul termosifone in sala, o lasciati a penzolare sulla sedia in cucina, per tornare utilizzabili servivano principalmente due sole preziose risorse: tempo e calore, soprattutto calore.
Il tempo avrebbe parlato per loro, ma il tipo di rapporto che ne sarebbe uscito, dipendeva unicamente dal ‘calore’ che ognuno di loro avrebbe trasmesso ed investito. Il resto erano solo dettagli.
Dettagli che in quel momento era assolutamente inutile ricordare o ribadire, se a monte c’era la sincera volontà di costruire un futuro comune.

Per Trunks questa era l’unica cosa che davvero importava: aveva già giocato abbastanza nella sua vita, non era più un bambino, ora doveva pretendere di avere le idee chiare, da se stesso e pure da lei.
Non importa quanta fatica gli sarebbe costata, andava presa una decisione.

Spezzò la tensione del loro disarmante silenzio con un tono apparentemente serio, deciso, quasi impassibile.
“Pan! Non ci sono tante parole da dire fra di noi: una sola, la più importate...” e dopo aver deglutito a vuoto: “si chiama Fiducia… Sta alla base di tutto, di qualsiasi relazione”
Infine, con il cuore a pulsargli forte in gola, decise di misurare il famoso ‘calore’ a disposizione, con quella che a tutti gli effetti sarebbe stata una scelta definitiva, quasi un ultimatum:
“Ti fidi davvero di me? Pensaci bene. Perché se così non fosse… non ci sarebbe ragione per continuare… Le nostre strade si dovrebbero dividere”

Si sentì morire.
Questa volta fu il cuore di Pan a perdere più di un battito, seguito da una profonda fitta di dolore riecheggiata in ogni singola cellula del suo corpo: si conoscevano da una vita intera e mai le si era rivolto in modo così freddo, quasi glaciale, e soprattutto per presentarle un’opzione tanto estrema.
Rimase ferma e immobile per alcuni sconfinati istanti di agghiacciante silenzio ad annegare, volutamente, nella sua stessa angoscia.
Il motivo? Molto semplice: marchiare a fuoco nella propria mente ogni singolo dettaglio generato dalla spaventosa reazione provata all’idea di separarsi da lui. Come un monito o un avvertimento, una sorta di pro-memoria da imprimere, se non addirittura cementare, nella propria anima per il resto dei suoi giorni.
A rincarare la dose, chiuse gli occhi soffermandosi a valutare l’ipotesi di ritrovarsi sola per davvero: impossibile, insopportabile... faceva troppo male.
Li riaprì dopo mezzo secondo inondati da brucianti lacrime silenziose; poi scattò decisa verso di lui tuffandosi, letteralmente, tra le sue braccia.

Nato della tremenda paura di aver rischiato di perderlo per davvero, quell’abbraccio riconciliatore, forte ed irruento, in realtà era risultato molto più simile ad un vero e proprio scontro: Trunks accusò non poco l’impatto, ma riuscì comunque a tenerla stretta a sé nel maldestro scivolone a terra che ne era seguito.
Fregandosene altamente delle fitte dolenti da parte di entrambi, Pan stampò le proprie labbra scarlatte su quelle ancora leggermente ferite del ragazzo, in quello che definire ‘bacio’ era veramente un azzardo proibitivo: impetuoso e per nulla raffinato… ma senza ombra di dubbio carico di Amore e di quel famoso Calore chiamato Fiducia.

Aveva risposto come solo lei sapeva fare: impulsiva e imprevedibile.
O più semplicemente, a modo suo.

D’altronde non sarebbe potuta andare diversamente: quelle emozioni erano troppo forti per lei, troppo.
Rischiava di esplodere.
Da tanto che erano agitati, i battiti del suo cuore sembravano i rintocchi impazziti di una pallina da flipper, per non parlare del suo fisico in generale, precorso da brividi incontrollabili e singhiozzi soffocati.
Afferrando con le proprie mani strette a pugno, quello straccio di camicia sgualcita che Trunks si ritrovava ad indossare, dopo un tempo infinito passato a torturare le labbra del suo sayan, riprese fiato e parola:
“STRONZO! Sei proprio un grandissimo stronzo! Ti sembrano domande da fare?”
“AHH! IO?” reagì lui, quasi scioccato da tanta pretesa
“SI, TU! Mi hai fatto quasi morire!” replicò in un ringhio agitato
“QUASI MORIRE!? MA SENTI CHI PARLA! E TU, ALLORA!? Mi hai lanciato addosso un’onda energetica! Per non parlare di tutto il resto!” rispose acido in una sorta di istintiva difesa, mandando a quel paese il buon proposito riguardante i dettagli da archiviare.

Quella ragazza era proprio impossibile! Non finiva mai di sorprenderlo!
Solo un attimo prima, il suo silenzio gli aveva fatto perdere chissà quanti decenni di vita, e ora se la ritrovava catapultata tra le proprie braccia... E che caspita!
Un giorno o l’altro ci sarebbe rimasto secco!

Percepì la sua aura rabbuiarsi.
Evidentemente il riferimento al loro scontro infuocato era stato troppo esplicito, diretto, e lei non era ancora pronta ad affrontare l'argomento con lui. Ma di sicuro non voleva metterle fretta, infondo, in parte poteva capirla: accettare la scomoda verità sulla natura aggressiva del loro sangue sayan, richiedeva Tempo, lo stesso che in passato era servito pure a lui, sebbene all’epoca fosse stato solo un bambino.
Sbuffò forte, poi si liberò agilmente dalla sua presa e se la tirò a sé, stringendola forte al proprio petto:
“Vieni qui delinquente! Sei proprio insopportabile, lo sai!? Un’insopportabile e dannata strega!”
Sembrava quasi volesse stritolarla, in realtà voleva solo scaricare quel profondo malessere che lo aveva invaso nelle ultime ore: una miscela velenosa di dolore, rabbia, frustrazione e fottutissima paura.
E Lei, paradossalmente, al tempo stesso ne era sia la causa che il rimedio.

Rimasero abbracciati a lungo.
Ciò permise ad entrambi di calmarsi un po’ e liberare le proprie menti. Trunks alleggerì la stretta su di lei e con un tono tornato affettuoso, richiamò la sua attenzione: “Pan, guardami”
La giovane alzò il viso verso di lui e stavolta fu il ragazzo a catturarle le labbra con un bacio delicato, molto dolce, al termine del quale, chiese la conferma ufficiale alla sua domanda iniziale:
“Quindi? Lo prendo per un SI?”
“Diciamo per un… Forse” rispose dispettosa con un timido sorriso sulle labbra.
Trunks scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: “E poi sarei io lo stronzo, vero?”
Pan fece spallucce, riaccoccolandosi di nuovo al suo petto.

Avvolti da un silenzio sereno e confortevole, i due ragazzi si abbandonarono al piacere di quella insperata riappacificazione in modo diametralmente opposto: Trunks aveva chiuso gli occhi in una sorta di meritato riposo, Pan si era lasciata cullare dalla bellezza di Madre Natura.

“Trunks? Guarda, non è meraviglioso qui?”
La voce finalmente tranquilla e rilassata della sua piccola sayan lo riportò alla realtà, interrompendo lo stato di dormiveglia in cui era caduto.
Ripensando a tutte le lamentele e le imprecazioni lanciate durante quell’odioso pomeriggio, di malavoglia aprì un solo occhio, poi si limitò a rispondere con un semplice e conciso: “Mhm… carino”

Solo ora che c’era lei, quel luogo poteva definirsi davvero bello.

Il sole era ormai calato e da lì a breve sarebbe arrivata la sera.
A testimoniare questo imminente passaggio di consegne, in lontananza, si potevano già intravedere i primi puntini luminosi delle stelle.
Per quanto l’idea di rimanere accoccolati sotto la loro grande quercia, fosse estremamente romantica e ipoteticamente fattibile, i loro corpi particolarmente indolenziti li spinsero a fare i conti con la dura realtà: passare la nottata lì avrebbe significato un netto e sicuro peggioramento.
Salvo ricordarsi dei prodigiosi effetti curativi dei fagioli magici di Balzar: sarebbero tornati quasi nuovi!
Animato da questo preciso obbiettivo, Trunks si alzò in piedi, soffocando in gola più di una qualche maledizione contro il loro psicopatico sangue mezzo-sayan.
Anche perché se suo padre lo avesse visto conciato in quel modo, si sarebbe quasi complimentato con Pan, riconoscendole il pregio di essere riuscita a coinvolgerlo in quello che lui avrebbe semplicemente etichettato come un ‘allenamento finalmente degno di nota’.
Sì… degno di nota, la famosa ‘nota dolente’, però, nel vero senso della parola in questo caso: a parità di potenza sprigionata, combattere per Allenarsi comportava un coinvolgimento emotivo completamente differente rispetto ad uno Scontro vero e proprio.
Non erano neanche lontanamente paragonabili.
Ecco quindi, un altro buon motivo per raggiungere al più presto quel sospirato sacchetto lasciato in terra da Goku: oltre a tornare entrambi in discreta forma, si sarebbe risparmiato la seccatura non indifferente di confrontarsi con il padre in quello stato; figurarsi se l’amorevole genitore non ne avrebbe approfittato per rinfacciargli di eseguire allenamenti sempre meno decenti. Tsk!

Raccolse il sacchetto e un moto di rabbia sfiorò il suo proverbiale autocontrollo, messo già a dura prova dagli eventi della giornata: “Disinfettante e cotone?? Ma vai a ca…”
La sua sussurrata imprecazione venne interrotta dallo sguardo innocente e soprattutto curioso di Pan, pronta a chiedergli maggiori informazioni.
“Ca-sa, casa! Direi che è tempo di… tornare verso Casa… per medicare le… ehm… ferite” si affrettò a spiegare mostrandole il contenuto del sacchetto: sul viso della bella corvina si dipinse una smorfia perplessa, mentre nella mente del ragazzo cominciava farsi strada un piano di riserva dai risvolti tutto sommato interessanti.
Armato di forza e coraggio, strinse i denti, la prese in braccio, e si alzò in cielo in quel volo tragicomico che li avrebbe condotti fino all’abitazione dei Brief.

 ***  *  ***

Arrivarono che ormai era sera avviata.
Affaticato dal viaggio, Trunks atterrò in malo modo, finendo per appoggiarsi di peso allo stipite dell’entrata con Pan intrappolata nel mezzo.
La Son rimediò un discreto zuccone in testa, ma riuscì a trattenere in gola il grosso delle lamentele, limitandosi a rimproverarlo bonariamente: “Ahi! Che modi! Sei un principe azzurro un po’ scarsino, lo sai!?”
“Ringrazia che tu sia arrivata, fin qui, nelle stesse condizioni di partenza! Sai, durante il tragitto ero parecchio tentato di ricambiare i tuoi delicati favori! Ad esempio: scaraventarti a terra dall’alto dei cieli!” rispose acido.
Sul volto della ragazza si dipinse una smorfia silenziosa: difronte all’evidenza dei fatti non è che avesse molte possibilità di replica.
Divertito per averla lasciata una volta tanto senza parole, le stampò un sonoro bacio a schiocco sulle labbra, seguito da un sussurro malizioso volto a rimarcare l’assoluta intenzione di avere un’adeguata ricompensa: “Mi devi un grosso favore… Ricordatelo!” poi compose il codice per aprire la porta d’ingresso.

L’abitazione era vuota, probabilmente tutti gli altri erano ancora a quel discutibile matrimonio.
A pensarci bene, quella assurda giornata uno straccio di lato positivo ce l’aveva: se non altro Trunks si era liberato anzi tempo dal suo noiosissimo impegno mondano.
E chissà… magari con un po’ di fortuna sarebbe persino riuscito ad aggraziarsi le simpatie della dea bendata per ottenere un paio di preziosissimi obbiettivi: una bella doccia rigenerante e un lungo e sospirato riposo accanto alla sua piccola peste.

Con un ultimo sforzo arrivò alla propria camera da letto, anzi, per la precisione direttamente all’entrata della doccia del suo bagno privato. Lasciò il sacchetto sul pianale del lavandino e, con grande sollievo del suo fisico indolenzito, finalmente i piedi di Pan toccarono delicatamente il pavimento.
Finalmente, sì! Perché lo Scricciolo, quel giorno, sembrava pesare tanto quanto un blocco di marmo rapportato alle forze di un semplice umano.
In realtà lei aveva tentato più volte di convincerlo a lasciarla volare da sola, ribadendo di essere... ‘perfettamente in grado di badare a se stessa’
Mhm! Sì, certo, come no.
Aveva perso il conto delle volte in cui l’aveva vista, con la coda dell’occhio, stringere silenziosamente i denti, ma aveva sempre fatto finta di non accorgersene per non urtare il suo ostinato orgoglio sayan.
Così ignorandola bellamente, se l’era dovuta portare in braccio per tutta la durata del tragitto, stupendosi non poco per essere finiti così lontano.

Sorrise ripensando al viaggio, ma non poteva mentire a se stesso: la sua scimmietta testarda era adorabilmente buffa nella sua cocciutaggine.
Oddio, una lieve smussatura qua e là agli angoli vivi del suo carattere non le avrebbe certo fatto male. 
Incrociò il suo sguardo titubante e le accarezzò le guance accaldate, poi scese lungo il collo e con naturale disinvoltura le tolse di dosso la giacca sgualcita, lasciandola cadere sulle mattonelle fredde, che Pan percepì diventare gelide, rapportate alla temperatura del proprio viso in fiamme.

Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
A ‘peggiorare’ la situazione il fatto di sentirsi stremata, sia a livello fisico che mentale: il suo spirito ribelle e combattivo aveva completamente esaurito ogni riserva di energia, al contrario di quella giornata interminabile che, invece, sembrava non finire mai di riservarle nuove sorprese e forti emozioni.
Intime in questo caso.
Una scomoda sensazione, la mancanza di un minimo sindacale di auto-difesa.
O forse avrebbe dovuto dire di totale Dipendenza da lui.
Era completamente nelle sue mani, senza un briciolo di forza per imporre la propria volontà… o meglio, per protestare almeno un po’… In fondo era solo questo il suo obbiettivo: non dargliela vinta all’istante.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse di avere le labbra del ragazzo a fior di pelle, impegnate in un leggerissimo bacio sulla clavicola: sussultò, accompagnata da un fremito naturale che la fece rabbrividire non poco.

Trunks invece sorrise, non era voluta questa reazione di sorpresa, ma l’aveva divertito parecchio.
Decise di continuare dirigendo la sua lenta scia di piccoli baci verso la punta della spalla.
Ma non solo.

Se già si sentiva il viso in fiamme, la temperatura di Pan divenne rovente quando capì che le attenzioni del sayan, oltre ai baci, si erano concentrate in regioni molto più lontane, sull’esterno delle proprie cosce.
Dopo avergliele sfiorate con tocchi appena accennati, Trunks afferrò i lati di quello che una volta era il suo elegante vestito, alzandolo lentamente fino ai suoi fianchi. Infilò le dita nell’elastico degli slip e un improvviso, quanto sottilissimo, strappo ne causò la caduta a terra.
Pan rimase senza parole: erano bastati pochi minuti e quello che di solito doveva essere l’ultimo indumento da togliere era stato il primo a sparire. 

Canaglia di un Sayan!
Meraviglioso, certo, ma aveva bisogno di riprendersi, l’aveva colta troppo alla sprovvista.
Nella speranza di calmare i battiti accelerati del proprio cuore e le iniziative del suo dannato scimmione partito in quinta senza preavviso, immerse le proprie mani nella sua chioma violetta, bloccando su di sé sia il suo viso, che le meticolose cure prestate dalle sue labbra da spalla a spalla.
Forse quel gesto sortì l’effetto desiderato: le mani del ragazzo si allontanarono e lei, speranzosa, allentò la presa sui suoi capelli.

Beata innocenza…
Il giovane elaborò immediatamente un nuovo piano d’azione: ripartì sfiorandole il collo con la punta del naso, mentre con le dita percorse per intero entrambi i profili laterali del suo sensualissimo corpo, ben sapendo che da sempre rappresentavano il suo punto debole.
Invasa da inevitabili fremiti, la ragazza, tornata a stringerlo più forte di prima, inarcò la schiena di riflesso, facendo aderire maggiormente il proprio corpo a quello del compagno.
Tremendo e maledettamente eccitante: un lungo sospiro di rassegnato piacere si infranse all’orecchio del sayan, particolarmente soddisfatto dalla riuscita del suo fin troppo scontato intento.
Sorrise: quella ragazzina riusciva a rendere interessante persino un gioco dove lui sapeva di vincere a priori. 
Il tocco malizioso dei sui polpastrelli continuò insolente sulle spalle, per poi terminare la corsa dietro al collo dove rimase a giocare per qualche secondo, prima di vederla allontanarsi leggermente in quello che doveva essere un timido tentativo di riprendere un minimo di auto-controllo.
Tentativo, infatti, miseramente fallito: si udì un altro sottilissimo strappo, quello dei laccetti che tenevano annodato il vestito e quel diabolico pendente che aveva stregato lui e lo sguardo di chissà quanti occhi non autorizzati.
Raggiunto il suo scopo, Trunks si staccò velocemente da lei con un sorrisetto a dir poco vittorioso: il vestito aveva fatto la stessa fine della giacca e degli slip... tutto precipitato a terra!
Beh, in mancanza di altro, vendicarsi con i suoi abiti era pur sempre meglio di niente.

Pan era allibita.
“GIURO CHE TE LE TAGLIO QUELLE DITA!!” gli ringhiò contro con le guance di un rosso violaceo, cercando di coprirsi in qualche modo.
“Che c’è!? Ti ho solo aiutato a toglierti i vestiti, no?” si limitò a rispondere con aria da finto innocente, mantenendo il suo sguardo soddisfatto, fisso in quello furente della bella corvina; poi la spostò delicatamente al centro della pedana, congedandosi con un ironico benservito: “Ora la doccia è tutta tua!”

Le avrebbe concesso qualche minuto di solitudine per sbollirsi sotto il getto rigenerante dell’acqua.
Si spogliò a sua volta degli stracci che indossava ammucchiandoli a quelli già in terra e poi si allontanò recuperando dal pianale il sacchetto ricevuto per depositarlo sul comodino affianco al proprio letto.
Una sbirciatina ai danni riportati era d’obbligo; stimò di rendersi presentabile con un buon sonno ristoratore e almeno una giornata di assoluto riposo. Certo che sapeva picchiare forte quel piccolo demone in gonnella!

Dopo alcuni interminabili attimi di vuoto mentale passati a capire come quel diavolo di sayan fosse riuscito a prendersi gioco di lei in così poco tempo, Pan decise di accantonare la questione e dedicarsi a se stessa.
Bella impresa questa.
Già il semplice rimanere in piedi comportava un impegno non indifferente, figurarsi tutta la serie di movimenti necessari per lavarsi decentemente! Ma chiedere il suo aiuto era fuori discussione.
Non c’era un muscolo che non le dolesse e la sua pelle riportava numerose ferite superficiali incredibilmente fastidiose. Regolò la leva tenendo un getto moderato ed una temperatura tiepida, poi con titubanza ci si infilò sotto trattenendo qualsiasi tipo di lamento: sì bruciavano, eccome.
Probabilmente lo scorrere dell’acqua liberava i tagli parzialmente cicatrizzati, riaprendo le ferite stesse.
Per sua fortuna il fastidio iniziale dei primi minuti, nell’arco di un tempo tutto sommato accettabile, si affievolì molto, permettendo alla ragazza di rilassarsi nel vero senso della parola.
Chiuse gli occhi abbandonandosi al piacere dello scorrere dell’acqua sul proprio corpo: quanto sarebbe stato liberatorio e purificante, per la sua anima, se nello scarico della doccia - oltre a sudore, polvere, e lievi rivoli di sangue - ci fossero finite tutte le delusioni e le amarezze provate in quella lunga ed estenuante giornata.
Sospirò, purtroppo non si poteva più tonare indietro.
Poi si mise all’opera e contro ogni aspettativa, fra una silenziosa imprecazione e l’altra, riuscì a lavarsi a puntino, trovando il modo di ritagliarsi gli ultimi preziosi istanti di calda beatitudine prima di lasciare il posto a quel somaro di Trunks.

Neanche a farlo apposta, il ragazzo si materializzò alle sue spalle accompagnato dal classico soffio d’aria generato dall’apertura e richiusura dell’anta di vetro. Per quanto fosse stato delicato o appena accennato, quel minimo spostamento d’aria, però, era risultato impertinente quanto una piccola folata di vento polare in una meravigliosa oasi di pace semi-tropicale: istintivamente Pan si girò di schiena rabbrividendo leggermente.

Trunks sorrise dolcemente, quasi dispiaciuto; si avvicinò a lei e cercò di rimediare abbracciandola da dietro:
“Scusami, non volevo farti prendere freddo” le sussurrò gentile per poi appoggiarsi con il mento sulla sua spalla.
Rimasero a lungo così: immobili, bagnati, pelle contro pelle. Il loro piccolo angolo di Paradiso sulla Terra.
Il caldo piacere dello scorrere dell’acqua sulle loro mani intrecciate e i loro corpi accoccolati, generava un tepore che entrava nel profondo, oltrepassava i muscoli, le ossa, per arrivare dritto al cuore e all’anima.
Trunks era completamente rapito da lei: la sua pelle era così morbida, profumata, pulita... in una parola, perfetta. Lasciò le mani di Pan raccolte sul suo grembo e lentamente iniziò a vagare con le proprie.
Con una arrivò a circondarle delicatamente il seno, con l’altra si fermò sul fianco opposto, praticamente all’altezza dell’anca. Poi la strinse maggiormente a sé, facendo aderire ancora di più i loro corpi nudi.
Questa volta ai sospiri della bella corvina si aggiunsero anche quelli del giovane sayan: aveva desiderato quel momento come non mai, dalla notte appena trascorsa, o chissà, forse da una vita intera, temendo pure di perderla per sempre. Ora la voleva così tanto: l’avrebbe amata con tutto se stesso, in quel preciso istante e per il resto della sua vita.

Pan chiuse gli occhi assaporando ogni singolo istante di quella indescrivibile sensazione: l’aveva imprigionata in una delicata morsa d’acciaio, dolce e sensuale allo stesso tempo, a cui era impossibile resistere.
Secondo dopo secondo alimentava il suo crescente desiderio di sentirsi Sua, di appartenere a Lui.
Si girò lentamente, sostenendo il suo sguardo, profondo e passionale, poi raccolse i suoi capelli bagnati in una improvvisata coda alta, liberando il suo bel viso che, inutile dirlo, rimaneva affascinante nonostante portasse i segni di qualche graffio e ferita di troppo.
Sistemò meglio la presa della sua chioma violetta in una sola mano e liberò l’altra per sfiorargli teneramente uno zigomo ferito, poi scese fino al suo petto muscoloso.

E’ vero, doveva farsi perdonare…
Si avvicinò alla base del suo robusto collo e ricambiò la lenta scia di piccoli baci.
Partiti lenti, appena accennati, quasi insicuri, questi lievi tocchi persero la loro iniziale timidezza salendo, centimetro dopo centimetro, fino al suo mento dove rivelarono le reali intenzioni.
Trunks cercò di ricambiare il contatto, ma un leggero strattone alla sua coda lo ammonì di restare fermo. 
Qualche altro delicato bacio lungo la mandibola e poi arrivò alle sue labbra, delineandone pericolosamente i contorni con la punta della lingua: partita da un angolo della bocca, molto lentamente e con una sensualità che non pensava le appartenesse, percorse tutto il profilo inferiore fino a raggiungere l’estremità opposta, dove invertì la direzione per ritornare, nello stesso identico modo, al punto di partenza.
Poi salì, riservando le stesse maliziose attenzioni al labbro superiore.
Li percepiva bene i respiri irregolari del suo compagno e soprattutto gli evidenti segni di cedimento del suo proverbiale auto-controllo, che mise veramente a dura prova quando decise di staccarsi da lui dopo avergli delicatamente succhiato il labbro inferiore:
“Grazie Saiyan, adesso non ho più freddo” miagolò sensuale a pochi millimetri di distanza, per poi rigirargli addosso le stesse parole che si era sentita rivolgere poco prima: “Io ho finito, qui… Ora la doccia è tutta tua!”
Sciolse la coda e stavolta fu lei ad uscire dalla doccia particolarmente divertita.

Trunks s’impose di rimanere immobile per mantenere un minimo di dignità da vero gentiluomo, un solo movimento, anche minimo, e si sarebbe lasciato trasportare dalla fin troppo accattivante idea di incollarla alle piastrelle del mosaico con finalità, altro che caste e pure, direttamente da girone dei dannati.
Giurò vendetta sicura.

‘Fortuna’ che la piccola peste in fin dei conti era più malconcia di lui: ad asciugarsi ci mise molto più tempo del previsto, anche perché di solito le bastava innalzare leggermente la propria aura per asciugarsi i capelli, mentre ora, invece, si era dovuta adeguare agli standard tradizionali, utilizzando ad esempio un bel phon.
Trunks riuscì a finire prima di lei, si allacciò in vita l’asciugamano e la oltrepassò con in viso un sorrisetto a dir poco malandrino: “A meno che tu non abbia intenzione di passare la notte qui in bagno, ti aspetto di là…” poi avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò poco velato: ”sul mio letto, per la precisione… dove ho messo un pigiama pulito per te”
Pan deglutì a vuoto, limitandosi a brontolargli dietro qualcosa di incomprensibile, conscia di non avere molte possibilità di vittoria.

Quando uscì dal bagno con l’asciugamano annodato addosso, lo trovò disteso sul letto a petto nudo, illuminato solo dalla luce argentata della luna. Sembrava rilassato, con le braccia dietro alla nuca e lo sguardo rivolto alla finestra a scrutare lo stesso cielo limpido e luminoso della notte precedente.
Sul cuscino accanto, c’era il famoso pigiama pulito: più lo guardava e più le sembrava pericoloso, quasi minaccioso. In realtà non era tanto quell’innocente pezzo di stoffa a impensierirla, quanto il messaggio implicito che nascondeva: sicuro che il suo bel principino aveva già in mente qualche sottile piano vendicativo.
D’altronde, oltre al momento romantico sotto la doccia, gli aveva rovinato l’intera giornata e lui era, sì, la Santa Pazienza in persona, ma di Santo, poi, non aveva altro…. e meno male.... si ritrovò alla fine a pensare, ammettendo a se stessa quanto in fondo le piacessero le sue attenzioni, sebbene non finissero mai di coglierla di sorpresa. Sorrise impercettibilmente, poi percorrendo gli ultimi passi con finta nonchalance, arrivò al bordo del suo letto.

“Te l’ho già detto che sei una pessima attrice, vero? Dai, su, sdraiati e mettiti comoda” la invitò a distendersi affianco a sé, consapevole del fatto che, fra le varie, la botta contro quell’albero probabilmente era quella che più la infastidiva.
Trattenendo a fatica l’ennesima silenziosa smorfia, strinse i denti, e finalmente riuscì a raggiungere quel sospirato traguardo: un bel materasso soffice sul quale coricarsi, a pancia in giù, per sprofondare in un beato riposo.
Trunks le diede il benvenuto catturando immediatamente le sue labbra in un lungo bacio.

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Completamente rapita dalla dolce passione del momento, a malapena si accorse che la mano del giovane le aveva slacciato l’asciugamano scoprendola completamente:
“Ehi! Non ci provare! Che intenzioni pensi di avere!?” provò inutilmente a fermarlo, staccandosi dalle sue labbra per lanciargli un’occhiataccia severa.
“Secondo te? Le tue ferite vanno medicate… E niente storie!” rispose deciso, sollevandosi dalla sua posizione. 
“NO! Non mi serve, io sto ben…” stavolta non riuscì a finire la frase: Trunks le si era messo a cavalcioni, senza gravarle addosso di peso, ma ad una distanza sufficientemente ravvicinata da poterle sfiorare il meraviglioso fondoschiena, libero da qualsiasi impedimento considerando che pure il suo di asciugamano era sparito, lanciato chissà dove.
Poi si piegò in avanti, appoggiandosi con entrambe le mani ai lati delle spalle di Pan, inevitabilmente a disagio:
“Che c’è? Temi qualcosa?” chiese allusivo dall’alto della sua nuova posizione di indiscutibile vantaggio.
“Senti! Io forse potrei avere un po’ di Colpa, ma TU, ora, sei sicuramente in Dolo! Lo stai facendo apposta!” rispose agguerrita la giovane Son, sperando che nel compagno ci fosse rimasta almeno una briciola di quella famosa Santa Pazienza.
“Sì, lo sto facendo proprio apposta! Ma dovresti essere contenta, no? Una volta tanto, ti sto dando ragione” poi  allungò un braccio per afferrare il sacchetto sul comodino e tornò a sedersi sulle proprie gambe, restandole a cavalcioni.
Ignorando qualsiasi tipo di lamentela della sua piccola scimmietta dispettosa bloccata sotto di lui, raccolse accuratamente i suoi setosi capelli corvini, spostandoli di lato sul cuscino, e iniziò a preparare i batuffoli di cotone imbevendoli di disinfettante. Dopodiché arretrò, facendole divaricare leggermente le gambe per posizionarsi in mezzo: “Secondo me, è meglio che risparmi il fiato, un pochino potrebbe bruciare”
“Truuunks…” provò a supplicarlo: cominciava ad agitarsi non poco, sapeva che non le sarebbe accaduto niente di che, ma lasciarlo libero di agire alle sue spalle senza neanche poterlo vedere in faccia, non la rassicurava affatto, a maggior ragione che non era assolutamente nelle condizioni fisiche per contrastarlo.

Oh sì… Il primogenito di Casa Brief, si stava proprio togliendo qualche meritata soddisfazione!
Il suo sguardo era trionfale, la stava mettendo davvero sulla graticola... e pensare che la parte più interessante doveva ancora iniziare:
“Pronta?”
“NO!!”
“IO dico di Sì…”
“Stron…”
Non la fece neanche finire: appoggiò il batuffolo sulle ferite, che fortunatamente avevano solo bisogno di una veloce disinfettata, incominciando da quelle più alte, in corrispondenza delle scapole.
Pan reagì di riflesso: inarcò la schiena e strinse forte i lembi del cuscino, soffocandoci sopra un urlo liberatorio, non tanto per il puro bruciore, che comunque la infastidiva non poco, ma soprattutto per scaricare tutta la tensione che il mezzo-delinquente, altro che mezzo sangue, le aveva fatto accumulare negli ultimi minuti, o forse ore.
Trunks trattenne a stento un sorrisino che sarebbe stato davvero poco cortese mostrare apertamente: le buone maniere le aveva di sicuro ereditate dalla madre, ma in fondo non poteva farci niente, rimaneva pur sempre anche figlio di suo padre, no?
Addolcì la pillola donandole un bacio sulla spalla, poi continuò la medicazione spostando il batuffolo appena più in basso: purtroppo per lei la aspettava un lungo tragitto di graffioni di vario genere lungo tutta la spina dorsale. In effetti scontrarsi a dorso nudo contro il tronco di quella immensa quercia, non era stata la conclusione più delicata possibile, a maggior ragione che Madre Natura le aveva donato, sì, una meravigliosa pelle, dalla quale ormai era completamente dipendente, abbastanza resistente pure, ma assolutamente non quanto la sua sayan.

Già, un tragitto lungo, troppo lungo, da sopportare.
Soprattutto quando Pan capì che le intenzioni del ragazzo erano mirate a farla letteralmente impazzire in quella che più che una medicazione, sarebbe diventata una lenta e insopportabile Tortura, mirata a mescolare l’inevitabile seccatura delle ferite pungenti con le bollenti attenzioni ricevute, il tutto sotto l’aspetto affatto secondario dell’imprevedibilità: prima un bacio, una carezza, un soffio?
O quel malefico batuffolo imbevuto di disinfettante che si divertiva a scivolare sempre più in basso!
‘Dolore e piacere’ o ‘piacere e dolore’?
Beh… ‘dolore’ per modo di dire, ovvio, ma di sicuro due sensazioni che la stavano mandando fuori di testa, sempre più difficili da gestire e controllare: il suo immancabile orgoglio stava facendo gli straordinari nel vietarle di lamentarsi spudoratamente, o supplicarlo di fermarsi, ma non gli avrebbe dato quella soddisfazione neanche a pagarla a peso d’oro! Certo che quel povero cuscino stritolato, invece, ne aveva sentiti di gemiti strozzati...
Se non altro, difronte all’imprevedibilità sul tipo di contatto che di volta in volta la coinvolgevano, c’era lo schema regolare di quello che a tutti gli effetti era diventato il giochino preferito di quella canaglia di Trunks.
Le sue attenzioni scendevano imprevedibili, sì, ma di pari passo, così se quell’odioso batuffolo si trovava a metà schiena, sicuro che lui si sarebbe concentrato sulla stessa fascia del corpo, magari le sue labbra da una parte e la mano libera sul fianco opposto ad aggiungere la variante del solletico. Tsk, quasi banale!

Oppure genialmente bastardo: la stava spudoratamente e sfacciatamente provocando sui suoi punti deboli, senza neanche ingegnarsi a cercare chissà cosa.
Detestava il solletico, detestava essere ferita, detestava non avere forze per reagire, detestava non poterlo fulminare con lo sguardo, ma non poteva negarlo: era dannatamente eccitata.

Ed era proprio questo l’obbiettivo di Trunks, uno schema imprevedibilmente regolare che dall’alto delle spalle era sceso lungo quel corpo straripante di sensualità.
Ora mancava giusto un leggerissimo graffietto appena sotto le sue natiche che si direzionava proprio verso l’interno coscia: non aveva certo bisogno di essere medicato, ma Trunks non poteva rischiare che la sua bella paziente si beccasse qualche infezione per aver trascurato una piccola ferita, no?
Seppur invisibile andava curata e lui, si sa, da sempre ci metteva il massimo impegno per svolgere gli incarichi che gli venivano affidati: Goku l’aveva cacciato con lei nel viaggio nello spazio quattro anni prima, e ora, Goku, l’aveva lasciata alle sue cure. E lui avrebbe eseguito, con la massima dedizione.

Pan trattenne il respiro con i sensi completamente all’erta, nel suo petto il cuore pulsava con battiti potenti: sentì le mani del ragazzo appoggiarsi sulle proprie cosce e divaricargliele leggermente.
Una rimase immobile, anche troppo forse, il calore che generava sembrava ustionarle la pelle; l’altra si staccò per utilizzare l’ennesimo batuffolo di cotone, che dopo aver svolto il prezioso lavoro di medicazione con una cura certosina, venne gettato assieme al resto dei suoi piccoli compagni, in un angolo che Trunks aveva pensato bene far rientrare nel suo campo visivo.
Sentì la presa sulle proprie cosce intensificarsi, accompagnata dalla presenza troppo ravvicinata del suo viso a questo taglietto praticamente inesistente: percepì le sue labbra sfiorarle la pelle con un soffio proibito che andò volutamente a solleticare le altre sue, molto più intime.
Pan chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un sospiro di puro piacere, pregustandosi di godere quello veramente intenso e indescrivibile che aveva imparato a conoscere solo la notte precedente, grazie a lui.

E invece Trunks, pensò bene, anzi malissimo, di allontanarsi e raddrizzarsi sulle proprie ginocchia.
“Non… non prosegui?” chiese lei con un filo di voce rammaricato: ora capiva alla perfezione la delusione che probabilmente gli aveva arrecato sotto la doccia.
“Mi spiace, non posso, sono a corto di energie: una certa signorina mi ha messo... fuori gioco”
Poi tornando a cavalcioni su di lei, in un sussurro malizioso aggiunse: “Ma lo avrei fatto molto volentieri”
“Ah, sì? Beh, allora tolgo il disturbo! Immagino tu abbia bisogno di riposare per... tornare in forma decente!” 
“Sei proprio una piccola canaglia”
“Vai all’inferno! Lo so che lo stai facendo apposta! Avrei dovuto davvero farti… fuo-oh..”
“Dicevi? Farmi Fuori? Noo… io penso che tu preferisca tenermi… dentro”
Dentro alla sua vita, al suo cuore, alla sua anima, e finalmente al suo meraviglioso corpo:

“Ti amo, strega”

   
 
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