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Autore: Flapink    04/06/2009    3 recensioni
Un universo fatto di guerra. Nel ultimo paradiso terrestre rimasto sul pianeta, scendono lacrime di sangue. Laddove la libertà non ha significato, la morte cala come un'ombra nella notte. La speranza soccombe sotto la fredda mano della distruzione. Non rimane che arrendersi...accettare il fatto...di essere l'arma più potente della terra.
Genere: Triste, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui con un’altra fan-fic. Stavolta la storia, i personaggi e le ambientazioni sono tutte frutto della mia (assurda) fantasia. Nonostante i toni di questo mio nuovo racconto siano un po’ più drammatici rispetto a “A Story of Light and Darkness” spero comunque che vi possa piacere. Perciò auguro a tutti una buona lettura e soprattutto vi invito a lasciare i vostri commenti per dirmi cosa ne pensate di questo mio ultimo capolavoro (nel senso letterale di “lavoro fatto con la testa” ovviamente XD)

 

File 01 = Armor

 

“S....ti....Sve...ati....Svegliati...”

“Chi sei?”

“Apri gli occhi...”

“Dove sono?”

“Non temere...”

“Chi...sono...io?”

“Alzati e vedrai...”

Ecco detti ascolto a quella voce, ma ciò che vidi aprendo gli occhi non mi piacque affatto. Una stanza scura, fredda, piena di macchinari. Il mio corpo chiuso all’interno di un’urna di vetro. Intorno a me solo oscurità....e una luce debole sopra la mia testa. Smarrita, svuotata di ogni energia, la mia mente prigioniera dell’oblio. Mi sembrò di essermi risvegliata dopo secoli...o forse per la prima volta.

“Benvenuta nel mondo mia cara.”

Era quella voce, la stessa che mi aveva ridestato, e proveniva dall’oscurità che mi circondava. Provai a girare lo sguardo, ma non riuscii a vedere nulla.

“Non preoccuparti se ancora la tua vista non funziona, presto i tuoi occhi si abitueranno, così come il tuo corpo.”

Fu allora che iniziai a distinguere delle forme. Un’ombra si ergeva vicino all’urna.

Ben presto fui capace di distinguerne i contorni e i particolari. Era un uomo, alto, con i capelli argentati, la barba e gli occhiali e mi stava fissando con sguardo compiaciuto.

“Adesso va meglio, non è vero?”

Feci un cenno con la testa. Non avevo la forza né la voglia per parlare.

“Bene, ora vediamo come te la cavi con i movimenti”

Si girò e premette un pulsante da un monitor che si trovava proprio alle sue spalle. Di colpo il vetro che avevo davanti si aprì in due e io mi ritrovai libera da quell’urna che mi teneva prigioniera. Sentii l’aria esterna entrarmi nel naso e scendere fin dentro i polmoni. Era un’aria fredda, che odorava di metallo e sostanze chimiche. Ma io ancora non potevo saperlo, per tanto, non appena percepii che era un’aria diversa da quella che avevo respirato fino a quei primi istanti, provai un senso di sollievo.

“Coraggio, prova ad alzarti.”

Per quanto  desiderassi farlo, non riuscivo a produrre il ben che minimo movimento. Cercai di richiamare gli arti con tutte le mie forze, ma il mio corpo non ne voleva sapere.

“Ancora non ce la fai, eh? Con questo però non dovresti avere più problemi.”

Inizialmente non capii cosa volesse dire, ma quando estrasse un lunga siringa piena di uno strano liquido violastro intuii all’istante il senso della sua frase. Avrei voluto scappare ma la mia stupida paralisi non me lo permetteva. “Non avere paura, sentirai solo un lieve prurito.” E mentre diceva così infilò quella gelida punta di metallo all’interno del mio braccio destro. Sentii ogni singolo millimetro che quell’ ago percorreva nella mia vena e poi il liquido cominciò a diffondersi nel corpo. Fu come se un fuoco fosse divampato al mio interno, ogni cosa dentro di me stava come bruciando. Ben presto questa sensazione si espanse e il dolore crebbe talmente tanto da farmi arrivare alle lacrime. Intanto vedevo l’uomo che mi stava accanto ridere di gusto. “Ah, ah, ah forse avrei dovuto avvisarti...l’ago ti avrebbe sì recato un qualche prurito, ma non il liquido che era racchiuso al suo interno, ah, ah, ah.”

Schifoso bastardo...

Presa da uno scatto d’ira, non curante del dolore infertomi da quello stramaledettissimo liquido, riuscii a saltare fuori dall’urna e ad avventarmi contro quell’essere odioso. Non so come feci a muovermi dato che fino al momento prima ero paralizzata, sta di fatto che, in pochi secondi, mi ritrovai sopra di lui, con le dita attorno al suo collo e con un irrefrenabile desiderio di ucciderlo. Dentro di me sentivo una furia incontrollabile che mi spingeva a stringere sempre di più la presa.

Evidentemente quel mio gesto così improvviso, ma soprattutto così rapido, dovette averlo preso alla sprovvista, perché subito il suo ghigno divertito si trasformò in una smorfia di dolore. Il suo volto cominciò a diventare vermiglio.

B-basta...S-smettila...S-sto soffocando”

“Tsk, se speri che ascolterò queste tue insulse lamentele ti sbagli di grosso. Sai improvvisamente mi è venuta una forte voglia di uccidere qualcuno...e credo proprio che sceglierò te!”

Il suo sguardo rispecchiava esattamente il sentimento che volevo vedergli in viso: puro terrore.

Quella sciocca creatura che aveva avuto il coraggio di prendersi gioco di me ora si dimenava come un pesce fuori dall’acqua, ma ormai era giunta la sua ora...o almeno era quello che credevo.

Senza che potessi rendermene conto, infatti, l’uomo tirò fuori dalla sua tasca un’altra siringa e me la conficcò dritta, dritta nella gamba. Lì per lì non sentii alcun effetto, poi mi resi conto che le mie dita stavano allentando pian piano la loro stretta e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi.

“Cosa...mi...succede...?”

“Succede che il tuo corpo sta ritornando esattamente come quando ti sei svegliata. Sai non credevo che saresti uscita così crudele...vorrà dire che dovrò estrarti il demone prima del previsto”

Il demone?

Non penserai mica che io possa far rimanere una creatura preziosa come te in stato vegetativo per sempre. Ora come ora sei solo un’ inutile bambola di pezza...”

In effetti non aveva tutti i torti. Non potevo muovermi né parlare. L’unica cosa che riuscivo a fare era pensare e osservare.

“Presto diventerai come gli altri...”

Gli altri? Ma cosa diavolo sta dicendo?

“...speriamo solo che tu non faccia la loro stessa fine.” E così dicendo mi sollevò di peso e mi ripose nuovamente nell’urna, la richiuse e poi premette un altro pulsante dal monitor dietro di lui.

“Adesso torna al tuo sonno piccola mia  e dimentica ciò che è accaduto. Quando ti risveglierai sarai docile e fedele come un cagnolino”

 Spera solo che non ti sbrani lurido, schifoso bast...ar...do...

 

***

 

“Svegliati, mia cara, su, apri gli occhi”

Non me lo feci ripetere due volte. Senza neanche riflettere eseguii subito quell’ordine. Lì per lì non riuscii a percepire nulla ma poi la voce che mi aveva svegliato mi parlò di nuovo.

“ Sta tranquilla, resta dove sei. Fra qualche secondo riuscirai a vedere.”

Incredibile, pensai, questa voce ha proprio ragione.

“Bene, e adesso continua a stare ferma.”

Rimasi immobile mentre il vetro che avevo davanti si apriva.

“Ottimo, adesso ti farò una piccola punturina e poi potrai camminare.”

Camminare? Fantastico, non vedo l’ora...

L’uomo mi inserì l’ago nel braccio e, nonostante sentissi un dolore lancinante, rimasi ferma al mio posto aspettando che tutto finisse. Non so per quale ragione ma sentivo di potermi fidare ciecamente di lui.

“Ecco fatto, tesoro, ora puoi alzarti. Anzi, già che ci sei, cammina fino a quel muro laggiù, lo vedi? Lì c’è uno specchio. Vai e guardati.”

Che bello, ero così eccitata all’idea. Senza fare nessuna fatica mi alzai e subito corsi verso lo specchio.

Rimasi incantata da ciò che vidi. Una ragazza alta, snella, con i capelli lunghi e lisci. Nonostante nella stanza non ci fosse molta luce riuscii a vedere che avevano una sfumatura rosata. Gli occhi erano grandi, rotondi e marroni.

“Quella...sono io?”

“Certo che sei tu.”

Cominciai a ridere senza un motivo preciso. Provai una grande felicità nel sentirmi dire che quella ragazza ero io. Avrei voluto rimanere a fissarmi per tutto il tempo.

“Coraggio, adesso seguimi. Ti porto nella tua stanza.”

“Una stanza, tutta per me?”

“Certo, tutta per te.”

Ero al settimo cielo. Seguii quell’uomo attraverso dei lunghissimi e bui corridoi. Sicuramente ci trovavamo dentro dei sotterranei perché, durante il tragitto, vidi numerosi bocchettoni per l’aria.

Alla fine giungemmo di fronte ad una porta d’acciaio blindata. Occorse un po’ di tempo per aprirla. Quando entrai vidi che la stanza non era esattamente come l’avevo immaginata. Uno spazio stretto e angusto, senza vetri o finestre, dove c’era solamente una brandina arrugginita appoggiata ad uno dei muri. L’unica luce che vi entrava era quella che passava attraverso le grate dello spioncino sul portone blindato. Improvvisamente sentii un forte rumore metallico alle mie spalle. L’uomo mi aveva chiusa dentro.

“Ma cosa...”
“Ascoltami bene ragazzina, qui dentro IO sono la legge e tu non farai un bel niente senza un mio ordine, chiaro? Ora, ci sono due regole fondamentali che ti consiglio caldamente di rispettare: regola numero uno, farai qualsiasi cosa io ti ordini di fare, regola numero due, ti proibisco categoricamente di fuggire. Se infrangerai anche solo uno di questi comandi mi vedrò costretto a disfarmi di te.”

“Ma signore...”

“Chiamami Maestro”

“Maestro, io...” forse in quell’occasione mi sarei dovuta opporre, avrei dovuto gridare che non era giusto, che era una cosa da pazzi, sarei dovuta fuggire, ma, non feci nulla di tutto questo “...come desidera mio signore.”

“Così mi piaci. E adesso dormi, verrò a prenderti domattina, così conoscerai gli altri.”

La sua figura si stava allontanando dalla mia visuale, ma io sentivo che c’era ancora qualcosa che dovevo sapere. Corsi verso la grata e urlai “Aspetti Maestro.”

“Cosa c’è? Ti ho forse dato il permesso di parlare?”

“No, signore, ma c’è un’ultima cosa che vorrei chiederle”
“E sarebbe?”
“Qual è il mio nome?”
“Un nome, e a cosa ti serve un nome? Sei solo un’ Armor, non hai bisogno di avere un’identità...mmm...però, adesso che mi ci fai pensare, forse un codice di catalogazione lo dovresti avere...dunque vediamo...alfa, beta, gamma....tu , dovresti essere...sigma! Sì, certo, il modello sigma.”
“Quindi, sigma sarebbe il mio nome?”
“ Consideralo quello che ti pare, a me non interessa” detto questo se ne andò. L’unico rumore che sentii era quello dei suoi passi lungo il corridoio. E poi ci fu silenzio. Io mi distesi sulla brandina arrugginita e intanto ripensavo alle parole del Maestro.

“Sigma...Armor...Che cos’è...un Armor?”

 

  
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