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Autore: Elleji    02/03/2017    2 recensioni
Sanji sta partendo per un lungo viaggio con la sua ragazza, quando la sua vita sembra aver preso una grande svolta. C'è qualcuno che però rimane indietro, sull'orma dei suoi passi...
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rufy prende un altro sorso dalla sua bottiglia e nel frattempo non smette di osservare Zoro con uno sguardo attento e vacuo che sta mettendo in seria difficoltà l’altro. Dopo qualche minuto di silenzio, apre la bocca e severamente parla.

– E così sei rimasto solo.

Zoro finge di non capire, ma quelle parole inevitabilmente provocano un brivido freddo che gli corre in gola.

– Sono sempre stato solo  –  dice, ed è quasi del tutto vero. 

Rufy sorride di rimando. É un sorriso molto lieve e agli occhi di Zoro è quasi una smorfia che ha un che di amaro e strafottente insieme. Sperava di trovare appoggio in Rufy senza bisogno di parlare. Non è così.

– Mi manchi  –  sospira il moro  –  Mi mancate tutti. Da quando ci siamo persi di vista le cose non sono andate più così bene.
– É strano sentir dire una cosa del genere da un ottimista come te  –  commenta Zoro scrutando il fondo della sua bottiglia.
– É strano dirlo. Ma è la verità. É cambiato tutto e in peggio. 

Rufy ha gli occhi bassi, Zoro tamburella con le dita su un ginocchio.

Entrambi aspettano che l’altro dica qualcosa che non può dire. É passato tanto tempo, e il tempo, il tempo ha logorato anche il rapporto di amicizia tra il capitano e il suo vice. Due anni prima, Zoro non ci avrebbe creduto. Ma due anni prima credeva anche che Sanji provasse qualcosa nei suoi confronti e che tempo un mese si sarebbero sistemati in un appartamentino e avrebbero vissuto insieme il resto delle loro vite, amandosi per sempre.

Le cose sono cambiate, o più semplicemente non sono andate come Zoro pensava andassero. Ora è troppo tardi per lamentarsi.

Sospira pesantemente. 

– Forse è meglio se torno a casa. 
– Mi dispiace.
– Dispiace per cosa?
– Per Sanji. Per l’America. Immagino tu stia soffrendo e mi dispiace.

Rufy non sa, non sa nulla, ma è sveglio. Zoro non vuole essere compatito da qualcuno che non ha idea di quale sia il problema.

O che forse lo sa troppo bene.

– Non soffro più di quanto non soffri te.

Rufy ripropone quel sorrisino triste e insopportabile.

– É vero. Da quando sono partiti, ho realizzato quanto abbiamo sbagliato, tutti quanti noi, a non vederci per così tanto tempo. Sanji e Nami non ci sono più ora… Ricostruiamo la ciurma. Riorganizziamoci. Vediamoci e divertiamoci come facevamo un tempo, quando io ero ottimista e spensierato e tu eri felice. Mi mancano i miei nakama. 

Zoro scuote la testa. Era felice, innegabilmente. E stava molto meglio di adesso. E concretamente rivedere i sui nakama non potrebbe fargli che del bene. 

Ma, sta cercando di smettere di amare Sanji, trascinandosi avanti lentamente e faticosamente e sputando sangue per riuscirci e ricominciare a uscire con tutti gli altri significherebbe sottolineare la mancanza del cuoco ogni giorno. O comunque molto spesso. Il che è una cosa che sa per certo gli verrà spontaneo fare. E non può permetterselo. 

– Non so. 
– Non sai cosa?
– Non sono sicuro che potrebbe funzionare.

Rufy lo guarda speranzoso.

– E allora facciamo una prova. 

 

Rufy è andato via e la prossima settimana Zoro è invitato a casa sua insieme a tutto il resto della ciurma. É una rimpatriata, ha detto. Ne abbiamo tutti bisogno. Poi ha tirato fuori le chiavi della macchina e gli ha offerto un passaggio. Zoro ha rifiutato, perchè forse Rufy ha bisogno di riunire la sua ciurma, ma Zoro ha bisogno di bere molto e da solo. Adesso.

E quindi a metà della sesta bottiglia di sakè, riaffiora alla sua mente l’unico inespugnabile ricordo che occupa la sua mente, e che è così caldo e rassicurante adesso. É Sanji, è sempre Sanji. É una storia dolce che si espande nella confusione della sua memoria e se la ritrova davanti agli occhi.

 

Aveva sbattuto la porta e lanciato le chiavi sul divano. Quella giornata aveva fatto così schifo che quasi gli veniva da piangere. Sospirando era apparso in cucina, dove Sanji stava preparando la cena. Sanji aveva la fronte imperlata di sudore, e quando lo aveva visto lo aveva salutato urlando perchè cercava di superare il rumore della pentola a pressione. 

– COME É ANDATA OGGI?
– Lasciamo stare!
– PERCHÉ?
– Il capo ha licenziato quattro camerieri e ora c’è il doppio di lavoro da fare. Ho ricevuto una multa pazzesca per la moto. Siamo sotto con l’affitto e non ci voleva proprio.
– TUTTO QUA?  –  Zoro scorge l’ombra di un sorriso canzonatorio attraverso le nuvole di vapore che li separano e grugnisce di rimando.
– No. Oggi sono quindici anni.

La pentola aveva fischiato fortissimo. Zoro iniziava ad avere caldo.

– CHE COSA? NON HO SENTITO!
– 
Parlo di Kuina!
– CHI?
​– KUINA!

Kuina era morta quindici anni prima. Non c’è giorno in cui Zoro non pensi a Kuina.

Sanji saveva spento il fornello e lo aveva guardato. Zoro aveva ricambiato lo sguardo per un po’ ma era troppo intenso e si era girato dall’altra parte. Kuina avrebbe saputo come fare, nella sua situazione. Ma Kuina non avrebbe accettato di condividere la casa col ragazzo che ama, se sa di non avere possibilità. Kuina avrebbe trovato un lavoro meno schifoso, o per lo meno l’avrebbe cercato. Kuina avrebbe continuato ad allenarsi con le spade. 

La mano di Sanji si era appoggiata sulla sua spalla, e l'aveva stretta. Poi era salita sulla sua testa, e gli aveva scompigliato i capelli. Zoro lo aveva guardato di nuovo.

– Vuoi parlare un po’?

 

Quella era stata una giornata no. Ma da quel momento si era trasformata in una delle serate più belle che si ricorda del periodo in cui viveva con Sanji. Gli aveva parlato, gli aveva parlato di tutti i suoi problemi fuorché dell’unico che non poteva menzionare, e Sanji l’aveva ascoltato e capito. Poi avevano mangiato, tanto e bene, e infine si erano seduti sul divano con una birra a guardare la tv. Zoro poi si era addormentato, ma la mattina dopo quando si era svegliato si trovava nel suo letto.

Successivamente aveva meditato sul da farsi, perchè voleva ringraziarlo in qualche modo, ma più il tempo passata più risultava difficile ed insensato combinare qualcosa. Così alla fine non l’aveva fatto, ma in ogni caso aveva avuto poca importanza perchè Sanji non sembrava attribuire importanza a ciò che era successo.

 

Sanji. Sanji. Presto uscirà dalla sua testa e allora ci sarà da fare festa.

Ma Zoro ha paura. Zoro ha una sola grande paura e cioè che una parte di lui non è del tutto convinta che Sanji riuscirà ad uscire dalla sua testa. Perché Zoro per anni e anni se l’è cavata da solo, ma ora che sa cosa vuol dire essere insieme alla persona che si ama non sa bene se saprà vivere proprio tutto il resto della sua vita senza riprovare quelle sensazioni. E no. Nessun altro sarebbe capace in questo come Sanji è e - Zoro lo spera e lo teme allo stesso tempo - come lo sarà sempre.

No, tutto sommato forse Zoro non ce la fa. Forse tutta quella forza fisica e quell’allenamento non sono serviti a niente, se è il cuore ad abbatterlo fino a questo punto. Fino al punto che preferisce morire domani ma accanto a Sanji, piuttosto che vivere ancora così. E da poco sono passate ventiquattr’ore dalla partenza del cuoco. 

Zoro è ubriaco e lo sa. Ma non sa nient’altro. Si perde nei suoi pensieri contorti che non sa placare perchè non può e non sa che risposte darsi, non sa cosa fare. Quando il barista lo caccia via dal locale, verso le quattro di notte, è anche un po’ arrabbiato con se stesso così sempre con la mente persa in qualche ricordo a lui caro prende il telefono.

 

A: Cuoco

A quest’ora staremmo dormendo? Non mi ricordo. Di solito io ero sveglio e pensavo, anche se forse non lo sai. Spero che muori.

 

Lo invia? Non lo invia. É ovvio. Se mai dovesse scrivergli gli scriverebbe qualcosa di più importante. Tipo: Nami è una puttana e una volta ci ha provato anche con me. 

Ride. L’aria fredda della notte gli sta ridando un po’ di lucidità e ne ha bisogno adesso.

Cancella il messaggio e guarda il cielo buio.

La notte è triste. La notte è vuota adesso. Lui è pieno. Pieno di possibilità, pieno di amici, pieno di potenziali giorni felici se solo osasse tentare.

Ma non può. Non può. Prima di passare oltre, deve sapere per certo.

Caccia la mano in tasca e riprende il telefono.

 

A: Cuoco

Mi ami? Mi hai amato qualche volta? A volte pensavo di sì. Tu eri bellissimo. C’è qualcuno che non ti ama?

 

Non può funzionare nemmeno questo.

Cancella di nuovo e ritorna a pensare. Non può uscirne e non vuole, sicuramente non vuole. Sta male. Non è tutto sommato così terribile stare male per un po’. Tutti devono stare male ogni tanto.

Non andrà oltre, non adesso.

Cammina lungo la strada illuminata scarsamente dai lampioni, si guarda riflesso in una vetrina. Ha una faccia livida e pallida di rassegnazione frustrata, anche se non è così che si sente. Non vuole apparire così. Se appare così, evidentemente è così che stanno le cose. E non è giusto. Tira un pugno alla sua faccia riflessa, il vetro si rompe e il suo volto scompare. Si china per terra e vomita. 

Non è vero che va bene stare male. Sanji non sta mai male. Sanji si tira sempre su perché pensa positivo. 

Ma come fa lui ora a pensare positivo?

Continua ad avere conati e gli viene un po’ da piangere. Finisce e sputa per terra, barcollando si rialza e riprende a camminare. Questa forse è la strada di casa. 

Vorrebbe prendere un aereo e volare a San Francisco. Arrivare a casa di Nami e Sanji, che stanno ancora aprendo gli scatoloni, vorrebbe apparire sulla soglia e vorrebbe che Sanji lo vedesse e mormorasse “sei arrivato finalmente.” Vorrebbe scappare con lui, andare nei posti più belli e più brutti del mondo e stare bene comunque.

Non può. Non può. 

Si getta a terra contro una porta.

Le lacrime sono calde e non le sa gestire.

Piange, si contrae in smorfie di dolore, emette gemiti muti. 

La verità è che avrebbe dovuto cogliere l’occasione. E forse quando lo rivedrà in futuro sarà davvero troppo tardi. Forse d’altronde non sarà mai troppo tardi. Non per Zoro, che pagherebbe anche solo per un’ora in più con Sanji.

Quando le lacrime finiscono, si addormenta spossato lì dov’è. Casa è lontana e non saprebbe tornarci ora. 

   
 
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