Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.758 (Fidipù)
Note: Ed eccoci qua all'ultimo aggiornamento della settimana e,
come sempre, è il turno di Miraculous Heroes 3. Allora, vediamo un po'...a
quanto pare non ho niente da dire su questo capitolo: è l'ennesimo di
transizione, dove piano piano srotolo tutti i fili che compongono questa
storia: c'è chi si salda sulla sua posizione, chi deve affrontare un
invito a cena, chi fa annunci e chi...
E beh, qua mi zittisco poiché non voglio spoilerarvi niente!
Come al solito, vi ringrazio tutti per il fatto che leggete, commentate e
inserite questa storia in una delle vostre liste.
Un grazie anche per inserire me nella lista di autori preferiti e per il
fatto che, da quasi un anno, mi sopportate con le mie storie.
Grazie di tutto cuore!
Sarah sospirò, ripensando alle domande
dell’esame e sentendo il peso del fallimento sulle sue spalle: era certa
di averne sbagliate parecchio, decretò sedendosi su una delle panchine di
legno poste all’ingresso della facoltà e andando a recuperare i suoi
appunti sotto lo sguardo apprensivo di Mikko.
Sfogliò velocemente le pagine, ignorando le colleghe di corso finché una
di loro non squittì il nome del suo fidanzato: «Rafael Fabre!» esclamò la
ragazza, calamitando su di sé tutta l’attenzione della bionda: «Ci sono
uscita assieme un po’ di tempo. Parecchio tempo fa, quasi un anno e
mezzo…» spiegò, mordendosi le labbra e puntando il modello parigino: «Mi
chiedo se è ancora così bravo a letto.»
Oh. Fantastico!
Ci mancava solo una delle tante conquiste di Rafael!
Mise stizzita gli appunti, balzando in piedi e andandosene velocemente
dall’atrio, senza sapere dove dirigersi: «Il passato di mio figlio da un
po’ noia, eh?» commentò la voce tranquilla del professor Fabre, facendo
sobbalzare la ragazza che, voltandosi, trovò l’uomo sulla soglia di
un’aula lì vicino.
Sicuramente aveva sentito tutto.
Sarah socchiuse gli occhi, scuotendo il capo: «So com’è Rafael e…»
mormorò, abbassando la testa e massaggiandosi il braccio destro: «Lui è
tutto per me. Se sono rimasta a Parigi è per stare con Rafael.»
«Ma è dura trovarsi davanti le sue vecchie conquiste, dico bene?» Emilé
annuì, togliendosi gli occhiali dalla montatura quadrata e sospirando:
«Alle volte mi chiedo ‘se avesse avuto un’infanzia diversa, con un padre e
una madre più presenti, sarebbe diventato un bravo ragazzo?’»
«Rafael è un bravo ragazzo. E’ la persona più dolce e gentile che io
conosca: si preoccupa sempre per me e…» si fermò, sorridendo: «Ed io sono
fortunata, perché quella tipa laggiù può averlo avuto per una sveltina,
mentre io l’ho sempre al mio fianco. Era questo che voleva farmi capire,
professore?»
«Beh, ho notato un certo sguardo omicida e ho pensato di fare qualcosa: mi
dispiacerebbe perdere il mio unicogenito in questo modo.»
«Non lo ucciderò. Prometto.»
«Bene. Sono felice di saperlo perché, devo ammettere, che lei mi piace
madamoiselle Davis e sarei contento se la storia con mio figlio durasse
parecchio.» dichiarò Emilé, facendo cenno alla ragazza ed entrambi si
avviarono verso l’ingresso della facoltà: «Forse sono uno sciocco
sentimentale, ma spero che prima o poi potrò chiamarla madame Fabre.»
«In quel caso sarebbe meglio Sarah, non crede?»
«Giustamente.» dichiarò l’uomo, voltandosi verso l’entrata e sorridendo:
«Ed ecco qua il mio meraviglioso figlio: idolo delle fanciulle, modello
e…mh. Rafael, rinfrescami la memoria, non hai fatto anche un calendario
nudo, vero?»
«No, papà.» ringhiò il ragazzo, assottigliando lo sguardo e fissando male
il genitore: «Da dove cavolo ti è venuta fuori questa?»
«Non ricordavo.» sentenziò Emilé, scuotendo il capo: «Beh, io vi lascio.
Ho un appuntamento con il mio sponsor. Mecenate. Quello che mi paga le
spedizioni…»
«Riparti per caso?»
«Non adesso, oltretutto non posso lasciare la cattedra o il rettore mi
uccide. Però è una persona molto interessata alle mie ricerche, si ricorda
quelle sui sette animali, madamoiselle Davis?»
«Come dimenticarsele.»
L’uomo sorrise, salutandoli velocemente e uscendo dalla facoltà, sotto lo
sguardo preoccupato del figlio: «Qualcuno interessato alle ricerche di mio
padre sugli animali dei Miraculous…» scosse il capo, sospirando: «Non mi
piace questa storia.»
«Tuo padre non ha collegamenti con i Miraculous o con Daitya» mormorò
Sarah, stringendosi nelle spalle: «Non penso ci sia niente di cui
preoccuparsi.»
Rafael annuì, voltandosi e osservando l’americana: «Com’è andato l’esame?»
domandò, allungando le mani e sistemando la sciarpa attorno al collo,
passando poi al berretto e coprendola bene, indicando poi con la testa
l’esterno dell’edificio.
«Uno schifo. Devo aver sbagliato molte risposte, volevo controllarle ma
poi…»
«Ma poi?»
«No, niente.»
«Cos’è successo, apetta?»
«Niente di che.»
«Sarah…»
La bionda sospirò, fermandosi e osservando le auto che transitavano a
pochi passi da loro: «Una ragazza della mia facoltà è stata una tua
conoscente…» mormorò, nascondendo parte nel volto nella sciarpa e alzando
lo sguardo nocciola sul ragazzo: «Una tua conoscenza di…»
«Sì. Avevo inteso. Sei arrabbiata?»
«Lì per lì sì.» dichiarò Sarah, sorridendo: «Sarei saltata molto
volentieri al collo della tipa o al tuo, fortunatamente tuo padre mi ha
fatto notare una cosa.»
«Mio padre? Cosa?»
L’americana sorrise, avvicinandosi al ragazzo e strattonandolo per il
giaccone, convincendolo così ad abbassarsi un poco per avere i volti alla
stessa altezza: «Molto semplicemente che, quelle possono miagolare quanto
gli pare – e chiedo scusa ad Adrien per avere usato questo termine – ma tu
sei tutto mio.»
«Mia madre ci vuole a cena.» dichiarò Lila, entrando nel magazzino di
Mercier e attirando su di sé l’attenzione dell’anziano e di Wei: «Hai
capito? A cena. Con lei.»
Mercier deglutì, avvicinandosi al suo dipendente e tenendo lo sguardo
fisso su Lila: «Fatti furbo, ragazzo mio. Fingiti malato.» dichiarò,
abbozzando un sorriso quando l’italiana lo fulminò con lo sguardo: «Forse
dovevo dirtelo quando lei non c’era.»
«Direi.» sentenziò la ragazza, incrociando le braccia e mettendosi in
posizione da battaglia, pronta a rimettere al suo posto l’anziano
parigino; Wei sorrise, avvicinandosi a Lila e, passandole un braccio
attorno alle spalle, la scortò nel piccolo ufficio dove Mercier teneva
tutti i documenti e la contabilità della sua attività: «L’hai sentito?
Quel…quel…»
«Cos’è questa novità?»
«Qualcuno, che risponde al nome di ‘Non mi faccio gli affari miei’ Vooxi
mi ha convinto a chiamare mia madre.»
«Ehi, io al massimo mi chiamo Vooxi Grifondoro!»
«Silenzio, volpino.» sbottò Lila, senza degnare di uno sguardo il kwami:
«Insomma, Mister non mi faccio gli affari miei mi ha convinto a chiamare
mia madre. Ottimo, no? Peccato che lei ora si sia intestardita che vuole
cenare con noi per conoscerti. Per conoscere te. E’ rimasta incuriosita da
chi mi ha fatto smettere di passare da un ragazzo all’altro e quindi, sue
testuali parole, c’è del buono in quel tipo, anche se fa un lavoro
misero.»
«Beh. E’ buona come cosa, no?»
«Se dobbiamo cenare con lei, pretendo di avere una bottiglia di vino solo
per me.»
«Lila, tu non bevi.»
«Direi che è il caso di iniziare.»
Wei sorrise, posandole le mani sulle spalle e massaggiandole: «Andiamo a
questa cena e vediamo, ok? Poi potrai darti all’alcool o a quello che ti
pare. Non fasciarti la testa prima del tempo, Lila.»
«Perché sei così maledettamente saggio?»
«Perché sono più grande di te?»
«Di quanti anni? Due? Tre?»
«Sono abbastanza. Non credi?»
«No, gli uomini maturano più tardi rispetto alle donne, quindi io dovrei
essere più saggia di te.»
«Lila, quando è la cena?»
«Ha detto di chiederti quando ti è più conveniente. Testuali parole anche
stavolta.»
«Bene. Chiamala e dille il giorno che preferisci.»
«Il giorno del mai dell’anno credici?»
«Lila.»
L’italiana sbuffò, imbronciandosi: «La prossima settimana ti può andar
bene? Ho bisogno di tempo per prepararmi mentalmente.» dichiarò, vedendo
il ragazzo annuire: «Ottimo. La chiamo appena torno a casa. Va bene?»
«Perfetto.»
«Voilà!» esclamò Alex, passando il cellulare a Thomas e sorridendo mentre
il ragazzino osservava estasiato le app che aveva installato: «In questo
modo anche tu potrai essere avvisato quando ci sarà qualche problema. Ed
io ti terrò sottocontrollo grazie al localizzatore gps.»
«Sei un genio.»
«Me la cavo.» sentenziò l’americano, sistemandosi gli occhiali: «Come sta
andando con la tua nuova identità?»
«Nooroo mi sta facendo esercitare tutti i giorni: per ora metto l’energia
nelle farfalle e stop. Ah, e poi ho scoperto che sono dotato di due
fighissimi boomerang! Li posso lanciare o usare come doppie spade!
Fantastico!»
«In effetti tutti i Miraculous sono dotati di un’arma: Chat Noir ha un
bastone allungabile, Ladybug uno yo-yo, Volpina il suo flauto – e quella
ragazza mena da paura con quel flauto –, Peacock ha dei ventagli con delle
parti staccabili che lancia…poi. Ah, ovviamente Tortoise e il suo mitico
scudo e Bee ha un bracciale spara-pungiglioni.»
«Figo!» mormorò Thomas, sorridendo e grattandosi il naso: «Io non so
combattere molto.»
«Puoi sentire uno dei ragazzi se ti allena un po’.»
«Non gli darò fastidio? Cerco di non disturbarli molto. Beh, da quando ho
akumatizzato per sbaglio mia sorella non li ho più contattati e immagino
che…»
Alex sorrise, poggiando una mano sul capo e scompigliando i corti capelli:
«Tu sei uno di noi. Non darai mai fastidio. Quindi alla prossima riunione
barra pranziamo cinese tutti assieme ci sarai anche tu. Ok?»
«Dovrei trovare una scusa per mia madre…»
«Come sono messi i tuoi voti a matematica?»
«Uno schifo. Perché?»
«Ciao, mi chiamo Alex e sono colui che ti darà ripetizioni di matematica.»
sentenziò l’americano, facendogli l’occhiolino e allargando le braccia:
«Adesso hai la scusa migliore per tua madre.»
«Se mi fai ripetizioni dovrei pagarti, però.»
«Volontariato.»
«Hai pensato proprio a tutto, eh?»
«Amico. Io sono la mente che c’è dietro i Miraculous Heroes.»
«Miraculous Heroes?»
«Sì, ho pensato di darvi un nome in codice e dato che siete tutti eroi e
possedete un Miraculous, ho optato per Miraculous Heroes. Anche se Sarah
dice che le ho copiato l’idea, dato che l’aveva avuto lei qualche tempo
fa. Come se ci credessi…»
«Miraculous Heroes. Figo.»
«Vero?» dichiarò Alex, sorridendo e alzandosi: «Bene, mio piccolo amico,
devo andare. Ho un appuntamento con la fanciulla più bella di tutta Parigi
e non voglio farla attendere. Ci sentiamo, ok? E ricorda. Pranzo cinese.
Ti mando un messaggio.»
«Ok. Grazie, Alex!»
«Ti ho mai detto che ho un debole per le tue gambe?» sussurrò Adrien,
mentre aiutava Marinette a togliersi il soprabito e rimediando
un’occhiataccia, che incassò con una risatina attirando su di sé
l’attenzione generale del tavolo.
«Cosa c’è, Adrien?» domandò Sophie, accomodandosi fra Sabine e Gabriel,
facendo passare lo sguardo dal figlio a Marinette.
«Mi stavo solo complimentando con Marinette per il suo abito. E’ una sua
creazione.»
«E’ veramente molto carino.» dichiarò la donna, osservando l’abito candido
dal taglio semplice e la giacchetta marrone che la ragazza aveva abbinato:
«Diventi ogni giorno più brava.»
«La nostra Marinette ha veramente talento.» dichiarò orgogliosa Sabine,
sorridendo alla figlia: «Ha disegnato un abito per Lila, una sua amica,
che è veramente spettacolare.»
«Senza contare quello che fa per Adrien.» commentò Gabriel, togliendo il
tovagliolo dal piatto e adagiandolo sul piatto: «La camicia che indossi è
di Marinette, no?»
«Esatto.» dichiarò sorridente il biondo, chinandosi verso la ragazza e
posandogli le labbra sulla guancia: «Goditi il momento di gloria, mon
coeur. Fra poco sganceremo la bomba…»
La ragazza annuì, voltandosi e sorridendo: «I tuoi capelli…» bisbigliò,
allungando una mano verso la frangia che il biondo aveva sistemato di
lato: «Non portavi i capelli così da quando andavamo alla Dupont, sai? Sei
sempre molto gattesco.»
«Perdo meno tempo la mattina.» dichiarò il ragazzo, intrecciando la mano
con quella della ragazza e portandosele alla labbra, baciandole le nocche:
«Glielo diciamo?»
«Via il dente, via il dolore?»
«Esatto, ma be…»
«Adrikins!» l’urlo di Chloé fece voltare tutti al tavolo in direzione
della bionda che, in perfetto equilibrio sui tacchi alti, si avvicinò
velocemente al tavolo e si fermò vicino al modello: «Quanto tempo! Giusto
oggi stavo dicendo a Sabrina di quanto mi mancavi e…tadan! Eccoti qui! E’
un segno del destino, non credi?»
«In verità no, Chloé.» mormorò Adrien, facendo spaziare lo sguardo sugli
altri commensali: «Ti ricordi di Marinette, vero?»
«Impossibile da dimenticare.» sbuffò la bionda, assottigliando lo sguardo
azzurro e fissando male l’altra, venendo apertamente ricambiata. «Posso
unirmi, Adrikins? Mio padre sta parlando con quel suo rivale per la carica
di sindaco ed io sono tutta sola soletta…»
«Veramente sarebbe una cena di famiglia, Chloé.»
«Mi piacciono le cene di famiglia.»
«Ci sposiamo!» esclamò Marinette, attirando l’attenzione generale di tutti
su di sé e facendo ridacchiare il biondo al suo fianco, mentre Chloé era
rimasta a bocca aperta.
«Sì, lo sappiamo, tesoro.» mormorò Sabine, guardando dubbiosa la figlia:
«Adrien te lo ha chiesto quasi un anno fa…»
«Nel senso che ci sposiamo, sposiamo, Sabine.» mormorò Adrien, con la voce
strozzata: «Ho portato i documenti oggi in municipio e fra un mese – più o
meno – ci…»
«Gabriel. Nostro figlio si sposa.»
«Sì, l’avevo intuito quando è venuto a chiedermi il permesso per comprare
una casa.»
«Veramente volevo chiederti un prestito, papà.»
«Ah.»
«Lo sapevi e non mi hai detto niente? Gabriel!»
«Pensavo toccasse a loro avvisarti!»
«Tom. La nostra bambina…la nostra bambina…»
«Complimenti, my lady.» dichiarò Adrien, osservando sua madre e Sabine
iniziare a dare di matto mentre Tom rimaneva in silenzio e Gabriel
rimaneva tranquillo: «Non avrei saputo fare di meglio.»
«Quindi vi sposate…» mormorò Chloé, fissando Marinette negli occhi tanto
che Adrien si sentì in più: forse doveva lasciarle da sole, in modo che la
risolvessero fra di loro.
«Sì, Chloé.»
La bionda assentì, incrociando le braccia al seno: «Congratulazioni,
allora.» dichiarò, spostando poi lo sguardo su Adrien sorridendo: «Se la
tua mogliettina ti farà annoiare, sai dove trovarmi.»
«Cosa?»
«Sto scherzando, Marinette. Figurarsi se Adrien ti tradisce…» sbuffò la
bionda, alzando gli occhi al cielo: «Buona cena, allora.»
«Gr-grazie…» mormorò la mora, osservando la sua antica rivale andarsene
con la stessa velocità con cui era venuta al loro tavolo e spostando poi
lo sguardo su Adrien che le regalò un sorriso tranquillo.
«Marinette! Marinette! L’abito!»
«Cosa, mamma?» domandò la ragazza, portando nuovamente l’attenzione sugli
altri commensali: «L’abito?»
«Questa ragazza. L’abito da sposa? Sai già dove…»
«Beh, ovviamente potrà vedere fra quelli della mia linea.»
«Adrien. Avrò un Agreste come vestito da sposa…» mormorò Marinette,
agguantando il braccio del ragazzo e voltandosi verso di lui: «Un
Agreste!»
«E pensa! Pure io indosserò un Agreste! E te lo sposi anche un Agreste!»
«Adrien…» sospirò sua madre, scuotendo la testa: «Dov’è la casa che avete
preso? Voglio vederla!»
«Oh, anche io!» squittì allegra Sabine mentre Tom, al suo fianco, si alzò:
«Tesoro?»
«Torno subito.» mormorò l’uomo, carezzando il volto della moglie e
allontanandosi dal tavolo, sotto lo sguardo attonito di tutti.
Marinette si morse il labbro, alzandosi anche lei e seguendo il genitore:
uscì dalla sala del ristorante, trovando Chloé nei pressi dell’ascensore:
«Tuo padre è andato per le scale.» la informò la bionda, fissandola per un
secondo: «Non l’ha presa bene, eh?»
«N-non lo so.» mormorò la ragazza, osservando la schiena di quella che
aveva sempre considerato sua rivale: era così strano parlare con lei in
quel modo civile…
«Mio padre avrebbe pianto disperato se avessi mollato un annuncio così.»
dichiarò la bionda e Marinette annuì: André Bourgeois viveva per la figlia
e si vedeva: «Tu ed io non siamo mai andate d’accordo…» continuò Chloé,
voltandosi e attirando su di sé l’attenzione della mora: «E penso
che non lo faremo mai: siamo troppo diverse.»
«Già…»
Il rumore dell’ascensore fece voltare Chloé verso la porta di metallo che,
dopo pochi secondi, si aprì: «Bene. Fine del momento.» commentò la bionda,
entrando nell’abitacolo e sorridendo: «Congratulazioni, Marinette.
Davvero. Per quanto io ci abbia provato, Adrien ha sempre amato e amerà
solo te.»
«Grazie, Chloé.»
«E poi io ne troverò uno molto migliore. Impallidirai di fronte al mio
futuro marito.»
«Non credo: nessuno è migliore di Adrien.»
«Vedrai!»
Marinette sorrise, osservando Chloé premere un bottone e la porta
dell’ascensore chiudersi davanti a lei: «Marinette?» la voce di Adrien,
fece voltare la mora: «Sbaglio o…»
«Già. Abbiamo avuto una conversazione abbastanza civile…»
«E vi siete sfidate su chi troverà il marito migliore.» aggiunse il
biondo, sospirando e scuotendo il capo, guardandosi poi attorno: «Dov’è
tuo padre?»
«Qui.» comparendo nella tromba delle scale con lo sguardo lucido e il naso
lievemente arrossato: «Avevo bisogno di un momento da solo. Io…»
«Marinette è la mia vita, Tom. Non hai da temere che…»
«Lo so, Adrien. Lo so. Ma è la mia principessina.» Il biondo annuì,
osservando l’uomo passargli accanto e rientrare dentro il ristorante: «Vi
aspetto al tavolo e tornate alla svelta, prima che Sabine sguinzagli le
forze dell’ordine di Parigi.»
«Arriviamo subito.» dichiarò Adrien, spostando lo sguardo sulla fidanzata
e avvicinandosi a lei: «Tutto ok?»
«Ho solo bisogno di un momento di calma, mi sento come una trottola.»
«Anche io, se ti consola.» dichiarò Adrien, prendendole le mani e
portandosele alle labbra: «Tu che dichiari che ci sposiamo, il fatto che
non ti azzanni con Chloé, tuo padre che mi sta odiando perché gli porto
via la sua principessa e ti sei persa le nostre mamme che stanno decidendo
dove fare il matrimonio…»
«Sainte-Chapelle.»
«Cosa?»
«Vorrei sposarmi a Sainte-Chapelle.» dichiarò Marinette, sorridendo: «Mi
sono ricorda che, quando ero piccola, andammo al matrimonio di Nadja
Chamack e mi sono innamorata di quella chiesa e…beh, è bellissima e...»
«Ok. Aggiudicato. Ricevimento?»
«Le Cigale, ovviamente.»
«Alain, ci ucciderà.» dichiarò Adrien, baciando il naso della ragazza e
guardandola negli occhi: «Torniamo dentro?»
«Torniamo dentro.»