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Autore: SkyFullOfStars_    03/03/2017    0 recensioni
Tra gocce di pittura e tele silenziose, Grantaire viaggia con sua madre per la Francia, con l'obiettivo di trovare una stabilità economica...Ma cosa succede quando l'arte incontra l'amore? Cosa accade nel momento in cui due colori, il rosso ed il nero, si mescolano sulla stessa tela?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Grantaire non aveva dormito quella notte.

Dopo la scuola aveva un po' girovagato per la città, giusto per conoscere nuovi sapori e odori e doveva ammettere che il malcontento era davvero poco: il pittoresco villaggio di Eguisheim poteva definirsi un quadro impressionista, con i suoi colori sgargianti che sembravano appena stati mischiati nella tavolozza di un pittore.

Le casette sorgevano in vicoli stretti, l'aria era buona, sapeva quasi sempre di pane caldo o di menta; talvolta il ragazzo si sedeva in una delle minuscole piazze, al bordo di una qualche fontana, e sotto lo scrosciare dell'acqua chiudeva gli occhi, allontanandosi da tutto quello che stava succedendo nella sua vita. Altre volte gli bastava qualche riga di matita per cancellare i brutti pensieri.

Il giorno prima aveva semplicemente passeggiato per le viette della cittadella, mentre i sorrisi delle persone gli facevano venire una forza ispiratrice da far invidia a Van Gogh: quanto avrebbe voluto riportare su tela quelle espressioni luminose, quanto avrebbe adorato aggiungere toni autunnali come sfondo, con un tocco di rossiccio qua e là.

Grantaire amava dipingere le persone: era come spiare la loro vita, decifrare i loro sentimenti attraverso i colori. Sin da bambino aveva sempre disegnato sua madre, mentre dormiva, mentre rideva, una volta persino mentre piangeva, accovacciata al bordo del letto con la piccola versione di sé accanto, intanto che le manine scarabocchiavano il foglio limpido. Non ricordava perché sua mamma stesse piangendo, ma non poté dimenticare il pastello rosso che gli si spezzò tra le dita poco prima di finire il disegno. Rammentò di essere molto arrabbiato.

Alla fine era tornato a casa col tramonto, deciso di mettersi a letto presto. Eppure, quando la notte era calata accompagnata da una coperta di stelle luccicanti, neanche l'atmosfera bluastra era riuscita a conciliargli il sonno. Grantaire pensava a quel ragazzo.

Pensava all'istante in cui gli aveva toccato la mano, pensava ai suoi occhi blu ed ai suoi riccioli d'oro che gli ricadevano appena sulle spalle.

Giaceva sul letto, confuso, agitato, malinconico ed un po' scosso, con la testa a penzoloni su di un lato e gli occhi su una nuova tela bianca di seconda mano.

All'improvviso un impulso, l'istinto di alzarsi ed afferrare i tubetti di colore quasi finiti.

Prese il blu ed il giallo, li aprì e fece scorrere i colori sulle mani. Il ragazzo sorrise all'abituale sensazione di fresco che si rivolse ai suoi palmi. Poi iniziò a picchiettare sulla tela seguendo la sua immaginazione.

Ripensò all'incontro con quel ragazzo, ripensò a quando lo aveva chiamato lapinou e sorrise mischiando i colori con la magia dell'istinto. Niente lo faceva sentire così bene come la pittura.

C'era qualcosa in quegli occhi blu che lo toccavano in fondo all'anima, quell'anima ipercolorata che solitamente si associa ai pittori e che poi viene sempre rispiegata in varie tinte, dal rosso al blu, dal viola al nero ossidiana.

Grantaire continuò a danzare su quella tela, mentre i suoi capelli ebano saltellavano su e giù con ritmo, quasi a creare una silenziosa melodia nella stanza, una serie di piccoli effetti sonori che prendevano parte a quello speciale incontro spirituale.

Dopo striate colorate di qua e di là, Grantaire si allontanò dalla tela con le mani impiastrate di tempera, il fiato agitato, le labbra semiaperte.

Il profilo di un giovane lo fronteggiava.

Lo sguardo era stato creato rivolto verso l'alto, le linee gialle e verdognole facevano spiccare il blu intenso dei suoi occhi. Il moro sorrise, ed avrebbe sorriso ancora di più se solo avesse notato lo schizzo bluastro sulla sua guancia.

Ora non sentiva più niente...Tutte le sue emozioni erano state rubate dal ladro su quel quadro.

 

 

 

----

 

 

 

 

L'aula era calda.

Il pomeriggio rossiccio che si estendeva al di là del vetro della finestra della scuola trasmise a Grantaire una dolce sensazione di affetto ed accoglienza da parte della natura, simile a quel calore che si prova quando si è ben accolti in casa di qualcun altro.

Era quasi calato il tramonto nella cittadina di Eguisheim, il ragazzo lo capiva dal raggio timido che era entrato dalla finestra ed era andato a toccare il parquet dell'aula di arte, imbrattato di colori mischiati tra loro.
 


 

Grantaire se ne stava seduto su quella seggiola thonet con gli occhi che sbattevano sulla tela biancastra davanti a sé. Ora che si era tolto coraggiosamente il cappuccio della sua solita felpa, i ricci si erano rilassati, con qualche piccola ciocca indiscreta che gli copriva l'occhio destro.

Non era solo in aula, altri ragazzi stavano chiacchierando allegramente davanti alle loro tele aspettando che l'insegnante di arte fosse precipitato nella stanza. Grantaire guardò il suo orologio da polso: le cinque precise.

-Bonjour , mes enfants!-

Una voce squillante e decisa ruppe nel chiacchiericcio della stanza e fu così acuta che per poco Grantaire non cadde dalla sedia.

Un figura snella, alta e tutta agghindata con vesti floreali si presentò davanti agli occhi incuriositi degli studenti.

Grantaire la guardava, affascinato...Gli sarebbe piaciuto dipingerla, magari seduta su un divanetto dell'ottocento, mentre guardava l'orizzonte. Aveva un bel profilo, osservò deliziato.

Con la gonna violetto che svolazzava tra le tele bianche, danzò leggiadra fino ad arrivare alla sua postazione da insegnante con un sorriso da cinema stampato sul viso giovane.

-Sono contenta che siate così in tanti!- gridò entusiasta. Grantaire poteva giurare di averla vista trattenere un saltello di eccitazione.

-Oh, che sbadata, non mi sono ancora presentata!- ridacchiò vivamente- mi chiamo Danielle Rochenne e sarò la vostra insegnate di arte per i prossimi mesi! Non è fantastico?!-

Seguì un leggero chiacchiericcio tra gli studenti, probabilmente si stavano chiedendo se quella donna fosse esuberante di natura...o fosse semplicemente pazza.

Grantaire non la vedeva così: nel suo modo artistico di percepire le cose, la immaginava un soggetto perfetto da dipingere; secondo lui aveva tutte le sfaccettature giuste da cui tirare fuori un ottimo dipinto.

Come quel ragazzo dell'altro giorno, quello che lo aveva chiamato lapinou. Il riccio si guardò le mani, sorridendo appena il ricordo della sua mano che toccava quella di lui si fece presente. Poi spostò lo sguardo sui pantaloni macchiati di colore. Come se potesse essere interessato ad una persona strana come lui.

-Come prima lezione, vorrei vedere un po' come ve la cavate, voglio capire qual è la vostra arte, il vostro modo di dipingere...- gesticolò agitata Danielle.

-Quindi, per cominciare, pennelli e mano e sbizzarritevi nel rappresentare un caro ragazzo che si è messo a disposizione come modello per esprimere la vostra anima.- Grantaire alzò un sopracciglio.

Non aveva mai dipinto una figura umana, non interamente. E quando lo faceva non usava pennelli, soltanto le sue dita, proprio come aveva fatto la scorsa notte con il suo ragazzo misterioso.

-Chéri, vieni, i miei allievi ti stanno aspettando.-

Grantaire distolse gli occhi dalle vesti colorate di Mme Rochenne e vide comparire un ragazzo a petto scoperto, con soltanto un velo bianco di seta che teneva in mano cercando di coprire l'inguine.

Grantaire trattenne il fiato: riconobbe quei cappelli biondo grano e quegli occhi blu oceano...Riconobbe il suo ragazzo misterioso.

Sembrava un po' timido all'apparenza, stringeva quel panno candito sul corpo per paura di farlo cadere. Il viso luminoso rendeva l'aula ancora più raggiante del tramonto fuori alla finestra. L'espressione era pacata, forse un po' agitata, ma nonostante questo aleggiava una dolce aria di tranquillità sugli occhi, contornati da quella morbida capigliatura così intrisa d'oro, che pareva più preziosa di qualsiasi tesoro maya.

E quel capolavoro che avrebbe fatto invidia al Dio Adon, non si era accorto di Grantaire. Per fortuna.

-Mes enfants, lui è Enjolras ed oggi vi farà da modello nella particolare riproduzione del corpo umano. Non dovete fare un quadro anatomico, preferirei che vi lasciaste andare alle vostre emozioni. Vite, vite, a lavoro!- squittì la donna battendo le mani.

Grantaire era ancora perso a guardare il ragazzo: non poteva farci nulla se non riusciva a staccare gli occhi di dosso dalle sue braccia, dalle sue labbra che si schiusero non appena si poggiò sul divanetto per la posa; pur essendo nell'ultima fila di tele, riusciva comunque a distinguere ed a notare tutti quei particolari e, mentre si sporgeva ai lati del cavalletto, sorrideva estasiato ad ogni piccolo nervo che guizzava sulla pelle ambrata di quel ragazzo. Enjolras, si ripeté mentalmente. "Colui che genera terrore".

Ci vollero pochi secondi prima che il riccio si rifiutò di usare i pennelli ed iniziò a dipingere con le proprie mani: guardava e riguardava il corpo sinuoso di Enjolras con attenzione, sporgendosi a lato della tela e ritraendosi per dare qualche ditata qui e là.

Il freddo del colore lo fece rabbrividire di tanto in tanto, ma niente riuscì a distrarlo dalla sua ricerca di dettagli e perfezione.

In poco tempo riuscì a dare forma al suo quadro, la figura quell'Enjolras sdraiato sul divanetto, con la chioma dorata talvolta accarezzata da qualche leggero soffio d'aria che penetrava furtivo dalla finestra dell'aula; il collo era ben visibile, fatto che mise in difficoltà la concentrazione di Grantaire, ma grazie al quale poté individuare tutte le ombre giuste del viso attraverso vari colori, dal bluastro al bianco limpido della veste setosa.

Quando riuscì a finire, si sgridò mentalmente per essersi ricoperto interamente di pittura, viso compreso.

-Intéressant, chéri.-

La voce di Mme Rochenne lo fece sobbalzare. Aveva da poco iniziato a fare dei giri tra le tele, ma era rimasta in silenzio fino a quando non era capitata accanto a Grantaire.

Stavolta la sua voce era cambiata, quasi un sussurro fuoriuscì dalle sue labbra dipinte di viola.

-I pennelli hanno per caso minacciato la tua famiglia?-

-Cosa?- fece il ragazzo.

La donna gli indicò le mani sporche di colore con un unghia ben limata.

-Oh, beh, è che credo che l'animo umano non possa essere definito dai contorni precisi di un pennello, Madame. P-penso sia meglio tentare di plasmare l'anima con le proprie mani.-

Danielle lo fissava.

-E'-è più naturale.- esitò Grantaire poggiandosi una mano dietro la nuca.

L'insegnante guardò di nuovo il quadro con fare pensieroso. Poi si rivolse di nuovo al riccio.

-Come hai detto che ti chiami?-

-G-Grantaire, Madame.

-E' un ottimo inizio, Grantaire. Davvero un ottimo inizio.- e danzò via con la sua gonna larga, lasciando dietro di sé una dolce scia di profumo alla gardenia.

Il ragazzo sorrise, e proprio nel momento in cui alzò lo sguardo notò due occhi blu oceano che lo fissavano dall'altra parte della stanza.

 

Mme Rochenne decise di concludere la lezione cinque minuti prima, grazie ai quali Grantaire poté correre in bagno per cercare di sciacquare le mani insozzate di colore.

Era già con le dita sotto l'acqua tiepida del lavandino del bagno quando una serie di passi lo misero sull'attenti.

-Ahh, ma allora mi stai spiando eh? Prima la caduta, adesso il corso di arte...Non è che ti piaccio?

La figura di Enjolras era alla porta del bagno, con un fianco poggiato sullo stipite.

Grantaire rimase a bocca aperta, con le mani ancora inzuppate d'acqua e colore e lo sguardo fisso sui due specchi color oceano del ragazzo.

-C-cosa? Io non-

Il biondo scoppiò in una leggera risata. Una risata che risuonò talmente dolce alle orecchie dell'artista, che Grantaire poté paragonarla ad un paesaggio primaverile, caldo e profumato.

-Rilassati, lapinou, sto scherzando.- Ora che era vestito, portava una camicia bianca con qualche bottoncino sul collo e dei pantaloni neri che sottolineavano a meraviglia le forme delle sue gambe.

-E quindi sei un artista.- mormorò avvicinandosi a Grantaire. –Danielle mi ha detto che hai un modo tutto tuo di dipingere.-

-Danielle?-

-Si, la tua insegnante di arte. E' in realtà mia zia, per questo la chiamo per nome. E' stata lei ad introdurmi al mondo dell'arte. Ha provato a farmi disegnare, ma ha rinunciato dopo aver visto il mio omino stilizzato un anno fa.-

Grantaire sorrise appena.

-E così fai il modello.-

-Mh mh, per dare opportunità ad artisti meravigliosi come te di esprimersi.-

Per dare opportunità ad artisti meravigliosi come te di esprimersi.

Artisti meravigliosi.

Come te.

-Enjolras, mon amour, faremo tardi! Dove sei?-

Una giovane voce femminile echeggiò nel corridoio.

-Oh, mi sa proprio che devo andare, prima che la mia ragazza si innervosisca e fidati, non sarà un bene per me!-

La mia ragazza.

Grantaire non fu sorpreso di avvertire un piccolo colpo al cuore quando udì quelle tre parole.

Insomma, che cosa si aspettava?

Ovviamente aveva una ragazza.

-Devo proprio andare. Ci vediamo alla prossima lezione, giusto?-

-Ehm, si, certo.- il riccio non riuscì a dire altro.

Guardò il biondo allontanarsi con una corsa fino ad arrivare quasi alla fine del corridoio, dove si voltò e gridò:

-Com'è che ti chiami? Non posso continuare a chiamarti lapinou per sempre, no?-

-M-mi chiamo Grantaire.-

Il biondo sorrise.

-Io sono Enjolras.- disse, per poi correre via verso la snella figura che lo stava spettando al fondo del corridoio, a braccia aperte.

Grantaire lo guardò scivolare via dal suo sguardo per poi scomparire del tutto. Si fissò le mani ancora bagnate.

-Lo so.-

  
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