Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: Jackthesmoker7    09/03/2017    2 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L’impatto contro il primo edificio fu duro.

Non gli fece male, ma lo fece arrabbiare.

Fu quando ne attraversò altri dieci che sentì qualcosa di simile al dolore, ma lo fece solo arrabbiare di più.
Non aveva tempo per accusare la fatica che porta l’uso dell’armatura, doveva andare a punire Slado.
Doveva catturarlo, magari non troppo vivo.
Attivò i propulsori e ripartì a razzo verso la Tyrans Tower, con il campo di forza ad aspettarlo.
Robin ci si scagliò contro a massima velocità, ma l’unica cosa che ottenne fu un altro volo fino a Jump City.
Era furioso: il suo più grande nemico, l’uomo che gli ha rovinato la vita, era lì davanti a lui, nella sua casa, e non poteva farci niente. Niente.
Tornò davanti al campo di forza, e si sforzò di osservarlo con attenzione. Era una cupola che circondava completamente la torre, sembrava fosse costituita da una fitta rete di raggi energetici.
Era una protezione efficiente, che non lasciava buchi o punti deboli che lui potesse sfruttare.
Era frustrato, molto frustrato, ma a malincuore dovette rinunciare.

Non c'era modo di riuscire ad entrare.
“Ma in qualche modo dovranno pur uscire” rimuginò Robin, e si segnò come promemoria di controllare se ci fossero tunnel sotterranei, dopo.

Era così concentrato ad analizzare lo scudo che si era dimenticato di Corvina, sbalzata sul ponte. Era ancora svenuta ma il suo corpo era pieno di ferite, e sanguinava da una brutta ferita alla testa.
Per sua fortuna, Robin si ricordò di non essere venuto da solo.
<< Eccoti qui >> disse lui, individuandola con i sensori dell'armatura: << Mi puoi ancora aiutare. >>
Manovrò l'armatura per prenderla in mano e si librò in volo, diretto verso l'altra torre: << Non finisce qui, Slado! >>
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Cassie finalmente decise di uscire dal suo nascondiglio.
Era spaventata.
Per lei era troppo. Non poteva sopportare tutto quello. 
Aveva conosciuto Robin appena qualche ora fa, eppure sembravano già passati anni. Aveva già rischiato la vita milioni di volte a causa sua!
Quando l'aveva lasciata sola temeva sarebbe morta, ma lui era tornato in tempo e l'aveva salvata, aveva punito i cattivi che volevano farle del male, ma poi l'aveva lasciata ancora da sola.
Provava dei sentimenti contrastanti per il ragazzo, ma erano soprattutto rabbia per averla lasciata sola ed una specie di attrazione e riconoscenza, in quanto era l'eroe che le aveva salvato la vita.
E poi c'erano la paura, l'ansia e l'angoscia, ma quelle le provava già da parecchio prima.
Si riscosse quando sentì il rumore dell'armatura di Robin atterrare pesantemente sul tetto, scuotendo la torre.
Doveva raggiungerlo.
“Dove diavolo sono le scale? Dove?”
Riuscì a trovare una scala a chiocciola che la portò sul tetto.
La vista era stupenda. Il sole stava tramontando, e colorava il cielo di sfumature di arancio, rosa e violetto.
Era bellissimo. Riusciva quasi a farle dimenticare gli orrori di quegli ultimi giorni.

Vide Robin, guardava anche lui il tramonto. 

Ma a differenza di Cassie, non gli piaceva.
Gli ricordava Stella, quando insieme salivano sul tetto per guardare il tramonto. Era così bella quando veniva colpita dalla luce morente del sole.

Ma Slado aveva rovinato tutto, anche il tramonto. Non sarebbe stato mai più lo stesso per lui, lo sapeva, perché avrebbe pensato a lei. Per sempre.
<< Robin >>
Lui si girò: << Cassie. Stai bene? >>
Lei gli si avvicinò, e Robin la scrutò attentamente: era sporca, più sporca di quando l’aveva incontrata, i capelli erano sparati qua e là, come se le fosse scoppiata una bomba in testa, i vestiti erano strappati in più punti e piccoli tagli le percorrevano il lato sinistro del corpo, dalla caviglia al viso, che si notano attraverso i vestiti strappati. La maggior parte se li era procurati durante la fuga da Cyborg, ma alcuni erano stati causati dalla sua furia quando era dentro la Hellbat.
<< Sì, sto bene. Non ho niente di rotto. Solo qualche graffio. >>
<< Vedo... seguimi, qui c'è un'infermeria. >> disse Robin e prese Cassie per mano, trascinandola giù per le scale ed attraverso mezza torre.
La portò in una stanza grigia, col soffitto alto, arredata con un tavolo operatorio nel mezzo e vari armadi contenenti medicinali e ferri medici e annessi macchinari da ospedale schiacciati contro le pareti.
Fece sedere Cassie sul tavolo ed aprì un cassetto, estraendo bende, cerotti e disinfettante: << Ti fanno male? >> chiese, indicando le escoriazioni.
<< No, non tanto >> disse lei, anche se non era la verità. Le facevano un male cane, ma non voleva far preoccupare Robin più del dovuto.

Chissà perché si comportava così.
Il ragazzo stava preparando le garze ed il disinfettante, quando Cassie notò un particolare dettaglio: << Ehi, dove hai messo quella cosa spaventosa? Non c’era quando ti ho visto sul tetto. E neanche quella ragazza emo che avevi portato cn te. >>
Robin aveva preparato le garze e stava per posarle sui graffi della spalla: << Questo farà un po' male >> e premette.
Quando il disinfettante toccò la ferita scoperta all’inizio Cassie provò un forte bruciore, che però scemò velocemente, limitandosi ad un lieve prurito.
Subito Robin avvolse le bende intorno all’area ripulita e cominciò a preparare delle altre garze: << L’armatura Hellbat è in grado di riporsi da sola nell’area a lei destinata per la ricarica delle batterie. In quanto a Corvina, l’armatura l’ha lasciata in una cella che neutralizza i suoi poteri.
Non preoccuparti, ho una certa esperienza quando si tratta di neutralizzare certi individui. >>
E ce l’aveva davvero: il suo mentore gli aveva ricordato spesso che “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”, praticamente il suo credo, ed infatti aveva preparato in entrambe le torri dei piani in caso gli altri Titans fossero passati oltre la linea.
Cassie lo fissò incerta, ma disse solo: << Okay, mi fido di te. >>
"Ragazza, tu riponi la tua fiducia negli altri troppo in fretta" pensò lui, ma evitò accuratamente di dirlo.
Quando finì di fasciarla, Cassie sembrava per metà una mummia, ma i graffi sarebbero guariti in fretta ed a lei sembrava piacere il suo nuovo look.
Robin mise a posto le bende e i medicinali, e stava per uscire quando Cassie disse qualcosa che lo fece indugiare sulla porta: << Grazie >>
Sembrava così irreale che dopo mesi a stare in un buco buio e silenzioso, fuori dal mondo, sentire la voce di qualcuno così gentile.
Era come se qualcuno ti regalasse un milione di dollari un minuto dopo che sei uscito di prigione, e poi ti desse un bacio.
Dopo tanto dolore, quella gentilezza era troppo inaspettata, troppo bella per essere vera.
Si riscosse, ma Cassie notò un attimo di esitazione prima che dicesse << Di niente >> e uscì, facendosi seguire dalla ragazza.
Entrarono nel salotto distrutto nella lotta di poco fa.
Prima doveva essere molto lussuoso, infatti si notavano un enorme televisore a schermo piatto, ormai distrutto, a terra, con i frammenti dello schermo sparpagliati sul pavimento, una consolle hi-tech scardinata da terra ed accasciata sulla parete, in una posizione anormale.
Infine divani, poltrone sfondate, mobili distrutti, lampade tirate fuori a forza dalle pareti, pezzi di cemento dei muri e frammenti di un tavolo da Ping pong erano sparsi ovunque, come dopo una tempesta di vento e metallo.

Cassie non aveva notato questi dettagli la prima volta che era entrata, ma del resto era spaventata a morte.
Robin raggiunse uno dei divani e lo tirò su, sistemò i cuscini e ci si sedette, assorto.
Doveva pensare ad un piano, altrimenti non avrebbe mai fermato Slado.
Dopo un po' che era così, Cassie gli si sedette accanto: << Robin, tutto bene? >> disse lei dopo un po' che erano così: << Lo so che ti conosco da molto poco, ma se hai bisogno io sono qui. >>
Robin si voltò a guardarla e si ricordò quelle lezioni sulla fiducia e sulle persone a cui offrirla, e si ritrovò a pensare: “Che sta facendo? Che vuole da me? Perché è ancora qui? Potrebbe scappare e trovare rifugio in una di quelle piccole comunità di sopravvissuti che aveva visto mentre girava in strada, ma non lo fa.
Perché? Cos’è che la muove?”
Cassie cominciò ad avvicinarsi al ragazzo, piano piano, fini a quasi toccarlo: << Non hai nessun motivo per fidarti di me, lo so, ma voglio dare una mano. Ho imparato a fare molte cose da quando tutto è iniziato.
Posso aiutarti, solo permettimelo.
Ti prego. Per favore. >>
La ragazza era molto vicina.
Troppo per Robin.
Alcune idee nacquero nella mente del ragazzo, e non c'entravano niente con Slado.
Gliele facevano venire in mente il suo profumo, la sua pelle, le sue labbra, i suoi capelli...
Stava muovendo una mano, nemmeno lui sapeva perché o per fare cosa, ma si fermò.
E si ricordò di un altro insegnamento del suo maestro.
Uno dei più importanti.
Si ricordava benissimo ogni dettaglio di quella sera: era appena tornato da un appuntamento con una ragazza stupenda quando lui gli aveva proposto un incontro d'allenamento, per vedere come se la cavava nelle arti marziali.

Lo stava allenando da ben tre anni ormai.
Gli aveva promesso di andarci piano, ma fu lo stesso molto difficile tenergli testa.
Robin era stato mandato al tappeto per la terza volta quando lui disse: "Fai attenzione con le donne. Ti distraggono, ti indeboliscono.
E tu devi essere sempre concentrato, forte, altrimenti..."
Si ricorda che lui gli urlò contro: "Non sono affari tuoi!"
Cercò di colpirlo con un calcio volante, ma non riuscì, e finì al tappeto per la quarta volta.
Il suo maestro torreggiava sopra di lui, immerso nell'ombra, per impartirgli la lezione: "Mai distrarsi ragazzo. Mai!"
"E adesso posso permettermi di distrarmi?" si chiese, tornando alla realtà.
Poi allontanò lo sguardo da Cassie, e capì cosa doveva fare.
Si alzò: << Vieni, ti mostro dove dormirai. >> disse, e guidò la ragazza lungo i corridoi e le scale della torre, verso gli alloggi. Li conosceva bene dato che aveva aiutato a costruirli.

Riuscì a trovare una stanza integra:
<< Ecco, qui ti troverai bene. >> disse lui aprendole la porta: << Se hai bisogno di qualcosa, chiama. >>
Cassie entrò e si sedette sul letto, testandone la morbidezza: << Ok, grazie. >>
<< Ora devo andare, devo fare una cosa. Buonanotte. >> 
<< N-notte Robin. >>
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Cassie si distese sul letto, improvvisamente esausta.
Si sentiva delusa, io perché non lo sapeva neppure lei, ma sperava che succedesse qualcosa.
Che lei e lui facessero qualcosa.
Raccolse le gambe e si mise in posizione fetale: non aveva mai  dormito al sicuro dall’attacco di quel terrorista, non si era mai fermata da quando tutto era iniziato.
Ed in quel momento non poteva fare più niente per evitare di pensare a tutto ciò che le è successo, e le lacrime cominciarono a scorrere.
E continuarono per tutta la notte.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
“Strano, mi è sembrato di sentire dei singhiozzi” ma non aveva tempo per questo, c’era qualcosa di più importante da fare.
La tuta gli aveva inviato un messaggio avvertendolo del risveglio della prigioniera, e stava andando a parlarle.
La cella speciale era tre piani sottoterra e l’ascensore era stato distrutto nell’attacco, quindi doveva usare le scale.
A metà strada lo colpì una fitta tremenda, che si ripercuoteva in tutto il corpo: "Cosa..."; sentì le gambe cedere e cadde dalle scale, finendo lungo disteso per terra, su un pianerottolo che intervallava le rampe.
"A...iu...to. Aiuta...temi". Non riusciva a parlare dal dolore; alle fitte si aggiunse anche il dolore della caduta. Forse aveva una costola rotta.
Dopo un minuto che sembrava durato ore il dolore passò e riuscì a rialzarsi, incerto sulle gambe, e continuò a camminare, diretto verso il piano inferiore.

Non poteva mollare proprio ora.
Era questo il prezzo da pagare per usare la Hellbat, un enorme dolore, un pezzo di vita in meno da vivere.
Quando aveva indossato la tuta, aveva percepito l'enorme potere che poteva dargli, ma sentiva anche ciò che pretendeva in cambio.
Era la sua ultima possibilità per rimettere a posto le cose, e non l'avrebbe sprecata.
"Non posso pensare a me stesso. Ho cose più importanti da fare" pensò mentre si trascinava malconcio, sopportando anche una caviglia storta.
Raggiunse un piano apparentemente vuoto, spazioso, con il soffitto alto ma senza finestre o pareti di vetro.
Premette un pulsante nascosto sotto il colletto del suo costume, e si collegò alla scatola nera della torre, o almeno ciò che ne rimaneva.
Il pavimento si aprì e ne fuoriuscirono dei cubi.
Erano cubi particolari, in quanto erano ideati per contenere ciascun membro dei Teen Titans o di affiliati nel caso fosse stato necessario.
Era la sua prigione segreta.
Non era il primo e neanche lontanamente l'ultimo segreto che aveva nascosto ai suoi compagni, ma era un bene che l'avesse fatto.
Il primo cubo era per Cyborg, ed all'interno delle onde elettromagnetiche avrebbero impedito ai suoi sistemi di funzionare o di connettersi a internet; la seconda era una gabbia con pareti laser costantemente sorvegliata da telecamere, in modo che se BB si fosse trasformato in un essere minuscolo per scappare lo avrebbe notato è fulminato.
Poi veniva la cella per Stella, che era rinforzata con un metallo riflettente ed in grado di resistere senza problemi all'impatto di un meteorite di grosse dimensioni. Era stata la più difficile da costruire, non tanto per la reperibilità del materiale, quanto al pensiero di doverla rinchiudere là dentro, ma l'aveva costruita lo stesso.
Infine, lontano dalle altre, si stagliava una porta diversa dalle altre.
Era di color grigio perla, più grande delle altre. Ogni centimetro era percorso da simboli magici, per bloccare le capacità magiche del prigioniero.
Non si poteva neanche accedere normalmente: bisognava pronunciare la parola d'ordine al contrario.
Robin arrancò fino a toccarla è pronunciò la parola: << Azzerucis >>
La porta cominciò a muoversi, scorrendo piano di lato, fino a scomparire.
Il ragazzo riuscì a entrare a stento, prima di svenire.
L'ultima voce che sentì fu quella di Corvina che lo salutava: << Ciao Robin. Ti vedo bene. >>






Ecco qui. Scusate il ritardo, ma febbraio è stato un mese un po' così.
In compenso il capitolo è piuttosto carino.
Non preoccupatevi, il prossimo arriverà senza ritardi.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: Jackthesmoker7