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Autore: Lucius Etruscus    10/03/2017    1 recensioni
Stringere alleanza con il diavolo ha sempre dei costi, ma il maggiore Dunja è disposta ad accettarli. Sull’Avamposto di ricerca scientifica Adullam sbarcano Dunja e Boyka per stringere alleanza con il dottor Lichtner, uno scienziato specializzato nella costruzione... delle armi più inaspettate dell’universo. È solo questione di tempo prima che la situazione esploda...
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di 20th Century Fox (Aliens) e Nu Image / Millennium Films (Boyka). Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
In fondo al testo riporto tutte le fonti che ho utilizzato per la stesura.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella mattina Boyka uscì presto dalla sua stanza per andare ad allenare Eloise, ma fuori trovò Olimpia immobile a fissarlo. Non ricordava quando se ne fosse andata, la notte prima, per far dormire qualche ora lui e Dunja, ma l’impressione che ebbe fu che avesse aspettato tutto quel tempo fuori dalla stanza. Visto che era in fondo un robot, la cosa non avrebbe per nulla stupito.

«Il dottor Lichtner ha chiesto la presenza di entrambi alla sua colazione», disse la ginoide in tono afono.

Boyka la fissò incerto: non sembrava la stessa donna con cui avevano parlato la notte prima – con cui aveva complottato la notte prima – e probabilmente quel cambio di “personalità” era dovuto al suo rientro nei ranghi. «Quindi non devo allenare Eloise, come da accordi presi con il dottore?»

«Il dottor Lichtner ha richiesto espressamente la presenza di entrambi alla sua colazione», ripeté Olimpia come un messaggio registrato.

Boyka annuì. «Vado a svegliare Dunja e ci vediamo nella sala.»

Anche la donna annuì. «Aspetto qui, così vi accompagno.»

I due si guardarono ma la ginoide non aveva alcuna espressione che si potesse interpretare.

Il lottatore entrò e, lasciando la porta aperta, si sedette sul letto di Dunja in modo da dare le spalle ad Olimpia. Svegliare Dunja fu facile e prima che la donna potesse dire qualsiasi cosa Boyka si portò l’indice alla bocca, incitando a fare silenzio. «Qualcosa è cambiato», bisbigliò l’uomo. «Il nostro piano è appena stato fottuto.»

~

Stavolta il clima in cui gli ospiti mangiarono con il dottore non fu di noia, ma di tensione: la consapevolezza che Lichtner stesse per sferrare un tiro mancino era palpabile nell’aria. Dunja si era vestita con la solita uniforme con tanto di pistola d’ordinanza – più che altro un talismano che la faceva sentire tranquilla, visto l’inutilità di quell’arma con gli xenomorfi. Boyka non aveva nulla con sé e nulla aveva portato: il suo corpo era la sua unica arma e quella era sempre carica.

«Ben svegliati, cari miei», li accolse mellifluo Lichtner. «Spero abbiate dormito bene.»

Chiaramente il dottore aveva scoperto che invece di dormire avevano confabulato e complottato, così Boyka prese la parola cambiando subito argomento. «Pensavo che il mio addestramento di Eloise sarebbe durato più di un giorno: abbiamo fatto giganteschi passi in avanti, ma...»

«Non è più necessario alcun addestramento», tagliò corto e lapidario il dottore, lasciando il lottatore stupito. «Eloise ha imparato tutto ciò di cui aveva bisogno, entrando nella condizione d’animo perfetta per il suo compito: non a caso stanotte è stata protagonista di uno sgradevole incidente.»

«Incidente?» chiese preoccupato Boyka.

«Ha ucciso facilmente e a sangue freddo la “sorella” che le portava la cena», spiegò il dottore non nascondendo una palese soddisfazione, come se fosse esattamente questo il comportamento che voleva ottenere dal suo “esperimento”. «Finora la sua ribellione era assimilabile ai capricci d’una bambina: ora invece uccide come un’adulta, quindi è pronta per combattere al DOA.»

«Uccidere non è combattere, dottore», provò a ribattere Boyka. «Ha ancora bisogno di...»

«Eloise non ha più bisogno di nulla», tagliò di nuovo corto Lichtner. «L’addestramento è stato ottimo ma ormai non c’è bisogno d’altro: impareranno ciò che rimane con l’esperienza.»

Dunja finalmente intervenne. «Ha usato il plurale... non stavamo parlando solo di Eloise?»

Il dottore sorrise in modo malvagio. «Mi sono dimenticato di rivelarvi un particolare delle mie xeno-ginoidi... Vi piace il nome?» Nessuno rispose. «Comunicano tra loro a livello telepatico perché geneticamente sono in tutto e per tutto degli xenomorfi, ma questo vuol dire anche un’altra cosa...» Il dottore si compiacque nel vedere Boyka contrarre la mascella. «Vuol dire che insegnare a combattere ad una di loro... significa addestrarle tutte.»

Dunja e Boyka fecero scorrere gli occhi sulle donne che circondavano il dottore, provando un brivido che attraversò la schiena.

«Quando ieri sera c’è stato quello scontro diretto», continuò il dottore, «la comunicazione tra le mie xeno-ginoidi è esplosa e si sono passate tutto il “nuovo materiale” imparato da Eloise. Ora sono tutte forti, anche se solo quest’ultima si presenterà al torneo.»

«Quindi ora non ha più bisogno di noi?» chiese con un filo di voce Dunja.

«Esatto», rispose gongolando il dottore. «Devo ringraziarvi perché siete stati molto più utili del previsto, ma ora il DOA mi aspetta e successivamente dovrò governare l’universo con la mia nuova impresa commerciale. Capirete che questi impegni sono più pressanti dei doveri dell’ospitalità.»

«E Rykov?»

La domanda fulminò il dottore, che fissò a lungo Dunja. «Ha ragione, maggiore, quasi dimenticavo.» Alzò una mano e parlottò sottovoce con la donna che si chinò su di lui. Dopo qualche momento entrarono degli xenomorfi trasportando la grande cassa dove “dormiva” il generale. «A questo punto facciamo partecipare anche lui, no?» disse sorridendo il dottore.

Appena la cassa fu posata al centro della sala, Dunja scattò: «C’è una procedura complessa per aprire la cassa, ci penso io...»

«Non si preoccupi, maggiore», la fulminò Lichtner. «Conosco bene quei contenitori criogenici e posso dare indicazioni alle mie xeno-ginoidi. Temo che lei invece non conosca molto bene le casse di trasporto fucili, maggiore, visto che è stato più facile del previsto sostituirle al momento di consegnarle ai suoi uomini.» Dunja raggelò e lo fulminò con lo sguardo. «Dalla sua mancanza di reazione capisco che la mia poco fedele Olimpia le ha già raccontato della “cassa di Schrödinger” che ora giace nella sua astronave: finché non verrà aperta nessuno saprà il suo contenuto di morte.» Sorrise. «Lei sa cosa può fare un solo alieno all’equipaggio di una nave... figuriamoci i dieci che riposano in quella cassa, pronti ad uscire dalle uova in cerca di ospiti freschi...»

«Perché?» Invece di esplodere di rabbia, Dunja si dimostrò invece altamente delusa. «Perché se l’è presa con i miei uomini, che non c’entravano niente in tutto questo?»

Uno sbuffo di vapore uscì dalla cassa con un sibilo: il liquido criogenico cominciava a fuoriuscire. Il dottore lo ammirò divertito, prima di rispondere con voce dura. «Perché nessuno viene qui, a casa mia, ad ordire contro di me senza pagarne conseguenze molto salate. State parlando con il più illustre scienziato della galassia e fra poco signore dell’universo: e pensavate di prendermi per il culo impunemente?»

«Stai sbagliando, dottore.»

Lichtner aveva alzato il suo tono di voce fin quasi ad urlare con Dunja, ma quella frase lapidaria di Boyka l’aveva riportato alla calma. «Lei crede, “miglior lottatore dell’universo”?» chiese Lichtner dopo qualche attimo di stupore, sfottendo l’uomo.

«Credi che avere imparato telepaticamente qualche mossa renda i tuoi mostri capaci di lottare? Perché allora una delle tue ginotroie non prova di nuovo ad uccidermi? Al DOA immagino che incontrerete lottatori forti quasi quanto me.»

Lichtner sbottò in una sonora risata, prima di rispondere. «Giuro, mi mancherà da morire la strafottenza di questo tizio: magari potrei clonarti, signor Boyka, così da avere un giullare sempre con me.»

«Questo sarebbe un no?»

Il dottore rise di nuovo. «E va bene, voglio concedermi questo sfizio, e visto che mi fai così ridere ti concederò la morte veloce e misericordiosa dell’essere abbattuto da una delle mie... come le hai chiamate? Ginotroie?» Rise di nuovo. «Ma visto che il mio scopo è vincere il DOA, tanto vale organizzare una prova generale.» Diede altri ordini alle sue donne. «Tanto vale vedere se hai insegnato bene ad Eloise: sarà lei a massacrarti.»

~

Dopo qualche minuto in cui Dunja e Boyka cercarono di comunicare con gli sguardi, senza alcun risultato se non un inequivocabile espressione da “Il piano è davvero fottuto”, un gruppo di donne entrò in sala portando in catene Eloise: evidentemente non si fidavano a lasciarla troppo libera.

«Allora, grande lottatore», schernì Lichtner, «sei pronto ad affrontare la tua allieva?»

Boyka si alzò con decisione dalla tavola e si tolse la giacca della divisa, arrotolandosi con calma furente le maniche della camicia. «È un peccato rovinare una combattente così perfetta, ma l’hai voluto tu, dottore

Un’altra risata riempì la stanza. «Come hai fatto a sopravvivere in carcere, Boyka? Non tutti potrebbero trovarti divertente, come faccio io.»

Il lottatore si avvicinò al gruppo di donne al centro della stanza e quando queste si scansarono, portando via le catene, vide Eloise... ad occhi chini e tremante. Non poteva essere paura, pensò Boyka, perché allora tremava? Era piena di lividi, forse le sue “sorelle” erano state troppo irruente, ma una creatura forte come lei non poteva tremare per così poco...

Quando finalmente la donna alzò gli occhi e i due si guardarono, Boyka capì. Quegli esseri comunicavano in continuazione... e quindi aveva saputo che avrebbe dovuto uccidere il suo maestro. Tremava perché non voleva farlo?

«Allora, Boyka», lo schernì Lichtner. «Ti piace questa situazione paradossale? Ti tocca sperare di aver insegnato male alla tua allieva, così da avere una speranza, ma sei così pieno di te che magari la consapevolezza di non essere un così bravo lottatore di ucciderebbe lo stesso.»

I vaneggiamenti e le risate del dottore non interessavano Boyka, che stava fissando qualcosa che solo ora notava. Qualcosa che non si sarebbe mai aspettato, qualcosa che cambiava tutto...

Eloise stava indossando delle mutande.

~

Boyka fissò allibito la lottatrice che stava davanti a lui mezza nuda, coprendosi il petto con le braccia e con la testa chinata. «Stai portando le mutande...» bisbigliò.

La donna annuì. «Mi avevi chiesto di farlo.»

«Dove mai puoi averne trovate in...?» Boyka sgranò gli occhi. «Per questo hai ucciso quella tua sorella? Per rubarle le mutande?»

Eloise tirò con il naso. «Non avrei saputo dove trovarne altre. E io non ho sorelle...»

Boyka fissava stupito la donna che tremava come un pulcino. «Che vuoi dire? E perché stai tremando così?»

«Nessuno qui mi ha mai dato nulla di quello che mi hai dato tu in un solo giorno: mi hai trattato come se io appartenessi alla tua razza, come se io fossi qualcosa di vero invece di un mostro da laboratorio.»

«Tu non sei un mostro da laboratorio, Eloise. Quella è la tua origine così come io sono stato cagato in un carcere: questo non ha nulla a che vedere con quello che siamo diventati.»

«Si può sapere di che state parlottando?» chiese il dottore, che dalla sua postazione non udiva i bisbigli dei due lottatori.

«Vogliono che ti uccida», continuò Eloise bisbigliando.

«Lo so, e devi farlo se vuoi sopravvivere. Ovviamente io cercherò di impedirtelo.» Boyka la fissava con occhi dispiaciuti. «Penso che potrei batterti facilmente», aggiunse.

La donna tremò e lo guardò con occhi pieni di lacrime. «Lo so anch’io, per questo la situazione è assurda. Così come è assurdo che io mi trovi qui, circondata da schiave che potrei spezzare con una mano sola...»

Dopo un attimo di silenzio stupito Boyka bisbigliò. «Ma allora...»

Eloise lo fissò e, tra le lacrime, gli sorrise. «Un maestro una volta mi ha detto di fingermi sempre debole e indifesa... prima di iniziare a spaccare culi.» Le scappò un sorriso. «Come ho detto, non ho sorelle... perché io sono la loro regina...»

Boyka sghignazzò. «Spudorata e tronfia... Ora sì che sei una vera combattente!»

«Insomma, cominciate?» stava gridando il dottore. «O devo spronarvi in qualche modo spiacevole?»

Boyka, senza mai distogliere gli occhi da Eloise, cominciò a togliersi lentamente la camicia. «Quante schiave hai alle spalle?»

Eloise, sempre fingendo di tremare, non gli toglieva gli occhi di dosso. «Cinque. Tre distanti e due più vicine, che ancora hanno in mano le catene con cui hanno osato trascinarmi qui.»

«Sicura che non ti leggano nella mente e capiscano il tuo gioco?»

La donna scosse la testa. «Il dottore non ha pensato che rendendomi più umana delle altre mi avrebbe donato una qualità che manca completamente a quelli della mia razza: la capacità di mentire. Le mie schiave non hanno controllo su ciò che pensano, io invece sì: sto comunicando loro paura così le tengo buone.»

«Come la mettiamo con quelle due creature che hanno portato la cassa? Sono ancora lì, ferme...»

«A quelle penso io», rispose decisa Eloise. «La mia forza è quasi pari alla loro: tu occupati delle schiave dietro di me.»

Facendo cadere la camicia per terra Boyka sorrise. «Sarai la regina di queste creature, ma non pensare neanche per un attimo di essere la mia.»

Eloise rise, rise forte, di gusto, mentre iniziò a sgranchirsi braccia e gambe, pompando i muscoli. «Ti lascio decidere quando attaccare.»

Lo sconcerto cominciò ad attraversare i volti delle ginoidi: non capivano più i messaggi che arrivavano dalla loro “sorella”.

Boyka fece scrocchiare le nocche. «A proposito... belle mutande.»

Eloise non si aspettava il complimento, e chinò la testa a guardarsele. «Davvero?»

«Fregata!» gridò Boyka, lanciandosi contro le ginoidi stupefatte.

   
 
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