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Autore: njaalls    10/03/2017    1 recensioni
Meritano di provare quei sentimenti?
Meritano di paragonare la loro storia e i loro baci, incasinati e superficiali, a quelli di un amore apparentemente forte come quello dei loro amici? Eva si sente quasi sporca a pensare che il loro interesse nato in maniera puramente carnale e superficiale, possa essere paragonato a qualcosa di così grande quanto lo è la devozione di Even per Isak. Non crede di poter competere, o forse è solo lei che dovrebbe smettere di credersi inferiore agli altri.

[Raccolta Chriseva]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Più lunghetta della scorsa os, è ambientata dopo la s3: compaono quasi tutti i personaggi e c'è un principio di Sana x Jonas sullo sfondo della vicenda narrata. Non hanno mai avuto vere e proprie interazioni nello show, ma mi piacciono troppo, scusate hahah
Spero vi piaccia, comunque :)
njaalls


Prompt: “Why he's bleeding?”
“Because he's an idiot”
“I didn't know that idiocy caused people to just start spontaneously bleeding from the noise”
“I think it's a new phenomenon


È giovedì, il sole è scomparso in cielo già da un po' e Vilde sta mangiando l'ultimo antipasto rimasto nel vassoio, un bicchiere di vino tra le mani e il solito sguardo elettrizzato che la caratterizza durante le riunioni del bus. Parla da una decina di minuti, solo poche volte è stata interrotta da Chris o Eva, mentre Sana si esprime a smorfie e Noora resta in silenzio, evidentemente assorbita da altro.
L'orologio segna le sei del pomeriggio e alla fine stanno parlando di tutto e di niente, perché ogni interruzione è superflua e le risate sono più frequenti delle parole bus o Russ.
C'è la musica in sottofondo e le bottiglie di vino che si dimezzano con parsimonia, il piatto di stuzzichini che Eva riempirà finché non resterà più nulla in dispensa e Sana che di tanto in tanto guarda il telefono, forse in attesa di qualcosa.
Sono le sei e diciotto quando il campanello di casa Mohn suona all'improvviso, facendole balzare sulle loro sedie. La schiena di Eva si raddrizza nello stesso istante in cui Vilde spalanca gli occhi e Noora aggrotta le sopracciglia: improvvisamente, sono tutte attente. Si scambiano una serie di occhiate, quasi si aspettassero che una di loro ammettesse di aver invitato qualcuno alla riunione, ma restano tutte in silenzio, in attesa. È Eva a spezzare quella situazione.
«Avete detto a qualcuno di venire?» domanda, cercando gli occhi di tutti e soffermandosi su Vilde più a lungo.
«No, non guardami così» è la risposta che riceve in cambio, mentre scuotono la testa. «Te lo avrei detto, se avessi invitato qualcun altro a casa tua»
Eva si stringe nelle spalla e si alza dal divano, i piedi coperti dai collant e la gonna di jeans che si affretta a tirare giù. È automatico per le altre fare lo stesso ed aspettare che lei si muova per prima verso l'ingresso e seguirla di conseguenza. Restano qualche secondo a contemplare la porta, prima che dall'altro lato del legno, la persona spinga di nuovo con impazienza il dito sul campanello.
«Chiedi chi sia» suggerisce Sana, dopo un secondo di confusione all'ennesimo suono squillante per richiamare la padrona di casa alla porta.
«Sì, chiedi chi sia» conferma Chris, annuendo. Ha i capelli legati con uno chignon morbido e quando agita la testa, le si spettinano ancora di più. «Potrebbe essere un molestatore e a quel punto non apriremmo»
«Non sei d'aiuto, Chris» le fa notare Vilde con tono gelido e uno sguardo che se potesse uccidere, avrebbe già messo l'amica al tappeto. 
Noora sospira e alzando gli occhi al cielo, chiede: «Chi è?»
«Noora? Sono William» risponde immediatamente la voce dall'altro lato, con tono alto ed impaziente. Quando Noora spalanca gli occhi e scuote la testa, Eva la guarda dubbiosa, in cerca di una risposta: deve aprire o no? Non che lei non si senta di lasciarlo entrare in casa propria, ma dell'espressione della sua migliore amica, comprende improvvisamente cosa l'abbia turbata tutto il pomeriggio. Sta per chiederle di darle un suggerimento, quando la voce dall'altro lato torna a farsi sentire. «Ragazze? Ho bisogno di una mano... Con Chris»
Eva apre la porta di slancio.
Lo fa senza nemmeno pensarci, senza dare troppo peso all'umore di Noora o ai sospiri più tranquilli delle altre. Lo fa senza pensare troppo al fatto che sono passati due giorni dall'ultima volta che si sono visti, lei e Chris, e in cui aveva giurato che non gli avrebbe più parlato, anche se adesso ricordarsi il motivo le viene difficile: Eva apre la porta, ricordando a se stessa di mantenersi tutta d'un pezzo, anche se per una questione personale deve lasciarli entrare. Forse affetto. Anzi, sicuramente affetto.
Quando spalanca la porta, la prima cosa che vede è William, più alto e più slanciato rispetto alla figura che gli sta accanto e che sembra stia cercando di far tutto, tranne che guardare all'interno della casa. Il suo migliore amico lo regge dalle braccia, cercando di tenerlo il più possibile in piedi, mentre Chris non lo aiuta, voltando lo sguardo verso la strada. Eva incrocia le braccia al petto e attende una spiegazione, prima che le altre la supportino dall'interno, alle sue spalle. Gli occhi di William si soffermano su Noora, con un'espressione forse infastidita, prima di spostarsi inevitabile su Eva, i suoi capelli più corti di quando l'ha conosciuta e il suo sguardo altrettanto accigliato.
«Non voleva venissi qui, ma sei l'unica persona che mi è venuta in mente» inizia, stringendosi nel cappotto nero. Poggia una mano allo stipite della porta dell'ingresso per reggersi in piedi e con l'altro braccio dà una scossa a Chris, il quale finalmente volta la testa. È involontario per Eva piegare il capo all'indietro, assottigliare lo sguardo e cercare di ignorare la preoccupazione, mentre sul suo viso compare una smorfia di incredulità e dolore. Poi William continua a parlare. «Io non ho più il mio appartamento e andare a casa sua avrebbe preoccupato sua madre. Eri la nostra migliore opzione»
Eva distoglie lo sguardo dagli occhi gonfi e arrossati di Chris, il sangue che gli cola dal naso e le sue mani sporche di rosso, prima di lanciare un'occhiata al ragazzo — o ex?— di Noora e stringere ancora di più le braccia al petto, quasi come quel gesto potesse portarla altrove.
«Oh mio dio» è il commento che Eva sente e che sia sicura provenga da Vilde, anche se dubita che le altre siano meno impressionate dal sangue quasi esagerato che cola dal naso di Chris e dal suo occhio di nuovo pestato e colorato di rosso. Presto diventerà violaceo, questione di giorni.
A quel punto Eva si fa da parte e le altre seguono il suo esempio, scostandosi per creare un varco all'interno della casa. William e Chris mettono insieme in paio di passi malfermi ed Eva abbassa gli occhi, le mani strette alla maniglia, mentre è certa che un paio di occhi verdi non smetta di guardala, quasi volessero studiarla in maniera disperata e volessero capire cosa stia pensando. Non si stupirebbe, se ci riuscisse.
Quando la ragazza alza lo sguardo dal tappeto dell'ingresso sul quale sono tutti più o meno fermi, ottiene una conferma: Chris la sta osservando, il dorso di una mano tenuta contro il naso e questa sporca di sangue. Eva regge la situazione con tutta la forza e la durezza che possiede, quando decide di superare le sue occhiate calcolatrici e di dire a William di portarlo in bagno, indicando una porta alla fine del corridoio. È Noora a condurli lì, mentre Eva si allontana, senza parlare con nessuno.
Improvvisamente la cucina la sembra il posto più sicuro al mondo, eppure ci si ritrova dentro, i pugni chiusi e la testa che la porta davanti al frigo. Con le mani bollenti prende del ghiaccio e quasi quel contatto la infastidisce, bruciandole i palmi che fino a prima erano piacevolmente caldi. Lancia il pacco gelato sul tavolo che divide la cucina-soggiorno in due zone e questo produce un tonfo secco che Eva ignora, ma che vede far sobbalzare Sana, in un angolo del proprio campo visivo.
«Hai bisogni di aiuto?» è la voce di Chris, la quale si avvicina ad Eva, seguita da Vilde. Entrambe si mantengono ad una certa di stanza di sicurezza, quasi avessero paura che avvicinandosi le loro sorti possano essere uguali, o peggiori, rispetto a quelle del ghiaccio. 
«Ad ucciderlo?» chiede di rimando, aprendo un cassetto e rovistando dentro in cerca di qualche strofinaccio pulito. Quando ne trova una manciata, li afferra tutti, sbattendoli sul tavolo. Questa volta non procurano nessun rumore.
«Ho imparato a nascondere cadaveri. Nessuno dubiterà di noi» è l'unico commento di Sana, il viso impassibile, prima di voltarsi verso Vilde, la quale le lancia un'occhiata che è un misto tra confusione e stupore. «L'ho imparato guardando Desperate Housewives» spiega, tirandosi distrattamente l'hijab sulla fronte. Chris annuisce, afferrando la referenza.
Eva invece sospira, prima di agguantare tutto l'occorrente ed allontanarsi con le braccia piene: se la seguono verso il bagno, non lo sa, perché non presta loro attenzione. Percorre il corridoio in maniera sgraziata, con i talloni che producono rumore contro il pavimento freddo e duro, e si ferma appena prima della porta. Noora è poggiata a questa, le braccia incrociate e le labbra serrate: quando Eva si arresta, si volta verso di lei e con tanto impegno, le riserva un sorriso che dovrebbe essere incoraggiante, prima di stringersi e farle spazio sulla porta. Un passo avanti ed Eva è allo scoperto.
Chris è seduto sul tavoletta chiusa del gabinetto, i vestiti impregnati di sangue, mentre guarda le proprie mani che tentano di trattenere la fuoriuscita del liquido, invano.
«Testa avanti» è la prima cosa che gli  dice, attirando l'attenzione del ragazzo, il quale le lancia un'occhiata, prima di fare dondolare più e più volte la testa. 
«Sì, lo so» risponde, il tono sfacciato che userebbe un bambino che, dopo essere stato rimproverato tante volte, è stufo di sentirsi dire la stessa cosa. L'idea di cacciarlo via tenta Eva come mai prima d'ora, così prende un profondo respiro e distoglie lo sguardo, concentrandosi con tutte le proprie forze su William.
«Perché sanguina?» domanda, parecchio certa di conoscere la risposta. Per una volta, vorrebbe solo che la risposta fosse un'altra: non ha idea, Eva, di cosa potrebbe causare una perdita di sangue così copiosa dal naso, oltre una rissa, ma lei ci spera, inutilmente, con tutta se stessa. 
«Perché è un idiota» è la risposta che fa battere più volte le palpebre di Noora, quasi non potesse credere che quelle parole vengano da William Magnusson in carne ed ossa. 
«Non pensavo che l'idiozia potesse far sanguinare spontaneamente la gente dal naso» è l'unico commento atono di Eva, prima che pieghi la testa di lato e guardi William aprire le braccia, in maniera spontanea.
«Penso sia un nuovo fenomeno» ammette e Noora per tutta risposta, scuote il capo, allontanandosi. William sospira e cercando una dose di affetto in Eva, si avvicina quanto basta per non dover urlare e poter essere comunque sentito. «Quanto ci vorrà prima che smetta di essere arrabbiata con me?»
Eva fa una smorfia e si stringe nelle spalle, indecisa su cosa dire. Non crede di avere abbastanza confidenza con William per essere totalmente sincera, ma non vuole nemmeno abbatterlo, perché tutti sbagliano e Noora è solo orgogliosa. Eva è piuttosto certa che qualsiasi persona, dopo essere stata trascurata dal proprio partner, nello stesso modo in cui William l'ha gradualmente messa da parte durante il loro soggiorno a Londra, sarebbe restia al perdono nei suoi confronti. Questo Eva, però, se lo tiene per sé e si limita a fare una smorfia, prima di rassicurarlo con impaccio. «Dalle tempo» e forse, se è amore, potranno aggiustare le cose tra loro.
In risposta riceve solo un sospiro, prima che entrambi si voltino verso Chris, ancora seduto, che sentendo improvvisamente l'attenzione su di sé, alza lo sguardo dalle proprie dita sporche.
«Che facciamo con lui?» domanda il suo migliore amico, togliendosi il cappotto e lasciandolo sulla lavatrice in un angolo del bagno. 
«Posso ucciderlo?» chiede Eva retoricamente per la seconda volta quella sera, causando una risatina da parte di entrambi. Ma quando lancia un'occhiata risentita a Chris, questo sa che è meglio tacere e la guarda fare qualche passo, lasciando ciò che tiene tra le braccia sul bordo del lavandino. Quindi lo raggiunge, le dita di Eva lo sfiorano sotto al mento e lo colgono di sorpresa. Il ragazzo cerca di aggrottare le sopracciglia, ma con scarsi risultati e grandi difficoltà date dai continui dolori su tutto il viso. Eva lo studia qualche altro istante. «Dovrebbe andare in ospedale, William» mormora solo, prima di prendere completamente il suo viso tra i palmi. Si sporca le mani di un sangue non suo, ma al momento non le importa e involontariamente passa il pollice su un taglio aperto sullo zigomo. Chris si agita, quanto basta per allontanarsi appena da quel tocco, e all'istante una zaffata di uno strano e familiare odore arriva al naso di Eva: fa una smorfia e prova ad ignoralo con tutta la propria volontà.
«Non voglio andare in ospedale» dice Chris rivolgendosi ad Eva, socchiude poi gli occhi quando lei le tasta un punto più doloroso. «Troppe domande e poi—» si interrompe, portandosi una mano sul naso, non facendo altro che è aumentare il sangue sulla propria pelle. «Non posso» continua a ripete.
«Ma io qui non posso fare molto»
«Non può andare in ospedale, Eva» la interrompe William, mordendosi un labbro e iniziando a camminare nel bagno di modeste dimensioni. Chris allarga le braccia, come a voler confermare le parole del suo migliore amico, nella speranza anche che lo aiuti. «Dio solo sa quanta erba abbia fumato»
«Sapevo che era erba» esclama per tutta risposta Eva, allontanando il viso di Chris dalle proprie dita. «Odio questa puzza e tu ne sei impregnato»
Christoffer si sforza di alzare un sopracciglio in segno di sfida, come se volesse chiedere ad Eva, se abbia davvero il coraggio di rimproverarlo anche per quello. Lui di solito non fuma erba, limitandosi ad un drink di troppo o una sigaretta in più quando ha bisogno di staccare la spina, semplicemente divertirsi, eppure quella volta aveva accettato la compagnia di una canna senza rimuginarci troppo. «È solo erba»
«La marijuana è una droga» risponde infastidita Eva che subito dopo afferra una mano di William, ancora intento a camminare avanti e indietro per il bagno, e la poggia non troppo delicatamente sul setto nasale di Chris. Entrambi protestano, per due motivi differenti. «Tu tieni la testa bassa e metti il ghiaccio sull'occhio» impartisce ad uno, avvolgendo l'oggetto freddo intorno ad un panno caldo e porgendoglielo. «E tu tienigli premuto questo punto. Non troppo forte, solo quanto basta per far fermare il sangue che fluisce»
Eva si allontana di un paio di centimetri, facendo largo all'interno del lavandino tra tutti gli strofinacci puliti e il kit del primo soccorso, per poi aprire il rubinetto e iniziare a lavare le mani. Entrambi la guardano con la coda dell'occhio pulire via tutto il sangue, anche se con difficoltà: impiega diversi minuti per toglierlo anche dalle cuticole e dalle pieghe delle dita, poi torna a insaponarle, per tornare a sciacquare ancora. Chris è tentato di mollare in ghiaccio che tiene con la destra sullo stesso occhio, per prendere le sue mani e dirle con non c'è bisogno di pulirle un'altra volta, in maniera quasi compulsiva: quando lancia un'occhiata alla propria libera e la vede sporca dello stesso sangue che Eva sta cercando di rimuovere completamente dal proprio corpo, sa però che peggiorerebbe solo la situazione e non vuole. Sa che non è ancora arrabbiata dal loro ultimo litigio, così come non lo è lui, ma in realtà sono solo orgogliosi e un po' testardi e a Chris dispiace, alla fine, riuscire sempre peggiorate le situazioni che riescono a creare. Ingarbugliate, complicate, solo loro.
È William a prendere la parola, dopo dei lunghi istanti di silenzio in cui gli unici rumori udibili erano il getto dell'acqua, le voci alte delle ragazze in soggiorno e il turbinio di pensieri che si sta aggrovigliando intorno alla testa di Chris.
«Per quanto ancora dovrò tenere premuto il naso?» chiede l'amico, catturando l'attenzione di Eva di nuovo su di loro. Lei si asciuga velocemente le mani e si avvicina cauta, facendo attenzione a non incontrare lo sguardo socchiuso del secondo ragazzo, ancora seduto sulla tavoletta chiusa del gabinetto. «Finché non smette di fluire, te l'ho detto» poi gli fa cenno di spostare un attimo le dita e con delicatezza inclina piano il capo di Chris all'indietro, spingendolo da un punto quasi del tutto pulito del viso. Si abbassa alla sua altezza e sono così vicini che possono sentire l'alito di uno sulla pelle dell'altro. Eva sente ancora la puzza di erba che odia tanto, mentre aspetta di veder scendere giù dal naso altro sangue su quello già incrostato;  Chris è piuttosto certo che lei abbia bevuto del vino, prima della loro comparsa a casa Mohn.
«Potrei baciarti» è il suo unico commento, quando toglie anche l'impacco di ghiaccio dall'occhio rosso e non sorride. La guarda. Ed Eva fa lo stesso, immobile per una frazione di secondo, prima di allontanarsi bruscamente e rivolgersi a William, con le labbra serrate. 
«Non dovrebbe più sanguinare» gli comunica, afferrando del disinfettante dal kit del primo soccorso e poi una tovaglia pulita da un piccolo mobile posto sotto al lavandino. «Per sicurezza, aspetta qualche minuto. Quando ti sembra che vada meglio, prendi questi—» e gli passa il panno morbido e il flacone pieno di liquido trasparente, spingendoli contro il suo addome. «E puliscigli il viso finché non sarà riconoscibile. A quel punto prendi un'altra tovaglia tra quelle pulite e disinfetta meglio i tagli» 
«Devo—» inizia William, spiazzato, ma accettando lo stesso ciò che Eva gli sta spingendo contro. «Devo farlo io?» chiede titubante.
La ragazza alza un sopracciglio, prima di lanciare un'occhiata a Chris che li osserva in silenzio, in attesa di comprendere a pieno cosa stia succedendo lì dentro. Quando Eva torna a William, annuisce con furore. «Sì. È il tuo migliore amico, quindi è tuo il compito di togliergli quello schifo dalla faccia»
«Eva—» inizia, quasi cantilenando Chris, con un sospiro. Lei corre via dal bagno prima che possa continuare e sente William dire qualcosa, ma non vi presta nemmeno attenzione. 
I capelli le svolazzano sulle spalle e i talloni battono nervosi sul pavimento freddo, quando torna in cucina: al suo arrivo, tutto tace e le occhiate delle amiche sono abbastanza eloquenti. Come sta?
La risposta non tarda ad arrivare: Eva adocchia un bicchiere di vino sul tavolo e poi, proprio accanto, la bottiglia quasi piena.
Ovviamente afferra il collo dell'ultima.
 
 
 
 
«Posso restare qui?»
«Uhm?»
«Per la notte. Posso restare?»
I capelli lunghi di Chris sono scombinati, il suo viso è più pulito, ma rovinato dai segni della rissa, mentre l'occhio sinistro, quello meno gonfio, comincia ad essere meno rosso e più naturale. Eva prende un'altra cucchiaiata dal barattolo di gelato e lancia una lunga occhiata al viso sciupato che attende una sua risposta, le labbra spaccate e dei vestiti puliti che lo fanno sembrare più... Chris. Quello che piace a lei,  per il quale non deve preoccuparsi o spaventarsi, quello che non ha problemi a presentare ai nuovi conoscenti e con cui litiga per le stronzate più assurde.
Eva lo osserva agitare appena e nervosamente le mani poggiate sul tavolo della cucina, dall'altro lato del piano rispetto a dove lei è appollaiata da qualche minuto, le gambe incrociate sotto il sedere e la seduta dello sgabello che ruota ad ogni minimo movimento. Alle spalle di Chris, le ragazze stanno raccogliendo le loro borse, qualche trucco abbandonato sul tavolino del soggiorno e c'è Vilde che prende un ultimo boccone di crostata. Eva lancia loro uno sguardo distratto, prima di concentrarsi di nuovo sui vestiti puliti che Chris ha addosso e che aveva lasciato da Eva tempo prima. Osserva attenta la maglia bianca un po' gualcita, come il sorriso che ha sulle labbra più rosse del solito e che vanno d'accordo con il grosso cerchio intorno all'occhio, e poi guarda distrattamente il ciuffo di capelli lunghi che gli solletica il viso pallido, provando a ricordare come sono al tatto, sotto le dita e contro i polpastrelli.
«Posso dormire sul divano» afferma Chris, di nuovo, cercando di alzare un sopracciglio in direzione di Eva. Fa una smorfia quando ci riesce, ma con difficoltà: sembra che ogni parte dei suoi tessuti soffra, quando prova anche solo a pensare di compiere un determinato gesto. Vorrebbe lamentarsi un po', ma stringe le labbra ed è abbastanza intelligente da tacere al riguardo. «Vorrei non dover tornare a casa stanotte»
Eva si stringe nelle spalle e prende un altro boccone di gelato alla vaniglia, leccando poi il cucchiaio con gusto. «Divano» ribadisce, mettendo in chiaro quel aspetto, puntandogli la posata contro, come fosse un'arma.
Chris alza le mani e abbozza un sorriso tirato, stanco. «Lo giuro»
Vengono interrotti dalle voci alte di Noora e William, appartati in un angolo del soggiorno rispetto alle altre ragazze e i cappotti già addosso. Sia Eva che Chris lanciano loro una lunga occhiata, cercando di capire cosa stia succedendo, mentre le altre amiche di Eva, pretendono che loro non siano nemmeno lì. È Sana ad avvicinarsi al tavolo, facendo sì che entrambi dirottino la loro attenzione sul suo viso tondo e macchiato da un rossetto acceso sulle labbra.
«William ha detto che ci accompagnerà a casa» annuncia ad Eva con un sorriso tirato, prima di voltarsi verso Chris e riservagli invece uno sguardo serio. Quando piega la testa di lato e sostiene lo sguardo confuso del ragazzo, l'amica dai capelli rossi che li guarda dall'esterno, ha un vago sentore di conoscere il perché di quell'espressione autorevole e quasi di sfida. Isak le ha mandato il messaggio già da un po', ma Eva ha visualizzato e non ha risposto. Ora l'iPhone le brucia nella tasca posteriore della gonna. «Tu?» chiede Sana, prima di sorridere in maniera sfacciata anche a Chris. «Non entreremmo in auto, quindi dice che, se vuoi, può tornare a prenderti»
«No» è la risposta incerta di Chris, prima di sedersi sulla sedia più vicina a dove si trova. Cancella subito il dubbio che è evidente quella conversazione abbia creato in lui, abbozzando un sorriso forzato come e contro quello di Sana. «Resterò a dormire qui»
«Bene» e si guardano per quelli che Eva crede siano degli istanti lunghissimi, durante i quali si gode lo spettacolo e continua a mangiare gelato con noncuranza e un pizzico di divertimento inappropriato.
È Chris a spezzare la tensione, di cui anche gli altri quattro amici alla loro spalle si sono accorti. «C'è qualcosa che mi devi dire, Sana?» chiede, incrociando le braccia sul piano di marmo e attendendo. Eva di fronte a loro, affonda per l'ennesima volta il cucchiaio nel barattolo di vaniglia, prima di portarlo di nuovo alla bocca.
«No» mormora Sana, picchiettando le dita laccate di nero sul tavolo. «Chris» rimarca.
«Fantastico, allora» è il commento del ragazzo, prima di agitarsi sulla sedia e voltarsi verso Eva con un gran sorriso, che sembra più una smorfia. Lei alza le sopracciglia in risposta, impreparata a quel gesto rivolto a lei nello specifico. «Sana non ha niente da dirmi, anche se sembra il contrario. Ti pare?»
Tutti gli occhi si spostano inevitabile su Eva, le sue guance diventano appena più rosse e non può fare altro, se non deglutire il gelato freddo che le è rimasto sulla lingua. Si stringe nelle spalle. «Lasciatemi fuori da tutti questi drammi»
«Tu sei sempre coinvolta, vuoi o non vuoi» insiste Sana. Si allontana e afferra la borsa nera con furore, prima di mettersela su un braccio piegato all'altezza del petto e di salutare velocemente con un «A domani» glaciale.
Quando sfila accanto a William e Noora, dice loro che li aspetterà in strada.
All'interno del soggiorno cala un silenzio imbarazzante, Vilde si morde un labbro ed Chris Berg a chiedere «Andiamo?», quando tutti annuiscono.
Eva li accompagna alla porta, non dopo aver notato uno sguardo muto tra William e Christoffer, seguito da un cenno positivo del capo.
«Le passerà» è il saluto di Vilde, quando le sfiora un braccio, prima di scomparire oltre l'uscio.
«Ci vediamo» mormora Chris, sorridendo timidamente.
«Sei sicura vada tutto bene?» alla domanda di una Noora preoccupata, Eva annuisce e forza un sorriso. 
Quando la sua amica si convince a lasciar perdere, le labbra serrate e gli occhi stanchi, William le raggiunge e fa un cenno alla rossa. La ringrazia in silenzio e «Se succede qualcosa, o ti crea qualche problema—» si ferma, indicando l'interno della casa e Chris seduto al tavolo con un cenno del capo. «Chiama Noora. Sarò da lei e verrò a prenderlo»
Eva annuisce, lasciandosi sfuggire un sorriso. «Lo terrò a mente. Ma non penso sarà necessario disturbarvi» ed è genuinamente felice che litighino e poi facciano pace, che forse non hanno nemmeno risolto i loro scherzi e superato le loro crepe, ma che ci provano almeno. «Buona notte»
Eva lancia un solo sguardo alla strada, vede Sana poggiata alla macchina scura di William con le braccia incrociate e il capo chino sul proprio telefono. Sospira, prima di chiudere la porta di casa.
All'interno c'è silenzio, quasi troppo, mentre le luci soffuse di una piantana illuminano in modo tenue il soggiorno e Eva percepisce la figura di Chris, che si muove leggera da un punto ad un altro della stanza. Sta ordinando al posto suo, ha impilato i piatti sporchi e buttato già gli avanzi di questi nella spazzatura. Lascia la ceramica colorata dentro il lavandino e si ferma solo quando nota Eva che lo studia, una spalla poggiata al muro e i capelli che le cadono intorno al viso. Restano in silenzio solo qualche secondo.
«Dovevi per forza tirarmi in ballo?» domanda atona, cercando di non risultare né arrabbiata, né ferita, o altro.
«Scusa» è la risposta di Chris, che si ferma ad un lato del tavolo e la guarda, con una mano calda poggiata sul marmo freddo. «Ci ho pensato dopo, quando il danno era stato fatto»
Eva annuisce piano, le labbra arricciate in una smorfia e il corpo che lentamente si allontana dal muro. «È questo il problema. Non ci pensi mai» Agli altri, vorrebbe aggiungere, ma non lo fa e quel pensiero se lo tiene per sé.
«Eva—»
«Ti vado a prendere delle coperte» annuncia, interrompendolo. Si dirige verso la porta che divide il soggiorno alle scale che conducono al pianterreno, dove Eva conserva la sua stanza sempre nel disordine perenne in cui lei, però, riesce a trovarsi bene, quasi fosse tutto al posto giusto, in quello palesemente sbagliato. 
Accende la luce della camera e vedere il letto sfatto le fa percepire molta più stanchezza di quanta credeva di possedere. Combatte uno sbadiglio silenzioso e raggiunge l'armadio: quando lo apre si allunga quanto basta per prendere sul ripiano più alto una coperta pulita e uno dei cuscini che di solito usano le ragazze. Chiude le ante e un altro sbadiglio trattenuto la obbliga a distogliere lo sguardo dal letto che, ancora lì, la vorrebbe catturare e tenerla stretta fino alla mattina dopo. 
Sale le scale a due a due per mantenersi attiva, un piumone sotto braccio e il cuscino tra le dita lunghe, prima di arrivare all'ultimo gradino e ritrovarsi in soggiorno. Chris sta pulendo al posto suo la sporcizia intorno al divano e il tavolo basso ai piedi di questo. Quando la vede, la lancia uno sguardo, prima di raggiungere la pattumiera e buttare dei bicchieri di plastica ormai vuoti.
«Grazie» dice Eva, dopo aver riflettuto un istante se fosse in caso di dirlo, oppure no. In risposta, riceve uno sguardo quasi incredulo e un po' felice, che si mischia al viso deturpato di Chris. Prima che possa parlare e dire qualsiasi cosa al riguardo, iniziando da una delle sue solite battute, lei lascia quello che ha preso per lui sul divano. «Qui c'è quello che ti serve per la notte»
Chris fa una smorfia. «Ti ringrazio»
Eva finge un inchino stanco e svogliato, quando si guarda intorno e «Hai buttato via tutto, quindi posso andare a letto. Laverò i piatti domani»
«Posso farli io» propone Chris, facendo un passo avanti, mentre Eva si avvicina per raggiungere il corridoio che la condurrà al bagno.
«Non c'è bisogno che tu faccia tutto quello che spetterebbe a me, solo per farti perdonare» mormora, affiancandolo e lanciandogli un lungo sguardo, che lui coglie con sicurezza perché è Christoffer Schistad e nemmeno Eva Mohn potrà tenerlo a bada per sempre. La segue fino al bagno.
«Non mi devo fare perdonare» precisa. Lei alza in risposta un sopracciglio, dopo aver afferrato il proprio spazzolino e aver spremuto sulle setole una buona dose di dentifricio. Forse troppa, perché quando lo mette in bocca, ogni parte di questa brucia, quasi andasse in fiamme. «Era il mio modo per ringraziarti»
Eva spazzola i denti più e più volte, sotto lo sguardo attento di Chris, il cui fianco è ora poggiato allo stipite e le braccia sono incrociate al petto, finché lei non sputa il dentifricio nel lavandino e pulisce via ciò rimane con l'acqua. Chris le passa un'asciugamani, provando ad ignorare quelle sporche di sangue che Eva ha messo da parte, insieme ai suoi altri vestiti impregnati dello stesso liquido corporeo. Si era premurata di metterli subito in lavatrice, ma nonostante il colore scuro, le macchie erano ancora evidenti alla fine del lavaggio ed erano rimasti entrambi a contemplarli per un po', indecisi se buttarli via subito, oppure aspettare. Eva aveva suggerito di farli asciugare e lavarli di nuovo il giorno dopo, ma entrambi sapevano e sanno quali saranno le loro sorti.
«Sei davvero una testa di cazzo» annuncia Eva, legando in una coda i capelli rossi. Spegne la luce della bagno e, nel modo di uscire, non si preoccupa di dare una spallata a Chris, ancora fermo contro lo stipite. Se la merita.
Eva lo sente subito dietro di lei, il passo leggero ma insistente, mentre cerca di non voltarsi e proseguire fino alla propria camera. Dopo aver sceso i gradini, prova a chiudere la porta, usufruendo del vantaggio di essere avanti a Chris, ma questo intercetta le sue intenzioni e la blocca, battendola sul tempo.
«Eva» la chiama cantilenando, mentre lei spinge la porta, senza grande successo. Quando si lascia fuggire dalle labbra piene un sospiro arrabbiato, abbandona la presa sulla maniglia e Chris fa un passo all'interno della camera da letto disordinata. «Possiamo parlare?»
«Di cosa?» chiede retorica Eva, prima di aprire l'armadio e cercare il pigiama in qualche scompartimento. Quando non lo trova e si guarda intorno con la fronte aggrottata: nota Chris raccogliere l'indumento da sotto il piumone, che pende da un lato del materasso, prima che glielo porga. Si siede sul letto e la guarda. «Devo cambiarmi, puoi—»
«Seriamente?!» domanda confuso, cercando di capire, ora, dove sia il problema. Non c'è niente del corpo di Eva che non abbia già visto, o apprezzato, lo sanno entrambi, eppure lei incrocia le braccia sotto al seno e gli lancia un'occhiata chiara e inequivocabile: Va’ via. Per tutta risposta, Chris si lascia cadere all'indietro sul materasso e chiude gli occhi, coprendoli con entrambe le mani. «Contenta?»
«Sì»
«Bene» risponde, prima di continuare. «Possiamo parlare, Eva? Posso chiederti... Scusa?» domanda, mentre la sua vista è totalmente scura. Potrebbe spostare le mani, o semplicemente sbirciare, ma decide saggiamente che non è il caso di spingersi oltre per quella sera, se vuole davvero risolvere ogni screzio con Eva e tornare di nuovo tra le sue braccia, e nelle sue grazie. Non crede di poter rinunciare più a quei capelli rossi ormai corti, ma che gli sembrano sempre troppo lunghi mentre si baciano e gli solleticano il viso; o alle mani di Eva che si poggiano sulla sua nuca, per poi risalire fino ai propri capelli corti alla base della testa e scendere sulle spalle large. Non crede di voler vivere in un mondo in cui anche Eva Mohn lo detesti. «Mi dispiace davvero»
C'è silenzio, il respiro di entrambi che è impercettibile ed Eva che non si muove più, forse ormai completamente vestita. Chris aspetta qualche istante ancora, prima di togliere via le mani dagli occhi e vederla in piedi, con il pigiama addosso e il reggiseno che si è sfilata tra le dita. Lo lancia sulla sedia alla scrivania con noncuranza.
«Per cosa?» è la voce che lo obbliga a mettersi seduto e sbattere più volte le palpebre, prima di tornare ad abituarsi alla luce artificiale della camera da letto. «Per il litigio di qualche giorno fa? O perché sei piombato in casa mia coperto ancora di sangue, mandando anche a monte la serata con le mie amiche? O forse perché hai attaccato briga con con una persona a cui sia io che Sana teniamo, mettendoci una contro l'altra?»
«Quindi lo sai»
«Certo che lo so!» esclama Eva, allargando le braccia. «Certo che so che te le sei date di nuovo con Jonas. Isak mi ha mandato un messaggio. E sono incazzata con entrambi, ma di più con te. E sai perché? Perché lui non è più un mio pensiero, mentre tu sì e non lo capisci. Lui ora lo è per un'altra persona e odio dover essere in cattivi rapporti con entrambi. Sono sicura che a Sana passerà e che Jonas fosse strafatto quanto te, ma—» Eva prende un profondo respiro. Prima di sedersi affranta accanto a Chris, sul bordo del materasso. Sotto al suo peso, questo si piega, facendo scivolare un po' di più il ragazzo verso il corpo morbido di Eva. «Non sono arrabbiata per questo, Chris. Almeno, non così tanto» spiega, abbassando la voce è concentrandosi sulle proprie mani intrecciate tra loro e adagiate sulle cosce. «Sono arrabbiata sopratutto perché sono stanca di sapere che, sobrio o no, fatto o lucido, tu sia sempre sul piede di guerra. Non sei un cattivo ragazzo, ma prendi ogni offesa troppo sul personale. Che sia da parte di uno sconosciuto, o da un tuo amico. Hai idea di che vuol dire aprire la porta di casa, e trovarsi davanti la persona a cui si tiene completamente sporca di sangue?»
«No» mastica Chris, colpito sul vivo.
«Io sì» rincara Eva. «E ne sono stanca. Marcia»
Cala il silenzio, gli sguardi concentrati ognuno sulle proprie mani e il ticchettio appena accennato dell'orologio di Eva sul comodino. Di solito, non si nota nemmeno anonimo com'è e del tutto inutilizzato, ma ora sembra quasi un elefante in un negozio di cristalli: rumoroso, graziato, fastidioso.
«Mi dispiace» è la risposta di Chris, che fa rimpicciolire istantaneamente il ticchettio dell'orologio. «Mi dispiace e sono sincero. Non lo sto dicendo solo perché sei arrabbiata con me, ma perché non volevo che William mi portasse qui, che dovessi riparare quello che ho rotto e che dovessi essere costretta a pulirti le mani dal mio sangue. Domani parlerò con Jonas, te lo prometto, e con Sana. Mi scuserò con entrambi e aggiusterò le cose al posto tuo. Per una volta» prende un profondo respiro e arriccia le labbra in una smorfia che fa parte di quel pacchetto completo che è Christoffer Schistad. «Non abbiamo litigato per te, sono state solo una serie di frasi che hanno fatto precipitare la situazione. Forse ti abbiamo citata un paio di volte, ma nulla di cui Sana debba preoccuparsi» spiega, prima allungare titubante una mano verso Eva e intrecciarla a quelle della ragazza, quando nota che non accenna ad allontanarlo. La loro pelle si sfiora, poi i loro polpastrelli sono premuti l'uno contro il dorso della mano dell'altro. «Penso che, a Jonas, Sana piaccia davvero»
Eva annuisce. «Lo so»
«E lei stasera era solo preoccupata. Non pensa che tu sia un problema nella loro relazione, lo sai, vero?»
Si stringe nelle spalle. «Lo spero»
«Io lo so» la rassicura, prima di allungarsi e darle un bacio. È leggero, delicato, le tocca la guancia come se premendo appena più forte, potesse frantumarla. Chris sa essere gentile e non ha nemmeno bisogno sforzarsi, ma è sempre troppo occupato a prestare attenzione all'approvazione degli altri, per accorgersi che poche persone, ma buone, lo amerebbero anche per ciò che è realmente. Eva sa che lo deve accettare così, che Chris fa parte della vita e che lo si prende come viene, quindi chiude gli occhi quando le preme le labbra sulla sua pelle. «So che non sono una fonte affidabile, ma non sono così stupido come sembro. Vedo come ogni pezzo sia al suo posto, al momento. Come William cerchi il perdono di Noora, o come Sana provi a proteggere contemporanea i suoi rapporti con Jonas e te, senza rinunciare a nessuno dei due. E vedo come mi guardi. Mi guardi con la stessa forza con cui Noora prova a dimenticare William, ma senza riuscirci, e Isak che arrossisce non appena si nomina Even, cercando di non darlo a vedere» 
Eva alza lo sguardo, trovando dolcezza in quelli verdi di Chris. Schiude le labbra e il suo cuore batte. Batte forte e spera solo che non lo senta. Si riferisce a quello? Al modo in cui ogni cosa sembra prendere senso quando sono insieme, anche se hanno litigato, o agli occhi che si illuminano quando le dice che è bella. Forse, si riferisce anche al ritmo incalzante del suo cuore quando la bacia, o alla passione che sente montarle dentro ogni volta che la spinge contro un muro e non presta attenzione a nessun altro, se non a lei. Eva si chiede, se Chris veda tutte quelle cose. Se si riferisca proprio a questo.
Le dà un altro bacio e si alza, interrompendo il flusso ingarbugliato di pensieri e troncando ogni possibile tentativo di Eva per replicare. La tira gentilmente per una mano e lei si alza dal materasso, con i piedi scalzi sul pavimento freddo. Quando Chris scosta le coperte su cui erano seduti, la invita a mettersi sotto al piumone e le dà un bacio. Le sue labbra sottili e rovinate dalle botte, premono su quelle di Eva e in silenzio, indugiando un secondo in più, scusandosi ancora. Sono forse le più sincere.
«Tu dove—» mormora Eva, a qualche centimetro dal suo viso, mentre l'occhio gonfio di Chris retrocede. 
«Divano» risponde senza esitazione e le sorride, baciandole il labbro inferiore. «Per stanotte il divano andrà bene»
«Se vuoi—»
«Immagino che il divano sia ciò che mi merito» sussurra, quasi non volesse disturbare nessuno, con una risatina che fa sorridere anche Eva. «Ora vado, prima che ci ripensi»
E si allontana. 
Nessuno dice buona notte, nessuno fiata più, ma semplicemente Chris spegne la luce ed Eva guarda le sue spalle fasciate dalla maglia che si muovono attraenti, stagliarsi nella controluce che proviene dal piano di sopra. Chris lascia la porta della camera da letto aperta, senza nemmeno che Eva debba ricordaglielo, e poi sale le scale, scomparendo dalla visuale della ragazza.
Ad Eva, Chris piace con la stessa intensità con cui Noora è innamorata di William? E può paragonare i propri sentimenti a quelli di Isak ed Even? 
Ci pensa per quelli che sembrano minuti lunghissimi, forse delle ore, e Chris ha spento le luci da un po', ma Eva si agita senza sosta tra le coperte, non trovando pace, ma solo più interrogativi.
Meritano di provare quei sentimenti?
Meritano di paragonare la loro storia e i loro baci, incasinati e superficiali, a quelli di un amore apparentemente forte come quello dei loro amici? Eva si sente quasi sporca a pensare che il loro interesse nato in maniera puramente carnale e superficiale, possa essere paragonato a qualcosa di così grande quanto lo è la devozione di Even per Isak. Non crede di poter competere, o forse è solo lei che dovrebbe smettere di credersi inferiore agli altri, che può permettersi di pensare che a lei Chris piaccia quanto —magari di più— a Noora piaccia vedere William struggersi per lei, o con la stessa forza vitale con cui Isak dica di aver trovato l'uomo della sua vita.
Eva getta i piedi fuori dal materasso e, facendo il minor rumore possibile, ignora il pavimento gelato che la tenta. Torna a letto, sembra dirle.
Sale le scale lentamente e facendo meno rumore possibile, nonostante il passo successivo sia quello di raggiungere Chris nel buio del soggiorno. Lo intravede nella semioscurità e lo guarda respirare con la bacca schiusa per un paio di secondi, prima di scuoterlo delicatamente. Si sistema in ginocchio sul pavimento di marmo e aspetta che smetta di muoversi infastidito da quella interruzione, come stesse ancora dormendo. Gli dà un'altra scossa e finalmente apre gli occhi, alzando istintivamente il busto dal divano.
«Che succede?» chiede, lasciando tutto il peso sul gomito impuntato contro i cuscini. Si passa una mano sul viso, prima di ricordarsi che ha un occhio gonfio e il setto nasale fragile, finché i capillari non si riprenderanno completamente dallo scontro. «Che ore sono?»
«Posso dormire qui?» Con te? domanda piano Eva, quasi sussurrando, come se potesse svegliare qualcun altro, se parlasse appena più forte. 
Sente una risatina appena accennata, accompagnata dal rumore del corpo di Chris che si sposta verso la spalliera del divano, lasciando una buona porzione della seduta libera per Eva. «Non mi rendi le cose facili, se mi ero impuntato di dormire da solo» poi poggia di nuovo la testa sul cuscino e scosta la coperta, facendole segno di raggiungerlo. «Ma fai pure»
C'è il braccio di Chris che stende il piumone su entrambi, coprendoli dal freddo, prima che i loro corpo si incastrino nel divano di casa Mohn. Il respiro di Christoffer contro la sua nuca, i capelli di Eva che gli solleticano il mento e che lui cerca di spostare via. La stringe e lei si aggrappa alle sue braccia che la cingono, ma mentre Chris chiude gli occhi, dopo un paio di minuti per abituarsi e trovare una posizione abbastanza comoda, Eva ha ancora i propri aperti, vispi, come se fosse pieno giorno.
«Pensi mai di non meritare di essere amato?» è la sua domanda nel silenzio della notte, che è ormai mattina da un po'. Aggrotta le sopracciglia confuso da quella domanda, ma non accenna ad aprire gli occhi e di lasciarsi scoraggiare dalla parlantina della ragazza.
«Tutti meritano di essere amati, Eva» risponde, la voce impastata dal sonno. La stringe di più, per farle capire che, nonostante tutto, la sta ascoltando davvero e che non sta per addormentarsi, anche se vorrebbe. «Perché lo chiedi?» le sussurra comunque contro l'orecchio, incastrando alla fine il viso contro il collo di Eva. «C'è qualcosa che devi dirmi?»
Forse siamo sbagliati. Noi, io e te, che abbiamo creato una storia su —cosa?— superficialità, tradimenti, carnalità, lussuria.
«No, nulla di cui non possiamo parlare domani» 
Chris le dà un bacio e le sue labbra spaccate bruciano, quando «Non vali meno di nessun altro, Eva Mohn» la rassicura con voce gentile.
Non vede il sorriso che le nasce spontaneo sulle labbra, ma la sente raggomitolassi tra le sue braccia e dovrebbero tornare decisamente a dormire. Le risse alle spalle (forse).
  
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