Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: SarcasticColdDade    12/03/2017    1 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ad una settimana esatta dal ballo alla Residenza Norton, ancora sapevo poco e niente della misteriosa sorella di Sebastian.
Probabilmente perché lui si ostinava a non parlarmi, se non quando era strettamente necessario.
In quei giorni i miei pensieri erano stati tutti dirottati all’ambulatorio improvvisato che Ciel aveva tirato su nella Residenza stessa, quello presso il quale potevo finalmente lavorare come una volta.
I pazienti erano sempre di più, e tornare a sentirmi utile era la sensazione migliore del mondo.
Allo stesso tempo, però, non potevo non pensare ad Abaddon, e alla sua misteriosa comparsa al ballo; se non fosse stato per lei, probabilmente alla fine le due guardie avrebbero avuto la meglio, nonostante il mio non volermi arrendere...per non parlare del fatto che il suo modo di combattere era decisamente somigliante a quello di Sebastian.
Magari i demoni si allenano tutti alla stessa scuola di autodifesa.
Il solo momento di riposo dall’ambulatorio era intorno all’ora di pranzo, quando mi prendevo un po’ di tempo per rilassarmi, fino alla successiva apertura; quel giorno in particolare, stavo morendo di fame.
Entro così in casa, abbandonando il patio esterno dove ormai visitavo tutti i giorni chiunque ne avesse bisogno, sperando in qualcosa di buono da mangiare.
Sebastian sembrava non comparire mai quando io ero in giro: o era abile a nascondersi, oppure la Residenza si era fatta talmente grande da impedire i nostri incontri. Di ogni genere.
Dirigendomi verso la cucina, non incrocio nessuno, finché alla fine il diretto interessato non esce da una delle stanze.
Vedendomi, ha quasi voglia di cambiare strada, glielo leggo in faccia.
Faccio allora per parlare, ma lui mi supera come se niente fosse, lasciandomi nel mezzo del corridoio con la bocca aperta e nessuna parola da dire.
- Possiamo smetterla con questo comportamento da bambini? - gli domando di botto, prima che sia troppo lontano per sentirmi.
Lui si ferma, ma rimane in silenzio.
- Lo so che mi hai sentito – mormoro allora, cercando di farlo parlare.
- Ti avevo chiesto di fare una sola cosa – sono le sue prime parole, dopo quasi una settimana di silenzio totale.
Prima che l’occasione mi sfugga dalle mani, mi avvicino velocemente a lui, girandogli intorno fino a ritrovarmi davanti al suo viso. - Tecnicamente, stavo cercando il bagno – lo correggo.
Con l’aria di chi non ne può più, mi supera allora nuovamente.
Non contenta, lo seguo. - E’ così che è andata! - ribatto.
- Si, e poi ti sei trovata improvvisamente ad origliare la conversazione di Roy Norton, giusto? - mi domanda, anche se sa benissimo che è così.
- E’ esatto – rispondo – Ma stavo comunque cercando il bagno – ripeto.
- Saresti dovuta venire immediatamente da me, invece di cacciarti nei guai come tuo solito -.
A quelle parole, non riesco a non fare una smorfia contrariata. - Stavo venendo da te, ma poi quel damerino con la faccia deformata non mi ha tramortito – gli ricordo – E poi scusa, non mi sono mai cacciata nei guai! Grell di certo non è stato colpa mia, non posso controllare i tuoi ammiratori – aggiungo in fretta, nella speranza che si fermi di nuovo. Essendo più alto di me, nella metà del tempo copre il doppio dei miei passi.
Quando decide finalmente di darmi tregua, ho praticamente il fiatone.
Vedo dalla curvatura delle spalle che sta facendo di tutto per non cominciare ad urlare nel bel mezzo del corridoio, cosa che tra l’altro non mi merito. Probabilmente il mio aver nominato il piccolo incidente con Grell non ha di certo aiutato la mia situazione, ma solo in quel momento rimpiango le mie parole.
- Sebastian, ti prego.. - mormoro allora, dopo un momento di silenzio da parte di entrambi, allungando una mano verso di lui.
Prima che possa anche solo sfiorare il suo braccio, la sua mano mi afferra il polso, spingendomi al contempo verso la parete dietro di me. In men che non si dica sono con le spalle al muro, con entrambi i polsi bloccati lungo i fianchi, e le sue labbra sono premute con forza contro le mie. Il suo respiro è caldo sulla mia pelle, mentre mi bacia dopo quasi una settimana di assoluto silenzio
Quando alla fine si allontana, torna nuovamente a darmi le spalle.
- Il pranzo è pronto – mormora, cercando di ritrovare la solita compostezza.
Scuotendo il capo, stavolta senza fare un fiato, lo seguo. - E quando mi parlerai di tua sorella? - gli chiedo qualche secondo dopo.
- Più tardi – risponde – Il pranzo si fredda – aggiunge, mentre cammino al suo fianco, riuscendo finalmente a tenere il passo.
Per un po’ decido di rimanere in silenzio, ma alla fine la mia voglia di aggiungere un’ultima cosa ha la meglio. - Lo so che ti sono mancata – mormoro a mezza voce, dandogli un colpetto sul braccio.
- Silenzio – mi mette in guardia, ma il suo tono è tutto tranne che minaccioso, e il piccolo sorriso che compare qualche secondo dopo sulle sue labbra lascia intendere che il peggio è ormai passato.
So per certo che più tardi parleremo.

***

Dopo pranzo, Sebastian aveva dovuto accompagnare Ciel in città per sbrigare alcune faccende, così avevo finito per dedicarmi all’ambulatorio per tutto il pomeriggio.
Alle 20.00 in punto, avevo chiuso definitivamente i battenti, chiudendo a chiave la porta del patio per poi tornarmene nella Residenza. Essendo stata tutto il giorno fuori, non sapevo neanche se fossero rientrati o meno.
Dopo una cena più veloce della luce, mi avvio verso il piano superiore.
Sulla strada verso la mia camera, però, incrocio Mey-Rin. - Giornata faticosa? - mi domanda, col solito tono gentile.
- Sì – ammetto – Ma tornare a lavorare è comunque bellissimo – aggiungo, massaggiandomi da sola un nervo che, molto probabilmente, è ormai accavallato. Qualcosa mi dice che stanotte dormirò decisamente male.
- Sono felice che tu possa fare di nuovo quello che ami – ammette lei – Anche a me mancano molto le mie armi, a volte.. - mormora poco dopo, lasciandosi andare ad un piccolo sospiro, mentre sistema una piega della sua divisa.
- Usa il tempo libero per esercitarti – le propongo – Anche se qualcosa mi dice che non ne hai particolare bisogno – aggiungo quasi subito, mentre lei diventa rossa per quell’improvviso complimento.
- Immagino che esercitarsi faccia sempre bene – ammette allora – Magari potrei darti qualche dritta sulla difesa personale! - aggiunge, entusiasta di quell’idea.
Alzando entrambe le mani come segno di scusa, scuoto leggermente il capo. - Con una pistola in mano creerei solamente tanto scompiglio – ammetto – Non sono proprio fatta per le armi – aggiunge, con una smorfia.
- Forse perché non hai mai avuto me come insegnante – mormora, gonfiando il petto con orgoglio.
- Uhm...stasera siamo molto modesti – mormoro, divertita.
Superandomi per tornare anche lei alle sue stanze, mi fa un piccolo cenno di saluto. - Ogni tanto capita – ammette – Buonanotte Yuki! - aggiunge poi.
- ‘Notte Mey-Rin – rispondo, avviandomi poi nuovamente verso la mia camera.
So che non sono sola persino prima di aprire la porta, per questo quando vedo Sebastian in piedi di fronte alla finestra non me ne stupisco affatto.
- Giornata faticosa? - gli domando, riciclando la domanda di Mey-Rin.
Voltandosi verso di me, si lascia scappare un piccolo sorriso. - Non particolarmente – ammette – Anche se in fondo non ho idea di cosa sia la fatica – aggiunge, vantandosi ancora una volta dell’assoluta capacità di fare qualunque cosa nonostante la mancanza di sonno e cibo.
- C’è per caso la fiera della modestia, questi giorni? - domando, anche se so perfettamente che quelle parole posso capirle solamente io.
Come avevo pensato, infatti, non mi risponde, bensì si china sul mio viso fino a baciarmi di nuovo.
Per sua sfortuna, so dove vuole andare a parare.
- Stavolta non attacca – lo metto in guardia – So cosa stai facendo – aggiungo, mentre mi bacia il collo. E pensare che fino a quella mattina si rifiutava persino di parlarmi.
- Credo sia ovvio – risponde.
- E’ ovvio anche il fatto che non hai intenzione di parlare, e usi tutto questo per cercare di sviarmi – mormoro, cercando al contempo di allontanarlo.
Quando finalmente torna a guardarmi, la sua espressione è rassegnata. - Perché qualche volta non ti arrendi e basta? - mi chiede.
- Perché non sarebbe affatto divertente – rispondo, dandogli un colpetto sul petto – E ora accendo il camino – aggiungo, visto che sto letteralmente congelando.
- Allora vado a preparare del the – risponde, congedandosi momentaneamente dalla stanza.
Mi occupo del camino durante la sua assenza, riuscendo senza troppi problemi ad accendere il fuoco: la stanza è fredda, dal momento che non ci sono stata tutto il giorno, e purtroppo io non ho la stessa resistenza di Sebastian.
Né la sua velocità nel preparare dell’ottimo the, dal momento che, dopo appena cinque minuti, fa il suo ritorno nella stanza.
- Un giorno mi spiegherai come fai ad essere così veloce? - gli domando, sedendomi sul bordo del camino, in modo da attirare il maggior calore possibile.
- Sono i trucchi del mestiere – risponde – Imparerai – aggiunge subito dopo, posando il vassoio con due tazze di the fumanti sul piccolo tavolino posto davanti al divano. - A meno che tu non voglia cacciarti di nuovo nei guai prima – sono le sue ultime parole, poco prima di versare del latte in una delle tazze. La mia, in effetti.
Alzo gli occhi al cielo dopo quelle parole, sollevandomi dal bordo del camino per sedermi piuttosto su una delle due grandi poltrone.
- E’ stato un incidente – gli ricordo, afferrando poi la tazza che mi porge tra le mani. Quelle sue parole, però, mi riportano velocemente al punto della questione ancora non trattata.
- A proposito di questo – aggiungo, guardandolo togliersi la giacca, prima di sedersi accanto a me – Hai una sorella – mormoro, ripercorrendo velocemente il mio primo incontro con la misteriosa Abaddon.
- Ho una sorella – risponde, prendendo poi un sorso dalla sua tazza, senza aggiungere altro.
Stringo le labbra di fronte a quella semplice risposta, inumidendole e parlando poco dopo. - Perché non me l’hai detto? - gli domando.
Lui si stringe nelle spalle: in questo momento più che mai, sembra semplicemente umano, non ha niente del demone che una volta mi faceva paura.
- Non è ovvio? - mi chiede – Mia sorella porta guai, e in verità..non ci vediamo da mesi – aggiunge.
- Mesi? - chiedo, non convinta di quell’ammissione.
- Anni – si corregge allora, come avevo pensato.
Sollevo allora il sopracciglio, ancora poco convinta.
Quel mio sguardo lo convince a parlare. - Secoli – si arrende infatti, bevendo nuovamente dalla sua tazzina il liquido bollente, come se nulla fosse.
- Ecco – mormoro, questa volta bevendo a mia volta. Il the che ha preparato è davvero ottimo, con un retrogusto di frutta...forse fragola.
- Mesi o secoli che siano, mia sorella porta davvero guai – mi ripete, mettendo da parte il suo the per allungarsi verso di me, restando al contempo seduto – Non abbiamo mai avuto un ottimo rapporto, e sinceramente...sei già brava di tuo ad attirare maniaci, figuriamoci con lei vicino – aggiunge, ma quelle sue parole -per quanto serie siano- mi fanno ridere.
- Porterà anche dei guai, ma l’altra sera mi ha salvato – gli ricordo – Non è una cosa da poco -.
- Credimi, l’averti salvato non cancella la moltitudine di cose che ha fatto in vita sua – mette in chiaro, e so in cuor mio che dice la verità. Ormai conosco abbastanza i demoni da sapere come possono comportarsi.
- Siete entrambi demoni, immagino che le cattive azioni non manchino nella vostra vita – ammetto, dando voce ad un pensiero che avevo tenuto per me fino a quel momento.
- No, non mancano – mi conferma lui – Ma c’è comunque un modo giusto di fare le cose, persino per noi – aggiunge.
- Che intendi? - gli domando, confusa.
- Intendo.. - comincia, prima di fare una breve pausa – Che anche noi abbiamo un codice, anche noi ci poniamo dei limiti – comincia a spiegare – Abaddon invece...per la maggior parte della sua vita è sempre andata avanti senza pensare agli altri – continua, e nella sua voce posso sentire parte dell’odio che sembra provare per la sorella appena ritrovata.
- Ha ucciso molte persone, alcune senza che neanche ce ne fosse bisogno – sbotta alla fine, alzandosi dalla sua poltrona senza aggiungere altro. In piedi di fronte al camino, lo guardo posare una mano sulla parete fredda, reggendosi su di essa.
- La scorsa notte non ha ucciso quei due energumeni – gli ricordo però, anche se non so bene perché l’ho detto. Si può dire che mi sia semplicemente scappato.
Di fronte a quella realtà, lui non può che sospirare. - E questo, se possibile, mi rende ancora più preoccupato – ammette, continuando a darmi le spalle – Senza contare il fatto che se è tornata, c’è sicuramente un motivo – aggiunge.
- Lei dov’è adesso? - gli domando, anche se probabilmente lui è il primo a non saperlo. Dopo quella sua improvvisa entrata in scena, se n’era semplicemente andata senza aggiungere altro: come se fosse arrivata solamente per salvarmi da una situazione che stava solamente peggiorando.
- Non ne ho idea – ammette infatti – Come se al momento non avessi già abbastanza preoccupazioni – aggiunge, frustrato.
Dopo quell’ennesima ammissione, lo guardo per qualche secondo prima di posare la mia tazza sul tavolino. Mi alzo così in piedi, raggiungendolo poco dopo, indecisa su cosa fare; alla fine opto per lasciare le cose come stanno, finendo poi per circondargli la vita con entrambe le braccia, stringendomi contro la sua schiena. Sento la tensione in tutto il suo corpo, ma non appena le mie braccia lo sfiorano lo sento rilassarsi, anche se solamente un po’.
- Perché per adesso non pensi semplicemente che ha fatto qualcosa di buono? - gli propongo – Se il peggio dovesse arrivare, so che saremo pronti – aggiungo, sicura delle mie parole.
- Se il peggio dovesse arrivare dovrò proteggerti – risponde, con tono quasi sarcastico. Mi piace di più quando si lascia andare.
- Se il peggio dovesse arrivare, cercherò di non allontanarmi più del dovuto – concludo, felice di sentirlo ridacchiare poco dopo, e seguendolo in modo totalmente spontaneo.
Prendendo la mia mano tra la sua, fa allora in modo che mi allontani, tornando così a guardarmi. - Te ne sarei davvero grato – ammette, baciandomi mentre sto ancora sorridendo quelle sue parole, mormorate quasi come una preghiera.
In men che non si dica, mi solleva da terra, continuando a baciarmi con trasporto: anche se, in fondo, il tragitto dal camino al mio letto non è poi così lungo.

***

La stanza è finalmente più calda, ma in fondo sono anche sommersa dal piumone invernale del letto. Dopo una settimana di attenzioni arretrate da parte di Sebastian, alla fine ero semplicemente crollata, col pensiero che quando mi sarei svegliata lui non sarebbe stato nel letto con me.
Quando alla fine riapro gli occhi, tuttavia, mi rendo conto subito di non essere sola, come mi rendo conto da subito che è ancora notte.
Sebastian è sveglio, ovviamente, e il suo braccio è ancora intorno alla mia vita.
- E’ bello non dover dormire? - gli domando, attirando la sua attenzione.
Quando volta lo sguardo verso di me, per un momento è confuso, come se non si aspettasse il mio risveglio tanto presto. - E’ noioso, per certi versi – risponde – Ma non essere mai stanco ha i suoi vantaggi – aggiunge, rafforzando la sua presa sulla mia vita.
“Non lo metto in dubbio”, penso tra me e me, mentre sistemo il capo sul suo petto, mettendomi comoda. - A cosa pensavi? - gli domando, stendendo le gambe per stiracchiarmi un po’, tornando alla fine ad intrecciarle con le sue.
- Alla conversazione che hai origliato l’altra sera – ammette – Pensavo che all’orfanotrofio avrei trovato qualche risposta, ma tutto nel complesso era solo maledettamente normale – aggiunge, irritato da quel particolare.
L’orfanotrofio, giusto.
Quella era la parte più interessante della conversazione che ero riuscita ad origliare, anche se alla fine si era rivelato un buco nell’acqua. Ma dal momento che ormai era risaputo che genere di persone i Norton fossero, sapevamo tutti perfettamente che c’era molto di più sotto.
Il sopralluogo che aveva effettuato Sebastian però non aveva dato i frutti sperati, anzi, aveva solamente accresciuto i già troppi sospetti che celavamo.
I bambini sembravano tutti stare bene, a detta sua, e la struttura era talmente curata da risultare quasi lussuosa. Probabilmente anche grazie alle donazioni.
Ma quello che all’apparenza sembrava normale, lo era per davvero?
- Sappiamo tutti benissimo che i Norton sono tutto tranne che normali – gli ricordo – E poi..non ci fermeremo mica alle apparenze, vero? - gli domando, anche se so che quella domanda è praticamente retorica.
- No, non lo faremo – mi conferma comunque – Il non sapere cosa stanno combinando però mi manda in bestia, non mi era mai capitato di sapere così poco di qualcosa – ammette, frustrato.
- Perché questa volta è diverso? - gli chiedo, dal momento che è ovvio che c’è sotto qualcosa.
- Perché Ciel non collabora più come una volta – risponde, chiamandolo “Ciel” e non “Padroncino” forse per la prima volta da quando ci conosciamo.
A quelle parole, mi sollevo istintivamente dal letto per guardarlo meglio. - Che vuoi dire? - chiedo di getto, confusa.
La sua risposta, per fortuna, non tarda ad arrivare. - Voglio dire… - mormora, facendo una piccola pausa per sollevarsi a sua volta dal letto – Che da quando è diventato un demone, pensa di poter fare tutto da solo – spiega, e dal suo tono capisco che in parte è preoccupato per lui, come lo sarebbe un padre nei confronti di un figlio – Il problema è che non conosce questo mondo come lo conosco io -.
- Immagino che tu abbia provato a dirglielo – azzardo, e la sua successiva espressione conferma quella mia ipotesi ancora prima che apra bocca.
- Immagino che tu sappia cosa mi ha risposto – sono infatti le sue uniche parole, mentre scuote impercettibilmente il capo. Con un sospiro liberatorio, si appoggia allora alla testiera del letto, pensieroso.
Io, dal canto mio, trascino con me il piumone fino ad arrivare alla sua spalla, dove poso per un momento la fronte. - Lo immagino – rispondo, senza troppi giri di parole.
- Si renderà conto che ha bisogno di te, prima o poi – lo rassicuro – Questa faccenda è troppo grande per lui, è troppo grande per chiunque – aggiungo, provando un’improvvisa fitta allo stomaco dopo quelle mie parole.
E’ come se sapessi a prescindere che quella è la verità, anche se non so bene come.
- Dovrò cominciare a proteggere anche lui da sé stesso ora – mormora, lanciando l’ennesima frecciatina nei miei confronti.
- Sei bravo ad occuparti degli altri – rispondo, sollevando lo sguardo verso di lui, rivolgendogli poi un piccolo sorriso – Sei la classica persona che vedo bene con un bebè in braccio – aggiungo, ripensando per un momento a tutte le volte che avevo visitato donne incinte.
Presa da quel ricordo, mi domando improvvisamente se nella mia condizione potrò mai avere figli…
- Bebè eh? - mormora allora Sebastian, distogliendo la mia attenzione da quel pensiero improvviso. Il suo sguardo, ovviamente, è divertito.
- Perché no – rispondo, dopo aver fatto mente locale per un momento, reggendogli il gioco.
- Beh, non si può mai sapere.. - comincia, costringendomi poi pian piano a tornare stesa sul letto. Una volta capite le sue intenzione, non riesco a trattenere un piccola risatina: assurdo come ogni scusa sia buona, considerando che il mio commento sui bambini era puramente casuale. Questi sono i momenti in cui capisco che non ne ha mai abbastanza, ma sono gli stessi in cui capisco che per me è lo stesso.
Sospiro quando le sue labbra scivolano delicatamente lungo il mio collo fino al seno, mentre il suo ginocchio si fa presto strada fra le mie gambe, incitandomi a divaricarle quanto bastava.
Con un sospiro, gli concedo tutto il mio corpo, ma quella sensazione idilliaca ha vita breve.
- Allora è proprio vero che il mio fratellino si dà da fare! - esclama una voce, chiaramente all’interno della stanza.
La reazione di Sebastian è pronta e veloce, nonostante nessuno dei due si fosse accorto di niente: nel giro di un secondo, infatti, si piazza davanti a me, come a farmi da scudo. So che la voce appartiene ad Abaddon, e questo rende la situazione ancora più imbarazzante, motivo per il quale afferro immediatamente un lembo del piumone per coprirmi.
Per il rossore sulle mie guance non posso molto, quindi decido di non badarci.
- Abaddon – ringhia Sebastian, decisamente contrariato – Come ti viene in mente di sbucare così all’improvviso? - le domanda, probabilmente indeciso tra l’alzarsi per affrontarla e il rimanermi accanto per proteggermi.
- Veramente sono qui già da un po’ - ammette, portandosi poi un dito alle labbra – Eravate talmente impegnati che non vi siete neanche accorti di me – aggiunge, questa volta divertita da quelle parole, ma per certi versi anche offesa.
Sebastian questa volta non trova le parole per risponderle, e tutto quello che mi limito a fare io è posargli una mano sul braccio, cercando di tranquillizzarlo per quanto possibile.
- Avevo intuito che tra di voi ci fosse del tenero già la sera del ballo – ammette allora, camminando per la stanza come se niente fosse – Ma non pensavo ti fossi dato alle relazioni, fratellino – aggiunge, scuotendo poi impercettibilmente il capo.
- Sono cose che possono succedere, sorellina – risponde, senza pensarci troppo.
- Già, magari un giorno me lo spiegherai, ti va? - gli domanda con fare retorico, poco prima di dare le spalle ad entrambi – Ora rivestitevi pure, poi raggiungetemi entrambi – aggiunge, dirigendosi a passo spedito verso la porta.
- Che cosa sei venuta a fare nel mondo degli umani? - le chiede comunque Sebastian, poco prima di vederla aprire la porta.
- Tempo al tempo fratellino – è la sua unica risposta – Vestiti, e poi potremmo parlare – aggiunge, lasciandoci poi soli nella stanza con un tonfo della porta.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: SarcasticColdDade