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Autore: solomonty    13/03/2017    0 recensioni
Una formula matematica per salvare il mondo.
Tre amici, l'università e un giuramento.
Oliver Queen farà la sua parte.
E che c’entra quel barbuto biondo col cane?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Save the mathematician, save the world
 
 

Preparations
 

Eric e Martin arrivarono puntuali alle 7.30 e portarono la colazione per tutti.
Mentre aspettavano che il caffè finisse di scendere nella caraffa Eric e Oliver prepararono la tavola.
Marty trovò Felicity fuori, nel giardino sul retro, mentre stendeva le lenzuola ad asciugare.
Il detective con i ciuffi sorrise malizioso e lei lo ricambiò.
“Non so cosa gli hai detto, ma ha funzionato” disse sfacciata, con una grande soddisfazione sul viso.
“Gli ho fatto capire che, se non fosse corso ai ripari, ti avrei fatto una corte sfrenata e non avrei accettato un “no” come risposta.”
Mentre parlava si avvicinò al bucato steso e sistemò un angolo del lenzuolo.
“Sei esagerato, Marty.” La ragazza lo guardò incuriosita.
Lui modulò un lamento; “sì, un po’… mi piace l’ordine: le cose a posto mi mantengono calmo” e pinzonò il lenzuolo delicatamente così che il segno della molletta fosse visibile il meno possibile.
“Sei tanto gentile che non riesco a immaginarti arrabbiato.”
“Meglio, non sono un bello spettacolo” borbottò a voce bassa. Poi indicò la porta finestra “ti ho portato la colazione, cara” disse facendole il gesto di entrare.
“Appunto” bofonchiò lei parlando tra sé e sé.
 
“Ehi, Monty, cos’hai?” chiese Marty ad alta voce e quando raggiunsero il corridoio, lui e Felicity trovarono Eric e Oliver che ridevano coprendosi la bocca e il cane che abbaiava alla porta del bagno.
Matt stava facendo la doccia e cantava a squarciagola stonando maleficamente.
Se i bipedi ridevano, il quadrupede non era dello stesso avviso e mostrava, senza mezzi termini, il proprio disappunto.
Felicity si avvicinò a Eric e lo abbracciò circondandogli la vita. “Non lo sentivo così sereno da anni” sospirò emozionata.
Il tecnico dell’NCIS si voltò un po’ verso di lei e l’abbracciò per le spalle. “Anch’io, piccola, anch’io” mormorò baciandole la testa.
Quante volte gli avevano battuto i pugni sulla porta del bagno, durante l’università? E i cuscini tirati addosso o i fischi nei pub quando si cimentava, senza vergogna, nel karaoke?
Era passata un’eternità dai quei giorni spensierati. Dopo quella sciagurata scoperta del codice, la loro vita era cambiata e si era deformata fino a diventare uno scarabocchio, lasciandoli senza un futuro da desiderare, da sperare, da costruire. Tutto era stato subordinato al codice e alla salvaguardia di Matthew. E quella mattina, sentirlo cantare con le sue note terribili, come se nulla fosse, li riempì di speranza e ottimismo.
 
“Dovrai tenere i dreads e il resto per un po’” gli spiegò Martin gesticolando e Matt sorrise.
“Dovrò tenermi barba e baffi? ma muoio di caldo” si lamentò.
“Fa molto cool” lo canzonò Marty passandosi una mano sul viso; “alle donne piace la barba incolta, fa maschio” disse facendogli l’occhiolino.
“Confermo!” trillò Felicity. “E poi sei irriconoscibile così. Passato un po’ di tempo, se vorrai, potrai riprendere le tue vecchie sembianze.”
“Siamo pronti per andare?” chiese Oliver e Matt si infilò al volo la giacca.
“Pronto, capo!” affermò serio.
“Ci possiamo fidare di questa persona?” intervenne Eric rivolgendosi a Martin.
Lui annuì. “Assolutamente sì, non temere” rassicurò il suo collega e fatto un cenno a Oliver li accompagnò alla porta.
“12150 Wilshire Blvd, studio legale Brinkle & Roots. L’avvocato William Roots vi sta aspettando; fate quello che vi dice… da qui non sono neanche due miglia in quella direzione. Fatevi una passeggiata, fermatevi in un bar, leggete un giornale… non ci hanno trovati ma non si sa mai; perdete tempo, guardatevi intorno e se siete certi, andate. Ci ritroviamo qui” si frugò nelle tasche dei pantaloni e tirò fuori un portachiavi. “Sicuramente ci saremo, ma se così non fosse…”
“È un tuo collega avvocato?” chiese Matt.
“Io non esercito ma, sì, è un collega e soprattutto un amico. Stai tranquillo, andrà tutto bene.” Il sorriso di Martin era eloquente più di mille parole.
“Andiamo, dai” lo incalzò Ollie e prima di uscire dalla porta si girò a guardare Felicity. Pensò che non l’aveva vista mai così bella e il cuore accelerò. Serio, diede un colpo di tosse tanto per darsi un tono e lasciato passare Matt, si incamminarono per il vialetto fiorito che dava sulla strada.
Marty indicò alla loro destra la direzione da prendere quando si voltarono a guardarlo; dopo avrebbero fatto affidamento sulla piantina che Eric gli aveva preparato.
Quando il detective rientrò in casa, gli sguardi di Felicity ed Eric erano pieni di apprensione. Mosse le mani in un gesto insofferente.
“Oh, basta, siate ottimisti… e poi, genietto, lo sai anche tu: se ci avessero scoperti saremmo già belli e arrestati… e sì che sarebbero dolori… mica per loro, eh, più che altro perché saremmo costretti a spiegare tutto a Hetty” alzò le spalle.
“Oddio, no!” esclamò Eric e finì tutto in una risata.
 
“Il documento elettronico che faranno a Matt sarà autentico a tutti gli effetti… come farete con le impronte digitali?” chiese Marty accomodandosi al tavolo, di fianco a Felicity che aveva aperto il proprio portatile.
“Matthew Sandler non esiste più” disse a bassa voce. Guardò Eric di fronte a lei che armeggiava col proprio tablet. “Già… è morto poco più di anno fa” sentenziò schiacciando un pulsante.
Marty lo guardò sorpreso e perplesso. Cosa voleva dire?
“Da adesso, intendo” riprese a parlare il Beale.
“Davvero?” chiese il collega NCIS nel suo solito modo.
“Sì, biondino… né io né Eric riceviamo visite dell’NSA da un paio di anni e, oh aspetta un attimo” le dita svelte sui tasti, “ ecco fatto” gridò euforica Felicity. Batté il cinque con Eric, felice e poi tornò a guardare il detective. “Avevamo concordato che nell’eventualità che fosse stato necessario, avremmo inscenato la morte di Matt… e queste” indicò delle immagini sul portatile, sono le foto del suo funerale. Vedi, siamo io ed Eric… e questi” qualche altro tasto pigiato “sono i documenti della sua cremazione e le sue ultime volontà dove chiede che le sue ceneri vengano affidate a noi, suoi cari amici.” Smise di parlare si girò a guardare l’uomo accanto a lei.
“Accidenti, siete bravi… e così sparisce Matthew Sandler” mormorò il detective.
“Ha scelto un nuovo nome” spiegò Eric.
“Sì, ok, ma le impronte digitali che ha l’NSA?” chiese Martin incuriosito.
“Beh, quando Arrow si è inserito nel database dell’NSA, ieri sera, ha rilasciato un file con delle impronte false che hanno sostituito quelle autentiche” alzò un dito a fermare l’ovvia domanda che le stava per fare il detective, “appartenute a un giovane ragazzo incensurato morto per malattia.”
“Avete rubato l’identità a quel ragazzo?”
“Solo le impronte; sono stata io, all’ospedale di Star City. Abbiamo fatto in modo che Matt non possa essere più riconosciuto; solo così potrà rifarsi una vita.”
“E stai tranquillo: l’NSA non potrà mai sapere dello scambio di impronte né quando questo sia stato fatto; inoltre, dovessero accedere al loro back up troveranno che varie informazioni generali sono andate perdute e non potranno risalire a quelle originali” spiegò Eric.
Martin sorrise e alzò le sopracciglia sorpreso. “Spero siate sempre miei amici, geniacci” disse mentre i ragazzi lo guardavano soddisfatti. “Rilassatevi e finite la colazione” cambiò discorso allungando verso di loro una scodella di frutta fresca tagliata a pezzi.
 
Matt ripiegò il giornale e lo poggiò sul tavolino.
La zona era piuttosto deserta considerando che era domenica e nonostante lo studio legale fosse tra due ristoranti, era ancora troppo presto perché la gente cominciasse col solito viavai.
“Oliver, grazie. Grazie per ciò che stai facendo per me; non mi conosci, eppure non hai esitato un attimo a fare tutto questo” la voce commossa strappò un sorriso al taciturno signor Queen.
“Hai degli amici fantastici; il loro sacrificio è stato grande e sarò soddisfatto di me stesso se riuscirò a darti una mano. L’esperienza umana che ho mi permette di apprezzare la vera amicizia e, grazie a te, ho modo di rendermi utile” rispose a voce bassa.
“E fare l’eroe con Felicity” ridacchiò Matt.
“Già” il sorriso di Oliver diventò più che palese. “Non immagini cosa significhi per me aiutare lei personalmente.” Il tono più basso quasi fosse un pensiero. Ed era vero: lei non chiedeva mai aiuto, mai per se stessa e poterle essere utile, sollevarla di qualche preoccupazione, era fondamentale per lui.
Ollie si guardò intorno e sicuro si alzò in piedi. “Non ci segue nessuno, possiamo andare” disse risoluto e, dopo aver lasciato i soldi per i succhi di frutta appena consumati, si allontanò dal bar al fianco di Matt; destinazione decimo piano del palazzo di fronte.
 
William, Bill per gli amici, Roots era scapigliato tanto quanto Martin e sia Matt che Oliver diedero per certo che fosse anche un surfista.
“È tutto pronto, mi servono solo le tue generalità e poi faremo le foto e stamperemo il passaporto e gli altri documenti” disse con voce allegra rivolgendosi a Matt.
“Sì, ma… il numero di previdenza sociale, il luogo di nascita” iniziò, ma l’altro gli fece un cenno con la mano a interromperlo.
“Non ti preoccupare, è tutto regolare e pianificato.” Girò intorno alla scrivania e andò a sedersi e fece cenno ai due uomini di sedersi anche loro. “Come ti chiami, ora?” chiese.
Matt sorrise e scollò le spalle. “Non ridete, ma mi è sempre piaciuto e adesso che posso… Gray, Gabriel Gray” disse un po’ fanatico.
Oliver girò il viso dalla parte opposta e soffocò una mezza risata mentre Bill gli rise bellamente in faccia.
“E magari da grande vuoi fare l’orologiaio cattivo?*” chiese prendendolo in giro.
“Perché no, potrei imparare… e di secondo nome Felric.”
“Santo cielo, sembra il nome di un hobbit. Ma da dove viene?”
“È l’unione dei nomi dei miei fratelli” rispose serio.
“Non entro nel merito… allora: Gabriel Felric Gray di Joliet, Illinois… del resto sei di Chicago, meglio non cambiare troppo” mugugnò Bill.
Matt acconsentì e guardò l’avvocato che pigiando sui tasti gli stava dando una nuova vita.
Aveva chiesto di essere nato in agosto, quando fa caldo, ed era stato accontentato.
Per la cronaca, i suoi genitori erano arrivati in Illinois pochi mesi prima della sua nascita ed erano morti in un incidente solo qualche anno prima; naturalmente, anche loro erano stati cremati…
Dalla stampante uscirono certificati di nascita, vaccinazioni, previdenza sociale, scolastici, ecc.
“Per quanto riguarda una laurea dovrai aspettare, ma l’avrai, non preoccuparti” lo rassicurò Bill.
“Grazie… ci tenevo così tanto a quella del MIT” disse Matt sconsolato.
“Bill potrà farti laureare al CalTech, magari… tanto per restare in tema.” Oliver cercò di confortarlo. Gli faceva un po’ di tenerezza: la sua preziosissima laurea che gli aveva rovinato la vita, eppure così amata e apprezzata. Gli sembrò strano confortarlo, lui che di studiare proprio non ne aveva voluto sapere!
“La CalTech andrà bene” disse solenne Bill e Matt sorrise contento.
Subito dopo lo mandò a fare la fotografia in un’altra stanza, accompagnato da una segretaria carina e paffuta.
Bill stampò un foglio e lo porse a Oliver.
“Qui a Los Angeles sono il tuo avvocato e questi sono il mio mandato e il documento con il quale assumi Gabriel Gray” disse e fece segno a Ollie dove doveva firmare.
La mail che Felicity aveva spedito con tutti i dettagli dell’“assunzione” era arrivata in tempo.
“Fammi sapere quanto ti devo” iniziò a dire Oliver ma Bill lo interruppe.
“Non mi devi niente… come immagini, mi “occupo” di ricreare le identità delle persone; tutti questi documenti sono reali e passeranno i controlli; tu sei un uomo d’affari,  non è poi così strano che tu abbia un avvocato qui a LA… e non voglio nulla: dovevo pagare una scommessa a Marty, perciò” e lasciò cadere la frase.
“Non è la prima volta che fate una cosa del genere, vero?”
Bill scosse la testa piena di ciuffi neri. “No, e non sarà l’ultima” sospirò.
 
Un’ora dopo essere entrati, Oliver Queen e Matthew Sandler uscirono dallo studio dell’avvocato Roots. Il giovanotto con i dreads teneva in mano una cartellina piena di documenti nuovi di zecca e una lettera di assunzione per il suo nuovo lavoro.
Stava andando tutto per il meglio ma, al tempo stesso, tutto era precipitato. Matt smise di camminare e come un bambino si portò una mano sul viso e pianse. Matthew Sandler non esisteva più!
Oliver gli batté la mano sulla schiena per incitarlo e il giovanotto alzò la testa e le spalle, tirò su col naso e lo guardò.
“Andiamo, Gabe… ti regalo una bottiglia di whiskey” disse Oliver sorridendo.
“Tequila… meglio tequila” precisò serio il signor Gray.
“E tequila sia” rispose l’altro.
 
 


 


 
Scusatemi per il lungo silenzio, ma sono successe tante cose, non ultima (e sicuramente la più importante per questa storia) la perdita della usb che conteneva gli ultimi due capitoli.
Siamo arrivati al penultimo capitolo. Manca poco.
Avevo fatto nascere Matt a Chicago perché stavo recuperando “The good wife” che mi piaceva (mi piace tutt’ora) tanto.
Grazie per la pazienza.
Monty
 
*Gabriel Gray è l’orologiaio di “Heores”
 


Disclaimer: Eric Beale, Martin A. “Marty” Deeks, Felicity Smoak, Oliver “Ollie” Queen, Monty, Hetty, Arrow, Star City, l’Hobbit e l’orologiaio Gabriel Gray non li ho inventati io. Peccato.
  
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