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Autore: jaki star    14/03/2017    2 recensioni
Nel giorno del proprio compleanno, Erza Scarlett perde i genitori in un drammatico incidente stradale.
Il vuoto della perdita corrode la sua armatura e la solitudine s'impossessa dei suoi occhi.
Ma un pendolo rintocca la mezzanotte ed una misteriosa foto d'altri tempi compare nella nebbia dei ricordi:
Un villaggio. Una famiglia. Un maniero di campagna. Un ragazzo misterioso a cui sembra essere legata dal destino. Una promessa e il rumore della pioggia, fine e maestoso nel verde di una foresta proibita.
Fra antiche credenze e fitte ombre, Erza dovrà fare i conti con un passato soffocato nel sangue e nascosto nella luce di una pietra... Prima che la Creatura canti l'agonia della sua ultima ora.
[Kirisame ga furu mori crossover] [Principalmente Gerza] [Gale!accenniGruvia]
Presenza di linguaggio scurrile, enjoy!
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gajil Redfox, Gerard, Levy McGarden, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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THE FOREST OF DRIZZLING RAIN
 

 
Epilogo: La loro promessa - Sulla strada del futuro


Tutto si fece silente e la stanza calò nella più totale normalità: Erza fissava il vuoto a bocca aperta, ancora incapace di realizzare ciò a cui aveva assistito, ciò a cui aveva partecipato. Non c’era la minima traccia del bambino o della Kotori Obake: anche i demoni erano spariti e con essi tutte le pozze di sangue e schifezze lasciate dai loro cadaveri.
 
“… Sono scomparsi? ... È… Davvero finita?”.
 
La sua domanda rimase sospesa fra la polvere: non ottenne risposta e i suoi occhi si posarono sulla figura di Gerard. Il guardiano aveva un'aria stravolta ed il viso sporco di sangue era contratto in una smorfia di pura sorpresa: a fatica si drizzò completamente, scostando con delicatezza la compagna. Con tutta la forza rimasta si trascinò fino al punto in cui la Kotori Obake ed il bambino erano scomparsi, fissando il terreno con un’espressione vuota ed allibita allo stesso tempo: Erza gli andò accanto, accennando un sorriso comprensivo.
 
“… Va tutto bene” mormorò dolcemente, sfiorando appena il ragazzo con la spalla “Sicuramente d’ora in poi quel bambino e sua madre potranno finalmente restare l’uno accanto all’altra”.
 
Gerard si voltò verso di lei, gli occhi spalancati e le lacrime sulle gote smorte: la osservò con commozione e consapevolezza, donandole poi uno sguardo pieno d’amore. Allungò il braccio sano, cercando di stringerla a sé: la giovane non perse tempo ad accogliere l’invito, circondando il busto del compagno in una delicata morsa traboccante d’affetto. Restarono abbracciati nel silenzio del sotterraneo, avvolti da un’aura di pace e tranquillità: il custode rilassò le labbra in un sorriso e la ragazza incatenò lo sguardo al suo, sfiorandogli la bocca con la propria.
 
Un improvviso rumore li fece sobbalzare, mettendoli sull’attenti: si voltarono verso la porta metallica, in attesa di veder spuntare qualche spettro mutilato in cerca della loro anima.
 
“Hey! C’è qualcuno?!
Qualche persona potrebbe rispondermi?!
… Astenersi fottuti demoni!”
 
Erza e Gerard si scambiarono un’occhiata tanto eloquente quanto stupita: la Scarlett si avvicinò all’apertura semi arrugginita, presto affiancata dal guardiano.
 
“Questa voce… UFFICIALE REDFOX!”.
 
Con foga si precipitò nella stanza in pietra, guardandosi intorno per capire da dove provenissero gli improperi del poliziotto. Il custode le zoppicò accanto, toccandosi infastidito il braccio desto, che penzolava inerte lungo il fianco: uno strano formicolio gli morse i muscoli, iniettandogli stille di freddo nel tessuto lacero.
 
“Se la voce di Gajeel si sente fin qua sotto, vuol dire che possiamo andarcene!” esclamò la rossa, correndo verso il fondo della stanza: una corta scalinata in pietra portava ad una piccola piattaforma immersa nella semioscurità, così discreta che non l’aveva notata nella loro precedente ispezione. Un raggio di luce bucò il pavimento, segnalando l’esistenza di un passaggio nel basso soffitto.
 
“GAJEEL!” urlò quindi la ragazza, con tutto il fiato che aveva in gola “GAJEEL, IO E GERARD SIAMO QUI SOTTO! VIENI A RECUPERARCI, NON C’È PIÙ PERICOLO!”.
 
“Erza?!”.
 
La ragazza spalancò gli occhi nell’udire una voce femminile: dall’apertura nel soffitto si allungò un viso delicato, molto pallido ma comunque vispo.
 
“LEVY! Grazie al cielo stai bene!” chiamò la rossa, la voce carica di emozione: alle sue spalle, Gerard dischiuse le labbra in un moto di stupore.
 
Tuttavia esso durò poco, perché uno strano senso di nausea gli assalì la gola: strizzò gli occhi un paio di volte, intravedendo dei puntini bianchi danzargli davanti al viso. Una strana coltre di freddo gli abbassò la temperatura corporea, causandogli un fastidioso pallore mortale: si appoggiò ad uno scaffale per non cadere, le tempie massaggiate dalle lunghe dita affusolate.
 
“Ehi! Voi scavezzacollo siete ancora vivi?!” la voce burbera di Gajeel interruppe la conversazione fra le due ragazze: il poliziotto si affacciò all’apertura, incontrando la figura dell’erede degli Scarlett.
 
“Cazzo, sembri appena uscita dallo yomi” sentenziò, senza mezzi termini “Credo che tu abbia bisogno di uno specialista”.
 
“Per favore Gajeel, prendi una scala e tiraci fuori da qui che ne ho le tasche piene!” lo pregò “Io sto bene, ma Gerard è un po’ deb-”.
 
Un tonfo interruppe il suo resoconto: Erza si voltò di scatto, il terrore negli occhi.
 
“GERARD!”.
 
Il ragazzo giaceva a terra, bianco come un cadavere e privo di conoscenza: ignorando le richieste allarmate di Gajeel si buttò accanto a lui, prendendo il suo corpo inerte fra le braccia.
Il blu non diede segno di aver percepito la sua voce: restava inerte, il viso sozzo di sangue e sudore gelido, la bocca dischiusa da cui trapelava un debole respiro. La Scarlett notò che la ferita alla spalla era più grave di come l’aveva vista poco prima e si diede della cretina per non averla esaminata con più perizia: avvertì gli occhi riempirsi di lacrime ma le cacciò via, adottando un atteggiamento risoluto.
 
“Gerard ti prego, non puoi mollare ora” gli disse, poggiando la fronte contro la sua: aveva la pelle fredda, troppo fredda.
 
Gajeel atterrò alle sue spalle con uno sbuffo e fu rapido a portarsi accanto a lei: con una veloce occhiata capì al volo la situazione, per poi inginocchiarsi e masticare qualche imprecazione.
 
“Sul serio, che cazzo avete combinato?!” grugnì, scostando la rossa per caricarsi Gerard fra le braccia “Sembra che abbiate preso a calci in culo la morte in persona”.
 
“È stato più o meno così” confermò la giovane, senza mollare la mano del blu “Abbiamo bisogno di un dottore, presto!”.
 
“Lo vedo da me, piccioncina” commentò il corvino, facendo cenno a Levy di reggere saldamente la scala che aveva calato dall’alto “Ma se non ti dai una calmata, avremo bisogno di un becchino: fra un attimo ti prendi un infarto”.
 
In poco tempo riemersero in superficie, accolti da una luce soffusa e dallo sguardo preoccupato di Levy: Erza spalancò la bocca in una smorfia attonita, riconoscendo la stanza interna da cui i suoi famigliari l’avevano sempre esclusa. Gajeel fece cenno alle due di seguirlo, dirigendosi poi a grandi passi verso l’uscita del museo: le ragazze lo rincorsero, aiutandolo ad aprire le porte dell’abitazione.
Il poliziotto si avviò risoluto verso la sua volante, il viso premuto contro il telefono che reggeva sulla spalla: Levy gli aprì le portiere posteriori della macchina, di modo che potesse stendere il ferito sui sedili in pelle nera.
 
“Sì vecchiaccia, sono io” asserì bruscamente il moro, la voce intrisa di scortese urgenza “Non me ne fraga un beato cavolo se ti sto sulle ovaie, ho qui un poveraccio che sta morendo e se non prepari quegli idioti dei tuoi assistenti ci rimette le piume e poi sono grane per te, hai capito? D’accordo, insultami quanto vuoi: ti concederò pure di picchiarmi se ti va, ma prima salva la vita a questo disgraziato. A fra poco, nonnina. Sì, pure io ti odio: grazie tante, eh”.
 
Chiuse la telefonata in maniera brusca, lanciando uno sguardo infuocato alle due ragazze: Erza si precipitò accanto blu, premendogli il fazzoletto che gli aveva regalato la madre sulla ferita. Aveva ripreso a sanguinare abbastanza copiosamente e non era sicura che sarebbe riuscita ad arginare l’emorragia.
 
“Levy, sali dietro con Erza e assicurati che Gerard non subisca scossoni, perché sarà un viaggio movimentato” Redfox si sistemò alla guida della vettura, accendendola con un colpo secco “Il museo l’ho chiuso io a chiave e non entrerà nessuno in nostra assenza: non dare spiegazioni, se i medici insistono tu fingiti sotto shock –anche se non ne avrai bisogno-. Forza, sbrighiamoci!”.
 
Partì con una sgommata, sollevando un polverone di ghiaia e terra: alle loro spalle, il museo si stagliava imperioso contro il tramonto scarlatto, proiettando una lunga ombra su tutta l’area circostante.
 
Ti prego” pensò Erza, strizzando le palpebre “Non lasciarmi Gerard, non lasciarmi!”.
 
Un improvviso tocco le calmò il cuore ed i suoi grandi occhi castani si sbarrarono dalla sorpresa: un’iride verde la scrutava intensamente, in un tenero miscuglio d’ironia e dolcezza. Un mezzo sorriso si allungò sulla bocca del guardiano ed Erza avvertì i suoi polpastrelli lambirle la guancia: i loro sguardi s’incatenarono ancora una volta, sprofondando in un abisso denso di emozioni che solo loro due potevano comprendere. Levy li guardava senza fiatare, rossa in viso: poteva percepire la potenza dei loro sentimenti frizzarle sulla pelle.
 
A dopo… Er-chan”.
 
*
 
Erza ricordava poco della corsa in ospedale: ogni volta che ci ripensava, rammentava semplicemente un susseguirsi confusionario e rapido di suoni, odori e colori. Ricordava Gajeel che sbraitava e sollevava Gerard di peso, portandolo in una struttura informale che puzzava di disinfettante: sapeva con certezza che aveva stretto la mano del custode fino a che una donna piuttosto avanti con l’età non glielo aveva portato via, ordinando ai suoi assistenti di spedirlo in sala operatoria. Le sembrava ancora di percepire lo sguardo critico dell’anziana e di sentire la sua voce gracchiante apostrofare il poliziotto: poi lei si era improvvisamente sentita debole e Levy l’aveva fatta sedere su una panchina, dove una ragazza dai lunghi capelli blu, avvolta in un camice bianco, le aveva parlato con dolcezza. Non ricordava esattamente quanto tempo avesse passato immobile, in una sala d’aspetto dalle pareti candide: Gajeel le aveva spiegato che si trovavano in una specie di clinica, un posto piccolo ma davvero efficiente ed attrezzato tanto quanto un ospedale cittadino.  Oltretutto, essendo gestito da gente che conosceva molto bene –tra l’altro era pura un cliente abituale- era sicuro che avrebbero curato Gerard a dovere senza fare una domanda sul perché si trovasse in tali condizioni. Poi probabilmente il moro si era lanciato in qualche racconto delle sue eroiche peripezie poliziesche, sicuramente un tentativo per farla riprendere, ma la Scarlett non ricordava una parola di ciò che le aveva narrato. Sapeva di essere stata medicata dalla ragazza dai lunghi capelli blu: era stata così presa dalle condizioni sconosciute ed apparentemente gravi del Fernandes che non si era resa conto di essere ferita anche lei. Wendy, quello era il nome dell’infermiera, le aveva tenuto compagnia fino a che non avevano fatto ritorno al museo: sarebbe dovuta passare a ringraziarla, prima o poi.
L’ultima cosa che ricordava era di essersi addormentata: quando la vecchia aveva fatto di nuovo la sua comparsa per riferire che Gerard stava bene e che con un po’ di riposo si sarebbe ripreso a dovere, era scivolata fra le braccia di Morfeo.
 
Erza sorrise, appoggiando il bicchiere di tè freddo sul tavolo per la lettura a cui si era accomodata: si concesse un grande sospiro di sollievo, mentre la serena calma del salone le accarezzava l’animo tranquillo. Una brezza tiepida e profumata filtrava dalle finestre e dal portone spalancato, portando con sé il sapore dell’estate che, dopo l’intera vicenda nella foresta, sembrava essere tornata con maggiore vitalità: la Scarlett si accarezzò la mano bendata ed il tintinnio di una forchetta la risvegliò dal suo stato di profonda meditazione con l’universo. Socchiuse gli occhi e trovò il viso di Levy sorridente, il labbro appena macchiato di deliziosa panna montata: il suo piatto bianco splendeva come se fosse appena stato lavato, privo di qualsiasi residuo della torta alle fragole che si stavano gustando per merenda.
 
“Era ottima” commentò la McGarden, pulendosi la bocca “Non mi sembra vero che possiamo goderci questi momenti di tranquillità, dopo tutto quello che è successo: è come se fossero passati secoli… E non pochi giorni”.
 
La rossa annuì, gli occhi splendenti di una luce nuova “Hai ragione, Levy: e non sai quanto questo mi renda felice”.
 
Un rumore di passi le costrinse a voltarsi verso l’ingresso ed il profilo di due uomini si stagliò contro la luce del meriggio: Gajeel e Gerard fecero la loro comparsa nel salone, per poi correre al tavolo dopo aver adocchiato la sontuosa torta panna e fragole.
L’ufficiale si lasciò cadere sulla sedia con uno sbuffo, poggiando una cartelletta ed il distintivo sul ripiano ligneo del tavolo: allungò le braccia verso l’alto nel tentativo di stiracchiarsi, i denti stretti in un’imprecazione intrisa di stanchezza.
 
“Ho subito tanti di quegli insulti da quella vecchiaccia che mi basteranno per qualche lustro” sbottò, sistemandosi le fondine che gli accarezzavano il costato “In compenso mi ha rassicurato sugli ultimi controlli: il ragazzone qui presente sta meglio di me, a quanto pare”.
 
Gerard, a differenza del compagno, si sedette in una maniera molto più elegante e si passò una mano fra gli –stranamente- ordinati capelli blu: i suoi occhi verdi brillarono di una luce affettuosa nell’incontrarsi con quelli fondenti della Scarlett. Un ampio cerotto gli nascondeva la cicatrice che si era fatto quando lei era stata risucchiata nel terreno, ma per il resto il suo viso era incredibilmente lindo e rilassato, come se fosse appena tornato da una vacanza e non da una battaglia mortale. Indossava un paio di jeans chiari ed una camicia bianca appena sbottonata a causa del caldo: la Scarlett pensò a quanto fosse strano vederlo vestito in quella maniera, un abbigliamento così diverso rispetto agli abiti scuri che era sempre stato solito portare da quando lo aveva incontrato dopo dieci lunghi anni. Ora le sembrava che quei tempi bui fossero lontani: il giovane le pareva semplicemente la persona che conosceva da una vita e che, da ragazzino, si vestiva sempre in quel modo sbarazzino eppure raffinato. Con un sorriso placido il blu allungò il braccio, muovendo appena la spalla per mostrare quanto la ferita non gli desse più fastidio: Erza lasciò che lo sguardo scivolasse sotto la stoffa candida, esaminando la pesante fasciatura che avvolgeva il petto del guardiano. Nella sua mente si avvicendarono le immagini di quella carne lacerata dagli artigli dei demoni e dalla scheggia di Luce: Gerard parve accorgersene, perché le sventolò la forchetta su cui era conficcato un pezzo di torta davanti alla faccia, un sorriso rassicurante e canzonatorio sulle labbra fini.
 
“Comunque sia” mugugnò Gajeel, la bocca piena di dolce “Ora che la burrasca si è calmata, devo fare rapporto su ciò che è successo… E forse qui c’è bisogno che qualcuno si scusi”.
 
Si esibì in un’occhiata intimidatoria alla quale Levy rispose con una linguaccia ed un broncio irritato: la sua espressione cambiò considerevolmente quando si posò sul viso di Erza. I suoi occhi si fecero lucidi e la sua voce tremò appena, ridotta ad un sussurro intriso di vergogna e pentimento.
 
“Io… Mi dispiace così tanto” mormorò, tirando su con il naso “Se io non avess-” “Levy” la interruppe Erza, la voce morbida e tranquilla “Stiamo bene, non c’è bisogno di piangere: probabilmente se tu non ti fossi cacciata nei guai la nostra situazione non si sarebbe sbloccata. Io sarei ancora qui a brancolare nel buio, la Kotori Obake ed il suo bambino non avrebbero trovato la pace e noi non potremmo goderci questa meritata vittoria. Non potremmo vivere la nostra vera vita. Abbiamo in un certo senso salvato delle anime rovinate dal passato e se tutto questo non fosse successo... Bè, io non sarei riuscita a recuperare i miei ricordi da sola: va tutto bene, davvero”.
 
Levy arrossì in preda alla commozione, spiazzata: strinse le labbra per frenare il pianto e serrò i pugni, cercando una maniera per sfogare il miscuglio di sentimenti che le stava assalendo il cuore.
 
“Se quest’orso mi avesse ascoltato non ci avremmo messo così tanto a soccorrervi!” esclamò poi, rischiando di far strozzare Gajeel con la torta che stava ingurgitando: gli occhi del poliziotto si infiammarono e le guance gonfie come quelle di un criceto tremarono d’irritazione.
 
“Ehi! Guarda che tutto questo è successo perché eri svenuta e straparlavi!” si difese l’ufficiale “Non potevo certo mollarti lì come un sacco di patate o dare retta ai tuoi deliri incoscienti. Comunque sia, siamo riusciti a rintracciarvi e di conseguenza tutto è andato per il meglio. Cavolo, devo ancora riuscire a realizzare tutto ciò che abbiamo vissuto in quella dannata foresta… E poi non avrei mai immaginato che quel posto fosse così fortemente collegato, in tutti i sensi, a questa villa. Ah, ho provveduto a redigere un rapporto abbastanza convincente”.
 
Redfox picchiettò sulla cartelletta che aveva appoggiato sul tavolo, aprendola: i tre le diedero una rapida occhiata, esprimendo il loro assenso con un cenno del capo.
 
“Se mai dovreste essere chiamati a testimoniare, vi raccomando di raccontare la stessa montagna di frottole, ok?” con un gesto lento si alzò da tavola, recuperando il rapporto “Ora sarà meglio riportare Levy a casa, o i suoi genitori mi manderanno a chiamare un’altra volta. Avanti, gamberetto: ci scuseremo insieme… Perché anche io ho mancato al dovere di proteggerti, questa volta”.
 
Il tono incredibilmente remissivo e pacato di Gajeel pietrificò i presenti: Levy lo guardò a bocca aperta, le guance rosse d’imbarazzata incredulità. Dal canto suo l’ufficiale, dopo aver realizzato cosa avesse detto, si tinse di una colorazione piuttosto viva: si affrettò a balbettare delle scusanti, per poi chiudere la discussione con un sonoro improperio.
 
“E comunque sia” tossicchiò, schiarendosi la voce “Ci sentiamo nei prossimi giorni per gli sviluppi in centrale, tenetevi sempre pronti per esser convocati: buona giornata, piccioncini!”.
 
Il giovane poliziotto si avviò verso l’uscita, seguito a ruota dalla McGarden: prima di varcare la soglia del museo la ragazza si girò, un’espressione enigmatica sul viso.
 
“Mi sono dimenticata di dirti una cosa, Erza” asserì, improvvisamente illuminata da una luce gioiosa “La foresta è in pace, ora: non c’è più nessuna presenza o nessuna voce. È stata purificata da cima a fondo: di conseguenza, se vorrai venire a vivere qui non ci sarà più nessun problema!”.
 
E a passo leggero la ragazza si accostò all’ufficiale, varcando la soglia di quel luogo magico che le aveva fatto vivere l’avventura più incredibile che avesse mai potuto immaginare: si diressero a passo lento verso la volante della polizia, perdendosi nella luce di un pomeriggio di mezza estate.
 
*
 
Erza dischiuse le labbra in preda allo stupore, spiazzata dalla ultima dichiarazione di Levy: in parte a lei, Gerard aveva adottato la medesima espressione. Nonostante la McGarden si fosse rivolta alla rossa, il guardiano aveva percepito l’occhiata ammonitrice ed il velato messaggio che gli aveva lanciato: gli tornarono in mente gli istanti in cui aveva cercato di dissuadere la Scarlett dalle sue ricerche, minacciandola ed intimandole di tornarsene a casa, in città. Certo, l’aveva fatto per proteggerla e scrivere quei biglietti gli era costata una fatica immane, tuttavia al solo pensiero delle parole fredde che le aveva rivolto si sentì davvero in colpa. Tossicchiò lievemente, sorseggiando il tè freddo per evitare di perdersi nei ricordi: la ragazza si voltò verso di lui, i tratti improvvisamente impensieriti da un’emozione indefinita.
 
“Gerard-kun, io…” il ragazzo puntò l’occhio verde su di lei, il bicchiere ancora accostato alle labbra “Quando le investigazioni dell’ufficiale Redfox saranno terminate, io… Tornerò a casa”.
 
Uno strano silenzio calò fra di loro. Un’assenza di suono innaturale si insinuò in ogni anfratto del museo e perfino il cinguettio degli uccelli cessò. Il custode poggiò il bicchiere sul ripiano ligneo del tavolo da lettura, profondamente colpito: si alzò in piedi, sentendosi come se si fosse appena svegliato da un lungo sogno. Sul suo viso si avvicendarono diverse emozioni, così confuse da risultare indecifrabili: la rossa sembrò accorgersene, poiché sfuggì il suo sguardo ed inscenò un’espressione falsamente serena, accompagnata da un sorriso tirato che non ne voleva sapere di fissarsi.
 
“E per quanto riguarda questa abitazione… Puoi farne ciò che ritieni più corretto”.
 
Il giovane non rispose ed Erza gli si piazzò di fronte, la bocca incurvata nuovamente in una smorfia fragile: si guardarono negli occhi ed il guardiano capì che il momento che avevano rimandato per una settimana era ormai inesorabilmente giunto.
Stavano per dirsi addio.
Deglutì, incapace di fare alcunché: l’altra socchiuse gli occhi lievemente lucidi, una scintilla di immenso affetto nelle iridi castane.
 
“Mi spiace averti causato così tanti problemi, davvero” azzardò quindi, non sapendo bene come concludere il discorso “Non siamo riusciti a riottenere la tua voce, però… Io ti ringrazio infinitamente, Gerard-kun: nonostante questa perdita, sono riuscita a mantenere la nostra promessa. Non è forse così?”.
 
Il giovane aprì la bocca come per dire qualcosa, ma si bloccò: la Scarlett gli rivolse un’ultima occhiata affettuosa, per poi iniziare a dirigersi verso l’ingresso del museo senza smettere di parlare. Via via che si allontanava, la sua voce si faceva sempre più flebile ed impastata.
 
“Per ora pensiamo a riposare: domani dovrò riordinare tutti i documenti relativi all’eredità e preparare i bagagli per tornare a Magnolia, quindi io-”.


https://www.youtube.com/watch?v=YJBm9OdXMxw
 
“… Er-chan”.
 
Erza si bloccò di colpo, il cuore tremante e le gambe paralizzate: percepì i suoi occhi sgranarsi all’inverosimile, mentre le labbra si schiudevano in preda allo stupore più puro. Si voltò con estrema lentezza, incrociando le iridi verdi del guardiano di Azakawa, il quale l’aveva raggiunta
con poche falcate: la fronteggiava senza esitazione, una serena serietà nei lineamenti decisi.
 
“… Er-chan”.
 
La voce di Gerard era calda e melodiosa, un’intonazione baritonale che pareva accarezzare con raffinatezza qualsiasi parola pronunciata: Erza avvertì un lungo brivido correrle lungo la schiena, mentre l’incredulità faticava a tramutarsi in consapevolezza.
 
“Oh mio Dio…” sussurrò la ragazza, portandosi le mani alla bocca per soffocare un singhiozzo: ricacciò indietro le lacrime, avvertendo una sempre più profonda e sorpresa commozione farsi spazio nella sua anima.
 
“Gerard-kun… La tua voce…!”.
 
Il ragazzo le regalò un sorriso ampio e sincero, così bello e luminoso che le mozzò il respiro: il viso raffinato si mosse in un cenno d’assenso, mentre un melodico sospiro gli abbandonò le labbra fini.
 
Erza” ripeté con voce modulata e a suo modo armoniosa: la giovane lo vide chiudere gli occhi, come se stesse assaporando a fondo il suo nome e allo stesso tempo trovando la frase giusta da dire.
 
“Che cosa, Gerard-kun?” ebbe la forza di rispondergli, ormai così sorpresa da ricordare a fatica come si parlasse: il giovane arrossì appena, per poi estrarre dalla tasca il suo fidato taccuino.
 
Scribacchiò qualcosa, per poi strappare il foglietto e porgerglielo con un po’ d’imbarazzo: la rossa lesse, esterrefatta.
 
“Questo sarà l’ultimo memo che ti scriverò, Er-chan… Perché, ora che è tutto finito, abbiamo molte cose di cui parlare, non è vero? ”.
 
Erza avvertì qualcosa di umido colarle sulle guance e non poté fare a meno di sorridere: annuì, lacrimando tutta la felicità che non era in grado di esprimere a parole. Mosse un passo verso il ragazzo e lui fece altrettanto: appoggiò i polpastrelli sulla sua pelle lattea e l’altro le circondò la vita, esibendo un sorriso amorevole. Fernandes abbassò il viso verso quello della giovane, facendo combaciare le loro fronti: il verde ed il castano si incatenarono, affondando gradualmente in un oceano di dolci passioni. Le loro bocche si cercarono con studiata esitazione, rincorrendosi in uno strano gioco di carezze fugaci e contatti mancati.
Gerard sorrise ad un soffio dal mento di Erza, poggiandole delicatamente la mano dietro la nuca: la ragazza si sollevò appena, calando le palpebre con naturale lentezza.
Si baciarono come se fosse la prima volta, i cuori palpitanti e le anime impegnate in una danza dai passi sconosciuti: dieci anni di vuoto e sofferenza vennero cancellati da una luce del tutto nuova ed immensamente forte, una luce di amore e lealtà assoluta che non avrebbe mai smesso di brillare.
 
Quando Levy e Gajeel entrarono a recuperare il distintivo grossolanamente dimenticato dal  poliziotto li trovarono così, con le labbra unite in un disegno profondo ed unico, dalle sfumature limpide e vivide dell’affetto più sincero.
Erza e Gerard si staccarono senza smettere di guardarsi negli occhi, i lineamenti freschi e rilassati dai sentimenti che da tutta la vita li guidavano, che per troppo tempo erano stati taciuti.
Si sorrisero, e la pace tornò a regnare in quella Foresta dalla Pioggerellina Sottile.
 
 


Fine
 
 



https://www.youtube.com/watch?v=3Kf-FlECN7M

Extra: Some years later…
 
Alzò gli occhi grandi al cielo, immergendo l’anima nel limpido firmamento estivo: la brezza di metà pomeriggio gli frizzò la pelle, carezzandolo con gli aromi della vita ed i segreti del passato. Teneva il viso rivolto ai raggi del sole, beandosi del caldo secco e piacevole che solo in campagna riusciva a trovare: la luce gli colpì i capelli folti, infuocandoli di un meraviglioso colore scarlatto che lo aveva benedetto dalla nascita. Socchiuse appena le labbra fini e rosee, lasciando che i suoi lineamenti raffinati si immergessero nella tranquillità del paesaggio: i toni accesi delle fronde degli alberi  si riflessero sulla sua figura, proiettando sul viale una lunga ombra che ondeggiava alla melodia prodotta dalla foresta sul retro della villa.
 
“Yuhi!”.
 
Due grandi iridi smeraldine si voltarono di scatto, abbracciando con stupore la voce che li aveva chiamati: una bellissima donna aveva fissato lo sguardo dolce su di lui e si era chinata nell’erba morbida, le braccia aperte in un invito esplicito.
Rimase immobile per qualche secondo, ammirando la danza dei capelli scarlatti di quella giovane così perfetta ai suoi occhi: erano davvero simili ai suoi, ma nettamente più chiari. La vide sorridere ed il candore della sua espressione lo colpì nel profondo.
 
“Avanti Yuhi, vieni qui!”.
 
Un’intonazione più profonda e calda lo svegliò dalla sua contemplazione, facendolo sobbalzare: due iridi verdi lo squadrarono con dolcezza, mentre dei folti capelli cobalto si lasciavano carezzare dal vento estivo. Era alto, incredibilmente alto, ed i tratti raffinati splendevano su un viso ovale e fresco. Proprio come il suo.
Il bambino sorrise, avvertendo i suoi muscoli scattare con inconscia naturalezza: si slanciò verso i giovani che l’avevano chiamato, liberando una risata pura e squillante. La donna lo afferrò senza vacillare, stringendolo al petto come fosse il più prezioso dei tesori: Yuhi avvertì il profumo di menta dell’uomo solleticargli le narici, mentre una mano grande ed affusolata gli solcò i capelli carmini dai riflessi scarlatti. Percepì le sue labbra fini posarsi sul suo capo folto in un bacio pieno di amore. Improvvisamente un grido interruppe il suo idillio: si voltò fra le braccia della madre, mettendo a fuoco una figura dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio che brandiva una macchina fotografica. Suo padre allargò un braccio per salutare ed il ragazzino fece qualche passo avanti in automatico, sorridendo all’obiettivo: avvertì la giovane alle sue spalle stringersi al marito, dopodiché tutto fu rubato dallo scatto della digitale.
 
*


https://www.youtube.com/watch?v=JEpCtdqH8R4
 
Erza socchiuse lo sguardo innamorato, donando un’ultima carezza alle istantanee che aveva appena finito di sistemare sul mobiletto del salotto: inspirò profondamente, avvertendo la dolcezza del passato avvolgerla ed inebriarle i sensi. Il sole morente gocciolava stille dorate e la ragazza poteva sentirne il calore sulla pelle delicata: assaporò le sensazioni che il tramonto di Azakawa le stava donando, lasciando che il suo sguardo vagasse sul panorama visibile dalla finestra aperta.
Nella sua mente, le fotografie che aveva appena sfiorato presero vita e colore, animandosi in brandelli di ricordi vissuti all’ombra di una foresta magica.
Sentì la risata di sua madre Eileen che si librava nell’aria profumata, mentre suo padre Kenji la abbracciava e la teneva stretta come se fosse la cosa più preziosa del mondo: avvertì la forza del loro amore avvolgerla in un mare di carezze delicate e si sentì il petto infiammato di tutte le sensazioni che l’avevano resa felice durante il poco tempo passato con loro. Uno strano senso di commozione le fluì al cuore, mentre silenziosamente ringraziava l’allora giovane che li aveva impressi sulla pellicola di una vecchia polaroid: alzò appena gli occhi al cielo, mandando un sorriso a quell’uomo che sarebbe dovuto diventare suo suocero, se solo il destino non l’avesse portato via troppo presto.
Erza avvertì un sorriso nascerle spontaneo sulle labbra quando alle sue orecchie giunse la risata cristallina di un bambino: sfregò con lentezza i polpastrelli delle dita, immaginando di sfiorare i morbidi capelli di suo figlio. Alle narici le arrivò il profumo di menta dell’uomo che amava, mentre le pareva di udire la sua voce calda e controllata esclamare con dolcezza il suo nome.
 
“Gray è stato bravo, davvero bravo: sono identiche”.
 
La Scarlett dischiuse le labbra nell’avvertire le braccia di suo marito circondarle la vita: Gerard la strinse a sé in maniera delicata ma decisa, il mento candido appoggiato sulla spalla lasciata scoperta dal vestito estivo. Erza si lasciò sfuggire un risolino quasi frivolo, tornando a puntare lo sguardo sulle cornici che aveva sistemato poco prima.
 
“Mio nonno sullo sfondo, mio padre, mia madre ed io” elencò lentamente “Quella fotografia ha segnato l’inizio di una grande avventura che sicuramente non portò mai dimenticare: molte volte, in quella prigione di sangue e nella foresta infestata dagli spiriti, mi sono trovata a pensare che il ritrovamento di quel brandello di passato fosse stata una maledizione, uno scherzo del destino. Ma poi…”.

Fece una lunga pausa, inspirando profondamente gli aromi dell’estate: avvertì gli angoli delle labbra incurvarsi all’insù in un riflesso spontaneo. I suoi occhi si spostarono sull’istantanea più recente, cogliendo i bagliori scarlatti dei suoi capelli e la luminosità del suo sguardo.
 
“… Guardaci, Gerard: tu, io e nostro figlio. Come potrei mai pensare alla nostra avventura, al ritrovamento di quella fotografia come ad una maledizione? Il gioco è valso la candela… E sono così immensamente felice di aver sfiorato più volte la morte: pur di ottenere ciò che ora mi è stato concesso di ricevere combatterei ancora orde di demoni a mani nude”.
 
Fernandes piegò la bocca in una curvatura traboccante di bellezza, lasciando che la moglie si voltasse nel suo abbraccio così affettuoso e sincero: le donò uno sguardo brillante e magnetico, lasciando che le sue iridi verdissime le comunicassero tutta la sua approvazione.
 
“Non posso che darti ragione” rispose, lasciando poi che il suo sguardo vagasse per l’intero salone del museo “Per tutto ciò che abbiamo perso e sacrificato, non possiamo che guardare il futuro con occhi consapevoli e rinnovata speranza: questa nostra nuova fotografia non è che l’inizio di un’altra storia che forse non contemplerà demoni e dannati, ma non sarà sicuramente tutta in discesa”.
 
Erza fece per ribattere, ma una voce squillante la distolse immediatamente dai suoi propositi: il piccolo atterrò con un balzo sul parquet liscio, scattando in avanti come un felino dal pelo rosso porpora.
 
“Mamma! Papà!”.
 
I due giovani sorrisero nel sentirsi chiamare in quella maniera: erano passati quasi sette anni da quando Yuhi era entrato a fare parte delle loro vite, tuttavia non sembravano ancora essersi abituati a considerarsi genitori. Gerard si chinò per accogliere il figlio, dopodiché lo sollevò con l’ausilio di un solo braccio: i due uomini di casa si scambiarono un lungo sguardo carico d’intesa ed Erza si ritrovò a sospirare nell’ammirare l’innata complicità fra padre e figlio. Yuhi era un perfetto mix di entrambi, una combinazione sorprendente dei loro tratti: al taglio degli occhi della madre, grandi ed espressivi, si univa il colore smeraldino del padre, mentre sul viso pallido e ovale tipicamente paterno ricadevano ciuffi rosso porpora dai riflessi incredibilmente scarlatti.
 
“Mamma”.
 
Il tono improvvisamente serio del bambino la fece riscuotere dalle sue riflessioni, riportandola sulla terra: Yuhi le regalò uno sguardo intenso e curioso che non riuscì a decifrare.
 
“Io volevo chiedervi una cosa importante” disse il piccolo, stringendo fra le dita le ciocche cobalto del padre: i genitori lo guardarono con tanto d’occhi, spiazzati da quella confessione così criptica.
 
“Con tutti questi mezzi misteri ti assomiglia proprio, Gerard” pensò Titania, ricordando con nostalgia i momenti in cui il marito, privo della voce, le ordinava di stare lontana dalla foresta senza spiegarle la vera motivazione.
 
“Ma certo, figliolo” gli rispose, mentre il blu si dirigeva verso il divanetto dell’angolo lettura: la famigliola si sistemò sui morbidi cuscini di raso, godendosi il calore del tramonto che filtrava debolmente dalle finestre spalancate.
 
“Zia Levy mi ha fatto vedere dei libri, l’altra sera” iniziò, con tono di voce basso e cospiratorio “Parlavano della foresta e di alcuni mostri che ci vivevano. Mi ero quasi spaventato, però poi zia Levy ha guardato l’orizzonte e sorridendo mi ha detto che non avrei più dovuto avere paura, perché quei mostri avevano trovato la pace grazie al coraggio di alcuni… Eroi. Io le ho chiesto se li conoscesse e zio Gajeel ha esclamato orgoglioso che loro erano due di quelli. Io non ci credevo, ma zio Gajeel mi ha assicurato che era tutto vero e che avrei dovuto chiedere a voi… Perché siete voi, mamma e papà, i veri eroi! Ho chiesto a zio Gray e lui mi ha detto che zio Gajeel non mi stava prendendo in giro. Mamma, papà… Raccontatemi la vostra storia: cos’è successo nella foresta? E perché non siete scappati di fronte alla Kotori Obake e a quei demoni così spaventosi? Perché siete tornati qui, ad Azakawa?”.
 
Erza e Gerard rimasero spiazzati, colti totalmente alla sprovvista da quella richiesta così improvvisa e singolare: si erano ripromessi di raccontare tutto a tempo debito, tuttavia non avevano calcolato che il loro precoce pargolo avrebbe intuito l’intera faccenda da solo. Sospirarono, abbandonandosi ad un sorriso: forse era giunto il momento di condividere con il figlio la vita che avevano vissuto prima che lui arrivasse a stravolgere piacevolmente la loro esistenza.
 
“Quante domande, piccolo mio” ridacchiò Gerard, carezzandogli i capelli “È una storia davvero lunga, che potrebbe farti spaventare… Per cui mettiti comodo, perché il racconto non finirà tanto presto”.
 
Erza lambì dolcemente la guancia del bambino, guardandolo dritto negli occhi.
 
“Perché siamo tornati?” asserì, mentre il suo viso si illuminava di una dolce emozione “Perché, figlio mio, tutto iniziò in questo museo… Questo museo che è e sarà sempre la nostra unica e vera casa”.
 
Iniziarono a raccontare tutto dal principio, mentre la luce di un nuovo inizio li benediva dalla sommità delle montagne di Azakawa: il frinire delle cicale fece da sottofondo all’incredibile storia che aveva legato indissolubilmente due anime destinate ad appartenersi...
E tutto si fece più luminoso, in quella Foresta dalla Pioggerellina Sottile. 






Angolo dell'autrice: 

Ed è finita. 
E' davvero finita. 
Con un estremo ritardo, ma finalmente The Forest of Drizzling Rain è giunta al termine: so che avrei dovuto pubblicare l'ultimo capitolo almeno qualche settimana fa, ma ogni volta che mi riproponevo di chiudere la faccenda c'era sempre qualche impegno pronto a scombinare le carte in tavola. 
Può sembrare una scusa banale, tuttavia la banalità ormai è parte integrante del quotidiano... E, oltretutto, credo che il mio inconscio abbia fatto di tutto per ostacolarmi nella stesura di questo capitolo finale: forse una parte di me non voleva che tutta questa storia finisse e le parole hanno iniziato a scivolare lontane dalla tastiera. 
In qualche modo mi sono sentita in dovere di ripagare tutti, anche me stessa, di questa lunga attesa... Ragion per cui ho inserito a "sorpresa" questo extra, una sorta di finale dopo il finale. 
Bene: ringrazio tutti coloro che hanno seguito, letto, recensito, inserito la storia fra le preferite/seguite. Le visite parlano abbastanza chiaro, e spero che molti di voi si siano cimentati nello sperimentare in prima persona The Forest of Drizzling Rain, o Kirisame ga furu mori, ovvero il videogioco rpg gratuito da cui è stata tratta questa intera storia: il mio obiettivo principale era quello di dare visibilità ad un rpg che secondo me merita molto, anche se devo rammaricarmi del fatto che la versione manga sia bloccata alle battute principali e che non esista una versione italiana del videogioco, rendendolo accessibile anche a chi non è propriamente un amante della lingua inglese. 

Se qualcuno dovesse trovarsi in difficoltà con l'installazione del gioco può contattarmi senza problemi, cercherò di aiutarvi al meglio delle mie possibilità! 
Allego inoltre i link che ho postato nell'angolo dell'autrice del primo capitolo: 


Link per  scaricare la componente fondamentale per poter utilizzare il gioco: https://rpgmaker.net/engines/rmvxace/utilities/45/
Link per scaricare il gioco: http://www.mediafire.com/file/2a6xpt71fws04ru/kirisame1.06.rar


Questa storia potrebbe essere usata come guida al fine di avanzare nel videogioco, tuttavia è inutile ricordare il fatto che io abbia aggiunto molti tocchi personali che nella trama originale non sono stati contemplati -purtroppo, dice il mio cuore da lontana romantica-. Come ottimo gameplay consiglio quello fatto da Cry, tuttavia, per chi volesse sbloccare il vero e corretto finale -l'happy ending, ovvero il finale nr 1- non si affidi totalmente al sesto video di Cry, in quanto ha commesso un grosso errore a cui ha riparato nel settimo video.
Quasi nessuno dei gamers che ho visto ha beccato al primo colpo il finale corretto, per cui in questo caso potreste utilizzare il capitolo dodicesimo di questa storia come aiuto. 


Detto questo cari amici, vi ringrazio nuovamente e vi mando un grosso saluto: alla prossima e buona settimana!

Con affetto, 

Jaki Star


 

 

  
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