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Autore: harry_alexm    22/03/2017    2 recensioni
Il Campo Mezzosangue non è per sempre: ogni tanto capita che un ex campeggiatore ritrovi i per caso le sue memorie di quei giorni e decida di riviverle, in un viaggio nel tempo e nelle emozioni...
Genere: Avventura, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Demigod

 

Dal diario di Alessandro

 

Agosto 2009

 

Look, I didn't want to be a half-blood.”

Questa frase è l'incipit del romanzo, rigorosamente in lingua inglese, che ho comperato per fini didattici al duty-free dell'aeroporto di Milano-Malpensa, ma nelle ultime ore ha acquisito un significato un po' più serio.

Sono atterrato a New York dopo oltre otto ore e mezzo di volo, durante le quali ho sonnecchiato, ma soprattutto letto avidamente l'intero libro.

Come concordato, sono venuti ad accogliermi all'aeroporto due professori della mia nuova scuola: si sono presentati come il professor Richardson, insegnate di matematica, un tipo sui trent'anni, allampanato e coi capelli scuri , e il professor Brunner, insegnante di storia, che assomigliava come una goccia d'acqua al personaggio omonimo del libro che avevo appena letto, dalla barba incolta alla sedia a rotelle motorizzata; ho pensato che potesse essere un conoscente dell'autore, che a lui si fosse ispirato per il personaggio che catalizza positivamente la trama rivelandosi un centauro millenario, ripromettendomi di domandarglielo alla prima occasione.

Dopo le presentazioni, il professor Richardson ci ha fatto da autista fino a Manhattan, dove mi hanno mostrato la struttura scolastica, la mensa, la palestra e il convitto in cui avrei abitato assieme ad altri studenti provenienti da fuori città, tutti versanti nello stato di semi-abbandono in cui cadono gli edifici scolastici durante la pausa estiva.

Abbiamo passato il resto della mattinata a discutere dell'offerta formativa della scuola e dei miei interessi non propriamente scolastici, ad esempio la pallacanestro: ho avuto conferma dell'esistenza di una squadra di basket interna all'istituto, come in quasi tutte le high school ed università statunitensi, i cui provini si sarebbero svolti a metà settembre.

Dopodiché, per favorire il mio ambientamento, mi hanno accompagnato in una breve visita turistica della città, approfittandone anche per mangiare un boccone (il mio ultimo pasto era stata la colazione in aereo, cominciavo ad avere fame).

Abbiamo percorso la famosa 5th Avenue verso sud, costeggiando l'Hotel Plaza, la cattedrale di St. Patrick e il Rockefeller Center; il professor Brunner ha insistito per avvicinarci alle sculture di Atlante e di Prometeo e chiedermi, per ognuna, se conoscessi il relativo mito, evidenziando così la sua somiglianza con il personaggio omonimo.

Finalmente ci siamo fermati per pranzare in un locale ai piedi dell'Empire State Building, dove, mentre il professor Richardson era impegnato al telefono, ho approfittato dell'occasione per interrogare strategicamente il professor Brunner:

«Professore, permette una domanda? Perché, secondo lei, la mitologia greca è ancora così attuale? Voglio dire, non a livello religioso, ma più iconologico. Come Prometeo e Atlante a Rockefeller Plaza, ma potrei fare molti altri esempi».

Brunner si è preso qualche secondo per rispondere: «Domanda interessante. Secondo molte fonti, la mitologia greca si è mescolata con quella etrusca, restando sostanzialmente invariata, e ha generato quella romana – questo credo tu lo sappia meglio di me, dato che sei nativo di quei luoghi. Poi quella romana si è diffusa in tutta l'Europa grazie alle conquiste romane».

Il professore ha respirato profondamente prima di continuare: «Quando l'Impero Romano è caduto, per dirla in due parole, le figure mitologiche sono rimaste radicate, non come divinità, ma, come dici tu, come icone, simboli di ciò che gli dei rappresentavano. In questo modo, in oltre mille anni, questi simboli si sono diffusi in tutta quella che è diventata la cosiddetta civiltà occidentale, anche se spesso vengono dipinti con beneficio di interpretazione. Ad ogni modo, la discriminante rispetto ad altre mitologie, ad esempio quella celtica o quella azteca o maya, è la gran diffusione che ne ha dato l'Impero Romano. Questo risponde alla tua domanda?».

Ho annuito, ma il mio professore ha continuato: «Questo» ha detto sogghignando ironico «oppure gli dei dell'Olimpo sono ancora vivi, si spostano con la civiltà occidentale e la influenzano» ha concluso.

A questo punto, un famoso aforisma attribuito a Sherlock Holmes afferma che tre indizi costituiscano una prova, quindi ho deciso di stare al gioco: assumendo a mia volta quella che spero fosse una passabile espressione ironica, ho alzato un sopracciglio; «Davvero sarebbe possibile?».

Brunner mi ha squadrato per un attimo, come se non capisse se stessi scherzando o lo stessi prendendo in giro, poi ha borbottato «Aspetta, reggi questo!» e ha cominciato a dar fondo alla sua valigetta, rovesciandomi nelle mani tese parecchi fogli scritti a mano, mezza dozzina di penne biro e un grosso coltello.

All'improvviso si è fermato, ha alzato lo sguardo e ha detto: «Sì, direi anche più che possibile».

Stranamente non mi ha spaventato tanto la rivelazione, quanto più l'imprevedibilità con cui è giunta. Poi ho capito: «Il coltello... è bronzo celeste? Uno stratagemma obiettivamente astuto. La lama è intangibile ai mortali...».

Brunner ha raddrizzato busto «Esatto, ottima deduzione. Per caso hai letto Rick Riordan, Alessandro?».

Ho annuito, specificando però di aver letto soltanto il primo libro, ma Brunner – o dovrei dire Chirone? - non mi stava ascoltando, assorto com'era nell'associare Riordan a Bellerofonte, secondo un ragionamento che non ho compreso appieno, ma nemmeno ho voluto approfondire.

Il nostro illuminante dialogo è stato interrotto dal ritorno del professor Richardson, che ci ha chiesto di potersi congedare, causa problemi di salute di sua figlia.

Dopo avergli augurato il meglio, io e il professor Brunner abbiamo ripreso il nostro confronto sulla mitologia:

«Come siete arrivati a me, se posso chiederlo?»

Brunner ha accennato col capo all'Empire State Building, dall'altra parte della strada: «Ordini dall'alto; ci hanno segnalato il tuo arrivo questa mattina presto. Di solito se ne occupano i satiri, ma al momento nessuno era disponibile, quindi, data la vicinanza, ho riciclato il mio costume da professore».

«Forse mi sbaglio» ho insistito «ma non è consuetudine degli Olimpi aspettare l'attacco di un mostro ai danni dei loro figli, prima di mandare qualcuno sulle loro tracce?».

Brunner – Chirone – si è agitato nervosamente sulla sedia a rotelle: «Non sempre, né tutti gli dei facevano così; ora si stanno impegnando seriamente per scongiurare questa eventualità, quindi sarebbe importante, per loro, ma soprattutto per te, che tu passassi almeno la prossime settimane al Campo Mezzosangue, prima dell'inizio dell'anno scolastico. Consideralo un corso super-essenziale di sopravvivenza alla city di New York».

Messe così le cose, sembrava che l'essere un semidio fosse parte integrante della vita di qualunque newyorkese.

«Un'ultima domanda – anzi due...» mi sono fermato a contare «tre domande. Posso?».

Chirone mi ha fissato, come a voler cercare di indovinale, poi ha annuito.

«Io sono cresciuto con due genitori normali; ciò significa che...». Non sapevo come continuare. Fortunatamente Chirone è venuto in mio aiuto: «Può significare che sei stato adottato, oppure che uno solo, di loro, è tuo genitore biologico, oppure addirittura entrambi: ti ricordi il mito di Teseo?».

Me lo ricordavo, ma mi sfuggiva il nesso: «Teseo... Teseo era figlio di Egeo, re di Atene... ma era anche un semidio, figlio di Poseidone!». Mi sono accigliato: «Come possono simili cose accadere?».

Chirone ha scosso la testa: «Travalicano la comprensione. Avevi altre domande?».

Mi sono riscosso: «Percy Jackson è un personaggio fittizio o reale?»

«Lo incontrerai. E per ultima...?»

«Quanti anni fa è arrivato al campo per la prima volta? Come si colloca cronologicamente il racconto di Riordan?».

«Circa tre anni e tre mesi fa» mi ha risposto Chirone, cominciando a riordinare la tavola.

«Un ultima cosa: cosa è successo in questi tre anni?»

Chirone ha impiegato qualche secondo ad alzare la testa, poi ha indicato fuori dalla vetrina: «In fondo a quella strada c'è Pennsylvania Station. Ci sono due ore e mezzo di treno per arrivare al Campo, cercherò di farti un riassunto funzionale» ha sospirato, riponendo manoscritti e penne biro.

«Tieniti pure il pugnale» ha concluso.

 

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Ciao.

Scusate per il lungo tempo che mi ha richiesto la redazione e pubblicazione di questo capitolo, sembra impossibile impiegare tanto tempo per uno sviluppo così ridotto della trama, ma sapendolo ho cercato di approfittarne per caratterizzare un po' Alessandro.

Vi sembra possa andare, o sembra ancora il Gary Stu di due anni fa, secondo voi? E Chirone, vi sembra in canon?

L'alternanza tra discorso diretto e indiretto è abbastanza fluida? Non avrò esagerato con le concordanze a senso?

Piccola precisazione: questo capitolo è ambientato pochi giorni dopo lo scontro finale. Come molti altri, ho cercato di inserire le avventure di Percy Jackson in un calendario reale ma, come tutti, ho ottenuto dei risultati non totalmente confrontabili, fino a decidere che in fondo non mi importava poi così tanto. Quindi, se siete tra chi ha fatto come me, potreste trovare degli anacronismi; consideratevi avvertiti.

Qualcuno ha notato che l'anticipazione che ho fatto alla fine dello scorso capitolo non ha trovato riscontro? Questo perché ho deciso all'ultimo di tagliare la scena dell'arrivo al Campo, in quanto superflua e sovrabbondante.

Spero che non me ne vogliate per questo, tanto più che quasi sicuramente la tratteggerò nel prossimo capitolo, in cui Alessandro scoprirà nel dettaglio la sua ascendenza divina (anche se ormai voi avete sufficienti elementi per speculare su di essa) e rifletterà profondamente sul ruolo del Campo Mezzosangue nella vita dei semidei.

   
 
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