Capitolo
31
(AL
MIGLIOR OFFERENTE)
Uno
schiaffo liquido e gelido lo colpì dritto su tutta la faccia, sul petto e sulle
spalle, e Danny si svegliò di colpo, boccheggiando istintivamente; in pochi
secondi, tuttavia, si rese conto che a tutti gli effetti non si trovava immerso
in acqua e in procinto di annegare, e che c’era più che abbastanza
disponibilità di ossigeno per i suoi bisogni. Ma non ebbe il tempo di sentirsi
troppo sollevato.
«Bentornato
tra noi, credo di dover dire…» lo accolse la voce sottile e tagliente,
estremamente sgradevole, che Danny ricordava benissimo per essere stata
esattamente anche l’ultima voce che aveva udito prima di crollare sul pavimento
dello studio di un necromante. Necromante
che a quanto pare ora lo stava guardando dall’alto in basso, in piedi davanti a
lui, con in mano un secchio vuoto, e un sorrisetto di soddisfatta e goduta
malevolenza che gli tirava le labbra da una parte all’altra del volto scarno. Necromante che, si ricordò con immediata chiarezza Danny a
quel punto, aveva la particolare abitudine di narcotizzare i suoi ospiti con
del tè alla menta dannatamente buono, da bere con perfetta inconsapevolezza di
star per perdere i sensi per rimanere poi completamente in balia di quell’uomo.
Danny
scattò, con tutta la rapidità micidiale di un mezzo lupo per quanto in forma
umana, e anche se i suoi sensi ancora un po’ ottusi dal narcotizzante gli
fecero un po’ scivolare una gamba sul bagnato per terra, rendendo il suo
slancio un po’ sbavato nell’effetto generale, il suo balzo risultò comunque
perfettamente efficiente nel tracciare una sola brevissima linea diretta verso l’uomo.
Danny sapeva benissimo, essendovi naturalmente abituato da ormai molto anni, come
eseguire movimenti come quello con tutta l’efficacia precisamente tratteggiata
dalla ferocia che li faceva scaturire con immediata prontezza. Per questo rimase
talmente stupito e colto di sorpresa dalla forza in direzione contraria che
frenò improvvisamente e violentemente il suo movimento, che si rese conto con
qualche istante di ritardo del fatto che a tutti gli effetti non stava affatto
precipitando dritto contro l’uomo come avrebbe dovuto. Bensì qualcosa spezzò di
netto la traiettoria del suo balzo, cambiandone la direzione pur conservandone
la forza, e dal momento che lui si era slanciato in avanti con tutte le sue
forze, altrettanto energicamente fu catapultato all’indietro dal contraccolpo,
e si ritrovò a sbattere duramente in un angolo tra pavimento e muro che a
quanto pareva si trovava alle sue spalle.
A
quel punto, sebbene ancora più furioso nei confronti del necromante,
si ritrovò abbastanza confuso da ritenere che una migliore valutazione di dove
e in quali condizioni si trovasse al momento fosse un’ottima priorità da
mettere al suo indice di attenzione. E sicuramente non si sarebbe lasciato
distrarre dal fatto che l’uomo che lo aveva ridotto in quelle condizioni stesse
riprendendo a parlare a vanvera.
«Oh…
molto, molto bene. Vedo che sei pieno di fervore. Un ottimo segno di buona
salute per un mezzo lupo, non è vero?» gli disse, con un tono complimentoso
vagamente simile a quello che un genitore orgoglioso avrebbe potuto dedicare a
qualcosa che ritiene assolutamente ovvio riuscire a fare come si deve, ma che
un pargolo è appena riuscito a realizzare per la prima volta nella sua vita;
inutile dire che nel suo caso il tono del necromante
non tradiva alcuna ombra di sincerità o di affetto, sebbene trasudasse di una
confidenza possessiva fin troppo fastidiosa per Danny.
Lui
nel frattempo stava appurando che non si trovava più nello studio sul pavimento
del quale ricordava di essere crollato a causa dell’anestetico. A quanto pareva
il necromante, nonostante il suo aspetto allampanato
e scarno, era riuscito a tirare fuori abbastanza forza e pazienza e aveva avuto
sufficiente tempo per trascinarlo in una specie di cantina, uno stanzone
sotterraneo dal tetto a volta e pareti e pavimento di blocchi quadrati di
pietra grigia grossolanamente tagliata. Aveva un aspetto tipicamente nudo e
crudo da casa antica, e secondo le originali idee del costruttore doveva aver
avuto la funzione di ospitare cibi e bevande da conservare in grande quantità e
al fresco, e forse per riporvi qualche strumento da lavoro o di uso domestico
particolarmente ingombrante. Al momento, tuttavia, a Danny sembrava perfetta
per essere l’ideale ambientazione di un sacrificio umano.
In
piedi davanti a lui, ma distanziato di qualche passo, il necromante
si riaccomodò meglio in mano il secchio metallico vuoto che doveva essergli
servito per svegliare Danny a suon di secchiata d’acqua fredda, e continuò a
contemplarlo con un’occhiata se possibile ancora più sinistramente insistente e
valutante. Danny si impose di ignorarlo ancora per il momento, ma la sua
analisi della situazione virò comunque decisamente sulla domanda fondamentale,
ovvero perché mai da quando si era svegliato non era ancora riuscito a
mettergli le mani addosso per fargli sapere esattamente cosa ne pensava della
sua idea di ospitalità.
Lo
scoprì l’istante successivo, realizzando che attorno ad entrambi i suoi polsi
c’erano due spessi cerchi metallici, gelidi e pesanti, e che quegli anelli
erano assicurati a corrispettive catene che, come scoprì seguendone il percorso
con lo sguardo, terminavano fissandosi profondamente tra le pietre del muro
alle sue spalle. In pochi istanti peggiorarono drasticamente sia la sua prospettiva
di poter facilmente dimostrare al suo ospite la gratitudine che egli si era
meritato sia l’immaginare quali fossero le reali intenzioni del suddetto dopo che
li aveva narcotizzati.
In
quel momento realizzò che mancava un particolare fondamentale al quadro
complessivo, e di getto si ritrovò ad esclamare «Uther!», mentre il suo corpo
sobbalzava e tentava un debole scatto istintivo prontamente bloccato però dalla
ragionevolezza che al momento cercare di balzare addosso al necromante
sembrava purtroppo più difficile del previsto. Gli rivolse comunque uno sguardo
raggelante di minaccia e con voce talmente cupamente bassa da essere molto
simile ad un ringhio sordo e gutturale scandì tra i denti la domanda dalla
risposta alla quale sapeva già che sarebbe dipesa la sopravvivenza di
quell’uomo. «Che cosa gli hai fatto? Dov’è?»
L’uomo
gli rivolse un lieve sogghigno di finta compartecipazione, prima di spostarsi
di lato di un largo passo, rivelandogli così ciò che stava alle sue spalle:
inchiodato come lui da due catene con anelli, Uther giaceva seduto appoggiato
contro il muro opposto, esattamente di fronte a lui.
«Danny…
sempre al tuo fianco quando si tratta di essere nei guai, come vedi…» lo salutò
con tagliente ironia Uther, rivolgendogli un semplice cenno della testa.
«Uther…
stai bene?» chiese Danny, quasi retoricamente e con una punta d’incertezza, dal
momento che l’altro sedeva con la schiena appoggiata, le gambe allungate in
avanti e le braccia conserte, e lo stava guardando con aria tutto sommato
piuttosto composta e tranquilla, almeno in apparenza; era comunque abbastanza evidente,
anche per uno sguardo superficiale o che non fosse così abituato a posarsi su
di lui e a riconoscerne le sue espressioni e contegno, che Uther era sufficientemente
colmo di irritazione e rabbia da poter arrivare facilmente sul punto di esplodere
da un momento all’altro.
«Oh,
sta benissimo. Non lo vedi?» replicò il necromante,
con fare spazientito e innervosito, come se avesse così tante cose di cui
occuparsi che lo stress non gli lasciava tregua, spostandosi a brevi rapidi
passi per andare a riporre il secchio su un tavolone di legno grezzo – l’unico
arredo che occupava la stanza a parte le catene affisse al muro – e sbuffando
sonoramente.
Uther
si limitò a lanciare a Danny uno sguardo significativo con le sopracciglia
alzate, che lui lesse chiaramente: non poteva davvero ancora riuscire a credere
che fossero entrambi appena stati imprigionati e neutralizzati da un simile
soggetto. Se non altro, constatò Danny sentendosi notevolmente sollevato, Uther
sembrava stare abbastanza bene da essere ancora del tutto in possesso della sua
idea di ‘assurdità della vita’, e da poter di conseguenza prendere il tutto con
una certa ironia. Ironia che al momento invece Danny faticava a trovare in sé.
Subito dopo, tuttavia, rivalutò meglio la questione: era ovvio che Uther avesse
potuto fare ben poco fino a quel momento, legato com’era, ma lui che era un
mezzo lupo ora che si era svegliato probabilmente era in grado di risolvere la
faccenda in un attimo.
Senza
esitare, Danny si alzò in piedi e con uno scatto di forza di entrambe le
braccia tirò le catene per tutta la loro estensione, testando la resistenza
dell’affissione al muro. All’udire quell’improvviso e sonoro rumore metallino,
il necromante si era girato di scatto, tornando a
guardarlo con curiosità.
Danny
riabbandonò le braccia lungo i fianchi e dedicò un lungo sguardo corrucciato
alle catene nel punto in cui erano affisse nel muro, prima di dover suo
malgrado rivolgere ad Uther uno sguardo un po’ meno fiducioso: d’accordo, forse
gli sarebbe occorso qualcosa di più di ‘un attimo’ per risolvere quella
faccenda. Vide Uther alzare lo sguardo al cielo, evidentemente per maledire
qualcosa a caso, mentre si abbandonava di tutto peso con la schiena e la nuca
contro al muro, sconfitto.
Una
risatina acuta e davvero odiosa riportò l’attenzione di Danny sull’uomo, che stava
tornando ad avvicinarglisi senza fretta, passeggiando tranquillamente. A Danny
non sfuggì però il fondamentale particolare che ora aveva in mano un lungo
pugnale, la lama celata in un’apposita custodia di pelle; l’unica cosa che gli
impedì di tendere immediatamente i muscoli per tenerli pronti alla lotta, fu il
particolare che – almeno per ora – il necromante
teneva in mano l’arma come se si trattasse di un porta-occhiali o di
qualcos’altro di altrettanto innocuo, senza cioè mostrare di avere ancora intenzione
di usarlo.
«Mi
dispiace, piccolo mezzo lupo… ma credo proprio che quelle catene siano un po’
troppo resistenti per le tue particolari doti. Non ti preoccupare, comunque,
sono sicuro che presto avrai qualcuno che saprà apprezzare appieno le tue capacità
superiori.» gli disse Mordecai, avvicinandoglisi ancora.
Danny
lo guardò dritto negli occhi, e cercò in fretta qualcosa da dirgli per
distrarlo. Se solo fosse riuscito a farlo avvicinare abbastanza affinché
arrivasse alla sua portata, nonostante le catene…
«Che
cosa intendi?»
«Beh,
è molto semplice. Presto qualcuno ti comprerà. Un ottimo… che dico, un eccellente
esemplare di mezzo lupo! Giovane e in perfetta forma! Sicuramente chi ti
acquisterà sarà qualcuno in grado di apprezzare tutte le tue qualità.» proseguì
il necromante, avvicinandosi ancora.
«’Comprarmi’?
E come sarebbe possibile comprarmi?» continuò Danny, prestando a stento
attenzione alla conversazione, fremendo con ogni fibra del suo essere per il
momento in cui gli fosse arrivato abbastanza vicino da permettergli di
afferrarlo…
«Perché
io ti venderò al miglior offeren…» iniziò l’uomo, ma
si interruppe quando Danny scattò, di nuovo così rapidamente che un occhio
umano non sarebbe mai stato in grado di seguire perfettamente la sequenza del suo
spostamento nello spazio.
Era
convinto di avergli già praticamente messo le mani addosso, quando si ritrovò
con le braccia protese, bloccate a mezz’aria benché dritte in tutta la loro
estensione, e le dita a pochi centimetri dal viso di Mordecai. Questi gli
sorrise in faccia, lentamente ma con sicurezza, e Danny comprese che quell’uomo
doveva avere un’incredibile capacità di calcolare praticamente al millimetro la
libertà di movimento lasciata da quelle catene.
In
quella, udì distintamente Uther schiarirsi la voce. Lo spiò, al di sopra della
spalla di Mordecai, e vide Uther spostare le pupille significativamente verso
il basso, per indicargli qualcosa. Danny abbassò lo sguardo sul pavimento di
pietra, e notò una linea bianca, tracciata con un gessetto proprio davanti a
lui, in orizzontale; notò anche che i piedi di Mordecai erano fermi, pari,
proprio appena oltre quella linea. Quando tornò ad alzare gli occhi sul viso
dell’uomo, ormai consapevole del fatto che quegli aveva accuratamente tracciato
per terra il punto oltre il quale non doveva andare per rimanere al sicuro dai
tentativi di Danny di saltargli alla gola nonostante le catene, si ritrovò ad
osservare un sorrisetto ancora più auto-compiaciuto.
«Oh,
beh… sono sicuro che una volta smaltito del tutto l’effetto del narcotico,
anche le tue qualità intellettive miglioreranno almeno un poco. Non è vero?»
gli disse, così insensibilmente ed auto-referenzialmente divertito da non poter
suonare nemmeno come uno che volesse provocarlo.
Subito
dopo, Mordecai riprese a camminare per la stanza, parlando distrattamente, come
se il fatto di avere qualcuno che lo ascoltasse fosse tutto sommato superfluo.
Danny abbassò lo sguardo di nuovo sul pavimento, rilevando che anche davanti ad
Uther era stata tracciata una linea che indicava precisamente fino a dove lui
poteva arrivare per tentare di attaccare il loro carceriere. Tuttavia, notò
anche che parte di quella linea era un poco rovinata, come se qualcuno avesse
cercato di cancellarla; e fu allora che in un istante realizzò che Uther era
seduto in quel modo così apparentemente rilassato perché in quella posizione
riusciva a raggiungere con la punta di un piede, allungandosi al massimo e
quando Mordecai non guardava, la linea. E la stava lentamente cancellando.
Danny
si ritrovò il cervello attraversato da una rapidissima sequenza di pensieri:
prima realizzò che cosa Uther stava cercando di fare, poi gli lanciò una
fugacissima occhiata talmente rapida che non riuscì nemmeno a capire quale
espressione lui potesse stargli rivolgendo in quel momento, quindi si ritrovò a
puntare immediatamente lo sguardo sul necromante per
evitare di tradire il tentativo di Uther, e vide Mordecai girarsi su se stesso proprio
in quel momento per tornare a guardarlo, e si ritrovò così a sforzarsi con
tutto se stesso di mantenere con tutto il sangue freddo necessario la più
neutrale delle espressioni per non far trasparire nemmeno un poco di sospetta colpevolezza.
«Così,
non è proprio incredibile una cosa del genere? Uno apre la porta un giorno e si
ritrova un regalo proprio davanti alla soglia: nientemeno che un mezzo lupo in
carne e ossa, e perfettamente vivo, e che per giunta non chiede di meglio che
entrare a prendere un tè.» stava dicendo Mordecai, e a quel punto ridacchiò
appena, divertito, guardando di nuovo Danny da capo a piedi, con l’aria di uno
che contempla una torta nuziale dopo un mese di digiuno stretto.
«Si
può sapere che cosa diavolo ha intenzione di fare? Le ha dato di volta il
cervello, forse?» gli domandò Danny, decidendo che il meglio che poteva fare
per il momento era guadagnare altro tempo e tenere occupato quel pazzoide
prendendo la conversazione nel modo più lungo e pedante possibile, finché non
gli fosse venuta un’altra idea più valida di quella che stava cercando di
mettere in pratica Uther. Con tutto il rispetto che poteva avere per le trovate
tattiche di Uther, cancellare la linea di gesso nella speranza che il necromante sbagliasse a prendere le distanze da loro per
poterlo afferrare nonostante fossero incatenati al muro non gli sembrava
qualcosa che potesse essere loro veramente d’aiuto. E, in ogni caso, onestamente
non aveva ancora davvero capito che cosa diavolo passasse per la testa di quel
tipo; difficilmente gli sarebbe venuta voglia di scoprirlo, se al momento quel soggetto
non fosse stato anche lo stesso che era appena riuscito a narcotizzarlo e
incatenarlo ad un muro.
Mordecai
si era fermato e lo stava guardando con gli occhi lievemente spalancati per lo
stupore e una leggera confusione superficiale, come se Danny avesse appena
detto qualcosa di assurdo. «Prego? Ma come? Mi sembra perfettamente logico, no?
Non hai forse idea di quanto può valere uno della tua specie sul mercato nero?»
Suo
malgrado, Danny si ritrovò a trasecolare e a trovarsi un po’ più preso dalla
conversazione di quanto aveva pianificato. «Cosa?!»
Il necromante contemplò per qualche istante la sua espressione
sinceramente attonita, poi sorrise con fare mellifluamente comprensivo e
paziente. «Oh, cielo. Vuoi dirmi che non sapevi che quelli della tua specie
valgono così tanto? Beh, in effetti… sì, avrei potuto immaginarlo, che un mezzo
lupo non abbia mai avuto occasione di commerciare in mezzi lupi. Già, come si
dice, voi siete abbastanza diversi dagli esseri umani da rifiutarvi nettamente
di fare cose del genere…»
Suo
malgrado, Danny iniziava ad afferrare a grandi linee di che cosa l’uomo stava
blaterando. Si corrucciò nel dire «Intendi che non siamo abbastanza “umani” da
ritenere accettabile imprigionare, schiavizzare, vendere e comprare altri
individui della nostra stessa “specie” come invece fanno gli esseri umani?».
Nonostante
il suo tono fosse stato evidentemente colmo di sarcastico sprezzo, vide gli
occhi del necromante illuminarsi di soddisfazione.
«Esatto, è precisamente quello che intendevo!» replicò, come se fosse contento
che finalmente si stessero capendo.
Le
sopracciglia di Danny schizzarono verso l’alto. «Stai dicendo che esiste un
mercato nero dove vengono commerciati mezzi lupi?!». Forse, quell’uomo era
ancora più pazzo di quello che sembrava, il che era già notevole di per sé; mai
in tutta la sua vita aveva sentito dell’esistenza di una cosa del genere, e
dopo svariati anni come mezzo lupo e alcuni altri nei ‘4 di picche’,
riteneva assai improbabile che fosse possibile che esistesse qualcosa di simile
senza che lui ne avesse mai nemmeno sentito parlare.
Di
nuovo il necromante lo stava fissando come se stesse
ragionando tra sé e sé. «Beh, non ancora. O meglio, fino ad ora non si trattava
che di qualche pezzetto sciocco… qualche dente, o artiglio, qualche ciuffo di
peli, una coda, qualche volta una zampa o una pelliccia quasi intera… molte
volte tra l’altro si tratta sicuramente di pezzi di un lupo vero e proprio,
smerciati come appartenenti ad un mezzo lupo. D’altro canto, non essendoci vero
e proprio modo di distinguerli, checché ne dicano certi collezionisti che si
danno tante arie, ho sempre sospettato che la quasi totalità fossero dei falsi!
Ma io sto per cambiare ogni cosa!» esclamò, gli occhi sfavillanti come quelli
di un allucinato in preda a qualche sostanza psicotropa «Io sarò il primo a commerciare
un mezzo lupo in carne e ossa, ancora vivo! Nessun pericolo di truffa, perché è
ovvio che essendo vivo potrai mutare per dimostrare la tua autenticità!»
Danny
lo guardò con ancora maggiore dubbio scettico. «D’accordo. E chi pensi che
acquisterebbe mai un mezzo lupo? Andiamo…» tentò. Sentiva che quell’argomento
aveva un che di ineccepibile per la sua ragionevolezza, ma sospettava anche che
certi ambienti di collezionismo fossero immuni alla ragionevolezza, perciò non
si stupì particolarmente nel vedere l’ennesimo sorrisetto di superiore
compatimento comparire sul volto del necromante.
«Starai
scherzando… non hai davvero idea… c’è gente là fuori che farebbe qualsiasi cosa
per poter possedere un pezzo unico come te. Da mostrare agli ospiti, agli altri
collezionisti… Oh, devi stare scherzando, no? O forse… davvero non hai idea.
Beh, certo… altrimenti sono certo che a quest’ora ti saresti venduto da solo.»
osservò Mordecai, studiandolo con aria saputa.
Danny
gli rivolse uno sguardo ancora più scettico e incredulo.
«Ma
purtroppo per te sono arrivato prima io…» gongolò l’uomo. «E dovrebbe essere
superfluo dire che questo mi renderà schifosamente ricco.»
«’Schifosamente’,
sì, credo proprio che sia l’aggettivo più esatto…» commentò Danny.
«Oh,
e a proposito… puoi anche smetterla di cercare la tua pistola…» osservò il necromante, e Danny si irrigidì, sentendosi colto sul
fatto.
Effettivamente,
mentre controllava che lo sguardo del loro carceriere fosse concentrato sul suo
mentre parlavano, aveva cercato di far scivolare furtivamente una mano alla
cintola dietro la schiena, con la tenue ultima speranza che quel matto fosse
stato abbastanza pazzo da dimenticarsi di disarmarlo. Seguendo con lo sguardo
la direzione indicatagli da Mordecai con un cenno della testa, accompagnato da
un sorrisetto divertito ed estremamente irritante, si ritrovò a fissare il
tavolone di legno grezzo, sulla superficie del quale, tra altri oggetti, erano
in effetti appoggiate anche entrambe le sue pistole: in un solo istante così
naufragò anche la sottile speranza che almeno Uther potesse essere ancora
armato.
«Devo
dire che questo ti rende ancora più unico come pezzo…» stava proseguendo
riflessivamente l’uomo «Humm… e dimmi, sai anche
sparare? Intendo, quando sei nell’altra tua forma.»
Danny
ricatapultò gli occhi su di lui per fissarlo con viva
incredulità. «Cosa? E come diavolo potrei fare?!»
Mordecai
fece spallucce, cercando di non sembrare troppo deluso, e recuperò un contegno
inappuntabilmente pragmatico «Beh, non importa. Non si può avere tutto nella
vita. D’altro canto, sei già eccezionale così come sei. Farò una vera fortuna
con te. E tu diventerai incredibilmente famoso. Nel ristretto giro dei
collezionisti, naturalmente. In realtà, forse dovrei diventare famoso anch’io.
Il primo che ha catturato un mezzo lupo vivo…».
Gli
occhi gli stavano di nuovo sfavillando in maniera alquanto inquietante, ebbri
di febbrile gioia danarosa, e Danny provò l’irresistibile impulso di trovare al
più presto il modo di fargli andare di traverso quel sogno ad occhi aperti,
magari fino al punto di strozzarlo.
«Dimentichi
un particolare.» gli disse semplicemente, scegliendo bene le parole in modo da
allungare ancora la conversazione per prendere altro tempo, e anche per cercare
di catturarne l’attenzione; se c’era qualche speranza che Uther riuscisse a
concludere qualcosa sul come toglierli di lì entrambi al più presto, era
necessario che lui continuasse a distrarre Mordecai mantenendo tutta la sua
attenzione unicamente su di sé.
L’uomo,
che aveva appena ricominciato ad attraversare la stanza ad ampi passi, si fermò
e si girò su sé stesso per guardarlo. «E quale sarebbe?»
Danny
gli sorrise con vittoriosa minaccia, sperando di risultare ancora più
credibile, venendogli così spontaneo il pregustare il momento in cui sarebbe
riuscito a distoglierlo almeno un poco dall’idea di avere davanti un radioso
futuro di ricchezza e fama a sue spese.
«Per
dimostrare a qualsiasi acquirente che sono un mezzo lupo, dovrai farmi cambiare
forma davanti ai suoi occhi.» gli fece notare Danny.
Il necromante sbatté un paio di volte le palpebre, appena
perplesso. «Sì, è proprio così.» confermò «E quindi?»
Danny
alzò un sopracciglio. «E se io non lo facessi? Potrei semplicemente rifiutarmi
di mutare forma a tuo comando, per dire?» gli fece presente, come se fosse una
cosa ovvia. Il che lo era, almeno per lui: più che ovvio. Mai nella sua vita
aveva mutato forma per richiesta o ordine di qualcuno, ed era una delle cose
più naturali e normali del mondo per un mezzo lupo, il mutare semplicemente
quando lo si voleva, e non certo per desiderio di qualcun altro, figurarsi per
capriccio di qualcun altro.
La
sensazione di aver appena guadagnato un punto a suo vantaggio svanì come neve
al sole quando vide di nuovo quel sorrisetto saputo, soddisfatto e ben poco
promettente stirare le labbra dell’uomo.
«Oh…
ma io credo che troverò il modo di essere convincente…» gli accennò
sinistramente, e Danny lo vide muovere con fredda calma le mani ed estrarre la
lama del coltello dalla fodera. Immediatamente tutti i sensi di Danny entrarono
in allerta, preparandosi all’attacco, ma con sua sorpresa Mordecai si voltò e
si incamminò verso Uther.
«Ad
ogni modo, una cosa alla volta. E, prima di tutto, sono spiacente di informarti
che il tuo amico qui, invece, essendo banalmente umano, non ha alcun valore sul
mercato al quale mi sto riferendo…» proseguì in tono colloquiale il necromante, e Danny realizzò che stava dicendo che aveva
semplicemente già deciso di uccidere Uther.
Immediatamente
iniziò a tirare con tutte le sue forze contro la resistenza delle catene alle
quali era legato e a gridare con tutta la sua voce. «Fermati! Non hai idea di
che cosa ti capiterà se solo gli torci un capello, te ne assicuro! Se anche non
sarò io a farti fuori con le mie mani, quando arriverà Kumals
ti pentirai amaramente…».
Ma
dovette interrompersi, realizzando che Mordecai lo stava ignorando totalmente,
e che si stava avvicinando ad Uther. Una rapidissima occhiata al pavimento
davanti ad Uther rivelò a Danny che la linea bianca segnata col gesso sulla
pietra, per quanto estremamente sbiadita, era ancora abbastanza evidente per il
contrasto del colore bianco sullo scuro della pietra nerastra, e che quindi il necromante era ancora perfettamente in grado di calcolare a
quale distanza mantenersi.
Dal
canto suo, Uther vedendolo avvicinarsi col coltello si era alzato in piedi di
scatto, e semplicemente aspettava, un poco schiacciato contro il muro, ma
comunque pronto a difendersi con tutte le sue forze. Una debole constatazione speranzosa
attraversò il cervello di Danny prima che Mordecai arrivasse davanti ad Uther:
che quest’ultimo fosse in grado di difendersi bene, dal momento che per
accoltellarlo il necromante sarebbe stato costretto
ad allungare almeno il braccio armato di coltello oltre la linea tracciata per
terra.
L’uomo
si arrestò con precisione davanti alla linea, abbassando lo sguardo per
controllare con attenzione dove fermarsi per non rischiare di arrivare a
portata di Uther, e quando rialzò lo sguardo con calma se lo ritrovò dritto
addosso.
Danny
guardò sorpreso e con la massima attenzione e il fiato sospeso lo svolgersi
della scena: Uther riuscì ad arrivare dritto addosso a Mordecai sebbene questi
fosse rimasto dall’altra parte della linea, e subito scattò la zuffa. Uther
sfruttò tutto il vantaggio della sorpresa che aveva dalla sua parte per
riuscire a sopraffare il necromante, grazie anche al
fatto che in quanto a risse a corpo a corpo sapeva più che bene il fatto suo,
mentre Mordecai sembrava impacciato e decisamente meno avvezzo a quel tipo di
scontro. Danny vide Uther riuscire ad un certo punto a bloccare i fendenti
della lama nuda che l’uomo cercava di piantargli addosso intrappolandola in una
delle catene che lo tenevano ancora legato al muro, e alla fine anche il necromante dovette rendersi conto, specialmente dopo
essersi preso almeno un paio di pugni in faccia, un calcio negli stinchi e un
pugno dritto sullo stomaco, che stava decisamente avendo la peggio, perché
iniziò a concentrare i suoi sforzi sul sottrarsi all’attacco di Uther piuttosto
che a cercare di contrastarlo.
Fu
allora che, in rapida sequenza, Mordecai perse la presa sul coltello
intrappolato nella catena, che cadde a terra con il sonoro sbattere della lama
sulla pietra nuda, e subito dopo riuscì a strattonarsi con sufficiente forza da
svincolarsi dalla presa di Uther, lasciandogli tra le dita strette a pugno
qualche brandello del camice da lavoro troppo corto che indossava. Ma la forza
del contraccolpo con cui riuscì finalmente a sottrarsi ad Uther gli fece un po’
perdere l’equilibrio e lo costrinse a fare diversi passi all’indietro. Quella
cantina era abbastanza stretta da far cogliere a Danny la debole possibilità
che gli si stava presentando, e che grazie alla prontezza dei suoi riflessi da
mezzo lupo riuscì immediatamente ad afferrare.
Facendosi
così indietro di riflesso, e ancora troppo concentrato e spaventato
dall’aggressione di Uther e dall’inspiegabilità di essa, il necromante
stava facendo troppi passi all’indietro, e Danny non perse nemmeno tempo ad
abbassare lo sguardo per controllare che i suoi piedi stessero superando la
‘linea di sicurezza’ tracciata davanti a lui: in un balzo prese la spinta e in
tutt’uno micidialmente rapido alzò le braccia sopra la testa, unì le mani in un
unico pugno, e lo abbatté con forza dritto sulla nuca dell’uomo, in un punto
che sapeva essere particolarmente vulnerabile e che gli avrebbe verosimilmente
fatto perdere conoscenza per un bel pezzo. I suoi calcoli si rivelarono
perfetti al millimetro, perché lo colpì nel punto giusto, e Mordecai si
afflosciò all’indietro, finendo dritto sul pavimento di schiena.
Danny
si ritrovò a fissare il loro carceriere esanime per terra prima ancora di
essersi potuto persuadere che tutto quello fosse veramente successo: non solo
come erano appena riusciti a metterlo fuori gioco con relativa semplicità, ma
più precisamente come fosse potuto succedere tutto quanto, fin dal momento in
cui avevano bussato alla sua porta.
Poi,
attirato dal lieve rumore di sottofondo del lieve ansare di Uther, alzò lo
sguardo su di lui, per sincerarsi istintivamente che stesse bene. E Uther aveva
l’aria di stare più che bene: benché scarmigliato e con un po’ di fiatone, non
aveva nessun nuovo livido, a evidente testimonianza che quel necromante da strapazzo non era stato in grado di
assestargli nemmeno un colpo, al massimo di graffiargli un poco una guancia, e
il coltello giaceva intonso vicino ai suoi piedi. Di fronte al suo sguardo,
Uther stesso sembrò ricordarsi in quel momento che fosse opportuno controllare
da sé il suo stato, perché si guardò ogni parte del corpo con una rapida
occhiata di controllo, prima di tornare a fissarlo, con ancora un po’ di
fiatone.
«Bene.
Il più è fatto, direi…» constatò allora Uther, con un’ovvietà tranquilla che
Danny registrò come semplicemente l’ennesimo particolare assurdo di quelle ore.
«Il
più è… come diavolo hai fatto, veramente.» si ritrovò a dire. Forse avrebbe
dovuto considerare ancora più bizzarro il fatto che la prima cosa che gli
saltasse in mente in quel momento fosse la curiosità di sapere quale trucco
avesse usato Uther per riuscire a eludere il sistema di ‘linee di sicurezza’ di
Mordecai.
Uther
lo guardò un momento come se stesse cercando di interpretare le sue parole, poi
realizzò che cosa gli stava chiedendo, e si infilò una mano in tasca, per poi
estrarla e mostrargli qualcosa che stava tenendo tra la punta di indice e
pollice.
Danny
osservo per un momento il frammento di gessetto bianco che Uther gli stava
mostrando, chiedendosi se doveva davvero stupirsene a quel punto. Quando decise
che perfino l’improbabile doveva pure poter avere un limite, ebbene sì, persino
nelle loro vite, si decise a domandargli «E quello come lo hai ottenuto?»
Uther
fissò per un istante il pezzetto di gesso, come soppesando qualcosa tra sé e
sé, poi alzò appena le spalle nel decidere di ricacciarselo in tasca. «I
gessetti possono frammentarsi quando li si usa calcando molto su una superficie
così dura come la pietra. Ho trovato questo pezzetto prima, sulla mia linea, quando
mi sono svegliato.» gli spiegò, come se non fosse nulla di improbabilmente ed
eccezionalmente fortuito.
Danny
si limitò ad annuire. Non c’era bisogno di un disegnino per comprendere ora che
Uther non aveva mai avuto intenzione di limitarsi a cancellare la linea
tracciata da Mordecai, ma anche di disegnarne poi una fittizia, e naturalmente
abbastanza vicina a lui ma non troppo, da permettergli sia di ingannare il necromante sia di farlo avvicinare troppo.
«Credo
sia meglio che ti assicuri che il nostro “amico” qui sia abbastanza alla tua
portata per quando si sveglierà e lo convincerai a liberarci immediatamente…»
osservò Uther, accennando con un breve movimento della testa verso il loro
carceriere esanime davanti ai piedi di Danny.
Danny
sospirò appena, pazientemente, e si chinò in ginocchio accanto all’uomo, per
osservarlo più da vicino e cercare di capire ad occhio per quanto tempo sarebbe
ancora rimasto fuori combattimento. Fu allora che notò che il corpo era un po’
troppo esanime. Si raggelò. Poi, rapidamente e con movimenti frenetici, gli
cercò il battito cardiaco premendogli due dita sulla carotide. Non lo trovò:
non c’era alcun battito. Ancora più freneticamente controllò il respiro, di
nuovo senza esito, e allora fu preso dal panico, e tutto ciò che riuscì a fare
fu alzare uno sguardo di profonda angoscia raggelata su Uther, che ancora lo
stava guardando dall’altra parte della stanza.
Per
un momento, Uther non capì cosa stesse succedendo, poi ricordò esattamente
quando aveva già visto quello sguardo in particolare sul volto di Danny, quella
precisa espressione terribilmente vuota, assente e senza speranza.
«Ah…»
fu tutto ciò che si ritrovò a dire, non particolarmente brillantemente, per la
sorpresa e la disarmante sensazione che quello sguardo di Danny era in grado di
produrre su praticamente chiunque lo rivolgesse, o almeno così sospettava. Lo
guardò lasciarsi andare all’indietro, sedendosi pesantemente con la schiena
contro il muro e gli occhi chiusi, il volto teso in un’espressione indurita,
colma di una rabbia sorda e pesantemente rivolta contro se stesso.
Uther
sospirò appena, passandosi una mano sulla faccia e imprecando una sua versione
di ‘accidenti’ particolarmente colorita. Prese un respiro profondo e cercò
qualche parola un po’ più impegnata. «Danny… mi dispiace…» iniziò, ma qualcosa
nell’udire quelle sue stesse parole gli fece corrugare la fronte. «No, aspetta
un momento. Se quel matto patentato è morto… No, no, no… aspetta un attimo…»
Danny
riaprì gli occhi, e lo guardò, sebbene con amara svogliatezza, con una certa
attenzione.
«Danny…
Danny, guardagli nelle tasche! Subito!» disse Uther, con urgenza, e quando
l’altro continuò a guardarlo nello stesso identico modo, evidentemente senza
capirlo, aggiunse «Le chiavi, Danny, perdio! Le chiavi di queste stramaledette
catene!»
Lo
sguardo di Danny si tornò a illuminare un poco nella comprensione di che cosa
Uther stava implicitamente dicendo, e di nuovo si riavvicinò al corpo senza
vita, e iniziò a frugargli i vestiti con attenzione certosina, mentre Uther
seguiva ogni suo movimento quasi trattenendo il fiato.
Dopo
lunghi momenti, Danny rinunciò e tornò a sedersi sui talloni, lo sguardo di
nuovo fisso e vuoto sul corpo privo di vita. Uther rimase di nuovo senza fiato
per un momento, e poi quasi urlò «Per la miseria, cerca meglio!»
Ma
Danny scosse appena la testa, e senza nemmeno guardarlo alzò un braccio, il
dito puntato verso qualcosa. Uther seguì la direzione indicata, e si ritrovò a
fissare il tavolone di legno, sulla superficie del quale, dopo una veloce cernita
a suon di ansioso scrutare, individuò un oggetto in particolare: un anello
metallico usato come portachiavi per una piccola serie di chiavi dall’aria
antica… a colpo d’occhio si sarebbe potuto dire che sembravano appartenere
pressappoco alla stessa epoca nella quale dovevano essere state forgiate e
affisse al muro le catene alle quali lui e Danny si trovavano avvinti.
Uther
impallidì decisamente, quindi si corrucciò, poi tornò di nuovo preda della più
totale mancanza di speranza, e alla fine tornò a guardare Danny, che in
compenso stava ancora fissando il cadavere come se potesse ridargli vita
semplicemente sentendosi abbastanza intensamente in colpa.
«Danny…»
lo chiamò infine, piano e con tatto e lentezza Uther. E quando l’altro
finalmente rialzò lo sguardo su di lui, richiamato dal suo tono, Uther lo
guardò nella maniera più ferma e pazientemente seria possibile. «Non mi… starai
dicendo… che hai accidentalmente ucciso l’unica persona che sa che ci troviamo
incatenati qui sotto, senza cibo né acqua, nonché l’unica persona tra noi tre che
poteva arrivare a quelle chiavi …?»
Solo
allora sembrò, agli occhi di Uther, che l’altro fosse veramente ora in grado di
realizzare quello specifico particolare, perché vide finalmente un’espressione tornare
nei suoi occhi; certamente, si sarebbe sentito molto meglio se
quell’espressione non fosse stata, tra tutte quelle possibili, proprio una di orrorificata constatazione del fatto che si trovavano
incatenati in una cantina e nessun’altro lo sapeva e poteva venirli a liberare.
Soundtrack: The future’s so
bright (Timbuk 3)
(e adoro particolarmente il ritornello di questa
canzone, che con tono chiaramente ironico dice ‘Il futuro è così luminoso che
dovrò indossare degli occhiali da sole’)
Note dello scribacchiatore:
ecco, i capitoli come questo sono quelli
che preferisco scribacchiare e che più mi piacciono alla rilettura. Spero che
quello che ne è venuto fuori fino a qui piaccia anche a voi che leggete!
In caso ve lo steste chiedendo… no, non
traggo alcun piacere dal torturare i miei stessi personaggi… :p ma se al momento siete dispiaciuti per questi
due, forse potreste cambiare idea se consideraste il particolare collaterale di
questa situazione in cui si trovano ora… Di quale particolare collaterale sto
parlando? Beh, lo scoprirete presto, naturalmente ;)
Al prossimo capitolo, chi vivrà vedrà! (e
qui è proprio il caso di dirlo… :p )