I’ve been
thinkin bout you
Tarjei era
pubblicamente conosciuto come la persona meno socievole in qualsiasi
cerchia di
amici si trovasse, e a ciò seguiva il suo inevitabile odio
per i social
network. Eppure, non aveva fatto altro, per un’intera
settimana, che passare
ogni momento libero della sua giornata su Instagram, pregando che Mari
non
venisse a sapere che stava abusando del profilo di Isak. In sua difesa,
non
avrebbe potuto farne a meno nemmeno anche se avesse voluto, e non
voleva:
faceva sembrare il vuoto meno grande, anche se una foto sullo schermo
di un
cellulare non avrebbe mai retto il confronto con averlo lì
accanto a sé.
Inutile dire che
era una cosa tanto inusuale da parte sua che David se ne accorse. Sette
giorni
dopo, ma se ne accorse.
“Esattamente,
cosa stai facendo?”
Tarjei quasi non
lanciò il cellulare in aria per lo spavento e dovette
coprirsi la bocca per non
urlargli contro nel bel mezzo della lezione di storia.
“Cazzo
David,
potresti evitare di farmi morire prematuramente di attacco cardiaco
alitandomi
nell’orecchio?”
“Calma i
bollenti spiriti e dimmi che hai, la gente inizia a pensare che tu sia
strano.”
“Tu dici a me
che sono strano.”
“Taglia
corto e
dimmi che succede.”
Tarjei
sbuffò e
si allontanò da lui, nascondendo il telefono dalla sua
vista. David lo guardò
di sbieco e cercò di afferrarlo, venendo allontanato con uno
schiaffo sulla
mano.
Cinque minuti
dopo erano fuori dall’aula, puniti per aver disturbato la
lezione. Seduti a
terra con la schiena contro il muro e un broncio su entrambi i loro
visi,
sembravano due bambini a cui era appena stata negata la merenda. Dopo
qualche
minuto di silenzio, Tarjei sbuffò e posò
malamente il cellulare in mano a David:
se c’era una cosa che aveva imparato da Skam, e che il modo
migliore per
risolvere i problemi è parlarne; e poi questo non era
nemmeno un problema … non
ancora, perlomeno. L’amico lo guardò a bocca
aperta.
“Non
potevi farlo prima che ci
cacciassero dalla classe?”
“Sta
zitto, e
giuro che se mi prendi in giro ti faccio il culo.”
David
alzò le
mani in segno di resa e poi rivolse lo sguardo allo schermo, un
sorrisetto gli
incurvò le labbra e infine guardò nuovamente
Tarjei, che aveva passato quei
pochi secondi a torturarsi l’interno della guancia.
“Sorridi
così
perché stai per dirmi che sono patetico, non è
vero?”
“Sorrido
così
perché sei un idiota. Perché avrei dovuto
prenderti in giro?”
Tarjei si
strinse nelle spalle, evitando il contatto visivo per non arrossire del
tutto.
“Perché
sembro
una stupida ragazzina che stalkera la sua cotta segreta
suppongo.”
David lo
guardò,
serio come non mai.
“Giuro che
se ti
vergogni ancora di essere gay ti picchio sul serio.”
“Non
è per
quello.”
“E per
cosa
allora?”
Tarjei
sbuffò e
rivolse il viso dalla parte opposta. David alzò gli occhi al
cielo e, intuendo
che non avrebbe ricevuto alcuna risposta, parlò di nuovo.
“Ascolta,
te
l’hanno già detto i ragazzi la settimana scorsa in
quel bar, e te lo ripeterò
all’infinito se servirà a farti smettere di
comportarti come un complessato del
cacchio: si vede che non è normale. Cioè, che
è una cosa speciale. Okay che vi
siete visti sì e no due volte ma, primo, questo ragazzo
potrebbe far diventare
i ragazzi etero gay e le ragazze gay etero, e non mi guardare
così, sai che
faccio schifo con le parole.”
Tarjei
accennò
una risata e si passò una mano sul viso.
“Ciò
che sto
cercando di dire è: se ti sei preso una cotta per lui
è normale, probabilmente
Josephine e Lisa ti hanno persino battuto sul tempo, ma ciò
che vi unisce è
diverso da tutto il resto, e se mi propini la storiella del
‘prendersi una
cotta per una persona appena conosciuta è da
ragazzine’ ti faccio stare zitto
con la forza. Ora, prendi sto telefono e mandagli un messaggio, usa la
scusa
del conoscersi meglio prima di limonare di fronte a milioni di persone
o quello
che ti pare, con Ulrikke ha funzionato.”
Tarjei
scoppiò a
ridere e gli diede una spallata, riprendendo in mano il cellulare.
“Smetti di
portare
quella ragazza nei fast food e portala a cena fuori. E comunque non ho
una
cotta per lui.”
“Sì,
vado in
bagno a sbattere la testa contro il lavandino eh.”
David si
allontanò con un espressione esasperata in volto e Tarjei
gli fece il dito
medio, per poi guardare l’immagine sullo schermo, fissando
come aveva fatto per
tutta la settimana il sorriso di Henrik e i suoi occhi che sembravano
contenere
intere galassie, e decise di ascoltare il consiglio di qualcun altro,
una volta
tanto.
Aveva appena
aperto la chat, ancora tremendamente immacolata, che immediatamente la
nuvoletta con i tre puntini apparve sullo schermo e Tarjei
sentì il battito
cardiaco aumentare improvvisamente. Chiuse tutto e quasi lo
lanciò mezzo metro
più in là (alla fine della giornata avrebbe avuto
bisogno di un telefono
nuovo), respirò a fondo, non riuscendo però a
frenare l’eccitazione di sapere
cosa Henrik gli avrebbe scritto. Sicuramente roba tipo
‘scusa, le riprese
iniziano fra due settimane giusto?’, oppure …
qualcos’altro, nulla che avesse
direttamente a che fare con lui sicuramente.
Pochi attimi
dopo, una notifica illuminò lo schermo.
Henrik
Ehi, hai da fare
questo pomeriggio?
Tarjei
spalancò
gli occhi e rimase a fissare quelle parole come imbambolato, prima di
alzarsi
velocemente e quasi correre al bagno dei ragazzi.
“David?”
“Terza
porta.”
Si
avvicinò alla
porta e bussò, nonostante l’amico gli avesse
già risposto.
“Esci da
qui
subito!”
“Che
è
successo?”
“Mi ha
scritto!”
“Nel senso
che
ti ha risposto?”
“Nel senso
che
mi ha scritto lui per primo!”
“Oddio.”
Il rumore dello
sciacquone e David spalancò la porta, i pantaloni ancora
mezzi sbottonati, e
Tarjei gli piazzò il telefono sotto al naso. Il ragazzo
lesse velocemente e lo
guardò con un sorriso da orecchio a orecchio.
“Che devo
fare?”
“Rispondigli
che
sei libero idiota!”
Tarjei si
passò
velocemente una mano fra i capelli e, preso coraggio, aprì
la chat.
Henrik
Ehi, hai da fare
questo pomeriggio?
Ehi
Sono libero
… come mai?
“I tre
puntini
sono un tocco di classe.”
Tarjei
alzò gli
occhi al cielo e diede una spinta a David, che intanto aveva finito di
rivestirsi e guardava lo schermo da sopra alla sua spalla. Tarjei lo
cacciò
malamente e rivolse gli occhi al cellulare, non potendo fare a meno di
sorridere al messaggio seguente.
Volevo essere certo
di accaparrarmi per
primo la tua compagnia
Interessante
Per fare cosa
esattamente?
Conoscerci meglio ;-)
Tarjei
sentì le
guance bruciare e nascose un sorrisetto dietro il cellulare, mentre una
sensazione confusa ma incredibilmente piacevole gli solleticava
l’ombelico.
“Fammi
leggere!”
“Col
cacchio.”
Il ragazzo
uscì
dal bagno, seguito da un David contrariato ma evidentemente divertito
dall’imbarazzo dell’amico, e rispose.
Si può
fare :-)
Perfetto
Sorrise nel
ricevere un indirizzo, probabilmente dell’appartamento di
Henrik. Perfetto.
-
Marlon e Sasha
li aspettavano all’uscita da scuola come sempre, ma quel
giorno non erano soli.
Tarjei non
poté
fare a meno di storcere il naso alla vista della biondina del bar, la
sensazione di fastidio provata la settimana precedente che si
ripresentava
impertinente, e si costrinse a rivolgerle un sorriso convincente che
finse
piuttosto facilmente. Quello, pensò, era un vantaggio
dell’essere un bravo
attore.
Salutò i
suoi
due amici con una pacca sulla spalla e lasciò che David
parlasse per primo.
“Vedo che
abbiamo compagnia.”
“David e
Tarjei,
Lea. Viene nella nostra scuola.”
Si scambiarono
una stretta di mano e Tarjei parlò per la prima volta.
“Lavori
con
Henrik, giusto?”
“Lavoravo,
sì.
Si è licenziato perché non sarebbe riuscito a
fare entrambe le cose allo stesso
tempo.”
Il ragazzo
annuì
e lasciò che la conversazione continuasse senza di lui,
troppo impegnato a
rileggere per l’ennesima volta i messaggi che aveva scambiato
un paio d’ore
prima con Henrik. Dio, si stava comportando sul serio come una
ragazzina.
“Andiamo
Tarjei?”
“Eh?”
“Andiamo
a pranzare, vieni o no?”
“In
realtà il
nostro Tarjei qui deve-
Pestò il
piede a
David prima che riuscisse ad aggiungere altro, guadagnandosi degli
sguardi fra
il sorpreso e il divertito.
“Ho da
fare, già.
Voi iniziate ad andare, David vi raggiunge fra un minuto.”
Sorrise il
più
innocentemente possibile e li salutò con la mano fino a
quando non lasciarono
il cortile, poi si voltò verso il suo migliore amico.
“Un po’ meno.”
“Come te
lo devo
dire che ce ne siamo accorti tutti?”
“Non vi
siete
accorti di un bel niente.”
David stava per
controbattere, quando la sua espressione si trasformò da
irritata a divertita e
un attimo dopo un paio di mani si posarono sui suoi occhi. Tarjei
aggrottò le
sopracciglia e coprì le mani con le proprie: erano
più grandi delle sue, magre
e dalle dita affusolate, ma ugualmente morbide e calde. Sorrise.
“Henrik.”
Il ragazzo alle
sue spalle rise e spostò le mani sulle sue spalle, facendolo
gentilmente
voltare verso di sé, e a Tarjei sembrò che tutto
fosse più luminoso.
“Credevo
di
dover venire io da te.”
“Sì,
ma sono
sveglio da quando ti ho mandato il messaggio e-
“Hai
dormito
fino all’una di pomeriggio?”
Henrik rise alla
sua espressione sconvolta e gli sfiorò la guancia con un
dito, tanto leggero
che poteva essere scambiato per il battito d’ali di una
farfalla.
“Quando
avrai
finito la scuola lo farai anche tu.”
“Non
parlarmi
come se avessi cinque anni solo perché tu sei
vecchio.”
Il ragazzo finse
una faccia sconvolta e Tarjei alzò gli occhi al cielo con un
sorrisetto.
“Dicevi?”
“Dicevo,
mi sono
appena svegliato, avevo voglia di fare due passi e abito qui
vicino.”
Concluse con una
scrollata di spalle e un sorriso, poi guardò oltre di lui
aggrottando le sopracciglia.
“E
David?”
Tarjei si
accorse solo in quel momento che fino ad un momento prima stava
parlando con il
suo amico, ma voltandosi e non trovandolo fece spallucce. Aveva altro a
cui
pensare in quel momento.
“Era in
ritardo
per andare da qualche parte.”
“Okay,
andiamo?”
Nel camminare
accanto ad Henrik, ascoltandolo parlare e osservando il modo in cui il
sole
creava delle ombre fra i suoi capelli e sul suo viso, decise
deliberatamente di
ignorare un certo messaggio.
David
Ti perdono solo per
sostenere alla causa,
sappilo.
-
L’appartamento
di Henrik era luminoso, silenzioso e tremendamente disordinato: alcuni
scatoloni erano malamente impilati in un angolo della camera da letto,
il
lavandino della cucina era pieno di piatti puliti a metà, e
passando davanti
alla porta socchiusa del bagno si poteva scorgere una pila di panni
sporchi ai
piedi della doccia. Ma era un appartamento a tutti gli effetti, a
tratti
persino troppo grande per una persona sola, e urlava indipendenza da
tutti i
pori. Sì, gli piaceva eccome.
“Da
quant’è che
vivi da solo?”
“Poco
più di un
mese.”
Tarjei
guardò
Henrik sfilare un cd dalla pila sulla libreria e poco dopo la voce di
Frank Ocean
riempiva l’aria.
“Come
mai?”
“Come mai
vivo
da solo?”
Tarjei
annuì ed
Henrik lo guardò inclinando la testa di lato, come se stesse
riflettendo se
parlargliene o meno. Alla fine, sorrise e indicò il letto
con un cenno del capo
per poi sedersi su di esso appoggiando la schiena alla testiera. Tarjei
si
sedette di fronte a lui a gambe incrociate.
“E’
per mia
madre,” esitò per un momento e Tarjei
annuì, incitandolo silenziosamente a
continuare, “crede che io sia ancora un bambino, volevo
dimostrarle che non lo
sono più.”
“E tuo
padre?”
“Mio padre
vive
in Svizzera, qui siamo solo io, mia madre e mio fratell0 minore
Mathias.”
Annuì,
evitando
di chiedere scusa per colpe che non gli appartenevano come faceva la
maggior
parte delle persone e decise semplicemente di cambiare discorso,
sorridendo nel
leggere la gratitudine negli occhi del ragazzo di fronte a
sé.
“Lo
stipendio
del Brenneriet era abbastanza per mantenerti?”
“A
malapena, ma
il proprietario è un vecchio amico di mia madre, lamentarmi
dello stipendio non
sarebbe stato molto carino, e nemmeno andarmene senza una
spiegazione.”
“E la
ragazza al
bancone era troppo carina, mh?”
Si morse il
labbro inferiore, maledicendosi per aver pensato ad alta voce, ma
Henrik
sorrise.
“Lea
è carina,
non c’è che dire, ma non è di lei che
voglio sentir parlare adesso.”
Tarjei
accennò
una risata per camuffare l’imbarazzo e poi fece spallucce.
“Cosa vuoi
sapere?”
“Tutto.”
E Tarjei gli
raccontò tutto: della malattia che aveva portato via suo
padre, di Skam, dell’amore
per la recitazione, dei suoi amici, di sua madre. Henrik
ascoltò in silenzio,
sorridendo di tanto in tanto e guardandolo come se fosse stato
un’opera d’arte
particolarmente complicata e l’unica cosa che gli importasse
in quel momento
fosse riuscire a decifrarla. Quando ebbe finito, Frank cantava White ed
Henrik
decise che era arrivato il momento di provare qualcosa di nuovo.
“Hai mai
fumato,
Tarjei?”
“Marijuana?
No,
mai.”
Henrik
aprì il
cassetto del comodino e tirò fuori un accendino ed una canna
accuratamente
rollata. Tarjei fremette di aspettativa, curiosità di
provare qualcosa per la
prima volta, e soprattutto perché Henrik si era allontanato
dalla parete e si
era avvicinato tanto che adesso Tarjei era praticamente seduto fra le
sue
lunghe gambe.
“E’
l’ultima che
ho, quindi dovremo adattarci.”
Infilò la
canna
fra le labbra e l’accese, poi fece un lungo tiro e gli
posò una mano sulla
guancia, facendogli aprire la bocca accarezzandogli le labbra con il
pollice.
Tarjei spalancò gli occhi, ma prima che potesse dire
qualcosa, Henrik si era
avvicinato ancora di più e stava soffiando il fumo verso la
sua bocca. Tarjei
sentì un brivido scorrere lungo la spina dorsale, chiuse gli
occhi e aspirò,
sentendo i polmoni riempirsi. L’attimo dopo, dovette girare
la testa di lato
per non tossire sulla faccia di Henrik. Sentì il ragazzo
ridere e sfiorargli il
viso come aveva fatto nel cortile della scuola.
“Ci
prenderai la
mano, baby boy.”
Un
nuovo colpo di tosse lo colpì nel sentire
le ultime parole in inglese, ma non poté fare a meno di
sorridere, tornando a
guardarlo e cercando di ignorare le guance che gli andavano a fuoco.
“Tu sai
che non
sono così
piccolo.”
“Sì,
ma non me
ne importa molto.”
Risero
all’affermazione
del più grande e provarono ancora quello che Tarjei
imparò essere uno ‘shotgun’,
fino a quando la canna non fu ormai finita e loro due non riuscivano a
fare
altro che ridacchiare e dire la prima cosa che gli passava per la
testa, che di
solito portava solo ad altre risate.
Durante le due
ore successive (che Tarjei ribattezzò come le migliori della
sua vita fino a
quel momento), ci fu un attimo in cui nessuno dei due rideva, la musica
e l’aria
vibravano di colori che non avevano mai visto prima, e Tarjei si
sentiva
fragile.
“Deve
essere
sempre così.”
“Mh?”
“Io devo
essere
a mio agio con te e tu con me, come adesso, sempre.”
Henrik
ricambiò
il suo sguardo: adesso era diventato serio anche lui.
“Non
voglio che
sia strano. Non farlo sembrare strano, okay?”
Il più
grande
annuì lentamente.
“Non
sarà
strano, fra me e te, e se lo diventasse faremo in modo che torni a non
esserlo.”
Tarjei
annuì e
si stese accanto a lui, guardando il soffitto. Non sarebbe stato strano
fra di
loro, perché il suo petto non era vuoto, e si sentiva nel
posto giusto al
momento giusto, e Thinkin Bout You gli accarezzava le orecchie e gli
cullava l’anima,
già rilassata dal fumo che vedeva ancora attorno a
sé e di cui i suoi vestiti
erano impregnati.
Alla
fine, si addormentò.
A
tornado flew around my room before you came
Excuse the mess it made, it usually doesn't rain in
Southern California, much like Arizona
My eyes don't shed tears, but, boy, they bawl
When
I'm thinkin' 'bout you (Ooh, no, no, no)
I've been thinkin' 'bout you (You know, know, know)
I've been thinkin' 'bout you
Do you think about me still? Do ya, do ya?
Note
Capitolo
dedicato a scripturient_, che ha impiegato il suo tempo e il suo
talento per
creare uno degli edit più belli che abbia mai visto per la
mia storia, e che
adesso esibisco fieramente come mio avatar. Grazie <3