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Autore: Anna_Art    29/03/2017    2 recensioni
Alastair è un ragazzo con poteri "speciali", fin dalla nascita. Il suo essere diverso dagli altri lo fa sentire un po' solo, ma non completamente. Perché un giorno non si aspetterà mai di incontrare qualcuno che cambierà ciò che sente nel cuore riguardo le sue doti soprannaturali.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 5
 
Conclusa la cena, io e Zack ci dirigemmo nelle nostre stanze, parlando ancora un po’.
Dopo essermi cambiato per la notte, mi diressi al mio letto con in mano il ciondolo che vidi chiaramente illuminarsi di quella piccola luce azzurra. Mettendomi al caldo sotto le coperte, mi addormentati guardando quella piccola goccia luminosa.

--- ---
Sentii chiaramente il silenzio che portava il primo orario pomeridiano, quasi tutti all’orfanotrofio erano a dormire. Ma non io, mi piaceva in quei attimi di silenzio dirigermi nel mio rifugio.

“La piccola fatina continuava il suo viaggio verso l’amore che non aveva ancora trovato. Dirigendosi verso una piccola casetta, provò a bussare alla porta per chiedere chi abitava lì dentro se avevano qualcosa da mangiare per il suo piccolo stomaco che brontolava per non aver pranzato. La piccolina, non ricevendo risposta, aprì la porta che non era chiusa a chiave: <> domandò un po’ incerta di poter entrare in quella casetta minuscola a misura di fatina.
Ancora nessuno le aveva dato una risposta, allora lei entrando con timore, vide in primo piano sul tavolo un pezzo di pane, con accanto dei pomodori. <> Disse a voce bassa, poi avanzando davanti a sé, dopo quel tavolo, notò una porta che faceva vedere chiaramente una stanzetta, con un lettino dove dentro stava riposando qualcuno. Lei stupefatta da quella presenza, indietreggiò sonoramente colpendo la sedia che era dietro di lei. <> Esclamò rimanendo immobile a guardare quel piccolo esserino che dormiva in quel letto. 
A primo impatto sospirò per non averlo svegliato, in seguito, cercando di uscire da quella casetta, dando le spalle a quella stanza, sentì dietro di sé il fruscio di alcune lenzuola muoversi, poi una voce arrivare a lei: <>

Quelle domande la fecero venire ancora di più la paura di essere entrata in quel posto. Conobbe quella voce, era di un ragazzo, ma non sapeva ancora com’era il suo volto, non avendolo ancora visto. Lei voltandosi nuovamente verso quella stanzetta si inchinò a lui dicendo: <>

Sentì i passi avvicinarsi a lei, poi la sua voce riprese a farsi sentire, con più tranquillità: <>

A quelle parole lei alzò gli occhi su di lui vedendo con sorpresa che era un essere come lei, una fatina con ali trasparenti, orecchie a punta e un visino al quanto carino che ispirava tutta la tenerezza del mondo. I suoi capelli di un ramato riprendeva i suoi occhi color cielo. 
Lei abbozzò un sorriso alla vista di quell’ometto, che sembrava avesse la sua stessa età dalla bellezza giovanile della sua pelle e per come si poneva. Lui la guardò con quei occhi azzurri: <>  
Lei tentò di abbozzare una risposta decente: <> Dopo quelle parole lei si aspettò che lui ridesse a crepapelle, perché forse era assurdo partire per una cosa del genere, ma invece, con stupore lui rispose: <>
Al viso stupefatto di lei: <>
A quelle parole lui le sorrise apertamente, poi le domandò: <>
<
Così lei avvicinandosi al tavolo, si fece accompagnare da lui per sedersi e con timidezza e anche con una leggera felicità nel cuore, entrambi mangiarono insieme, felice di essersi trovati.”

Finendo di dare quell’appunto nel quaderno, sentii subito dopo arrivare accanto a me quella bimba della scorsa volta: “Aishia che ci fai qui?”
Lei sorridente: “Sono venuta a trovarti è in più ti ho portato una fetta di torta che la mamma mi ha dato per la merenda. Anche se adesso è ancora presto, dopo possiamo mangiarla insieme se ti va.”

Lei viveva vicino all’orfanotrofio con i suoi genitori biologici, il suo papà e la sua mamma che lei amava tanto. Da quando ci eravamo incontrati, Aishia almeno una volta alla settimana veniva a trovarmi nel mio “rifugio” e mi portava sempre qualche delizia della sua mamma facendomi compagnia nei miei pomeriggi solitari ma non tristi. Alcune volte giocavo con gli altri bambini dell’orfanotrofio, ma appena riuscivo ad uscirne senza farmi vedere da nessuno per immergermi nella mia passione, trovavo quasi sempre Aishia che ormai era diventata qualcosa di importante per me. E anche io lo ero diventato per lei, lo capivo tramite i suoi battiti del cuore e, sfiorando le sue mani riuscivo a sentire alcune sensazioni che provava per me e anche quanto il suo animo fosse puro è speciale. 
--- --- 

Disteso sotto le coperte calde del mio letto, aprii con tranquillità gli occhi portandoli sulla prima cosa che vidi davanti a me. Il ciondolo che aveva smesso di brillare con quella piccola luce colorata. 
Avevo l’impressione di aver sognato qualcosa di particolare, momenti della mia infanzia, forse? Ma perché non ricordavo bene dove mi aveva portato la mente in quei momenti tranquilli e quasi privi di realtà? L’unica cosa che ricordai fu un nome… Aishia. Ma chi era? E cosa avevo collegato con lei nel mio sogno? O ricordo passato? 
Qualunque cosa fosse stata, avevo l’impressione che fosse qualcosa di importante del mio passato, ma da quando ero stato adottato in questa nuova famiglia, avevo quasi rimosso un po’ di cose dell’orfanotrofio e di quei momenti di quando ero bambino. Ma chissà, magari non era niente di così importante, solo i miei presentimenti me lo facevano percepire, nient’altro.
Lasciando a sé quei pensieri, mi preparai per raggiungere il mio posto di lavoro. Proprio così, anche se non sempre, lavoravo in una cartolibreria come commesso, era un lavoro che non mi entusiasmava molto, ma mi gratificava leggermente, soprattutto per mantenere le mie spese e non pesare sui miei genitori. 
Sceso in cucina, dove c’erano già i miei genitori, afferrai velocemente un cornetto e addentandolo presi a dire: “Ciao mamma e papà io vado a lavoro adesso, ci vediamo più tardi”.
“Buon lavoro figliolo, a più tardi”. Disse papà intanto che sorseggiava il suo caffè.

La mamma mi abbracciò calorosamente, per poi scogliere quel gesto affettuoso sorridendomi apertamente. Dopo averli salutati entrambi, mi guardai intorno vedendo se Zack era ancora in casa, ma a quanto vedevo non c’era. Sicuramente era già uscito per andare a lavoro.
“Cerchi Zack, Alastair?” Domandò mia madre.
Con espressione interrogativa: “Sì. E’ già andato a lavoro?”
“No, è uscito da poco e ti sta aspettando in macchina qui fuori”.
“Perché? Posso andare da solo a lavoro”. Reclamai.
“Lo so, ma ha detto che vuole accompagnarti lui oggi”.

Non capii molto il motivo, visto che erano rare le volte che mi faceva entrare nella sua macchina per accompagnarmi a lavoro. Ma cosa potevo farci? Di certo non avrei disdetto il suo gesto gentile. 
A quel punto salutando nuovamente i miei genitori mi diressi verso la porta per uscire di casa. E quando fui fuori, andò subito ai miei occhi la macchina di Zack e come non poteva non vedersi? La sua Renault Mégane era di un colore blu brillante che copriva tutta la bellezza di quel arnese meccanico. Poi lui adorava guidare, era una sua passione fin da quando lo conoscevo a tal punto che ai suoi diciotto anni aveva voluto subito prendersi la patente per comprarsi un auto tutta sua. La trattava quasi come un gioiello, anche se capivo le sue ragioni per amare quella macchina, per me non aveva poi così tanta bellezza. Ma forse perché a me non interessavano le auto e nemmeno avere una patente, mi andava bene camminare o prendere l’autobus. Tanto non mi faceva poi così tanta differenza, anzi mi dava meno problemi viaggiare con mezzi di trasporto che con uno mio.

Comunque, avvicinandomi alla macchina e aprendo lo sportello davanti, non alla guida: “Buongiorno, come mai mi stai aspettando?” Domandai incuriosito a mio fratello.
“Buongiorno anche a te. Che problema c’è? Oggi sono in vena di accompagnarti”.
“Strano da parte tua”. Risposi con tono abbastanza seccato.
“Entra in macchina invece di criticarmi”.
Entrando all’interno, accennando un sorrisetto: “Io, criticare? Non è nel mio dna”. 

Zack portò la sua mano sulla mia testa e dandomi un buffetto: “Idiota, come no. Tu sei nato per criticare”.
“Ahi! Mi hai fatto male e poi non è affatto così! Io dico le cose come stanno, antipatico”.
Zack sospirò rumorosamente, poi rispose: “Va beh, chiudiamo questo discorso prima che arriviamo entrambi in ritardo a lavoro”.

Mettendo il broncio, lo guardai con occhi quasi di sfida. Lui mi lanciò un’ultima occhiata, poi mettendo in moto la macchina iniziò a dirigersi verso la strada. 
Vedendo che non avevo proferito nessuna parola per tanti minuti, Zack sospirando nuovamente: “E dai, smettila un po’ di fare l’offeso. Con te non ci si può proprio scherzare”.
“Non sto facendo l’offeso, solo voglio che tu capisca che io dico le cose come sono”.
“Ah, finalmente hai ripreso a parlare, pensavo ti avessero mangiato la lingua”. Disse Zack facendo partire una risata divertita.
A quelle parole sorrisi appena: “Per sfortuna tua ce l’ho ancora”. 
“Meglio così, se no come potrei trascorrere le mie giornate senza le tue lunghe chiacchierate?”
“Ah, non saprei. Ma c’è pur sempre mamma che parla più di me”. Dissi divertito.
“Già è vero”.

Entrambi facemmo partire un risata divertita, pensandoci su la mamma parlava davvero più di me e Zack messi insieme, certe volte non riuscivamo neanche a tenere il filo del discorso quando partiva a raccontare una cosa. 

Dopo pochi minuti, arrivato davanti al mio posto di lavoro con la compagnia di Zack: “Ci vediamo più tardi”. Dissi.
Mio fratello trovandosi ancora dentro la macchina, mi rispose: “Sì, buon lavoro”.
“Grazie!”

Guardai la sua auto allontanarsi da me dopo quel saluto, poi dirigendomi davanti alla cartoleria entrai all’interno: “Buongiorno!”
“Buongiorno a te Alastair”. Rispose la proprietaria del negozio.

Era una signora di quarantacinque anni, abbastanza alta con capelli scuri e occhi altrettanto color marrone come i suoi capelli corti e lisci. Non era affatto una cattiva persona, anzi sapeva essere molto gentile e anche volenterosa nel farmi imparare le cose. Come ambiente lavorativo era piacevole e non troppo noioso come campo di vendita. 
Oggi avrei fatto soltanto quattro ore al mattino, quindi potevo andare, subito dopo il lavoro a trovare Eiron, o anche nel pomeriggio. 

“Alastair, potresti mettere a posto queste penne per favore?” Mi domandò la proprietaria.
“Certo, nessun problema” Le risposi dirigendomi verso la scatola che mi stava indicando. Aprendola, vidi quelle penne a sfera elegantissime nere con un filo di colore oro che circondava la metà della penna. Ne presi in mano qualcuna mettendole nel loro apposito scaffale, in modo che fossero ordinate e anche facili da prendere.
Quel negozio non era molto grande, ma neanche piccolo. Diciamo che era abbastanza spazioso per avere un po’ di tutto riguardo la scuola e anche cose specifiche per i disegnatori. Come fogli, pennelli per gli acquarelli e tanto altro.

 
*** *** *** 

Trascorse le quattro ore di lavoro, uscito dalla cartoleria mi diressi verso casa. Essendo l’ora di pranzo avrei fatto meglio ad andare prima a mangiare qualcosa e poi nel pomeriggio sarei andato nel bosco. Tanto non era distanza da dove vivevo, trovandosi a qualche metro da casa mia. 
Prendendo in mano il ciondolo e stringendolo a me, tentai di parlare con il mio amico tigrato. Beh, in realtà non funzionava sempre la telepatia tra noi due, ma stranamente, ogni tanto quando tenevo il ciondolo in mano e provavo a trasmettere le parole che volevo dire a Eiron, riusciva a coglierle, come anche io. Entrambi non sapevamo il motivo del perché non funzionassero sempre queste conversazioni a distanza. Ugualmente tentai di parlargli: “Eiron. Ci sei?”

Non ricevetti nessuna risposta, forse non mi sentiva neanche questa volta? O non funzionava? Non ne avevo minimamente idea purtroppo. Feci un altro tentativo: “Eiron, ci sei?” 

Rattristito da quel silenzio continuai la mia camminata verso la strada di casa. Mi dispiaceva non poter sapere a distanza come stava o cose simili. Certo potevo saperlo solo tramite il colore del ciondolo, ma sarebbe stato bello sentire anche la sua voce come alcune volte accadeva di sentirla nella mia mente. 

Prima di pensare ad altro sentii una voce provenire nella mia testa: “Ciao Alastair. Sì ci sono. Ogni tanto riesco a sentirti tramite il ciondolo e tu?”
Sorridente risposi: “Che bello, allora funziona ogni tanto! Sì, ti sento forte e chiaro. Ma perché certe volte non riusciamo a sentirci in lontananza? Non è strana come situazione? Certe volte funziona altre volte per niente”.
Eiron ipotizzò qualcosa: “Sai sono arrivato a una conclusione valida, forse succede quando siamo troppo lontani null’altro. Non è da escludere, non credi?”

Ci pensai un attimo su, forse aveva ragione, visto che mi stavo avvicinando a quel bosco, che distava a pochi metri da casa. Poteva essere che la troppa lontananza non ci faceva iniziare una conversazione. Insicuro risposi: “Beh, può darsi. Visto che sono quasi vicino al bosco dove stai tu, può essere che riusciamo a parlarci perché sono vicino e non troppo distante da te. Ma non possiamo esserne sicuri”.
“Sinceramente è l’unica cosa logica a cui sono arrivato. Perché quando sei a casa tua, che è vicina al bosco riesco a parlare con te. E invece quando siamo troppi metri distanti, non riusiamo per niente a sentirci, ci hai fatto caso? Come quando vai a lavoro, perché lì siamo troppo distanti”.
“Non ci avevo pensato in realtà, ma le cose che hai detto calzano tutte a pennello. Forse è davvero così”.

Ero felice di aver trovato insieme a Eiron un’idea sul collegamento delle nostre conversazioni. Speravo solo fosse realmente così, ma per saperlo bastava provare, no? E a pensare bene, quando mi trovavo ancora vicino alla cartoleria anche se lo chiamavo, non ricevevo nessuna risposta. Invece dopo essermi allontanato di un bel po’ da quel posto, ero riuscito a trovarlo in breve tempo. Come aveva detto Eiron, era l’unica cosa fattibili tra tutte. 

Avanzando sempre di più verso casa mia, continuai a conversare con Eiron della mattinata trascorsa tranquillamente. 




 
Spazio autore: Ciao a tutti, eccoci arrivati al quinto capitolo della mia nuova storia fantasy :D 
Ci tenevo a sapere se vi piace, e come pensate continuerà?

Ringrazio tutti per le recensioni costruttive che mi stanno aiutando molto a migliorare e a tutti i lettori che mi seguono con passione. Grazie qa tutti!
 
   
 
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