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Autore: sere221    30/03/2017    2 recensioni
[Teen!Lock]
John, capitano della squadra di rugby, amato da tutta la scuola, si ritroverà a far amicizia e ad aiutare il ragazzo più odiato dell'istituto: Uno strano ragazzo dai capelli neri e ricci che cercherà in tutti i modi di allontanarlo.
(Dal primo capitolo)
"John quasi non ascoltava più l'amico, la sua mente era ancora impegnata a realizzare quello che aveva visto. Un ragazzo così minuto aveva appena steso, con soli tre colpi, Moran, famoso all'interno della squadra di rugby per essere uno dei più forti."
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John, Watson, Lestrade, Mycroft, Holmes, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran, Sherlock, Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 15




John Watson , 28 anni , capitano del quinto fuciliere di Northumberland, era un uomo fedele e ben visto da tutto il suo plotone e dai suoi colleghi. Tutti lo rispettavano e prendevano esempio da lui.
Erano passati dieci anni da quando era partito e arrivato al campo. Si era fin da subito fatto riconoscere  per la sua bravura e dedizione. I suoi generali infatti, dopo un paio di missioni lo fecero salire di grado sino a diventare capitano di una squadra tutta sua. La squadra era formata da altri sei oltre a lui: Jack, Duncan, Nick, Christopher, Allan e Billy.
Quando venne presentato ai ragazzi legarono subito, tanto da diventare una delle squadre più affiatate del campo e John non poteva che esserne fiero.
Durante quei dieci anni al campo John aveva cambiato drasticamente la propria vita. Non aveva più sentito nessuno dei vecchi amici e aveva fatto in tutti i modi per tenersi alla larga da loro.
Una mattina John venne chiamato dal suo generale nel suo ufficio mentre faceva colazione. Finì velocemente il proprio thè, sotto lo sguardo preoccupato dei suoi compagni di squadra e corse dal suo superiore.
"Watson." Lo salutò appena il capitano varcò la soglia dell'ufficio.
"Generale." Rispose John facendo il saluto militare.
"Al riposo soldato e mettiti seduto - lo invitò indicandogli la sedia davanti alla scrivania - Ho saputo che la tua ultima missione è andata molto bene, me lo confermi?"
"Si signore, lo confermo."
"Ho anche ricevuto dei bei giudizi sulla tua squadra."
"Mi fa piacere saperlo, signore" annuì convinto.
"A tal proposito - continuò il generale prendendo una cartellina e cominciando a leggerla - c'è una nuova missione decisamente urgente per lei Watson..."
Il generale cominciò a spiegare a John la missione che avrebbe dovuto affrontare, spiegandogli nei minimi dettagli ogni cosa. John lo ascoltava attentamente.
"Lei e la sua squadra partirete domani mattina. Godetevi la serata e ci rivediamo al suo ritorno." Disse il generale appena ebbe finito.
"Grazie signore." Rispose John appena salutandolo e uscendo dalla stanza raggiungendo la sua stanza dove lo aspettava tutta la squadra.
"Allora?" Lo accolse Duncan parandosi davanti al capitano appena varcò la soglia della stanza.
"Preparate le valigie ragazzi, domani si parte!".
I ragazzi sorrisero e cominciarono a preparare le valigie.
"Ah! - Esclamò John sovrappensiero - Dopo questa missione avrete a disposizione una licenza di una settimana."
A quell'affermazione la squadra esultò. Era da mesi che non avevano a disposizione una licenza.
"Non vedo l'ora di tornare a casa dalla mia famiglia!" Disse Allan sorridendo.
"Io non vedo l'ora di rivedere la mia ragazza." Esclamò malizioso Jack.
"E a quale ragazza ti riferisci? A quella immaginaria?" Gli domandò Nick ridendo.
"Ma stai zitto!" gli urlò Jack dandogli un pugno sulla spalla, "E voi altri? Dove andrete?"
"Anche io tornerò a casa." Disse Christopher, "Non vedo l'ora di vedere i miei figli." John sorrise a quell'affermazione.
"E tu, capitano, dove andrai?" Gli domandò Billy a John.
"Io? Emm..credo che rimarrò qui al campo." Rispose semplicemente, scollando le spalle.
"E perché mai?" Intervenne Nick "Non hai nessuna donna da cui tornare?"
John inizialmente non rispose. Da quando era partito non era più tornato a Londra, nemmeno per le emergenze familiari e proprio per questa ragione erano cominciati i litigi con sua sorella, quindi, no, non aveva più nessuno ad attenderlo a casa…se poteva ancora considerarla casa.
"Non posso credere che John -tre continenti- Watson non abbia nessuna donna da cui tornare." Continuò Nick che non la smetteva di parlare.
"Credo che ti toccherà crederci allora, non ho davvero nessuna che mi aspetta."
"Allora se non una donna, un uomo!"
"No!" Si affrettò a rispondere per poi perdersi nei suoi pensieri, "Nemmeno Sherlock mi sta aspettando..." Esclamò sovrappensiero.
"Sherlock? Chi è Sherlock?" Domandò Allan. John si risvegliò dai suoi pensieri e guardò confuso il soldato.
"Sherlock è il mio ex..."
"Dal tono che usi non penso sia finita molto bene."
"Hai indovinato. Mi ha tradito con un'altro." Disse John facendo finta di nulla continuando a mettere i propri oggetti personali in valigia.
Nessuno rispose a quella, quasi in imbarazzo, tranne Billy che si avvicinò mettendogli una mano sulla spalla.
"Tranquilli ragazzi" Gli disse John, notando il mutismo che si era creato, "Sto bene. Adesso però sbrigatevi che se arriviamo tardi al campo d'addestramento per punizione ci faranno pulire la cucina per tutta la notte." Rise il capitano.
La squadra rise assieme a John e finirono di preparare le valigie.
Il mattino seguente, dopo una veloce colazione, partirono tutti assieme. L’aereo lì lasciò in mezzo ad un deserto in Afghanistan. La squadra camminò per circa tre giorni, ne mancavano ancora due al punto indicato dalla mappa di John ma il capitano la mattina della quarto giorno decise di fare una breve sosta per far riposare i suoi compagni di squadra. Trovarono un posto all’ombra e tutti cominciano a rilassarsi raccontandosi aneddoti tranne John che si mise di guarda distante da tutti.
Aveva bisogno di pace e di riflettere un po’. Si mise a sedere su una roccia e cominciò ad ascoltare i rumori circostanti. Sentiva le risate dei suoi compagni in lontananza ma se si concentrava poteva sentire il silenzio che lo circondava e il vento che gli accarezzava il volto sudato dalle alte temperature. Far tornare alla sua mente Sherlock tre giorni prima lo aveva confuso molto. Non parlava più con il moro (o con chiunque fosse collegato con lui) da quando era partito e non sapeva più nulla di lui ma adesso si domandava cosa stesse facendo o cosa avesse fatto in quel periodo che non erano stati insieme. Si, certo, John era ancora arrabbiato con lui, ma dopotutto erano passati anni e nonostante tutto non gli sarebbe dispiaciuto vederlo.
Il capitano mise una mano nella tasca davanti della sua divisa prendendo una vecchia, piccola foto e la guardò attentamente. Sopra vi erano lui e Sherlock ancora a liceo. Il secondo ovviamente impegnato a guardare al suo microscopio mentre il primo, col volto seccato, cercava di farlo mangiare. La foto era stata scattata di nascosto da Greg che aveva giustificato la foto dicendo: “Eravate così naturali!”. John rise al pensiero di quel ricordo.
“Sono ancora arrabbiato con te – Pensò – ma ho proprio voglia di rivederti.”
I pensieri del biondo furono interrotti quando sentì un brusio venire da dei cespugli non poco distanti da lui. Si alzò velocemente dalla roccia dove era seduto cominciando a guardarsi attorno. A prima vista non vide nessuno ma il rumore di un proiettile che gli sfiorava l’orecchio lo svegliò d’improvviso. Si girò velocemente verso la squadra gridandogli di prendere le armi e mettersi in guardia ma mentre li raggiungeva sentì qualcosa colpirgli il petto. Cominciò a sentire un dolore lancinante alla spalla sinistra, la guardò e notò una macchia rossa spandersi attraverso la divisa mimetica. Il dolore gli spense il cervello in pochi secondi. Cadde sulle ginocchia mentre continuava a guardare la squadra prendere in mano le armi. Duncan e Christoper corsero in suo soccorso prendendolo per le spalle stando attenti a non farsi sparare addosso. I due compagni lo portarono al riparo all’interno di delle casette abbandonate. 
“Capitano, rimani sveglio. Abbiamo chiamato i soccorsi. Saranno qui presto. Tu rimani sveglio però.” Continuava a ripetergli Duncan mentre sparava agli avversarsi senza lasciare il fianco di John.
John fece appello a tutte le sue forze per non addormentarsi, ma il dolore alla spalla era forte e sapeva che a breve non avrebbe più retto e si sarebbe lasciato andare.
“John!” gli continuava ad urlare Duncan, vedendo che pian piano stava cedendo “Ti prego rimani sveglio!”.
John non ce la fece più, il dolore lo stava uccidendo letteralmente. Non avrebbe resistito ancora per molto e, non sapeva come spiegarlo ma, cominciò a pensare a tutta quella che era stata la sua vita. La rottura con Sherlock, i litigi con sua sorella, la partenza e l’arruolamento nell’esercito.
“Sherlock…” furono le ultime parole del capitano, prima di chiudere definitivamente gli occhi.
 
 
 
“Andrà tutto bene, stai tranquillo.”
“Ma come faccio? Come posso dirgli che hanno sparato a John?”
Greg Lestrade guardò attentamente Mycroft Holmes con la mano alzata per bussare alla porta del 221B di Baker Street, ma titubante.
“Mycroft è più semplice di quello che pensi, entri, glielo dici e corriamo via in fretta…se vuoi io ti aspetto qui con il motore accesso, salti in macchina e scappiamo!” l’DI cercò di sdrammatizzare la situazione scherzando ma non ebbe alcun effetto sul suo ragazzo che stava ancora bloccato nella medesima posizione di prima.
“Greg io non ce la faccio.” Esclamò voltandosi per tornare alla macchina ma l’ispettore lo prese per il braccio fermandolo e facendolo girare verso di lui.
“Mycorft che succede? Perché non ce la fai?” il maggiore lo guardò attentamente cercando di non far trasparire le proprie emozioni ma in un contesto simile era molto difficile per lui rimanere l’Holmes di ghiaccio. Quando si trattava di suo fratello era sempre così.
“Io…io…” cominciò a balbettare, “Non posso permettere che gli succeda di nuovo qualcosa e se dovessi dirgli che hanno sparato a John so che sarebbe disposto a commettere di nuovo una pazzia e io non posso più vederlo andare in clinica a disintossicarsi.” Esclamò tutto d’un fiato “Io non posso vederlo di nuovo sprecare la sua vita così. È mio fratello. È il mio Sherlock.”
Greg lo guardò attentamente. Di rado Mycroft Holmes esprimeva a pieno le sue emozioni, ma in un contesto come questo invece era il primo a far crollare quella barriera che gli bloccava qualsiasi sentimento umano.
Era da anni che stavano insieme e conosceva qualsiasi sua sfumatura ma ogni volta che c’era di mezzo Sherlock non sapeva più chi aveva davanti ed era in quei momenti che cercava di stagli il più vicino possibile perché sapeva che Mycroft aveva bisogno di lui.
Greg lo tirò verso di se e lo abbracciò facendogli posare la testa sul suo petto.
“Andrà tutto bene.” Gli disse all’orecchio, “vediamo come si evolve la situazione, parliamo normalmente con lui e se è nelle condizioni glielo diciamo, ok?”
Il maggiore degli Holmes annuì lentamente alzando la testa, Greg sorrise e gli lasciò un bacio veloce sulle labbra.
Subito dopo i due si sistemarono e bussarono alla porta dove un’allegra signora Hudson gli andò ad aprire.
“Mycroft, ispettore Lestrade è passato molto tempo dall’ultima volta che siete stati qui. Come state?”
“Molto bene signora Hudson.” Gli rispose cordialmente Gregory.
“Signora Hudson mi dispiace non partecipare alla conversazione ma avrei bisogno di parlare con mio fratello. È in casa?” Gli domandò invece Mycroft bloccando quell’inizio di conversazione con l’anziana signora che li avrebbe obbligati a prendere un thè assieme a quest’ultima per parlare di quello che era successo nell’ultimo. Al momento però Mycroft non aveva la minima intenzione di prendere un thè, ne di parlare con la signora Hudson.
“Certo caro, è di sopra.” Il maggiore degli Holmes ringraziò con un cenno del capo e s’incamminò al piano di sopra seguito dall’ispettore.
Aperta la porta del 221B trovarono Sherlock in piedi con in violino in mano in procinto di suonare qualcosa.
“Buon pomeriggio Sherlock.” Lo salutò cordialmente Mycroft.
Il minore non si voltò ma smise di suonare. “Buon pomeriggio Mycroft, anche a te Graham.”
“è Greg!”
“Come mai questa visita?” Domandò cambiando discorso Sherlock e voltandosi verso il fratello.
Mycroft indugiò ma sorrise sarcastico e rispose “Non posso decidere di venir a trovare mio fratello?”
Il minore lo guardò in modo beffardo e lo indicò con l’archetto del violino.
“Sei uscito dal lavoro prima del solito orario nonostante tu abbia passato la notte in ufficio e non sei passato a casa a cambiarti prima di venire qui, in che vuol dire che sei venuto di corsa, probabilmente per dirmi qualcosa di importante…”
“Sherlock per piacere, sai che questo giochetto non funziona con me.” Lo provò ad interrompere Mycroft ma il minore non gli dette ascolto e continuò a parlare osservandolo attentamente.
“Hai fatto un’abbondante colazione. Proprio nel periodo in cui hai deciso di ricominciare la dieta?-  domandò beffardo  - Tu mangi tanto soprattutto quando sei in ansia… e non solo, ma tralasciamo il discorso sulla tua dieta. Ti sei portato dietro Geff perché avevi bisogno di qualcuno che ti sostenesse nel venirmi a parlare e lo hai fatto venire qui, calcolando che dalla finestra si vedono tutte e due le vostre macchine, senza passare a casa.
In sintesi: sei in ansia per qualcosa che mi devi dire ma non sai come dirmelo. Quindi per piacere non sprecare il mio tempo e dimmi subito quello che devi dirmi e vattene, grazie.”
Il maggiore lo guardò sedersi sulla sua poltrona senza dirgli niente.
Gregory che aveva assistito a tutta la scena raggiunse il ragazzo mettendosi al suo fianco per paura della reazione che avrebbe avuto. Ma con stupore di tutti e due i presenti nella stanza il maggiore si mise le mani in tasca e domandò solamente.
“Come ti senti?”
Il minore degli Holmes lo guardò stupito ma scosse la testa e tornò ad essere serio.
“Bene Mycroft. Se proprio vuoi saperlo non mi sto drogando più.”
Il maggiore sospirò. “Non ti ho chiesto se ti stai drogando, perché anche se fosse non me lo diresti, ma solo come stai.”
“Sto bene, te l’ho detto.”
“Ok.”
Gregory notando il clima che si era venuto a creare, prese la 24 ore e ne tirò fuori un fascicolo che porse a Sherlock.
“Questo caso ci sta tenendo col fiato sul collo da settimane, puoi aiutarci?” gli domandò sorridendo.
Il moro prese il fascicolo e senza dire una parola  lo cominciò ad analizzare. “Lestrade questo è un cinque! Siete messi così male a Scotland Yard?”
“Sherlock!”  lo rimproverò Mycroft.
“Ok, ti aiuterò” esclamò sospirando. Lestrade sorrise e si mise da parte.
“Da quanto non stai  a casa?” domandò Mycroft al fratello guardandosi attorno e notando lo stato confusionario lasciato nel salone dell’appartamento.
“Sono stato fuori città qualche giorno per un caso.” Gli rispose continuando a leggere.
“Stai mangiando abbastanza?”
“Mycroft per l’amor di Dio – sbottò alzando la voce – Sono uscito sei mesi fa dalla clinica, sto bene, non mi sono più drogato,  mangio, dormo e risolvo casi. Adesso, per la miseria, vuoi dirmi perché se qui prima che ti butti fuori da casa mia?” le urla di Sherlock fecero scattare Greg che si mise accanto al proprio fidanzato per evitare qualsiasi scatto d’ira.
“Hanno sparato a John.” Gli rispose Mycroft semplicemente.
Il minore degli Holmes alzò lo sguardo verso il fratello, strabuzzando gli occhi. Si precipitò verso di lui, scansando Lestrade che si era messo in mezzo tra i due e prese il fratello per il collo della giacca facendogli sbattere la testa al muro al dietro di lui.
“Stavi pensando di non dirmelo vero, Mycroft? Era per questo motivo che eri in ansia?” Gli urlò in faccia. Greg corse in soccorso del fidanzato prendendo Sherlock per le spalle mandandolo il più lontano possibile dal fratello maggiore.
“Sherlock, adesso lo sai cosa pretendi di fare?” Gli domandò Mycroft alzando la voce “Vuoi andare da lui? Sai che non puoi.”
Il moro non rispose. Il realtà perché non sapeva cosa rispondere. Da quando John era partito no aveva più saputo nulla di lui ma non si era dato per vinto e l’idea di poterlo incontrare e parlarci lo continuava ad assillare.
“Come sta?” gli domandò.
“Da quel che ho saputo è stato operato d’urgenza ma sta bene. Non so altro. Non ho la più pallida idea di che fine abbia fatto.” Tornando ad avere una tono di voce pacato.
Sherlock non fiatò e si buttò di peso sulla sua poltrona poggiando i gomiti sulle ginocchia e portandosi le mani tra i capelli.
Fu in quel momento che Mycroft perse definitivamente la pazienza e sbottò in modo aggressivo al fratello.
“Sherlock non puoi continuare così! Sono anni che aspetti una persona che non ha più la minima intenzione di vederti.”
“Myc…” Greg provò a fermarlo mettendogli una mano sul braccio ma quest’ultimo si scostò continuando ad urlare al fratello.
“Anni fa c’è stato un malinteso. Io devo trovarlo. Devo parlargli. Devo dirgli che si è sbagliato.” Provò a dire Sherlock ma Mycroft lo aggredì nuovamente.
“E lo farai. Un giorno. Forse. Ma Ti prego, alzati e comincia a pensare ad altro.”
“Mycroft se ti preoccupa che dopo aver avuto questa notizia io possa tornar a drogar …”
“Per l’amor del cielo, non mi interessa se ti droghi o fai qualcosa di sconsiderato, voglio solo che tu stia bene e che la smetta di aspettare John Watson inutilmente. E finché ciò non avverrà non intendo vederti sprecare così la tua vita.” Urlò prendendo l’ombrello e uscendo sbattendo la porta.
Gregory che era rimasto in disparte, guardò attento la scena e non si spaventò troppo vedendo il fidanzato andare via perché sapeva che era fuggito dalla situazione solo per far sbollire la rabbia. Il detective si avvicinò a Sherlock che ancora fissava la porta sconvolto.
“Mi dispiace dovertelo dire ma ha ragione e per quanto tu non lo ammetta, sai che è così.” Gli disse a mo di saluto e uscì.
 
Raggiunta la macchina Greg vide Mycroft poggiato con la schiena allo sportello che si massaggiava la fronte.
“Ho esagerato?” gli domandò il maggiore degli Holmes quando vide avvicinarsi l’ispettore.
“Arrivati a questo punto, se è l’unico modo per schiodarlo dall’idea di John allora va bene.” Gli rispose  prendendolo per le spalle e abbracciandolo.
“è difficile vederlo reagire così.”
“lo so Myc – gli sussurrò – lo so.”
 
Sherlock nel frattempo guardava la scena dalla finestra del salone  i due uomini abbracciarsi. Sherlock era felice per Mycroft e per quanto non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, sapeva che Lestrade era la persona perfetta per lui.
Doveva ammettere però che guardandoli provava un po’ di gelosia. Lui aveva vissuto le stesse emozioni quando stava con John ma poi tutto era finito. Non si parlavano e si vedevano da anni. Dopo la partenza di John, la vita di Sherlock era cambiata drasticamente: aveva chiuso definitivamente tutti i rapporti con Victor e aveva pregato i genitori a farlo partire per raggiungere John ma ovviamente quest’ultimi glielo vietarono. Nemmeno l’intervento di Mycroft aveva aiutato. Alla fine si era arreso ed era rimasto a Roma finché  2 anni dopo non tornò a Londra.
Passarono gli anni dove nel frattempo Mycroft era ufficialmente entrato nel governo inglese mentre Lestrade era diventato ispettore capo di Scotland Yeard al posto del padre.
Per Sherlock invece fu più difficile. Con l’aiuta di Mycroft e Gregory aveva provato a rintracciare John ma senza risultati. Entrò al college dove si laureò in chimica ma questa sua passione lo riportò nel loop della droga, che lo aveva già investito prima di conoscere John.
Mycroft aveva provato ad aiutarlo mandandolo in varie cliniche di disintossicazione ma senza risultati.
Arrivarono poi i casi investigativi. Con l’entrata in polizia di Greg, quest’ultimo cominciò a passargli dei vari casi irrisolti che, scoprirono, lo facevano distrarre da tutti i vari pensieri negativi.
 
Sherlock continuò a guardare suo fratello e Lestrade salire nelle rispettive macchine e andarsene. Prese il violino. Lo posizionò sotto al mento, poggiò l’archetto sulle corde e cominciò a suonare, ma tutto quello che ne uscì erano note spente e stonate.
 
Quando John aprì gli occhi notò solo una forte luce bianca che lo accecava. Si guardò attorno e notando i vari oggetti capì di trovarsi in un ospedale.
Sentiva un dolore lancinante provenirgli dalla spalla ma non fece in tempo  guardarla che il faccione sorridente di Duncan lo sovrastò.
 “Capitano!” Esclamò abbracciandolo.
“Fai piano! - lo sgridò Christopher dietro di lui – lo vedi che ancora sta male.”
“Sto bene, tranquillo Chris.” Lo rassicurò John ricambiando l’abbraccio dell’amico, “Che cosa è successo?” Gli domandò subito dopo tornando serio.
“Ti hanno sparato alla spalla. – gli disse con lo sguardo basso Allan – Sei svenuto subito dopo. Per fortuna i soccorso sono arrivati subito perché stavi rischiando davvero tanto. “
John lo guardò e non rispose. Non ricordava nulla di quello che era successo. Ricordava il dolore e il senso di vuoto che lo aveva avvolto.
“E adesso cosa succederà?” Domandò John. Non fecero  in tempo a rispondere che si sentì un lieve bussare alla porta e subito dopo videro entrare il sergente che giorni prima li aveva mandati in missione.
Tutti i soldati, compreso John, si misero sull’attenti e lo salutarono con saluto militare. Il sergente li mise al riposo e chiese poi ai soldati di uscire per lasciarlo da solo col capitano.
“John, come si sente?” Gli domandò appena tutti uscirono.
“Un po’ stordito e sento un gran dolore alla spalla ma per il resto bene. - Gli rispose sorridendo – Non vedo l’ora di guarire per tornare sul campo.”
“A proposito del campo … - cominciò il generale andando dritto al sodo – abbiamo esaminato il tuo caso e nello stato in cui ti trovi non possiamo farti tornare in missione.”
John strabuzzò gli occhi e lo guardò sconvolto.
“Mi sta dicendo che …”
“Si, John. Devi tornare a casa. Sei stato congedato con onore soldato.”
John no riuscì a proferire parola. Non sarebbe più tornato in battaglia assieme ai suoi compagni.
Era tutto finito. Tutti quegli anni passati ad allenarsi, in battaglia tra le varie missioni e tra i vari campi d’addestramento non gli sarebbero serviti più a nulla perché era tutto finito.
Sarebbe dovuto tornare a casa adesso.
Sarebbe dovuto tornare a Londra.
 
 

 
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE:
 
Ok, so di essere in super ritardo ma l’università sta prosciugando tutte le mie forze…motivo per il quale ci ho messo settimane a scrivere questo capitolo.
Mi scuso in anticipo per eventuali errori ma ho voluto pubblicarlo nonostante una veloce lettura perché se no non lo avrei più postato.
 
E niente, spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante il ritardo e spero di poter aggiornare prima la prossima volta, anche perché da quello che ho previsto mancano circa 2-3 capitolo alla fine.
Alla prossima!
  
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