Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: SarcasticColdDade    31/03/2017    1 recensioni
Yuki Yoshimura è un medico, dedita alle sue routine e ad una vita tranquilla. Il suo unico scopo nella vita è sempre stato quello di aiutare gli altri, per non sentirsi mai un peso. Dentro di sé però sa di essere diversa dagli altri: non sa perché, come non sa se lo scoprirà mai. Almeno fino all'incontro con uno strano uomo.
O meglio, un demone.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Dalla mia conversazione con Abaddon non avevo più avuto molte notizie di lei; essendo ora il demone incaricato della protezione di Ciel, era sempre impegnata in qualche strana missione segreta.
Missioni di cui io e Sebastian eravamo messi al corrente a stento.
I suoi atteggiamenti nei confronti di quest’ultimo, inoltre, sottolineavano ancora di più il fatto che ormai il loro rapporto di assoluta fedeltà era acqua passata: il fatto che il marchio che Sebastian aveva sempre avuto inciso sulla dorso della mano stesse svanendo a poco a poco ne era la prova tangibile.
La sua risposta emotiva a quei recenti eventi, invece, lo era decisamente di meno. Era come se avesse già superato tutto, come se quegli anni al fianco di Ciel non fossero poi molto importanti.
A detta sua, avrebbe preferito in ogni caso correre in mio soccorso, piuttosto che ascoltare gli ordini di Ciel.
Quelle parole, ovviamente, mi avevano fatto venire una stretta allo stomaco non indifferente.
Presa da quei pensieri, per poco non avevo dimenticato della visita all’orfanotrofio che io e Sebastian avevamo concordato.
- Stai bene? - mi chiede all’improvviso, riportandomi alla realtà – Ti vedo più pensierosa del solito – aggiunge dopo poco, sistemando in una borsa l’occorrente per partire, tutte cose utili solo a me, come acqua e qualcosa da mangiare. Non sapevamo ancora fino a che ora ci saremmo trattenuti fuori dalla Residenza. Visto quanto ultimamente Ciel badava a noi, saremmo potuti stare fuori anche per un mese, e a lui non avrebbe fatto alcuna differenza.
- Sto bene – rispondo d’istinto, perché in fondo è vero – Riflettevo su alcune cose – aggiungo poco dopo, chiudendo lo zaino colmo di provviste che mi ha appena passato.
Oggi, per la prima volta da quando lo conosco, lo vedo con indosso qualcosa che non sia la solita divisa gessata da maggiordomo: ha scelto una camicia bianca indossata con sopra una giacca nera medio-lunga, il tutto completato da un paio di pantaloni neri e da un paio di stivali all’apparenza decisamente comodi.
- Spero che tu non stia pensando ancora alle ultime scelte di Ciel – mormora, guardandomi prima di scuotere il capo.
- Si e no – rispondo solo, stringendomi poco dopo nelle spalle – Sia a quello che alla parole di Abaddon – aggiungo.
Nel sentir nominare il nome della sorella, si irrigidisce di colpo. - Non devi credere alle sue parole – mi ricorda, forse per la milionesima volta.
- Lo so, me l’hai già detto – gli ricordo – Ma sembrava davvero sincera l’altra sera.. - ritento, anche se so già che avrò poca fortuna.
- Sembrava sincera anche quando giurò di non aver sterminato una famiglia per un debito di 10 sterline – sbotto, con tono duro.
- Le era stato ordinato o fu una sua scelta? - gli chiedo, probabilmente mettendolo in difficoltà. Fin dalla prima apparizione di Abaddon, il suo unico scopo era stato quello di metterla in cattiva luce con me.
C’era anche da dire che ero sempre stata un tipo che dava troppa fiducia a tutti, e che quindi le sue parole arrivavano solamente per fare del bene. Del resto, era lui a conoscerla meglio...e se mi diceva di non fidarmi, chi ero io per giudicare?
Probabilmente avremmo scoperto solamente per tempo al verità sul suo modo di fare: sapevo che se davvero era cambiata, Sebastian gliene avrebbe dato conto.
- Ordine o scelta, ucciderli le piacque parecchio – risponde dopo qualche secondo – Non crederò al fatto che è cambiata finché non me darà una prova concreta – aggiunge, sistemandosi la giacca, pronto a partire.
E’ da poco passata l’ora di cena, e il prossimo passo è quello di rubare un paio di cavalli dalla scuderia della Residenza.
Dal mio primo incontro con Sebastian molte cose in me erano cambiate, ma quella che preferivo più di tutti era l’agilità che avevo acquisito: riuscivo a muovermi molto più velocemente rispetto a prima, e i miei passi erano quasi impossibili da udire. Arrivare furtivamente alle scuderie era stato un gioco da ragazzi per entrambi.
- Io prendo Tempesta – mormoro, non appena facciamo il nostro ingresso. Tempesta era un’enorme puledra purosangue di un nero talmente scuro da fare quasi male agli occhi. Era l’unico cavallo della scuderia con cui andavo d’accordo, considerando che come animali non erano proprio al primo posto nella mia scala di gradimento.
- Chissà perché non avevo dubbi – risponde lui, optando alla fine per Dorian, un altro purosangue ugualmente nero, in modo da evitare di essere avvistati da occhi indiscreti.
Nessuno doveva sapere di quella nostra visita all’orfanotrofio Norton.
E nessuno lo avrebbe saputo.

***

Il viaggio che avevamo davanti doveva essere al massimo di un paio d’ore, ma a causa di un paio di imprevisti ce ne avevamo impiegate quasi il doppio, e la mia schiena cominciava a lamentarsi.
- Manca ancora molto? - domando sottovoce, sorpassando l’ennesimo boschetto. Davanti a noi non sembra esserci ancora niente, per non parlare di quanto è spettrale questo posto di notte.
L’idea di trovarci lo stesso Norton che mi aveva aggredito mi metteva i brividi, anche se mi sentivo più che pronta a reagire in maniera adeguata, questa volta. Di certo non mi sarei fatta prendere alle spalle.
- Non molto – risponde Sebastian – Ormai siamo ai limiti della proprietà, resta dietro di me – aggiunge, continuando a camminare.
Annuisco a quelle sue parole, e per un momento sto per parlare: l’unico particolare che mi impedisce di farlo è il rumore improvviso che sento, appena dietro di noi.
Sebastian, per fortuna, lo ode come me, costringendo immediatamente il suo cavallo a voltarsi: solo allora mi fa cenno di rimanere in silenzio.
Faccio come mi dice, ma non appena aguzzo la vista riconosco chi è l’autore di quel rumore improvviso, e per qualche motivo la cosa non mi sorprende.
- Abaddon – mormoro subito, mentre suo fratello mi raggiunge, sistemandosi al mio fianco.
Con passo leggero -questa volta-, Abaddon fa la sua entrata, uscendo alla luce della luna piena alta nel cielo. - I tuoi sensi sono davvero sopraffini – commenta, cominciando ad avvicinarsi ad entrambi.
- Merito dell’incontro con tuo fratello – rispondo, lasciando andare di poco le briglie del cavallo.
- Il tentato omicidio? - domanda allora, guardando di sfuggita il diretto interessato. Non vedo cavalli nelle vicinanze, il che vuol dire che è venuta a piedi.
Sebastian, nell’udire quelle parole, rotea gli occhi. - E’ una cosa di dominio pubblico ormai? - domanda retorico, tornando serio all’improvviso – Che ci fai qui? - le domanda poi, e in quello stesso momento capisco che ormai sono fuori dalla conversazioni.
Mi domando se l’aria intorno a noi fosse già così gelida da prima.
- Sapevo che avevate qualcosa in mente, così sono venuta a darvi una mano – ammette, mentre la luce lunare mette in risalto l’elsa d’argento della sua spada, quella che porta sempre con sé.
- Che mi dici di Ciel? - domando io d’istinto. In teoria, dovrebbe stare sempre al suo fianco, o comunque per la maggior parte del tempo.
- A casa a dormire come un bambino – risponde, tirando fuori da una tasca interna della giacca quella che sembra una piccola palla di vetro; dopo averle dato un colpetto, la tira direttamente a Sebastian, che l’afferra al volo un secondo più tardi. - Guarda tu stesso – aggiunge, mentre un immagine comincia a farsi chiara sulla superficie incurvata.
Mi sporgo subito a vedere, curiosa, finché non riconosco la figura addormentata del ragazzo, tranquillo nel suo stesso letto.
Lo sguardo di Sebastian è severo. - Cosa gli hai dato? - le chiede.
Guardo immediatamente Abaddon a mia volta: sembra una partita di tennis.
- Sonnifero a prova di demone – risponde, con un sorriso compiaciuto – Totalmente innocuo, domattina si sveglierà come tutti i giorni, se non più riposato del solito – specifica, con un tono decisamente compiaciuto. Sembra perennemente divertita per ogni cosa che fa, persino quando non dovrebbe.
Lo sguardo di Sebastian è contrariato, ma per certi versi sembra anche sollevato: così non corriamo il rischio di essere beccati dallo stesso Ciel. Probabilmente non avrebbe apprezzato quella nostra incursione notturna.
- Non farò la spia, se è questo che ti stai domandando – mormora Abaddon, rompendo il silenzio che era improvvisamente calato tra di noi.
- Perché salti a certe conclusioni? - le domanda Sebastian, stringendo poco dopo le briglie del suo cavallo, che ora sembra starsi agitando. Non credo che la presenza di Abaddon gli vada a genio, come sembra non andare a genio a Tempesta.
Forse è per quel motivo che Abaddon ci ha raggiunto a piedi, anche se mi domando come abbia fatto.
- Perché so che non ti fidi di me – è la sua risposta secca, anche se dal suo tono si capisce che sa bene che quella è la verità, e che la cosa le va bene – Se posso aiutare stasera, vorrei farlo – aggiunge.
Un silenzio improvviso cala nuovamente tra di noi, mentre Sebastian non fa altro che sostenere il suo sguardo. Alla fine, per la seconda volta in poco tempo, è di nuovo lei a tornare a parlare per prima.
- Ti prego – mormora alla fine, chinando appena il capo nella direzione del fratello.
Non oso proferire parola, è meglio che non mi immischi nella loro attuale situazioni, anche se dal canto mio penso che le parole di Abaddon siano sincere.
“O forse sei tu che ti fidi troppo in fretta di tutti”, mi ricorda la parte razionale del mio cervello, la stessa che ogni volta mi riporta alla realtà, evitando che il mio cervello naufraghi.
La risposta di Sebastian arriva, alla fine, dopo essersi fatta attendere: con un gesto elegante e veloce, gira di nuovo il suo cavallo, dando le spalle alla sorella.
Lo guardo confusa finché finalmente non parla. - Seguici – mormora, intimando il suo cavallo a camminare – E tieni il passo – ordina alla fine, mentre faccio per seguirlo.
Lei non risponde, in fondo non ce n’è bisogno, ma sento chiaramente i suoi passi sul terreno ricoperto di foglie.
Man mano che ci allontaniamo da lei i cavalli si tranquillizzano: mi domando il perché di questa loro reazione.
Dopo solamente qualche secondo, la mia curiosità ha la meglio, e decido di domandarlo a Sebastian.
- Cos’hanno i cavalli contro di lei? - gli domando, cercando di non farmi sentire dalla diretta interessata.
- Gli animali non amano particolarmente i demoni, sentono il nostro odore e ne stanno alla larga – mi spiega subito, senza giri di parole – Per far si che un qualsiasi animale si affezioni a noi, devi conquistare la sua fiducia...ma ci vuole molto più tempo del normale – aggiunge.
- Mettici pure che a me gli animali non piacciono – mormora con decisione Abaddon alle nostre spalle, segno inconfutabile che i miei tentativi di non essere udita non sono andati a buon fine.
- Capisco – rispondo solo, in parte in imbarazzo per quello che è appena successo. Decido prontamente di rimanere in silenzio per il resto del cammino.
Finalmente dopo un paio di kilometri raggiungiamo quella che sembra l’entrata dell’orfanotrofio Norton: l’edificio sembra solido, a prima vista, ed è di un rosso impossibile da non notare, persino di notte.
Sul grande cancello in ferro battuto erge la scritta “Orfanotrofio Norton” a lettere giganti, anch’esse impossibili da non notare.
Dalla proprietà non arriva neanche un rumore, e tutte le luci sono ormai spente.
- Ci siamo, lasciamo qui i cavalli – propone Sebastian, smontando poi dal suo e conducendolo per le briglie fino all’albero più vicino, dopo successivamente lo lega.
Faccio lo stesso pochi secondi dopo, riuscendo a smontare senza problemi nonostante la grande stazza di Tempesta. Dopo averla fatta avvicinare ad un albero parallelo, lego a mia volta la briglia gli intorno, accarezzandole la testa prima di raggiungere di nuovo Sebastian.
- Seguitemi, e fate meno rumore possibile – aggiunge, prima di cominciare a camminare dritto davanti a sé. Lui è l’unico di noi ad essere già stato in questo posto, di sicuro ricorda ancora la via migliore per entrare.
“Spero solamente che questa volta ci sia qualcosa di interessante da usare contro i Norton”, penso all’improvviso, anche se mi rendo conto quasi subito che una parte di me vuole ardentemente che quel posto non abbia nulla di sbagliato.
Cosa avrebbero mai potuto volere i Norton da dei semplici bambini? Lavoro minorile, forse?
Ma in fondo, perché? Potevano permettersi di pagare qualsiasi operaio adulto, con il doppio della forza. Puntare su dei semplici bambini sembrava la scelta più sconveniente.
- Sei già stato qui, vero? - gli domanda qualche secondo dopo Abaddon, mentre ad uno ad uno scavalchiamo la recinzione della proprietà, decisi ad entrare da una delle porte sul retro.
Deve averlo sicuramente immaginato da come si muove su quel preciso perimetro.
- Ciel mi ha mandato non troppo tempo fa – risponde, allungando la mano nella mia direzione poco prima che tocchi terra – Ma non trovai niente – le confida, anche se a malincuore – Tutto era nella norma, i bambini sembravano felici...quindi sono tornato a casa mani vuote – conclude, ripercorrendo gli eventi non troppo lontani.
- Ma i Norton hanno sicuramente qualcosa da nascondere – intervengo io – Da quello che sono riuscita a sentire la sera del ballo, Roy sembrava molto interessato alla salute dei bambini...e considerando che il Ballo è stato organizzato proprio per questo orfanotrofio – aggiungo, parlando sottovoce.
- Esatto – conferma Sebastian.
- Cosa vi fa pensare che ci sia davvero qualcosa sotto? - è la domanda successiva di Abaddon, alla quale rispondo io prontamente.
- Che senso aveva aggredirmi in quel modo se non hanno nulla da nascondere? - le chiedo, rivolgendole una breve occhiata prima di tornare a guardare la schiena di Sebastian, che cammina davanti a me – Non avrei dovuto sentire quella conversazione, quindi l’intenzione di quell’uomo era di prendere provvedimenti – aggiungo, ripensando agli eventi di quella sera. Mi domando per un momento se me la sarei cavata ugualmente senza l’arrivo di Abaddon.
So che Sebastian sta per parlare, così lo faccio prima di lui. - Tu non fare commenti – lo ammonisco, e dal piccolo sorriso che gli sfugge capisco che la mia intuizione era giusta.
- Sembrate una vecchia coppia di sposi – commenta allora lei, oltrepassando senza problemi una pila di giochi ammassati per terra, probabilmente lasciati lì da alcuni dei bambini.
A quel commento, mi irrigidisco per un momento dall’imbarazzo, non riuscendo a trovare qualcosa di adatto per rispondere a quella sua osservazione.
- Lo prendo come un complimento – risponde invece Sebastian, prima di mettersi silenziosamente al lavoro sulla porta posteriore della proprietà. Non so se fosse chiusa a chiave o meno, in ogni caso riesce ad aprirla senza problemi in pochi secondi.
E’ così che facciamo il nostro ingresso in quella che è a tutti gli effetti una cucina attrezzata per qualsiasi situazione: per poco è persino più grande di quella della Residenza Phantomhive.
- A giudicare da questa cucina, devono aver investito parecchie sterline in questo posto – commento, guardandomi intorno per qualche secondo.
Un’ombra che attraversa il corridoio ci mette improvvisamente all’erta, costringendoci a rifugiarci in una parte buia della stanza. Dopo qualche secondo udiamo dei passi salire su per le scale, segno che chiunque fosse in giro stava ormai tornando nella sua camera.
O così speravamo.
- Cos’hai intenzione di fare? - domanda poi Abaddon, mentre l’oscurità cala ancora una volta nel corridoio – Come procediamo? - domanda poi nuovamente, solo qualche secondo dopo la sua prima domanda.
- So per certo che Roy Norton si trova qui stasera – ci informa, restando però ancora sul vago – Se c’è qualcuno qui dentro che sappia qualcosa, di certo quello è lui – aggiunge.
- Quindi ci appostiamo fuori dal suo ufficio? - gli chiedo, dal momento che nella mia testa avevo immaginato un piano su una scala decisamente più grande.
- Sì, ma prima facciamo un giro veloce – propone – Magari noterete qualcosa che a me è sfuggito – aggiunge, rivolgendosi questa volta ad entrambe.

***

E’ già passata quasi un’ora da quando siamo arrivati nella proprietà dei Norton, e ancora niente è saltato al nostro occhio.
Come avevo immaginato, mi sentivo sollevata che non avessimo trovato ancora niente, perché nel profondo continuavo a sperare che quello fosse un semplice rifugio per orfani senza una casa.
Durante il nostro giro avevamo raggiunto anche le camere al piano superiore, trovando dei semplici bambini addormentati profondamente nei loro letti, alcuni di loro stretti a teneri peluches di tutte le dimensioni. Sembravano davvero degli angioletti, e ogni volta che ne guardavo uno mi convincevo sempre di più che non c’era assolutamente niente di sbagliato in tutto quello.
Ma no, una parte del mio cervello continuava a rifiutarsi di crederlo, aggrappandosi con forza alle parole udite la sera del ballo.
Senza rendermene conto, ero rimasta imbambolata a guardare all’interno di una delle grandi stanze dove si trovavano i bambini: me ne stavo appoggiata alla stipite della porta, spostando lo sguardo su ognuno di loro, a rotazione.
Sebastian aveva già preso ad allontanarsi nuovamente, e stavolta a riportarmi alla realtà c’era solamente Abaddon.
- Sei qui con noi? - mi domanda, sottovoce, attenta a non rischiare di svegliare i bambini.
- Ci sono – rispondo dopo qualche secondo, tornando al presente – Mi capita spesso di incantarmi di fronte ai bambini – aggiungo d’istinto, confessando quello che per me era un piccolo segreto.
- Quindi...ti piacciono i marmocchi? - mi chiede, mentre chiudo nuovamente la porta, immergendo la stanza nella più completa oscurità. Tutto quello con cui ci stiamo facendo luce da quando siamo arrivati sono delle misere candele.
- Non mi sono indifferenti – rispondo, restando vaga sull’argomento, mentre percorriamo il corridoio dirette alla rampa di scale più vicina. Sebastian è al piano di sotto già da un po’. - Ma non ho neanche mai pensato concretamente di mettere su famiglia – le confesso, avanzando silenziosamente nel corridoio.
- E ormai le cose sono forse troppo complicate per ricominciare a pensarci – concludo poco dopo, anticipando qualunque sua parola.
Un rumore improvviso ci mette all’erta, costringendo entrambe ad entrare in quello che sembra a prima vista uno stanzino; una volta chiusa la porta finiamo entrambe in penombra, anche se sento chiaramente la presenza di una scopa dietro di me.
Solo dopo qualche secondo, una figura ingobbita passa davanti alla porta, superandoci lentamente.
- Pensi che il tuo essere un demone sia un problema? - mi domanda, sottovoce. Quando parliamo così tranquillamente, i miei dubbi su di lei svaniscono: mi domando per l’ennesima volta se Sebastian abbia davvero ragione su di lei.
- Davo per scontato che i demoni non amassero i bambini – rispondo solamente – In realtà..davo per scontato che voi nasceste tramite qualche strano rituale, invece che tramite il concepimento.. - aggiungo, dando voce ad un pensiero che aveva fatto parte di me per molto tempo.
Forse era una cosa stupida da pensare, ma allo stesso tempo ne sapevo talmente poco sui demoni che tutto era possibile.
Presa da quelle riflessioni, mi accorgo solamente dopo qualche secondo che Abaddon sta ridendo, nel modo più pacato possibile.
- Che c’è? - le domando, scrutandola in volto – Che ho detto? - continuo, mentre lei continua a ridere.
- “Qualche strano rituale” - ripete, sottolineando con una certa enfasi ogni parola di quella frase – Beh, se il sesso è un rituale, allora sì, è così che nasciamo – aggiunge.
Quelle parole mi fanno diventare rossa nel giro di un secondo, senza contare che solamente un paio di giorni prima era entrata di soppiatto in camera nostra mentre non eravamo proprio presentabili.
Incapace di formulare una risposta concreta, sono felice di sentire che alla fine è lei a parlare di nuovo. - Oh Yuki – mormora, asciugandosi una lacrima – Sappi che non sia poi così diversi dagli umani! - aggiunge, dandomi un colpetto sulla spalla che per poco non mi fa perdere l’equilibrio – A parte che...noi mangiamo le anime – conclude, rivolgendomi una veloce occhiata.
Restituisco lo sguardo. - Un dettaglio da poco – commento.
- Già – concorda – Andiamo, abbiamo il via libera – aggiunge, aprendo poi nuovamente la porta dello stanzino. Senza attendere oltre ci dirigiamo verso le scale, raggiungendo alla fine il piano di sotto.
Dopo aver vagato per un altro po’, finalmente troviamo di nuovo Sebastian, intento a scassinare una porta, a quanto pare.
- Dove ci eravate cacciate? - ci domanda subito, riuscendo il secondo dopo ad aprire finalmente la porta.
- Evitavamo i padroni di casa – ammetto – Cos’è questa stanza? - gli chiedo.
- Non lo so, ma la prima volta non l’ho notata – risponde – Mi domando come – aggiunge poi, perché in fondo me lo domando anche io.
- E a quanto pare, è l’unica porta chiusa a chiave dell’intera proprietà – ci mette al corrente, aprendo poi definitivamente la porta per farci passare per prime – Immagino che qualcosa troveremo – conclude.
Senza attendere oltre, ci precipitiamo lungo gli scalini, scendendo in modo cauto fino a raggiungere quella che sembra una semplice cantina.
Purtroppo abbiamo solamente una candela a testa per farci luce, particolare che renderà quella ricerca decisamente più difficile.
Nonostante ciò, ognuno di noi comincia ad ispezionare una parte a nostro piacimento: il problema è che le uniche cose interessanti che ci sono qui sotto sono dei vecchi scatoloni. Con niente dentro, per giunta.
- Trovato niente? - domando con un filo di voce, voltandomi nella loro direzione.
- Niente – rispondo all’unisono, non smettendo comunque di cercare.
Anche io continuo a fare lo stesso, ma ad un certo punto sto quasi per gettare la spugna: in questa cantina sembra proprio non esserci niente, che senso ha continuare a cercare?
Scuoto leggermente il capo, pronta a ripartire, quando uno strano calore all’altezza del petto mi blocca: so di cosa si tratta, ma una volta che chino il capo mi stupisco subito nel vedere il mio medaglione avvolto da una piccola luce, come se si stesse scaldando dall’interno. In un secondo, quella stessa luce inizia a pulsare.
- Che diavolo.. - mormoro, confusa. Non era mai successa una cosa del genere: poteva capire che bruciasse quando venivo minacciata, era il segno che l’altra strepitava per uscire...ma illuminarsi in quel modo era una cosa nuova.
- Sebastian – lo chiamo, forse con voce troppo bassa, senza staccare gli occhi dall’oggetto luminoso – Sebastian! - sbotto nuovamente, attirando finalmente la sua attenzione.
In un secondo, è al mio fianco.
Non c’è neanche bisogno che gli indichi il medaglione, dal momento che quel bagliore si vedrebbe a kilometri di distanza: tutto quello che fa è stringerlo per qualche secondo tra le dita, prima di lasciarlo andare nuovamente.
- Questa è nuova – commenta.
Lo guardo sbalordita. - Vuoi dire che non sai cosa vuol dire? - gli chiedo subito.
- Chi mi ha dato questo medaglione non l’ha fatto includendo delle istruzioni all’uso – risponde.
- Non sembra essere qualcosa di pericoloso – commenta Abaddon, avvicinandosi maggiormente per guardarlo meglio – No, sembra più...che ci stia indicando una strada – aggiunge, afferrandomi poi per le spalle.
- Che vuoi fare? - gli domanda Sebastian, con un filo di preoccupazione nella sua voce.
- Confermare una teoria – risponde solo, cominciando poi a muoversi per la stanza insieme a me, guidandomi tramite la stretta sulle spalle.
In un primo momento non ho idea di quello che stia facendo, ma tutto diventa più chiaro non appena il medaglione comincia a rispondere agli stimoli: in alcuni punti della stanza, smette quasi di brillare, in altri invece...la sua luce è quasi accecante.
Ho capito.
- Acqua e fuoco – mormoro – Ci sta indicando dove cercare – aggiungo, in risposta allo sguardo confuso di Sebastian.
Io e Abaddon cominciamo così a muoverci di conseguenza, e dopo non molto troviamo finalmente il punto in cui la luce è più forte che mai: siamo di fronte ad uno scaffale, anch’essa ornato solo di vecchi scatoloni.
- Qui – confermo alla fine – Cerchiamo qui – aggiungo, chinandomi poco dopo verso quelle che sembrano semplici scatole. Anche se non sappiamo bene cosa troveremo, nessuno di noi sembra volersi arrendere.
Non abbiamo ancora finito di esaminare tutte le scatole, ma all’improvviso qualcosa attira la mia attenzione più del contenuto di esse: sposto così due degli scatoloni più ingombranti, imbattendomi alla fine in una pila di libri coperti da quello che sembra un vecchio panno.
A giudicare dalla polvere che disperdo una volta tolto, si trovano lì da parecchio. Solo grazie ad un miracolo riesco a non starnutire rumorosamente: dannata allergia.
- Qui c’è qualcosa – annuncio, voltandomi a guardare sia Sebastian che Abaddon, che in un secondo abbandonano le loro ricerche per affiancarmi.
- Libri? - domanda subito lei.
- Fammi dare un’occhiata – mormora invece lui, prendendo dalle mie mani quello che gli stavo passando. I libri sono 2, entrambi pesanti e decisamente vecchi: a giudicare dalle rilegature in cuoio, potrebbero avere anche un centinaio di anni.
Una volta aperto, sembra un libro come un altro, finché alcune lettere non cominciano a comparire dal nulla sulla pagina bianca, cominciando a formare frasi di senso compiuto.
- Forse è addirittura peggio di quello che pensavamo – commenta allora lui, attirando subito la mia attenzione.
- Che vuoi dire? - gli chiedo – Che significa? - insisto, quando lo vedo non molto propenso a rispondere.
- E’ un libro sui sacrifici umani – risponde alla fine, riuscendo a farmi rabbrividire.
- E quello non è il problema più grande – commenta Abaddon, allungandosi per scrutare meglio il libro, scuotendo poi il capo come per sottolineare i suoi sospetti.
- Cioè? - mormoro, cercando di spronarli.
- Cioè.. - ripete lui – Questo libro può essere letto solamente da un demone, alle persone normali appare come un semplice volume di cucina, probabilmente – spiega, chiudendolo poi di nuovo, quasi disgustato.
Nonostante quella misera spiegazione, arrivo non troppo difficilmente all’evidente conclusione. - Oh no – è tutto quello che alla fine riesco a mormorare, sperando di sbagliarmi.
- Esatto – conclude tuttavia Abaddon, prima di scuotere appena il capo – Anche i Norton hanno dalla loro parte un demone – aggiunge, rivelando la verità una volta per tutte.

  
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