Titolo:
Miraculous Heroes 3
Personaggi: Adrien Agreste,
Marinette Dupain-Cheng, altri
Genere: azione, mistero,
romantico
Rating: NC13
Avvertimenti: longfic, what
if...?, original character
Wordcount: 2.763 (Fidipù)
Note: Ah, quanto mi mancavano le informazioni random su Parigi a
inizio capitolo! Negli ultimi avevo sempre usato posti già conosciuti e
quindi non avevo niente da dire, ma oggi...Oggi posso di nuovo
tormentarvi! E vi salvo dalle ricerche fatte sui partiti politici
francesi, sebbene abbia deciso di che partito siano Felix e il
signor Bourgeois non lo specificherò mai, onde evitare di dare una
qualsiasi impronta politica. Ma passiamo subito a noi: come ben sapete
Xiang vive con Felix, ma non ho mai detto in che quartiere di Parigi essi
abitano. La risposta è subito data: Ville Montmorency, ovvero il
quartiere 'dei ricchi' di Parigi. E' situato nel cuore del XVI
arrondissement e si tratta, in poche parole, di una piccola
fortezza, dato che è sorvegliata 24 ore su 24 e solo a chi è stato
invitato è consentito l'accesso: la cosa bella è che,
tecnicamente, le strade sarebbero di proprietà del comune di
Parigi e quindi chiunque potrebbe accedervi, ma non a Montmorency.
Inoltre, fra gli stessi residenti c'è un regolamento, fra le cui
regole possiamo trovare il non avere più di due macchine a testa,
niente barbecue all'aperto, vietati i tagliaerbe perché troppo
rumorosi. Fra i residenti di questa zona possiamo trovare Carla
Bruni-Sarkozy, Céline Dion e, fino a qualche tempo fa, anche
Gérard Depardieu.
Sempre rimanendo a tema 'ricchi di fare schifo', l'altra nota di
oggi riguarda La Tour d'Argent: uno dei ristoranti più chic, che
si trova nel Quartiere Latino (per chi non lo sapesse, è uno dei
quartieri parigini più autentici e si chiama così perché, in
passato, gli studenti e gli accademici che lo frequentavano
parlavano latino. Qui potrete trovare anche la Sorbona, la famosa
università di Parigi); in ogni caso, se volete andare a mangiare a
La Tour D'argent, vi consiglio di andarci con un portafogli bello
munito: il pranzo arriva all'incirca sui 65 euro, mentre la cena
varia dagli 80 ai 150 (certo, ovviamente a seconda di cosa
prendete: se andate a fare un salto sul sito
e osservate i menù a disposizione, potrete vedere che si arrivano
a sfiorare anche 400 euro).
E con questo, penso di aver detto tutto riguardo a questo
capitolo: sì, devo ammetterlo. Mi mancava tantissimo fare la
pseudo-guida per le strade di Parigi.
Detto ciò come sempre, ci tengo a ringraziarvi tantissimo per il
fatto che leggete le mie storie (vi rimando al mio profilo
per avere una visione completa dei parti della mia mente malata),
che commentate e che seguite ciò che scrivo.
Grazie tantissimo!!!
Xiang addentò il croissant, osservando
svogliatamente il panorama fuori dalla finestra e ascoltando distratta i
rumori che provenivano dal resto della casa: Bo e De stavano sicuramente
armeggiando in cucina, mentre Li era all’ingresso, in attesa di scorta il
suo datore di lavoro e lei ovunque volessero andare.
«Come sto?» domandò la voce di Felix, facendo voltare la ragazza e
osservare l’uomo che entrava nella sala da pranzo: il biondo si fermò
sull’entrata, allargando le braccia e mostrandole il completo chiaro che
indossava, piroettando poi su sé stesso e fissandola in attesa.
«Come ogni giorno.» mormorò Xiang, azzannando la brioche e masticandola
lentamente, sotto lo sguardo di disappunto dell’uomo: «Che ho detto?»
«E’ un completo nuovo.»
«Bello!»
«Anche la camicia è nuova.»
Xiang annuì, osservando Felix sedersi davanti a lei e guardarla con
profonda contrarietà: «E’ per caso uno di quei codici che usate voi
persone moderne e che dovrei capire?»
«Vado a trovare Bridgette, dopo la riunione al partito.»
«Aaaaah.»
«Secondo te, mi troverà affascinante? Un uomo a cui…»
«Lanciare oggetti? Sicuramente.»
Felix la fissò, aggrottando lo sguardo: «Era una battuta quella? Perché
faceva veramente pietà.»
«Non sei tu che mi hai tormentato sul sembrare più umana e meno…»
«Meno te? Sì, ma non se devi prendermi in giro.» dichiarò l’uomo,
voltandosi verso la porta e osservando i due che si stavano sbracciando
per attirare la sua attenzione: «Sì, mi ricordo di voi. Purtroppo non ho
avuto modo di informarlo…» mormorò, sbuffando quando notò che i due
si erano fermati un attimo per poi riprendere a gesticolare.
«Gliel’hai detto in francese.» mormorò Xiang, osservando il biondo
ripetere il tutto in cinese; la ragazza finì la propria colazione e
recuperò lo zaino con uno sbuffo: «Vado a scuola. Per quanto possa
essermi utile, dato che ho quattromila anni e so più cose di quelli che
dovrei chiamare insegnanti.»
«Un giorno mi ringrazierai, bambina mia.»
«Sei inquietante.»
«Lo prendo per un complimento.»
Xiang sbuffò, uscendo velocemente dall’appartamento e si diresse verso
l’ascensore, rimanendo in attesa che questi salisse: osservò le porte
metalliche aprirsi e sorrise alla proprietaria dell’appartamento di fianco
a quello doveva viveva, sgusciando poi nell’abitacolo e premendo il
pulsante del piano terra.
Si appoggiò contro la parete, socchiudendo gli occhi e inspirando
profondamente: erano pochi piani quelli che doveva affrontare in
ascensore, ma erano un inferno.
Quella era una delle modernità a cui mal si adattava, sentendosi troppo
vulnerabile fra quelle pareti di lamiera, eppure si ostinava a prenderlo
ogni giorno, a scendere con quel mezzo, e dimostrare a sé stessa che
poteva dominare la propria paura.
Il classico tremolio la informò che era giunta al pianoterra e, non appena
la porta si aprì, sgusciò fuori velocemente: bene, anche per quel giorno
era riuscita ad arrivare all’ingresso sana e salva; si sistemò meglio lo
zaino sulla spalla e uscì dal palazzo, fermandosi un attimo per ricordarsi
in quale direzione si trovava la fermata della metrò che doveva prendere:
solo Felix poteva averla iscritta a una scuola che la costringeva, ogni
giorno, ad attraversare quasi completamente la città.
«Ehi, tizia millenaria!» la voce giovane la riscosse dai suoi pensieri e
Xiang si voltò, incontrando la figura del giovane Portatore del Miraculous
della Farfalla: «Vivi nel quartiere dei ricchi?»
«Portatore…»
«Thomas Lapierre, mi chiamo così.» dichiarò prontamente il ragazzino,
raggiungendola e sorridendo: «Non sono ancora così navigato da farmi
chiamare in modo altisonante.»
«Hai veramente un’ottima padronanza della tua lingua, giovane guerriero.»
«L’ho detto ieri: ho i voti più alti di tutta la classe a francese e poi
mio padre è professore alla facoltà di letteratura. Sono nato fra i libri,
io.»
«Avevi bisogno di me, per caso? E come hai fatto…»
«Alex. Mi sono fatto dare l’indirizzo da lui.» dichiarò Thomas, abbassando
lo sguardo e strusciando un piede per terra: «Tu conosci il nostro nemico,
vero?»
«Sì.»
«E’ molto pericoloso?»
«Molto.»
Il ragazzino annuì, inspirando profondamente e lasciando andare l’aria:
«Fantastico. Ed io sono appena arrivato…» dichiarò grave, portandosi poi
una mano all’altezza del cuore e sorridendo mestamente: «Nooroo mi ha
fatto pat-pat.» le spiegò, notandolo sguardo confuso della ragazza.
«Pat-pat?»
«Sì, così.» le risposte Thomas, avvicinandosi e dandole lievi colpetti sul
braccio: «Lo fa sempre, soprattutto quando sono giù.»
«State instaurando un bel rapporto, direi.»
«Sì, e anche con gli altri della squadra: Rafael e Adrien si divertono a
prendermi in giro, però sono sempre attenti a quello che combino; Wei ha
dichiarato che mi proteggerà sempre e…beh, Lila, Sarah e Marinette sono
tre sorelle acquisite: si comportamento esattamente come Camille, alle
volte. E dire che sono le eroine di Parigi e Marinette si sta per sposare,
fra l’altro.» sbottò il ragazzino, scuotendo il capo: «Poi Alex è il mio
idolo: l’altro giorno abbiamo fatto una partita a Ultimate Strike e quel
ragazzo sa giocare! E anche il resto non è male: il signor Agreste mi da
sempre consigli su come utilizzare il mio potere, madame Agreste e madame
Hart sono molto simpatiche e il maestro è particolare. Alle volte mi
ricorda quello di Dragon Ball, ma senza il lato maniaco.»
«Dragon Ball?»
«Ah. E’ un anime giapponese vecchiotto, ultimamente è uscita una nuova
serie e quindi ho recuperato anche quelle vecchie.»
«Capisco.» sentenziò Xiang, sorridendo al giovane: «Che cos’è un anime?»
«Un cartone animato. Giapponese, però. E Dragon Ball è fighissimo! Il mio
preferito è Trunks.» dichiarò Thomas, bloccandosi poi e scuotendo la
testa: «Ma non sono venuto qui per questo.»
«E per cosa allora?»
«Tu sai combattere, vero?»
«Sì. Sono stata addestrata da Kang al combattimento e all’uso delle armi.»
«Ottimo! Potresti allenarmi?»
Marinette inspirò, osservando il proprio riflesso e l’abito candido che
indossava: era stretto fino alle ginocchia, punto in cui la gonna si
allargava e creava un effetto a coda di sirena, mentre le spalle erano
coperte da pizzo e trina.
Era un bellissimo abito da sposa, ma non si sentiva a suo agio
indossandolo.
«Marinette, sei bellissima…» mormorò sua madre, affiancandola e posandole
le mani sulle spalle: «Il bianco ti sta divinamente.»
«Bellissima come con gli altri dieci abiti.» mugugnò Lila, facendo
ridacchiare Alya e Sarah: «Allora, signorina. E’ quello giusto? Quello che
ti fa dire: sì, è l’abito con cui mi sposerò con Adrien e poi lui me lo…»
«Lila!» tuonò Sophie, voltandosi verso la ragazza e fissandola: «Puoi
evitare di fare commenti su certe meccaniche?»
«Ah. Giusto. Dimenticavo: tu sei la mamma di Adrien e quella di Marinette
è accanto a lei. Niente commenti su come i loro figli…»
«Lila…»
«Sto zitta!»
«Sophie, Sabine. Capitela. Stasera ha la cena con sua madre.» dichiarò
Sarah, carezzando la testa dell’amica e sorridendo: «Deve sfogarsi in
qualche modo…»
«E tu non trattarmi come se fossi il tuo piumino.»
«Il suo piumino sarebbe…»
«Rafael, Alya. Rafael è Piumino e Adrien è il gattaccio, non puoi cadermi
sulle basi così!»
«E’ che sono soprannomi così strani…»
«Mai soprannomi furono più adatti.» sentenziò divertita l’italiana,
riportando lo sguardo sulla futura sposa: «Allora? Altro abito, altro
giro?»
Marinette riportò la propria attenzione al suo riflesso, scuotendo il capo
e sentendo le lacrime salirle agli occhi: «Non troverò mai un abito che mi
vada bene! Ne ho provato una marea e nessuno era giusto e…e…»
«Oh. Oh. Oh. Crisi prematrimoniale in arrivo? Era stata fin troppo brava.»
«Non ho una crisi.»
«No, assolutamente no.»
«Lila, così peggiori la situazione…» sospirò Sarah, alzando gli occhi al
cielo: «Magari il prossimo è quello giusto, Marinette? Mai perdersi
d’animo.»
«Esatto! Insomma, non ti sei persa d’animo quando sbavavi dietro Adrien –
ed io ne so qualcosa – non iniziare ora, che sei quasi a un passo dalla
meta!» dichiarò Alya, alzando il pugno e sorridendo all’amica: «E se non
troviamo qui l’abito, possiamo andare nell’atelier dell’altra stilista che
conosci, Willhelmina Hart.»
Marinette scosse il capo, raccogliendo le gonne e andando a nascondersi
nella stanza adibita a spogliatoio, chiudendo la porta dietro di sé e
accasciandosi contro di questa: cosa le stava succedendo, non lo sapeva
neanche lei. Era nervosa e stanca: non ne poteva più dei preparativi di
quel matrimonio quasi improvvisato, del trasloco, di stare sull’allerta
per colpa di un nemico misterioso, era stanca di tutto.
E si malediceva per come si stava comportando.
Non era da lei.
Lei non era…
«Marinette…» mormorò Tikki, volando davanti al viso e sorridendole
comprensiva: «Andrà tutto bene, fidati.»
«No. Non trovo un abito e la cerimonia sarà fra poco.»
«C’è ancora tempo ed è quasi tutto pronto: la chiesa c’è, il locale dove
festeggiare dopo c’è, tua madre e quella di Adrien si sono occupate delle
partecipazioni e delle bomboniere, Nino e Rafael hanno pensato
all’animazione…» la piccola kwami si fermò, portandosi una zampina alla
bocca: «Che altro c’è?»
Un lieve bussare alla porta del camerino fece sobbalzare le due e
Marinette si voltò, aprendo un poco la porta e osservando Sophie
dall’altra parte con il proprio cellulare in mano: «E’ Adrien.» le spiegò,
sorridendo e allungandole l’apparecchio.
«Lo hai chiamato?»
«No, in verità l’ha fatto lui e ho pensato che sentirlo ti avrebbe…» si
fermò, mordendosi il labbro inferiore: «..calmata? Parla con lui e poi
torna di là, c’è un altro abito che ti aspetta.»
Marinette sospirò, prendendo il telefono e richiudendo la porta,
appoggiandosi poi contro di essa: «Sei in crisi? Davvero?» domandò
divertita la voce del ragazzo, non appena ebbe portato l’apparecchio
all’orecchio: «Ero convinto che non ci saresti andata…»
«Come fai a sapere che ero io?»
«Riconosco il tuo respiro.» dichiarò borioso il ragazzo e Marinette se lo
immaginò con il suo solito sorrisetto scanzonato: «Allora, principessa.
Cosa c’è che non va? Dillo al tuo principe.»
«Hai fatto carriera? Da gatto a principe?»
«Spiritosa. Allora, cosa c’è che non va?»
«Non trovo l’abito adatto.»
«Beh, so che è prassi comune non trovare l’abito al primo colpo. Insomma,
fanno anche quei programmi in tv dove le spose ne provano milioni, prima
di trovare quello adatto…»
«Speravo di essere diversa.»
«Più di così? Posso consigliarti di non prendere qualcosa con lo
strascico? Conoscendoti ci inciamperesti e finiresti addosso al prete e…»
Marinette gemette, scivolando nuovamente a terra: «Sarei capacissima!»
sentenziò, iniziando a immaginarsi il suo matrimonio rovinato per colpa
della sua imbranataggine e Adrien che la lasciava, andandosene con…con…
Con una modella che passava di lì per caso. Ecco.
«E l’oscar per miglior film mentale va a Marinette.»
«Io…io non stavo immaginando nulla.»
«No, certo che no.» sentenziò Adrien, ridacchiando: «Ti sei calmata? O sei
ancora in fase: oh mio dio, non troverò mai l’abito perfetto e il mio
matrimonio sarà un fiasco totale! E per questo poi divorzierò e
diventerò…»
«Adrien…»
«Giusto per sapere: per quanti film mentali ti ho dato il materiale?»
«Troppi!»
«Andrà tutto bene, my lady. Siamo noi due, alla fine.» dichiarò il
ragazzo, cambiando argomento e assumendo un tono serio: «Ora vai di là e
provati tutti gli abiti che servono fino a trovare quello con cui verrai
da me all’altare, ok?»
«Ok.»
«Ottimo. Non mi piace essere quello che calma, sono io che vado sempre in
crisi isterica non tu.»
«Adrien?»
«Sì?»
«Grazie.»
«Questo ed altro per la mia signora.»
Willhelmina osservò la pila di fogli che il suo assistente aveva appena
posato sulla scrivania, alzando poi lo sguardo: «Giusto per sapere,
Maxime. Ma da quale girone dell’inferno vieni?»
«E’ il rendiconto dell’azienda, madame.»
«Ed è compito tuo revisionarlo, no?»
«L’ho già fatto.» dichiarò l’uomo, sistemandosi la cravatta e sorridendo
affabile: «Deve solamente vederlo e…»
«L’ho visto e sarà sicuramente perfetto!»
«Madame!»
«Andiamo, Maxime! Lo sai che non ci capisco niente!» sbuffò la donna,
roteando gli occhi: «Da quanto lavoriamo insieme?»
«Da un tempo abbastanza lungo dove l’ho vista ubriaca e impegnata a
intraprendere interessanti discussioni con il suo specchio.» sospirò
l’uomo, scuotendo la testa: «Senza contare l’anno scorso, quando è sparita
per andare in Tibet. In Tibet! Se voleva prendersi una vacanza perché non
è andata in un posto più chic e non mi ha portato con sé?»
«Tu mi stai ancora facendo pagare il fatto che ho mandato all’aria la mia
sfilata alla settimana della moda e poi me ne sono andata, vero?»
«Sì!»
«Tu…tu…»
«Lei non ha idea di quello che ho passato! Ho dovuto dire che era in
depressione e che era andata St. Moritz per curarsi!»
«E allora?»
«Lei non ci è andata a St. Moritz e quel viscido di Valentino è venuto
subito a dirmelo.»
«Maxime, seriamente, qual è il tuo problema?»
«Lei!»
Willhelmina sospirò, portandosi gli indici alle tempie e massaggiandosele,
socchiudendo gli occhi: «Ti prometto che non farò una cosa del genere…»
«Me lo aveva promesso anche a New York, quando spariva per giornate
intere.»
«Ti prometto che non succederà più. Davvero.»
«Se lo rifarà, mi licenzierò. Capito?»
«Certamente.»
«Bene.» l’uomo assentì con la testa, recuperando i fogli e sorridendole:
«Ha un ospite.»
«Gabriel?»
«No, in verità è un bell’uomo, vestito distinto…» Maxime le sorrise,
facendole l’occhiolino: «Poteva anche dirmelo che si era trovata una
liason.»
«Cosa?» domandò Willhelmina, osservando il suo assistente sgambettare
velocemente verso la porta dell’ufficio e farsi da parte per lasciare
entrare Felix: «Tu!» esclamò la donna, picchiando entrambi i palmi sul
vetro della scrivania: «Fuori!»
«Hai ancora intenzione di non parlarmi?»
«Sì.»
«Andiamo, Bri.»
«Fuori da questa stanza!»
«Non è colpa mia se Kang mi ha tenuto quasi segregato a Shangri-la! In
verità, è meglio togliere il quasi: ero letteralmente prigioniero di quel
cinese.» sbuffò l’uomo, avvicinandosi alla scrivania e fissando la donna
dall’altra parte: «Ti avrei cercata anche prima, ma mister vedo il futuro
ha pensato bene di allenarmi, per aiutare...»
«Non voglio vederti.»
«Siamo legati, Bri.»
«No, noi non siamo niente.»
«E allora perché sei venuta con me?»
«Duecento anni fa. Ero giovane e tu eri un maledetto dongiovanni: con la scusa
che indossavi quella maledetta maschera, ti sentivi libero di fare quel
che ti pareva.» dichiarò Willhelmina, afferrando un fermacarte a forma di
pietra e lanciandolo verso l’uomo.
«Continui a lanciarmi roba?»
«Sei fortunato che qui non tengo armi!»
«Bri…»
«E non chiamarmi Bri!»
«Dovrei chiamarti miss Hart, per caso? Mi perdoni, miss Hart. In ogni
caso, se mi sentivo libero di fare quel che mi pareva, avrei sicuramente
sedotto una certa signorina di buona famiglia.»
La donna sospirò, scuotendo il capo: «Cosa vuoi da me?» domandò,
accomodandosi sulla sua poltrona e osservandolo stancamente: «Avevo
trovato la pace, finalmente. E adesso hai stravolto tutto…»
«Voglio stare con te. Semplice. Darci ciò che ci è stato negato.»
«Non voglio.»
Felix sorrise, poggiando i palmi sulla scrivania e allungandosi verso la
donna, notando come il respiro di questa diventasse immediatamente
affrettato: «Bri, per favore, lo sai che la caccia mi piace. E tu mi servi
il mio passatempo preferito su un piatto d’argento» dichiarò, ritraendosi
e sistemandosi la giacca: «Penso proprio che sarà divertente da ora in
poi, miss Hart.»
Alex osservò i fogli che Rafael aveva poggiato sul tavolo, leggendo
velocemente qua e là, portando poi l’attenzione sull’amico: «E’ quello che
penso che sia?»
«Tutte le ricerche e gli articoli di mio padre sulle civiltà perdute.»
dichiarò Rafael, sorridendo: «Forse non ci servono a niente, ma se Dì ren
o come cavolo si chiama è legato a Routo, magari qui abbiamo qualche
indizio.» dichiarò, osservando Flaffy volare sopra una mappa e studiarla:
«Che ne pensi, Flaffy?»
«Forse c’è qualcosa…» mormorò il kwami, studiando la piantina di una
città: «Forte, sembra la stessa che c’era in casa di mia zia.»
«Quella è una pianta della città che, secondo la leggenda, Poseidone creò
per Cleito…»
«Mia zia diceva che era un ricordo di un tempo antico.» dichiarò Flaffy,
sorridendo al proprio Portatore: «Parlava di una città distrutta dopo il
secondo Cataclisma.»
«Ok. Forse abbiamo qualcosa fra le mani…» sentenziò Alex, sorridendo:
«Bene, diventeremo degli esperti di Atlantide, un po’ come in quel film
della Disney? Avviso, che se esce fuori la tipa millenaria che ha una
pietra…»
«Xiang è millenaria.»
«Giusto.»
«Sai se ha una pietra?»
«Dovrei informarmi.»
Wei si accomodò al tavolo, osservando la sfarzosità della sala e poi
portando l’attenzione sulla ragazza al suo fianco: «Stai bene?» le
domandò, allungando una mano e prendendo quella di Lila,
carezzandole il dorso con il pollice: «Lila?»
La ragazza annuì, abbozzando un sorriso: «La Tour d'Argent…» mormorò,
scuotendo il capo e portandosi indietro una ciocca con la mano libera:
«Mia madre gioca in casa: è il suo ristorante preferito a Parigi e
il più chic. E il più caro.»
«Bene, vorrà dire che non mi offrirò di pagare il conto.»
Lila provò a sorridere, ma i muscoli della faccia le si bloccarono quando
vide la madre entrare: Ada Rossi non era cambiata, dall’ultima volta che
l’aveva vista. I capelli, scuri come i suoi, erano tagliati corti e le
circondavano il viso come onde create a regola d’arte: un taglio elegante,
che la madre sapeva portare perfettamente, come indossava altrettanto
magnificamente il tailleur scuro e i pochi gioielli dalla linea classica.
La ragazza si alzò, venendo subito imitata da Wei: «Lila.» mormorò Ada,
non appena si trovò davanti la figlia, studiandola e sorridendo: «Sei
diventata veramente bellissima e questo tubino rosso ti dona molto.»
«Grazie.» mormorò la ragazza, stringendo la mano di Wei e aspettandosi una
qualche critica da parte del genitore: era sempre così, iniziava con un
complimento e poi le dava una stoccata, quando aveva abbassato la guardia.
«Immagino che tu sia Wei Xu.»
«Sì, signora.»
Ada piegò le labbra, tinte di rosso in un sorriso, annuendo: «Inizio a
capire cosa mia figlia ha visto in te…»
«Mamma…»
«Il tuo sguardo è quello di una persona buona, signor Xu.»
«La prego di chiamarmi Wei.»
«D’accordo, Wei.» dichiarò Ada, allargando le braccia: «Ma accomodiamoci!
Ho chiesto a Philippe un menu speciale, dato che incontravo il fidanzato
di mia figlia. Philippe è lo chef del ristorante e un buon amico di mio
marito, posso assicurare che i suoi piatti sono fenomenali.»
«Meraviglioso.» dichiarò Wei, abbozzando un sorriso e aumentando la
stretta sulla mano della ragazza: «Non è vero, Lila?»
«Sì…» mormorò Lila, fissando la madre: cosa stava succedendo? Dov’era la
donna che aveva sempre conosciuto? Chi era quell’Ada Rossi che sedeva al
tavolo con lei?
«Come sta andando l’università, Lila?»
«Cosa? Ah…bene.»
«Bene. Con mia figlia va sempre tutto bene…» sbuffò Ada, sorridendo
affabile: «E’ così anche con te, Wei?»
«In verità no. Lila mi dice sempre quando qualcosa non va oppure sì.»
«Capisco…» mormorò Ada, annuendo e alzandosi: «Se vogliate scusarmi, vado
a dire una cosa a Philippe. Torno subito.»
«Certamente.» dichiarò Wei, osservando la donna dirigersi sicura verso la
cucina, con la stessa camminata sicura della figlia: «Sta andando tutto bene,
no?» domandò, voltandosi verso quest’ultima e osservandola curioso:
«Lila?»
«Sinceramente mi sto chiedendo chi è la donna con cui stiamo per cenare.»
«Cosa?»
«Mia madre non si sarebbe mai comportata così.»
«Magari vuole provare a entrare nella tua vita…»
«Ne sei convinto?»
«Dalle il beneficio del dubbio, Lila.»
«Solo perché me lo chiedi tu.» bofonchiò la ragazza, dopo una buona
manciata di minuti in silenzio: «Solo per te, Wei.»