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Autore: gattina04    02/04/2017    3 recensioni
È un momento tranquillo ed Emma ha tutto ciò che ha sempre cercato e voluto; non c’è niente che possa desiderare, nemmeno il giorno del suo compleanno, ad eccezione di un piccolo insignificante rammarico. E sarà proprio quel pensiero a stravolgere completamente la sua esistenza catapultandola in un luogo sconosciuto, popolato da persone non così tanto sconosciute. E se ritrovasse persone che pensava perse per sempre: riuscirà a salvarle ancora una volta?
E cosa succederà a chi invece è rimasto a Storybrooke? Riusciranno ad affrontare questo nuovo intricato mistero? E se accadesse anche a loro qualcosa di inaspettato?
Dal testo:
"Si fermò e trasse un profondo respiro. «Benvenuta nel mondo delle anime perse Emma»."
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Robin Hood, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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11. Scelte difficili
 
POV Emma
Stiracchiai le dita e lanciai una palla di magia verso una di quelle strane piante. Saltellai eccitata quando si infranse in decine di scintille luminose, felice di aver ritrovato una parte del mio essere. Senza aspettare neanche un secondo accesi una nuova palla infuocata nell’altra mano e la lanciai di nuovo; quando si infranse, decisi di provare con qualcosa di più complesso. Cercai di concentrarmi per riuscire a spostarmi accanto a Charlie che continuava a guardarmi divertito; in meno di un secondo mi ritrovai esattamente dove volevo essere. Sorrisi ancora di più e continuai a spostarmi con la magia da una parte all’altra della radura.
Sapevo che c’era poco da essere felici dopo quello che Euridice mi aveva rivelato, però era più forte di me. Ero solo una povera anima senza un corpo in cui tornare, ma in quel momento, aver ritrovato la mia magia, mi sembrava la più bella notizia del mondo. Era come aver ritrovato la capacità di camminare dopo un periodo di infermità; era diventata una parte integrante di me. Era confortevole poter contare sulla mia magia e starne senza mi era sembrato un’agonia. Ero così eccitata da dimenticarmi persino di tenere a freno il mio comportamento; non era certo da me lasciarmi andare a tutta quella esultanza.
«Ma guardati», commentò Charlie, quando apparsi di nuovo vicino a lui. «Sembri una bambina».
«È troppo bello», ammisi sorridendo. «Mi sento di nuovo me stessa; è meraviglioso».
«Beh lo vedo, anche se non capisco cosa ci sia di così speciale».
«Oh andiamo. Così capirai». Senza la minima esitazione lo afferrai per un braccio e provai a portarlo con me. Potevo considerarla una specie di prova generale: se fossi riuscita a portare anche lui, probabilmente sarei riuscita a teletrasportare tutti. Ciò voleva dire tornare a casa dagli altri senza dover riaffrontare quel viaggio terrificante.
Chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo: un secondo dopo eravamo entrambi esattamente dalla parte opposta della radura.
«Oh», commentò Charlie. Un enorme sorriso spuntò sulla sua faccia, segno che il mio esperimento gli era piaciuto. «Fallo ancora». Sorrisi e iniziai a teletrasportarci da una parte all’altra, lasciandogli ogni volta giusto il tempo di capire dove ci eravamo materializzati.
«Quando voi bambini avete finito di giocare che ne dite di intraprendere il viaggio di ritorno?». La voce di Milah interruppe il nostro divertimento e ci fece tornare con i piedi per terra.
«Scusa hai ragione», dissi raggiungendola a piedi. «Mi sono lasciata un po’ prendere la mano».
«Beh non ti avevo mai vista così», commentò Robin.
«Diciamo che non è una parte di me che lascio uscire molto spesso», commentai. «Comunque visto che la mia magia funziona, posso portarci tutti a casa in men che non si dica».
«Beh questo è già molto», sospirò Milah, «così dopo potremo andarcene tutti da questo posto infernale».
Mi voltai verso Euridice che aveva osservato in disparte tutta la scena. «Grazie! Grazie di tutto».
Si avvicinò a noi con un dolce sorriso stampato sul volto. «Non c’è di che. Sarò lieta di sapere che almeno qualcuno è riuscito a lasciare questo maledetto fiume».
«Potresti venire con noi», le proposi. «Potresti ricominciare». Sapevo già in partenza che non avrebbe accettato. Tuttavia lasciarla là mi sembrava comunque sbagliato: nessuno sarebbe dovuto rimanere in quel posto, nemmeno di propria volontà.
«No ti ringrazio, ma non posso». Euridice mi si avvicinò e mi prese la mano. «Il mio posto ormai è questo. Lo so che può sembrare strano, ma ormai faccio parte di questo mondo e andarmene mi distruggerebbe».
«Sei proprio sicura?», tentai un’ultima volta.
«Sì. Non posso più salvare Orfeo ma posso restare con lui per il resto dell’eternità».
«Il vostro è un amore molto forte», commentò Milah avvicinandosi a lei per salutarla. «Vorrei davvero che ci fosse un modo per salvarlo, per salvare tutte queste anime».
«Lo vorrei anch’io», commentò abbracciandola.
«Forse un giorno potrai trovarlo», intervenne Charlie. «Non è mai detta l’ultima parola». Non avevo mai pensato a quella possibilità, al fatto che lei stesse in qualche modo continuando a cercare una maniera per salvare Orfeo. Ovviamente lasciare quel mondo avrebbe significato abbandonare tutte le speranze. In un certo qual modo aveva senso e probabilmente se fossi stata al suo posto e avessi avuto soltanto Hook, senza la mia famiglia e miei amici, avrei fatto lo stesso.
«Forse un giorno», confermò Euridice con un leggero sorriso.
«Grazie davvero per ciò che hai fatto per noi», si accomiatò Robin.
«Credo che adesso sia arrivato il momento di andare», dissi una volta conclusi i saluti, cominciando a radunare tutte le mie energie. Un conto era stato spostarmi di un paio di metri portandomi dietro Charlie, un altro sarebbe stato arrivare fino al loro rifugio tutti sani e salvi.
«Cosa dobbiamo fare Emma?», mi chiese Charlie.
«State vicini a me, questo dovrebbe bastare». Obbedirono tutti e tre all’istante accerchiandomi. Stavo radunando tutto il mio potere quando, all’improvviso, la voce di Euridice mi fece di nuovo alzare la testa verso di lei.
«Emma». Il suo richiamo era arrivato chiaro e distinto alle mie orecchie, come se lei fosse stata ad un centimetro di distanza e non ad una decina di metri.
«Emma prima che tu vada, devo dirti una cosa molto importante». Le sue parole risuonarono nella mia testa ma non vidi le sue labbra muoversi.
«Cosa?», balbettai. Vidi gli altri guardarmi perplessa, non capendo cosa diavolo mi stesse succedendo. Intuendo la verità, scossi la testa e alzai le spalle. «Niente».
«Ho bisogno che tu sappia una cosa». Di nuovo la sua voce nella mia testa: era ovvio che lei stesse in qualche modo comunicando con me senza che gli altri potessero udire le sue parole. Qualunque cosa volesse dirmi era destinata solo a me, solo io dovevo saperlo. Era qualcosa che non voleva che gli altri conoscessero per chissà quale motivo.
La guardai annuendo leggermente e invitandola a continuare.
«In fondo alla grotta, accanto all’ingresso con il passaggio segreto troverai un altro passaggio. Lo distinguerai dall’altro stai tranquilla, il tuo istinto e la tua magia ti aiuteranno. Dietro questo ingresso c’è un piccolo cunicolo che scende in profondità; in fondo a questo si trova un albero di ambrosia».
Spalancai gli occhi sentendo quella parola. Mi stava forse dicendo che avrei potuto cogliere l’ambrosia per far tornare in vita i miei compagni? Avrei potuto far tornare in vita Robin? Riportarlo a Storybrooke?
«Esatto. Devi fare attenzione però, solo chi è ancora in vita può coglierne i frutti».
“Va bene”, pensai. “Io posso farlo”.
«Aspetta però. Se ne coglierai i frutti c’è il rischio che il passaggio segreto per l’Oltretomba si chiuda, non sarà più facile passare, sarà una corsa contro il tempo. È come se prendendo l’ambrosia, tu staccassi la valvola di sicurezza e mettessi in allerta il vostro tentativo di fuga».
“Tu come fai a saperlo?”. Era la domanda che mi ponevo sempre: come faceva ad essere così onnisciente?
«Lo so e basta. Hai capito cosa ti sto dicendo? Non potrai portarli tutti nell’Oltretomba se decidi di cogliere l’ambrosia. Sta a te la scelta, dipende tutto da te». Adesso capivo perché avesse scelto di dirlo solo a me: era un peso enorme da sopportare e una scelta difficile da prendere. Se gli altri l’avessero saputo probabilmente si sarebbero schierati gli uni contro gli altri. La domanda era chiara: rischiare tutto per tornare di nuovo in vita oppure accontentarsi di tornare in quella specie di limbo che era l’Oltretomba? Era una decisione troppo personale e troppo importante da prendere.
«Emma va tutto bene?», mi riportò alla realtà Charlie. «Ce la fai?».
«Sì, sì. Ce la faccio», sussurrai cercando di avere un tono abbastanza naturale.
«Ho voluto dirtelo», concluse Euridice. «Perché è giusto che tu sappia quali sono effettivamente le tue possibilità. Adesso però è ora che tu vada; in bocca al lupo».
Annuii e, nonostante l’improvviso peso sul cuore, chiusi gli occhi e mi concentrai per visualizzare la porta del loro lontano rifugio. Quando li riaprii fui lieta di ritrovarmi esattamente dove volevo e con accanto a me anche tutti e tre i miei amici.
«Ce l’hai fatta!», esultò Robin.
«Siamo a casa», confermò Charlie.
«Beh la chiameremo casa ancora per poco», convenne Milah. «Finalmente potremo andarcene». Non aspettò oltre e andò a bussare alla porta, utilizzando il loro particolare codice segreto. In un istante l’uscio si spalancò e sulla soglia comparve Lizzy. I suoi occhi si spalancarono vedendoci e subito dopo corse tra le braccia di Charlie scoppiando a piangere.
«Oh mio Dio! Siete tornati», singhiozzò contro il suo petto.
«Calma Lizzy, va tutto bene», cercò di tranquillizzarla lui passandole una mano sulla schiena.
«Ehi piccola tranquilla», convenne Robin, avvicinandosi a lei per passarle una mano sulla testa.
«Su Lizzy. Siamo qui e stiamo bene. Che ne dici di lasciarci entrare?». Le parole di Milah servirono a convincerla e a farla rientrare in casa, con tutti noi al seguito.
«Lizzy che succede?». La voce di Joe arrivò chiara alle nostre orecchie mentre stavamo entrando in quel loro minuscolo salottino. Era in piedi vicino ad una delle due porte e non appena ci vide i suoi occhi si spalancarono dalla sorpresa e si riempirono di gioia. «Oh mio Dio! State tutti bene!».
Milah corse subito ad abbracciarlo, mentre Lizzy tornò a stringersi contro il petto di Charlie. Adesso che conoscevo la loro storia, potevo guardarli con occhi diversi. Lei doveva considerarlo una sorta di fratello maggiore, ma mi chiesi come poteva sentirsi lui. Chissà quante volte si era domandato cosa sarebbe accaduto al loro rapporto se Lizzy avesse conosciuto la verità. Il senso di colpa doveva essere opprimente e come al solito la questione non era tanto riuscire ad essere perdonati ma perdonare sé stessi.
«Dove è Mark?», chiese Robin dopo aver salutato Joe. Lizzy scoppio di nuovo a piangere mentre gli occhi di Joe si riempirono di tristezza. Non fu necessario che parlasse, bastò solo un piccolo cenno del capo.
«No!», sussurrò Milah, portandosi una mano alla bocca. I suoi occhi si riempirono di lacrime, dimostrando un attaccamento che non avevo colto fino ad allora. Ma dovevo capirlo: quelle persone erano diventate la sua famiglia, era ovvio che soffrisse nel perderle.
«Maledizione!». Robin iniziò a camminare su e giù per la stanza, passandosi una mano nei capelli. Charlie invece strinse Lizzy più forte, sussurrandole qualcosa nell’orecchio che non riuscii a comprendere.
Era davvero terribile: noi avevamo rischiato la vita e alla fine quello che si era perso era stato colui che era rimasto nella sicurezza del loro rifugio. Ora più che mai era palese il bisogno di andarsene al più presto; non c’era niente che garantiva loro di rimanere lucidi anche tra quelle quattro pareti. Per fortuna avevamo tutte le carte in regola per lasciare quell’inferno.
«Mi dispiace», dissi dopo qualche minuto di silenzio. Trassi un profondo respiro cercando di prendere coraggio. «Non sarebbe dovuto succedere. Proprio per questo però credo che dovremo tutti andarcene da questo posto. Abbiamo trovato il modo e possiamo salvarci tutti; non dobbiamo più perdere tempo. Non dobbiamo più perdere nessuno».
«Emma ha ragione, dobbiamo andarcene da qui e dobbiamo farlo tutti». Milah si asciugò gli occhi e torno ad assumere il suo carattere autoritario.
«Bene», convenne Robin, «prendiamoci giusto il tempo per riposarci un secondo e prepararci a partire. Vi spiegheremo tutto mentre completiamo gli ultimi preparativi. Ragazzi fate le valige perché ce ne andremo da questo inferno oggi stesso».
 
Sospirai profondamente appoggiando la testa sulle ginocchia. Ero uscita fuori nel vicolo dove affacciava il loro rifugio e mi ero seduta per terra. Sapevo che non avrei dovuto farlo, che poteva essere pericoloso, ma avevo davvero bisogno di un momento di solitudine mentre loro finivano di prepararsi e di mettere al corrente Joe e Lizzy. D’altronde in quel punto non sembrava esserci nessun’altra anima, non poteva essere eccessivamente pericoloso.
Ciò che mi aveva rivelato Euridice mi aveva completamente sconvolto. Dopo tutto ciò che avevo visto laggiù non potevo credere che in quella terra desolata esistesse l’ambrosia. E, stando a ciò che lei aveva detto, solo io sarei stata in grado di coglierla Eppure questo non bastava, perché, se l’avessi fatto, avrei potuto mandare a monte la salvezza di tutti condannandoli a subire la stessa sorte di Mark e delle migliaia di anime che si trovavano nel fiume. Potevo scegliere la strada più sicura, facendoli arrivare sani e salvi nell’Oltretomba dove il loro destino sarebbe stato ancora da decidere, oppure sceglie l’incerto, una strada piena di pericoli.
La decisione era facile e difficile allo stesso tempo. Nell’Oltretomba sarebbero potuti andare avanti, avere il loro lieto fine, era un qualcosa di certo e sicuro. Ma poi pensavo a Robin: era morto per colpa mia, anche se indirettamente, Regina aveva sofferto per avermi aiutato a ritrovare Hook. Lui meritava di più di una semplice fine, Regina meritava di più. E non solo lui: c’era Lizzy, così giovane, così innocente. Non meritava anche lei di vivere la propria vita? E anche tutti gli altri: Charlie, Joe, persino Milah. Cosa avrebbe detto Killian vedendola? Non ne avevo idea e anche se ero in qualche modo gelosa di lei, sapevo che non sarebbe stato un problema per me, per noi.
Quindi tentare di trovare l’ambrosia sembrava un sogno e anche legittimo. Tuttavia se come aveva detto Euridice cogliendola avessi buttato all’aria la loro unica possibilità di lasciare quel fiume? Non potevo dar loro l’ambrosia senza averli riportati nell’Oltretomba; sarebbero diventati come Euridice e probabilmente non avrebbero resistito sentendo il peso di tutta quella sofferenza.
Dovevo prendere una decisione ed era davvero la scelta più difficile che avessi fatto in vita mia. Anche perché non si trattava della mia vita ma quella di persone a cui mi ero affezionata e a cui volevo bene. Ero la Salvatrice, ma in quel caso non sapevo se sarebbe bastato semplicemente portarli via da là. Potevo essere considerata ancora la Salvatrice se facevo finta di non sapere dell’ambrosia? Conoscevo un modo che se avesse funzionato poteva salvarli del tutto: potevo io salvarli solo a metà? Ma d’altronde non rischiavo solo io e percorrere la strada più sicura sembrava l’unica soluzione.
«Che diavolo ci fai qua fuori?». La voce di Charlie alle mie spalle mi fece sobbalzare. «È pericoloso!».
«Non c’è nessuno in questo vicolo e avevo bisogno di un attimo di tranquillità e di solitudine». Charlie si guardo intorno con aria preoccupata e poi venne a sedersi accanto a me. «Va tutto bene?».
«Sì, penso di sì», risposi sinceramente. «Spero solo di riuscire a portarvi tutti via da qui».
«Andrà tutto bene», confermò pieno del suo solito ottimismo.
«Sperò che tu abbia ragione. Mi sento addosso una grande responsabilità». Dipendeva tutto da me, lo sapevo bene ormai.
«Sei all’altezza, tu sei la Salvatrice e ci stai salvando». Sospirai e non risposi, concentrandomi invece sulla punta delle mie scarpe. Certe volte avere il titolo di Salvatrice sembrava un fardello non indifferente. Non era così semplice e così fantastico come poteva sembrare.
«Emma». Charlie richiamò di nuovo la mia attenzione facendomi voltare la testa verso di lui. «Volevo ringraziarti».
«Per cosa?». Ancora non avevo fatto nulla.
«Grazie per aver intrapreso questo viaggio e per cercare di salvarci. Te ne sono enormemente grato».
«Beh chiunque l’avrebbe fatto». Ogni eroe al mio posto avrebbe fatto esattamente la stessa cosa.
«No, non tutti. Non dopo aver saputo chi hai davanti realmente». Sapevo che si riferiva a sé stesso, ma aveva una visione un po’ sbagliata di ciò che effettivamente era.
«No questo non è vero. Tutti meritano di essere salvati Charlie, come tutti meritano la possibilità di redimersi. E tu lo stai facendo».
«Io», sussurrò dopo un secondo, «non credo che andrò mai in un posto migliore anche se torneremo nell’Oltretomba. Non dopo quello che ho fatto».
«Certo che andrai in un posto migliore», proruppi. «Ti sei pentito e adesso stai facendo di tutto per salvarla!». Non dissi il nome di Lizzy per paura che qualcuno ci stesse ascoltando, ma il riferimento a lei era palese.
«Non lo so», mormorò. «Penso che le azioni che ho compiuto mi perseguiteranno per sempre».
«Questo è perché non riesci a perdonare te stesso, ma non sei più quella persona. Anzi dubito che tu lo sia mai stato. Il senso di colpa non ti divorerebbe altrimenti».
«Io sono una persona cattiva», affermò. «Le mie azioni parlano per me».
«Charlie ascoltami bene». Mi voltai di più verso di lui e gli poggiai le mani sulle spalle. Lui alzò la testa e mi squadrò con i suoi occhi neri come la pece. «Se ho imparato una cosa in questi anni è che non esiste nessuno completamente buono, né qualcuno completamente cattivo. Non si nasce cattivi, lo si diventa; ma una volta diventati tali non lo si resta per sempre. Quello che hai fatto non ha macchiato il tuo cuore in maniera indelebile; se ti ostini a continuare a colpevolizzarti sarà quello che lo macchierà. Devi capire che non sei più quella persona, che il solo fatto di esserti pentito non ti rende più quella persona. Tu non sei un cattivo Charlie, tu fai parte dei buoni».
I suoi occhi si illuminarono sentendo le mie parole e, senza neanche accorgermene,  mi ritrovai a naufragarci dentro. Erano due pozzi neri senza fondo, così emozionati e così pieni di sentimento. Forse se non fossi stata così ingenua, avrei potuto leggervi prima quel luccichio particolare che poteva portare solo ad una cosa. Accadde tutto in un secondo: un attimo prima ci stavamo guardando negli occhi e quello dopo lui mi stava baciando. Le sue labbra calde si appoggiarono sulle mie, sperando di scatenare una qualche reazione. Invece l’unica cosa che ottennero fu quella di farmi irrigidire e di far scattare la mia mente verso una sola idea: Killian. La sua bocca si posò sulla mia sperando di schiuderla, mentre ciò che provocò fu solo farmi notare l’evidente differenza con il mio pirata.
«No». Lo spinsi via cercando di allontanarlo, anche se lui risultava più forte di me. «No ti prego».
Alla mia supplica Charlie sembrò riprendersi, quasi accorgendosi solo in quel momento di ciò che aveva fatto.
«Io…», tentò di parlare.
«No». Mi alzai di scatto allontanandomi da lui. «Perché lo hai fatto?». Sentii la rabbia crescere; ero furiosa, non tanto per il bacio quanto perché lui aveva appena rovinato l’amicizia che era nata tra noi. Come potevamo tornare ad avere quel rapporto dopo ciò che era appena successo?
«Io pensavo che…». Non terminò la frase capendo che le sue parole non avrebbero avuto senso.
«No tu proprio non hai pensato», ribattei brusca. «Charlie mi dispiace se tu hai iniziato a provare dei sentimenti per me. Ma io non ti ho lasciato intendere in nessun modo che potessi ricambiarli e se l’ho fatto mi dispiace; lo sai benissimo che il mio cuore appartiene completamente ad un altro e te l’ho detto, più di una volta. Proprio non dovevi fare una cosa del genere. Eri mio amico! Credevo che ti bastasse. Doveva bastarti! Adesso invece hai rovinato tutto!». Rientrai in casa come una furia, più sconvolta di quando ne ero uscita e con l’animo ancora più in subbuglio.
Nonostante avessi sbattuto forte la porta alle mie spalle, non potei evitare di sentire comunque le sue parole. «Mi dispiace tanto Emma».
 
POV Killian
«Cosa stiamo cercando esattamente?», domandai afferrando uno strano oggetto rotondo, da un baule disseminato nella cripta.
«Posalo immediatamente». Zelena mi puntò un dito contro con fare minaccioso. «Tieni il tuo uncino a posto e non toccare niente».
«D’accordo», acconsentii con un’alzata di spalle. «Non toccherò niente. Se magari mi spiegassi cosa ti serve…».
«Mi serve che tu faccia silenzio e che tu stia alla porta. Controlla che non arrivi nessuno, non vorrei che mia sorella ci cogliesse in fragrante».
«Ai suoi ordini signora», biascicai andando a controllare le scale che riportavano di sopra. «Anche se non penso che Regina si possa aggirare nel cimitero a tarda sera».
«Beh potrebbe venire a cercare qualcosa nella cripta», ribatté piccata. «Non dovrei spiegartelo io, ma se ci scopre non mi permetterà più di aiutarti in questa tua folle missione».
«Lo so». Purtroppo aveva ragione e, data l’imminente situazione con la baby Emma, non era del tutto escluso che Regina potesse venire a cercare qualcosa là sotto anche di sera.
«Tuttavia», continuai fissando le scale, «lei potrebbe benissimo materializzarsi qua dentro ed allora sarà stato inutile l’avermi messo a fare il palo».
«Beh sei proprio ingenuo se pensi che non abbia protetto la sua cripta da questo genere di trucchetti. Altrimenti chiunque potrebbe benissimo entrare e frugare tra le sue scorte di pozioni».
Non risposi e continuai a svolgere quel mio inutile compito in silenzio. Era evidente che non sarebbe arrivato nessuno: non c’era nessun altro rumore a parte quello provocato da Zelena. A chi sarebbe venuto in mente di entrare nella cripta a quell’ora?
All’improvviso sentii un tonfo sordo alle mie spalle, proveniente esattamente da dove si trovava la strega. Lasciai perdere le scale e mi sporsi per osservare cosa stesse combinando; era accucciata a terra e stava frugando in uno dei tanti bauli. Non c’era niente che potesse giustificare il rumore che avevo appena sentito, ma comunque lei sembrava non essersene neanche accorta
«Dove diavolo l’avrà messa?», mormorò fra sé.
«Se mi dicessi cosa stiamo cercando, forse potrei aiutarti», le feci notare.
«Sta zitto pirata e lasciami pensare».
«Certo che tua sorella sa nascondere bene le proprie cose», la stuzzicai, «visto che ancora non sei riuscita a trovare ciò che ci serve».
Zelena mi lanciò un occhiata alzando un sopracciglio. «Farei attenzione a non provocarmi se fossi in te, visto che sono l’unica che ha intenzione di aiutarti». Colpito e affondato. La sua era un’osservazione più che giusta.
Senza più aggiungere altro, tornai a guardare le scale giusto in tempo per accorgermi di un’ombra e del rumore di alcuni passi che si avvicinavano.
«Arriva qualcuno», bisbigliai, preparandomi a fronteggiare chiunque fosse stato il nuovo arrivato. Zelena si alzò di scatto e fece apparire una palla di fuoco magico nella sua mano. Molto probabilmente l’unica che poteva scendere là sotto era Regina stessa, ma comunque era meglio prepararsi al peggio.
I passi si fecero sempre più vicini fino a quando una figura slanciata con una capigliatura castana non comparve sulla soglia.
«Henry», esclamai abbassando l’uncino. «Cosa diavolo ci fai qui?». Anche Zelena sospirò e, facendo scomparire la palla magica, aprì le mani in un gesto esasperato.
«Beh sono venuto a darvi una mano, mi pare evidente».
«Come diavolo hai fatto a trovarci?». Credevo che nessuno fosse a conoscenza del fatto che avessi chiesto aiuto a Zelena o che noi stessimo trafugando qualcosa dalla cripta di sua sorella.
«Oh andiamo!», rispose scrollando le spalle. «Sono l’Autore! Con la mia penna non potrò interferire nelle vostre storie, ma so come trovarvi quando tentate di nascondervi». In effetti non avevo considerato che lui potesse usare la sua penna magica per rintracciarmi; d’altra parte l’essere l’Autore non era di nessuna utilità visto le centinaia di regole a cui Henry doveva sottostare. Se avesse potuto Henry non avrebbe esitato a far tornare sua madre quella di prima.
«Quindi ditemi», continuò sedendosi sopra una scatola, «cosa state facendo qua sotto? Qual è il piano?».
«Tua madre sa che sei qui?», intervenne Zelena prima che potessi farlo io.
«Sono andato da solo a Boston quando avevo dieci anni senza che lei se ne accorgesse. Pensi davvero che mi farei scoprire adesso?».
Zelena scrollò le testa a quella risposta e tornò a cercare quello per cui eravamo venuti.
«Allora», insisté Henry, «cosa avete intenzione di fare?».
«Henry…», iniziai. Non che non volessi rivelargli il mio piano, ma sapevo che avrebbe voluto partecipare o che alla fine avrebbe avvisato gli altri ed io non volevo nessuna interferenza.
«Hook», mi fermò prima che potessi continuare. «Non sono più un ragazzino, so gestire la cosa. Quindi non trattarmi come un bambino soprattutto quando la questione riguarda mia madre».
Erano state parole forti e decise e ci voleva anche una certa maturità per pronunciarle. Tuttavia era davvero rischioso metterlo al corrente del mio piano, perché lo conoscevo troppo bene da sapere che non sarebbe voluto rimanere in disparte. «Lo so, ma non vorrei…».
Di nuovo non mi lasciò finire. «Non mi sono stupito di trovarti qui con Zelena. So che stai escogitando qualcosa, quindi evita tutta la parte in cui dici di non volermi coinvolgere perché io sono qui e sono già coinvolto».
«D’accordo», mi arresi. «Zelena mi aprirà un portale per l’Oltretomba. Non è un piano ben congegnato, ma mi permetterà di avvicinarmi ad Emma. Non so altro, so solo che non posso restare qua se vogliamo avere la possibilità di salvarla».
Henry assimilò le mie parole mantenendo un’espressione seria. «D’accordo».
«Solo questo?», gli domandai sorpreso che non aggiungesse altro.
«Beh sì solo questo. Sono d’accordo con te sul fatto che non possiamo trovare la soluzione restando qua». Ero davvero lieto di averlo dalla mia parte, anche se la sua alleanza non avrebbe comportato granché non appena Regina l’avesse scoperto.
«Quindi», continuò Henry, «cosa stiamo cercando esattamente?».
Stavo per rispondergli che non ne avevo la minima idea, quando Zelena mi anticipò. «La bacchetta dello Stregone, so che tua madre la tiene qui nascosta da qualche parte».
Mi voltai verso di lei stupito che finalmente mi avesse rivelato i suoi piani. «È quella che stiamo cercando? Per creare il portale serve solo la bacchetta?».
«Beh più o meno sì. Principalmente mi serve quella dannata bacchetta, ma non riesco a trovarla e non posso usare la mia magia per cercarla». Continuò a frugare in mezzo alle cose di Regina assumendo un’espressione accigliata.
«Beh non la troverai là», commentò Henry. Sia io che Zelena ci voltammo contemporaneamente verso di lui.
«Tu sai dov’è?», gli chiesi. Non ero stupito, sapevo che quel ragazzino ci sarebbe stato utile.
«Sì», rispose Henry avvicinandosi alla strega. «La mamma l’ha nascosta in uno scompartimento segreto. Io ero presente quando l’ha fatto».
Zelena si tirò indietro e lasciò che Henry armeggiasse con uno dei tanti bauli fino a che non si aprì uno sportellino nella fodera che noi non avremo mai potuto trovare. La bacchetta rotolò fuori e cadde per terra, mostrandosi in tutta la sua bellezza. Non potevo davvero credere che fosse stato così facile.
«Visto», commentò Henry raccattandola. «Cosa avreste fatto senza di me!».
«Grazie». Gli lanciai un sorriso riconoscente, mentre Zelena allungava la mano per ricevere la bacchetta.
«Bene ragazzino adesso dammela».
«No», rispose tranquillamente. Lo guardai perplesso, stentando a credere alle mie orecchie. Anche Zelena lo fissò sorpresa mentre un cipiglio infastidito si disegnava sulla sua faccia.
«Credete davvero che sia così ingenuo?», continuò Henry. «Non vi darò la bacchetta, non finché non accetterete le mie condizioni».
«Che condizioni?». Temevo di sapere ciò che avrebbe richiesto e non sapevo proprio come avrei fatto a dirgli di no.
«Voglio venire con te. Non mi puoi lasciare qui».
Sospirai capendo che i miei timori erano fondati. «Senti Henry so che vuoi salvare tua madre, ma…».
«Niente ma», mi fermò. «Lo so che è rischioso ma non posso restare qui. Lo sai bene quanto me che non posso restare qua sapendo che la mamma è laggiù».
«Senti Henry», intervenne Zelena. «O mi dai la bacchetta con le buone o non esiterò a riprendermela usando la magia».
«Sono l’Autore, cosa potrebbe impedirmi di rubartela di nuovo o di fermarti in qualsiasi altro modo?». Non credevo che lui sarebbe mai arrivato a tanto, ma aveva comunque le potenzialità per farlo. C’era il rischio che un nostro rifiuto netto lo spingesse troppo oltre.
«Ascoltami Henry», tentai. «Zelena mi aprirà un portale per l’Oltretomba, ma tu l’hai visto com’è là sotto? È rischioso e quello che Zelena mi sta garantendo è solo un viaggio di andata. Non so come tornerò qua a Storybrooke, non so neanche se ci riuscirò. È troppo rischioso, tua madre mi ucciderà se ti porto con me. Anzi entrambi le tue madri mi uccideranno».
«Certo lo so che è rischioso», ribatté dimostrando una testa dura come quella di sua madre. «E lo so che le mamme si arrabbieranno, ma non sono più un bambino e non possono decidere per me. Io voglio venire con te. Ti servirò là sotto, tu sai che avrai bisogno di me una volta arrivato laggiù!».
Eravamo arrivati ad un punto di stallo. Non sapevo più come ribattere o come evitare di fargli intraprendere una missione così rischiosa. Solo una cosa era certa: io avrei fatto quel viaggio da solo e Henry sarebbe rimasto a Storybrooke a qualsiasi costo. Tuttavia lui stringeva ancora in mano la bacchetta e non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare. Non potevo usare la forza, né Zelena la magia: si sarebbe spinto troppo oltre, avrebbe usato il suo potere di Autore in maniera del tutto scorretta.
«D’accordo, hai vinto», affermò Zelena sorprendendomi.
«Cosa? No!», ribattei. Era impazzita? Si trattava pur sempre di suo nipote! Voleva mandarlo nell’Oltretomba in una missione così azzardata? Regina l’avrebbe uccisa davvero stavolta.
«Sul serio?» Henry sembrò sorpreso quanto me.
«Sì potrai andare con il pirata se è questo che vuoi. Adesso dammi la bacchetta».
«Ho la tua parola?». Continuavo a guardare la scena basito non sapendo come invertire la situazione.
«Hai la mia parola stanne certo. Adesso dammi la bacchetta». Henry la studiò a lungo cercando di capire se fosse più o meno sincera. Alla fine, però, allungò la mano che stringeva la bacchetta e la passò a Zelena.
«Cosa? No!», ripetei. «Sei forse impazzita? Lui non passerà in nessun portale!».
«Non è una tua decisione», ribatté Zelena scrollando le spalle.
«Esatto», concordò Henry.
«Fidati di me pirata», aggiunse la strega fissandomi dritto negli occhi. I suoi occhi così chiari mi suggerirono solo una cosa: lei aveva un piano. Mi stava dicendo che l’avrebbe fermato e che io dovevo solo fidarmi di lei. Peccato che in tutti questi anni non avesse dimostrato di meritare una grande fiducia.
«D’accordo», finsi di acconsentire. «Se Emma mi ucciderà per questo, sappiate solo che è colpa vostra».
 
Poco tempo dopo avevamo fatto tutti e tre ritorno a casa di Zelena. Oltre alla bacchetta aveva preso altre due o tre fialette, contenenti chissà cosa. Io, d’altra parte, non avevo più detto una parola. Mentre Zelena si preparava per i suoi giochetti da strega, io me ne ero rimasto muto in disparte. Non ero d’accordo con la decisione di Henry, e lui lo sapeva, e  perciò non avevo più niente da aggiungere. Speravo solo che quello di Zelena fosse un piano ben congegnato.
«Bene», disse la strega, dopo aver consultato un libro. «Credo che sia ora d’iniziare».
«Come funziona?», domandò Henry. «Cosa farai adesso?».
«Prima di tutto, vi darò una pozione», affermò Zelena.
«Che pozione?», biascicai imbronciato.
«Non è servita una pozione quando siamo scesi giù la prima volta», le fece notare Henry.
«Oh lo so, ma questa è una situazione particolare. La pozione che ho preparato vi impedirà di perdervi. È come se rafforzasse il legame con la terra, vi servirà se volete tornare indietro. Consideratela una sorta di garanzia: quando avrete trovato Emma e troverete il modo di tornare a Storybrooke, grazie a questa pozione sarà più facile».
«E perché diavolo non me ne hai parlato prima?», inveii. Perché me lo diceva solo adesso? Forse perché era coinvolto anche Henry? Aveva deciso di vuotare il sacco solo perché c’era lui? Quando ero coinvolto solo io, aveva omesso tutti quei particolari!
«Perché non ne conoscevo l’esistenza», rispose scrollando le spalle. «L’ho trovato in un libro di Regina».
«D’accordo», continuò Henry. «E dopo che avremo bevuto la pozione?».
«Aprirò il portale che vi condurrà nell’Oltretomba». Era un piano piuttosto semplice e basilare. Il peggio sarebbe venuto solo dopo, una volta scesi là sotto.
«Va bene cominciamo», esultò Henry eccitato.
«Certo». Fece apparire sul tavolo di fronte a lei due fialette contenenti un liquido scuro. «Bevete queste». Henry ne prese subito una, mentre io afferrai titubante l’altra. Avevo bevuto un po’ troppe pozioni in quell’ultimo periodo.
«Sei sicura che funzionerà?», domandai incerto.
«Tu bevi. Prova a fidarti di me per una volta». Lasciai perdere i miei dubbi e feci come mi aveva detto. Non mi piaceva per nulla bere quegli strani intrugli, ma d’altra parte non avevo molta scelta.
Vidi Henry buttare giù tutto di un fiato la sua e quindi mi apprestai ad imitarlo. Non potevo certo lasciarlo da solo, dovevo andare in fondo a quella storia, anche se non mi piaceva per niente. Stappai la fiala e la trangugiai velocemente, aspettandomi un sapore orrendo come aveva quella che mi aveva dato Gold. Invece rimasi perplesso riconoscendo il palese sapore di ruhm.
«Ma che diavolo…». Non feci a tempo a terminare la frase che Henry cadde a terra di colpo, privo di sensi.
«Henry!». Mi apprestai ad andare da lui e a scuoterlo, ma non accadde niente e lui restò in terra senza dare nessun segno di vita. «Cosa hai fatto?». Mi voltai verso Zelena e la fulminai con uno sguardo di fuoco.
«Tranquillo pirata», mi rispose avvicinandosi. «Sta solo dormendo, te l’avevo detto di fidarti di me». Con un gesto della mano spostò il corpo di Henry adagiandolo sul divano.
«Cosa gli hai dato?», domandai iniziando a capire ciò che aveva appena fatto.
«Un sonnifero bello potente. Non potevo certo permettere che lui partisse con te in questa missione suicida. Regina mi avrebbe ucciso».
«Beh non potevi dirmelo invece di farmi credere che ti fossi completamente bevuta il cervello?».
«Sì certo e quando?», ribatté piccata. «Avrebbe sospettato qualcosa, Henry doveva credermi dalla sua parte». Aveva completamente ragione, solo non volevo ammetterlo.
«Quindi non esiste nessuna pozione?». Per questo quello che avevo bevuto mi era sembrato semplice rhum.
«No ovvio. Ti avevo già detto che non c’è nulla che possa fare per facilitare il tuo ritorno a Storybrooke. Il mio compito si limita solo a creare un portale, per il resto dovrai pensarci da solo. E per quanto riguarda Henry sarà furioso, ma sarà al sicuro qua a Storybrooke».
«Grazie». Non era una parola che usavo spesso soprattutto con lei, ma in quel momento dovevo farlo. Non la stavo solo ringraziando per l’aiuto che mi stava dando nell’affrontare quella missione impossibile, ma la stavo ringraziando per aver impedito ad Henry di seguirmi, assumendosi lei tutta la responsabilità. Aveva pensato a lui prima di pensare a sé stessa e di questo gliene ero grato.
«Non c’è di che pirata. Che ne dici di iniziare veramente adesso?». Annuii e senza esitazioni la seguii fuori di casa, nel cortile su cui affacciava un lato dell’edificio.
«Bene questo mi sembra il posto giusto per creare un portale». Si fermò proprio al centro e chiuse gli occhi per concentrarsi. Iniziò a muovere la bacchetta con un movimento circolare e subito dopo un vortice comparve sul terreno davanti ai suoi piedi. Un vento travolgente si alzò, indicando che l’incantesimo aveva funzionato alla perfezione.
«Ecco fatto Hook, ecco a te il tuo portale», affermò Zelena riaprendo gli occhi.
«Funzionerà?». Mi avrebbe condotto davvero nell’Oltretomba?
«Al cento per cento».
«D’accordo». Presi un profondo respiro preparandomi a tuffarmici dentro.
«D’ora in poi tocca a te», mormorò Zelena. «In bocca al lupo Capitano».
«Crepi». Senza più esitare trassi un ultimo respiro e saltai dentro il portale, pronto ad affrontare tutto ciò che sarebbe potuto accadere.


 
Angolo dell’autrice:
Buona domenica a tutti!
Sono ancora sconvolta dall’ultima puntata e non vedo l’ora di vedere quella di domani. Nonostante ciò non potuto fare a meno di notare che mentre nella serie mi stanno separando i Captain Swan io sto lentamente facendoli riavvicinare.
Ma arriviamo a noi: sono successe un bel po’ di cose. Forse non vi aspettavate dell’ambrosia, ma il bacio di Charlie forse potevate immaginarvelo. E così Emma si trova con dei bei grattacapi da risolvere: cogliere o meno l’ambrosia, salvarli del tutto o solo a metà e aggiungiamoci anche la questione Charlie.
Dall’altra parte, nonostante la testardaggine di Henry, Hook è riuscito a partire da solo per l’Oltretomba grazie all’immenso e inaspettato aiuto di Zelena.
Ancora una volta, grazie a chi legge la mia storia e a chi la recensisce. Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacione e alla prossima settimana.
Sara
 
  
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