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Autore: The Custodian ofthe Doors    02/04/2017    1 recensioni
Come si definisce l'importanza di un eroe? Le sue sole imprese possono dirci quanto esso sia stato grande?
Dalle azioni di un uomo si delinea il suo successo ed il ricordo che il mondo terrà di lui, le folli gesta di chi è stato designato come eroe ed è destinato all'immortalità.
Loro non sono altro che mezzi eroi invece, nessuno li ricorderà mai, non saranno i protagonisti di leggende fantastiche e racconti mozzafiato, nessuna canzone verrà composta e cantata alla vivace fiamma di un falò nelle notti stellate, nessun bambino desidererà mai esser come loro, ripercorrere i passi di chi ha lottato, ha sofferto ed è morto come semplice soldato senza poi ricevere la corona d'alloro.
Perché loro erano lì, ma questo non conta.
Loro erano solo Mezzi Eroi e sempre tali sarebbero rimasti.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Half Heroes


21. Charles Beckendorf-Onore ad Efesto.


Stava andando tutto bene, bhé, più o meno. Stava per arrivare una grande guerra, una di quelle che venivano preannunciate decenni se non millenni prima da vecchi oracoli tutti rinsecchiti e ciechi che scrutavano il fumo emanato dalle erbe aromatiche e dai sacrifici con il loro occhio interiore, ascoltando le mute parole di un dio cieco quasi quanto loro e mai veramente preoccupato per il futuro che sussurrava alle orecchie dei suoi favoriti. L'anno prima una dea era stata rapita, un Titano era fuggito dalla sua eterna prigionia (che sia mai che qualcuno osasse dirlo davanti agli dei, sorreggere la volta celeste per impedire ad Urano di riabbracciare Gea e distruggere tutto per ricrearlo da principio era un grande onore), senza dimenticare che nel giro di..quanto? Sei mesi scarsi? Non solo avevano trasformato la loro principale fonte di protezione in una semidea, una figlia dei pezzi grossi che, guarda caso, non sarebbe mai dovuta esistere, ma si erano ritrovati con la suddetta immortale battagliera votata ad Artemide (viva le faide famigliari) e avevano anche recuperato altri due figli dei pezzi grossi, incredibilmente non frutto dell'infrazione dei patti poiché nati prima della profezia, di cui una si era unita alla sovra citata Artemide e poi era perita miseramente e l'altro era diventato un mina vagante pronto ad ucciderli tutti come ad aiutarli, dipendeva da come gli girasse quel giorno. Oh, e non c'era da dimenticarsi del mitico figlio di Poseidone anche lui, tu guarda il caso, nato quando non sarebbe mai dovuto nascere, e grazie a tutti per aver rispettato l'epico patto fatto per proteggere il mondo (l'Olimpo) e l'umanità (gli dei) dalla distruzione.
Si passò una mano sulla testa, i capelli corti come una coperta ispida sulla nuca già imperlata di sudore. Stava facendo le valige, come dicevano i ragazzi che lo incontravano per il campo.
Hai fatto le valige Beckendrof ?
Come se lui stesse partendo per una vacanza.
No, assolutamente no, non era una vacanza quella, lo sarebbe stato se fosse rimasto al Campo, dove le cose andavano bene. Era più che altro una persona a farle andare per il verso giusto, almeno a lui, s'intende. Silena. La sua bella e dolce Silena. Quanto tempo avevano sprecato a guardarsi di sfuggita, a sorridersi in modo impacciato ed arrossire alla presenza dell'altro? Troppo, decisamente troppo per Charles, ma finalmente potevano rimediare, lo avevano fatto fino a quel giorno e lo avrebbero fatto per i restanti due, finché non sarebbe partito.
Già. Sarebbe partito in missione, lui e Percy Jackson, solo loro due contro la Principessa Andromeda ed il suo esercito, contro la base mobile di Castellan che per qualche assurdo motivo aveva deciso di stazionare su un campo non proprio neutro, ma in quello proprio del suo compagno d'avventura, forse il fatto che avesse scelto proprio il mare era un monito a tutti loro, ma questo, in quel preciso istante, non era la sua principale preoccupazione.
Tutta la sua concentrazione era per un paio di occhi blu, belli come nulla al mondo, che gli facevano contorcere lo stomaco e accelerare il battito cardiaco, che lo rendevano debole e fortissimo allo stesso tempo e che gli chiedevano silenziosi di non andare, di non farlo.
Silena ultimamente era strana, non che gli altri fossero tranquilli, c'era sempre in mezzo una grande profezia a rompergli l'anima e tutte quelle belle cose lì, ma Silena era diversa, lui lo sentiva che qualcosa non andava, che la preoccupava, ma non gliene parlava. Forse non si fidava di lui, forse non lo reputava abbastanza forte, ma glielo avrebbe dimostrato, sarebbe sceso in campo, sarebbe andato in missione e ne sarebbe tornato vincitore, così che anche la sua Silena potesse finalmente vederlo per ciò che era, potesse rendersi conto che anche lui era un eroe al pari degli altri.
Alzò deciso la testa, orgoglioso del suo stesso pensiero, per poi sgonfiarsi lentamente quando un sussurro sibillino gli strisciò in un angolo della mente.
Se tornerò.
Un brivido gli calò impietoso per la schiena, una lame gelata che gli carezzava la colonna vertebrale, una vertebra alla volta, insinuandosi nel suo stomaco come aghi di ghiaccio, come il sudore freddo della malattia che ti stringe le mani umidicce e screpolate alla bocca dello stomaco, che ti passa sulle labbra il sapore acido e amaro dei succhi gastrici e del vomito alla semplice menzione della verità che ti attende.
Stava per andare in missione.
Stava per andare in missione per la prima volta, nella tana del lupo, solo con un ragazzino di quindici anni con l'intenzione di distruggere una nave carica di mostri. Che poi, erano solo mostri, vero? Non c'erano altri ragazzi là sopra, giusto? Non stavano per andare ad ammazzare altri semidei come loro, si? Ma perché? Perché si era cacciato in un guaio del genere? Mettere del fuoco greco su una nave e aspettare che bruci all'infinito tutti i cadaveri che l'avrebbero alimentata più dell'ossigeno stesso, affidandosi alla protezione di un singolo ragazzo. Per carità divina, non avrebbe voluto nessun altro al suo fianco in una situazione del genere, Percy era il semidio più forte che conoscesse nonché l'unico in grado di aiutarlo in alto mare, neanche la figlia di Zeus sarebbe stata adatta come lui in quel caso, eppure… non c'era modo di nasconderlo, a soli due giorni dalla partenza Charles aveva paura come mai nella sua vita.
Non voleva morire, era uno dei punti cardine di ogni semidio. Ti insegnano che non sei come gli altri, che metà del tuo patrimonio genetico non esiste, che non può essere trascritto, che metà del tuo sangue deriva dall'oro più puro e che ciò significa che tutti lo vogliono e che non vivrai mai quanto quei mortali che non hanno niente di meglio di te se non la vita che vivono. Eppure nulla, neanche le parole ripetute fino alla nausea, fino a perdere di significato, possono preparare una persona a morire, ad accettare la morte. E Charles non ha la più pallida idea di come facessero tutti quegli eroi antichi a scendere in campo di battaglia senza indugio mentre lui era ridotto ad una figura appallottolata e tremante, schiacciata contro il muro della fucina, nascosta dietro al suo tavolo da lavoro.
L'avrebbe più rivisto? Avrebbe fatto altri esperimenti, inventato cose magnifiche su quel banco? Avrebbe catturato il Drago e lo avrebbe aggiustato, usandolo come arma contro Crono? Avrebbe mai presentato Silena a sua madre? O semplicemente visto uno dei suoi fratelli crescere e prendere il suo posto?
Ma soprattutto, perché aveva questa strana certezza di morte?
Forse perché siete due ragazzi contro una nave di mostri…
Scosse con vigore la testa, le braccia serrate attorno allo stomaco, doveva riprendersi. Sarebbe andato in missione tra due giorni, avrebbe piazzato l'ordigno e poi avrebbe fatto saltare tutto in aria una volta a debita distanza, senza che ne lui ne Percy ci rimettessero la vita. Avrebbe distrutto una nave di soli mostri e sarebbe tornato a casa. Si, tutti lo avrebbero acclamato come eroe, gli avrebbero riconosciuto il suo valore, la sua forza, quella stessa forza con cui aveva presentato e perfezionato il suo piano, quella stessa convinzione con cui aveva esposto a Percy cosa avrebbero dovuto fare. Avrebbe dimostrato a tutti quanti che era degno di essere ricordato assieme a tutti i grandi del Campo e della storia, che era degno del suo posto a capo della Cabina, di quello al fianco della sua Silena, che era un uomo degno di una ragazza magnifica quanto lo era lei. Avrebbe dimostrato a tutti che i figli di Efesto non erano solo fabbri, non erano solo goffi ed insensibili. Perché in fondo Charles lo sapeva che lo stava facendo soprattutto per suo padre e per Silena, per dimostrare a loro di potergli star vicino, di meritarsi il loro favore, il loro amore. Voleva solo scappare, abbandonare la missione e nascondersi nell'angolo più solitario e remoto della terra, ma non poteva farlo e non lo avrebbe fatto, aveva un onore, non solo il suo, da portare in alto fieramente, ma anche quello di suo padre.
E la gente lo avrebbe acclamato, si ripete alzandosi ed evitando accuratamente qualunque superficie riflettente che potrebbe restituirgli il suo sguardo terrorizzato e vuoto, lo acclameranno eroe, lo porteranno in gloria e urleranno al cielo il suo nome.
Onore a Charles Beckendrof , Capo della Cabina Nove, figlio di Efesto, grande eroe del campo. Onore ad Efesto.
Chissà perché, in quel momento, fu certo che quelle sarebbero state le precise parole che avrebbero detto i suoi fratelli al suo funerale.
Onore e gloria a Charles, onore ad Efesto.

   
 
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