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Autore: Ormhaxan    04/04/2017    3 recensioni
Scozia, XI secolo. Edith di Scozia è la prima figlia di Malcolm III e Margaret del Wessex; cresciuta secondo i precetti cattolici, a soli sei anni viene condotta, insieme a sua sorella minore Mary, presso il convento inglese di Romsay, dove sua zia materna, Christina, è badessa.
Henry di Normandia è il quartogenito di William il Conquistatore, un giovane uomo ambizioso che, pur di arrivare al trono lasciato vuoto dopo la prematura scomparsa di suo fratello William II, è disposto a tutto.
Quando la sua pretesa al trono d'Inghilterra vacillerà, sarà proprio Edith, discendente dei sovrani sassoni e del valoroso Alfredo il Grande, a salvaguardare la corona di Henry attraverso il sacro vincolo del matrimonio.
Genere: Angst, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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Domfront, Normandia – Parigi, Île-de-France, 1091






Posò il suo sguardo sul viso della neonata addormentata sul suo grembo e sorrise dolcemente. Quattro mesi erano passati da quando Sybilla era giunta, suo malgrado, nel castello di Domfront, città normanna governata dallo spietato Robert de Belleme, Visconte di Hiémois e, per matrimonio, Conte di Ponthieu; quattro lunghi mesi erano trascorsi, durante i quali era stata solo apparentemente trattata come una donna libera tra i corridoi inospitali di quel castello e aveva dato alla luce il suo secondo figlio, una bambina in salute con folti capelli scuri che contraddistinguevano sia lei che il suo amante.
Henry.
Ogni volta che pensava a lui, Sybilla percepiva una stretta al cuore, un’immensa tristezza che le faceva riempire gli occhi azzurri di lacrime: l’uomo che amava era in esilio, era stato scacciato per sempre dalla Normandia e benché una parte di lei continuasse a sperare di rivederlo, giorno dopo giorno la speranza stava lasciando sempre più il posto all’amara consapevolezza di averlo perso per sempre.
Nessuna lettera era giunta da parte lui, nessuna che Robert, Duca di Normandia, aveva concesso di farle ricevere; tutto ciò che le rimaneva di lui era una ciocca dei suoi capelli contenuta nel medaglione d’oro che lui stesso le aveva donato e che lei portava sempre al collo e i suoi due figli, Robert e Sybilla, unica gioia della sua miserabile vita.

«Milady, state bene?»
Sybilla si riscosse dai suoi pensieri, asciugandosi frettolosamente una solitaria lacrima dispettosa che aveva rigato la sua guancia destra e annuì senza troppa convinzione a quella domanda pronunciata dall’unica persona che aveva conquistato le sue simpatie: Agnes di Ponthieu.
Agnes era una giovane di appena diciannove anni, schiva e timida, con scuri occhi color nocciola e folti capelli ricci dello stesso colore. Non era una bellezza da togliere il fiato, il suo naso a prima vista sembrava troppo pronunciato e mascolino, ma era di animo buono e aveva preso in grande simpatia l’amante di quell’Henry tanto odiato dal suo signore.
Era anche la vittima preferita di suo marito, Lord Belleme, che non mancava di percuoterla in ogni occasione, di disprezzarla e umiliarla non solo nella camera da letto ma anche in pubblico; spesso sulle sue braccia, sul suo collo e anche sul viso tondo portava i segni di quelle percosse, segni violacei che cercava inutilmente di coprire sotto ad un velo me che tutti, seppur ignorandoli, riuscivano a vedere chiaramente.
«Continuate a pensare a lui?» chiese ancora, senza bisogno di specificare chi fosse lui.
«Come potrei fare altrimenti? È l’uomo che amo, il padre dei mei figli e tutto ciò che desidero è sapere che sta bene, la speranza di poterlo un giorno riabbracciare.»
«Se può consolarti, ieri sera ho udito mio marito parlare di lui con i suoi uomini, sbalordito e preoccupato del fatto che, finalmente, Filippo lo abbia accettato alla sua corte parigina. – rivelò Agnes – Il Duca è preoccupato che il sovrano possa foraggiarlo, dargli abbastanza soldi per assoldare dei mercenari e così permettere il suo ritorno in Normandia.»
«Dunque è a Parigi! – esclamò con un sorriso ritrovato — Sono sicura che i suoi metodi di persuasione funzioneranno anche questa volta: Henry sa come accattivarsi il favore della gente, l’amore del popolo e con le giuste promesse…»
La mente di Sybilla pensò a Costanza, la figlia maggiore di Filippo, bellissima principessa francese in età da marito e ai suoi molti pretendenti: nessuno ancora aveva vinto la sua mano, benché molti fossero i papabili tra i nomi nella lista, e con l’arrivo di Henry a corte, principe inglese ambizioso e bello, molto presto anche il suo nome sarebbe finito su quella lista. Forse, pensò, il suo nome era già stato fatto e i preparativi per uno sfarzoso matrimonio reale già iniziati. Il sol pensiero le fece girare vorticosamente la testa.
Non che fosse mai stata tanto sciocca da pensare di poter un giorno sposare Henry, ma il pensiero di un’altra donna, una principessa straniera molto più bella ed elegante di lei, che avrebbe dato all’uomo che amava altrettanti nobili ed eleganti figli di alto lignaggio e legittimi, figli che avrebbero oscurato i suoi, le faceva troppo male.
«Ho udito che domani sera il Duca giungerà da noi e si fermerà per alcuni giorni. – disse Agnes, notando che Sybilla si era nuovamente ammutolita – Le cucine sono in fermento, io stessa sono stata incaricata di supervisionare il banchetto, ogni più piccolo particolare e quindi pensavo che, visto il vostro confinamento è finalmente finito da quasi tre settimane, sarebbe stata un’ottima occasione per il vostro ritorno in società.»
«Un’ottima occasione per indossare il mio vestito migliore e ammaliare il Duca, vorrai dire. – specificò algida Sybilla — Conosco fin troppo bene i suoi sentimenti per me, sentimenti che lui non si preoccupa di nascondere, ma non sono incline a ricambiarli.»
«Testarda! – l’apostrofò Agnes — Credete davvero che Henry tornerà da voi? Siete davvero sicura che il vostro amore basti davanti all’incertezza, a una vita colma di tribolazioni, senza alcun posto da chiamare casa?»
«So bene che Henry non ha più alcun titolo, che è solo il suo sangue ad aprirgli le porte delle corti, ma…»
«Ma cosa? – Agnes si portò le mani ai fianchi — È un uomo affascinante, in età da matrimonio e, che vogliate o meno ammetterlo, prima o poi sarà costretto a sposarsi. Dovrà sposarsi se vuole contare su di una dote, su delle terre, su di un futuro che non implichi vagabondare come un accattone di corte in corte insieme ad un’amante e a dei figli illegittimi».
Agnes sospirò: «Pensa almeno ai tuoi figli… — sussurrò avvicinandosi all’altra donna poco più grande di lei, seduta sulla lignea sedia accanto alla finestra — Robert potrebbe dar loro una vita agiata, sicurezza, un futuro. Dopo tutto, sono sempre i suoi nipoti.»
«Dubito che i legami di sangue contino qualcosa per il Duca. – Sybilla increspò le labbra in un sorriso amaro — Lo farebbe solo per me, per questa malsana ossessione che ha nei miei riguardi, ossessione che, tempo, scomparirà una volta che mi sarò concessa a lui.»
«Questo non potete saperlo».
«No, infatti, - concordò l’amante di Henry — non posso saperlo. Tutto ciò che so, Contessa, è che sono prigioniera mio malgrado in questo castello, presso la corte di un uomo sadico, senza cuore alcuno per chi gli sta intorno o per il suo popolo. So, inoltre, che devo proteggere ad ogni costo i miei figli da coloro che potrebbero arrecare loro danno, così da colpire indirettamente Henry, farlo restare il più lontano possibile dalla Normandia o, ancora, dall’Inghilterra».
«Motivo questo per scegliere con attenzione i vostri alleati. – Agnes si inginocchiò ai suoi pendi e cercò lo sguardo dell’altra — Siete una donna forte, Sybilla, una delle più caparbie che abbia mai conosciuto, ma siete pur sempre una donna e questo significa che, come me, siete alla mercé degli uomini che vi circondano».
«Il vostro è un ammonimento?»
«Un consiglio. — precisò la Contessa — Voi mi siete divenuta molto cara in questi mesi trascorsi qui, siete la mia unica amica e confidente; proprio per questo non voglio vedervi commettere degli errori, prendere delle decisioni che potrebbero nuocervi».
«Non preoccupatevi per me, Agnes. In un modo o in un altro me la caverò, come ho sempre fatto in questi anni trascorsi al fianco di Henry e tutto si risolverà per il meglio. – abbozzò un sorriso — Anche voi mi siete molto cara, soffro nel vedere cosa quel barbaro di vostro marito vi costringe a subire ogni giorno e voglio che sappiate che, qualsiasi cosa dovesse accadere in futuro, potrete sempre contare su di me». 



 
**



La corte francese era la più lussuosa e ricca che Henry avesse mai visto in tutta la sua vita. Era giunto a Parigi da qualche settimane eppure non si era ancora abituato a tutto quello sfarzo, ai cantastorie, ai musicisti, agli arazzi sui muri, all’abbondanza di cibo e alla ricchezza delle vesti dei franchi.
Filippo era stato un sovrano piuttosto indulgente, lo aveva accolto tra i nobili, anche se non erano mancate le proteste dei suoi consiglieri che, per molto tempo, avevano tentato di posticipare il suo arrivo; Henry era un cavallo pazzo, sebbene figlio di sovrani inglesi non aveva alcun titolo, alcuna terra, alcuna dimora a cui fare ritorno. Principe esiliato, come lo conoscevano nei territori della Véxin Français e in quelli circostanti alla capitale, aveva cercato, in quei mesi successivi alla disfatta di Mont Saint Michel, di assicurarsi la simpatia di molti nobili franchi, famiglie da sempre in lotta con la Normandia, che odiavano suo fratello Rufus e, ancor di più, il Duca di Normandia. Nonostante questo, però, i suoi intenti erano falliti, poiché nessuno di loro era interessato ad iniziare una guerra con i loro vicini, un conflitto il cui esito era più che mai incerto.

«Questi franchi sanno come fare il vino, non c’è che dire. — William de Grandmesnil si leccò le labbra e prese un secondo sorso generoso dalla coppa che stringeva tra le mani — Filippo è un sovrano caritatevole, anche se temo che uno di questi giorni presenterà un notevole prezzo da pagare».
William era rimasto con Henry durante tutti i mesi d’esilio, senza mai abbattersi o maledire il giorno in cui aveva incontrato il minore dei figli del Conquistatore; la sua fedeltà era rimasta intatta, tanto che adesso Henry si fidava ciecamente di lui, ma più il tempo passava e più il giovane normanno sapeva che qualcosa andava fatto: l’esilio, in alcuni momenti, era stata una condanna più pesante della morte, rendeva quest’ultima quasi attraente per loro che erano nati per impugnare una spada, per combattere, fare grandi cose degne del nome che portavano.
«Non ho intenzione di rimanere qui a bere vino e farmi riscaldare il letto da delle serve senza alcun valore. – dichiarò con voce bassa Henry, mentre il suo sguardo sempre attento vagava per la grande sala del banchetto — Oramai sono settimane che Filippo ci promette udienza, persino suo figlio ed erede ci evita, ma non potranno evitarci per sempre: ho bisogno di sapere se possiamo contrare su di loro, se posso ancora sperare o se devo arrendermi miseramente a questo mio destino infausto».
Presso la corte di Parigi, Henry aveva saputo che la sua amante, la donna che amava, aveva dato alla luce quasi due mesi prima il loro figlio, una bambina a cui era stato dato il nome di Sybilla. Anche suo figlio stava bene, era trattato con ogni riguardo presso quel castello tramutato in prigione che era Domfront, dimora dei Belleme, nel quale era stato imprigionato per ordine del Duca di Normandia, dell’uomo che bramava sua madre, la donna che apparteneva solo a lui, solo a Henry.
Il sol pensiero di Robert che la guardava con i suoi occhi scuri traboccanti di lussuria, che la toccava con le sue tozze mani, che la spogliava e la baciava gli dava il voltastomaco: per arrivare al letto di Sybilla, suo fratello maggiore avrebbe fatto qualsiasi cosa, persino avvelenarle la mente con notizie non vere, farle false promesse o, peggio, minacciarla.
Sentì il sangue bollire nelle vene, la rabbia montare al centro del suo petto: doveva fare qualcosa, doveva agire non solo per se stesso e per il suo onore, ma anche per coloro che amava e la cui vita era minacciata.
«Non importa ciò che Filippo mi chiederà di fare, quale accordo mi costringerà a siglare: devo agire e devo farlo subito, prima che sia troppo tardi. — Henry guardò William in una muta richiesta si supporto, di indiscussa fedeltà e fiducia — O, meglio, dovrei agire da solo, mandare messaggi a coloro che mi sono ancora fedeli: il Conte di Chester, Lord Redvers, i fratelli Mandeville. Loro mi supporteranno contro tutto e tutti e, forse, se quello che si dice è vero, anche la stessa popolazione di Domfront potrebbe schierarsi dalla mia parte pur di sbarazzarsi del tiranno che li governa».
«Cos’hai in mente, Henry?»
Henry ghignò malizioso, afferrò una coppa di vino appena riempita e, portata alle labbra ancora arricciate, ne bevve il contenuto con avidità: «Non ne sono ancora certo, ma presto… — nei suoi occhi brillò una luce nuova, un fuoco che poche volte William aveva visto bruciare — Presto il nostro esilio terminerà, l’Inverno lascerà il posto alla Primavera e noi torneremo a casa».



 
*

 


Angolo Autrice: Finalmente ritorno ad aggiornare! *sparge coriandoli*
Dovete davvero perdonarmi per questo ritardo imperdonabile, ma è stato un periodo infernale e questa è una storia piena di dettagli, fonti che devono essere lette e consultare, che mi portano via tempo e richiedono massima attensione. Tempo che io, negli ultimi mesi, purtroppo non ho avuto.
Niente timore, però, non ho affatto dimenticato Edith, Henry e Sybilla e le loro avventure. Spero che questo capitolo, seppur di passaggio, vi sia piaciuto e che ci sia ancora qualcuno che segue questa epopea! ^^"

Alla prossima,
V.
  
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