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Autore: nikita82roma    04/04/2017    4 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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I miglioramenti fisici di Kate erano evidenti e costanti. Ogni giorno forzava di più si imponeva di allungare il suo allenamento al parco, aggiungendo metri e poi chilometri. Nel giro di tre settimane aveva triplicato il percorso fatto all’inizio. Sentiva i suoi muscoli risponderle in modo sempre più pronto alle sue stimolazioni giornaliere. Aveva cominciato nell’ultima settimana prima del controllo ad andare anche in palestra, tutti i pomeriggi. Tenere occupato il suo corpo la aiutava a tenere occupata anche la mente, a non pensare, a concentrarsi solo sul passo successivo, sulla serie successiva, sul piegamento successivo. Contava mentalmente ogni movimento, ogni esercizio che ripeteva fino a quando non completava tutto il programma che aveva stabilito. Meticolosamente. Tornava a casa la sera sfinita, solo il tempo di farsi un bagno e mangiare, poi contava le sue gocce e si augurava un sonno senza sogni.
Era stato così ogni giorno ed ogni giorno benediva la fatica e i muscoli indolenziti sempre più. Solo una volta fu sopraffatta al punto di pensare di smettere, un movimento troppo rapido un peso troppo duro da sollevare ancora per il suo fisico ed aveva sentito uno strappo come se la cicatrice nel petto le si fosse aperta di nuovo che le ricordò, però, perché era lì e questo fu il motivo per non abbandonare tutto.
Aveva mantenuto fede al suo intento, non aveva più parlato, con nessuno, di quanto accaduto. E se non ne parli non è successo, si diceva. Non c’erano tracce di quello che era successo, come si era detta lei stessa, il suo bambino per il mondo non era mai esistito, quindi non era facile. Era stato solo dentro di lei e se lei faceva finta che non fosse mai successo, se non dava modo alla mente di pensare a lui, non c’era mai stato. Aveva visto qualche volta Esposito e Ryan, ben catechizzati da Lanie, che non avevano minimamente sfiorato l’argomento né fatto domande, l’aggiornavano solo su quello che accadeva al distretto e sul nuovo, terribile, capitano che aveva preso il posto di Montgomery, dicendole che non vedevano l’ora che sarebbe tornata a lavoro, per godersi i suoi scontri con Iron Gates, così era soprannominata quella donna che oltre al fatto di essere dura ed inflessibile di suo, ai loro occhi aveva anche lo sfortunato compito di sostituire l’amato Roy e questo la faceva sembrare ancora peggiore di quanto non fosse. La realtà era che Victoria Gates era semplicemente una donna molto ligia ed attenta alle regole e non permetteva ai suoi detective di avere tutta quella libertà di iniziativa e quei comportamenti a volte molto al limite sui quali Montgomery chiudeva un occhio. Una delle prime cose che aveva fatto quando aveva preso il comando del dodicesimo era stata mandare via Castle, ma questo non lo avevano detto a Beckett, Castle era uno degli argomenti tabù e poi erano certi che questo non gli sarebbe dispiaciuto. Non lo era nemmeno a lui, da quel che avevano potuto vedere. Aveva seguito le indagini per cercare il cecchino che aveva sparato a Kate all’inizio, fino a quando stavano insieme, poi si era allontanato e non lo avevano più visto. Solo Lanie lo aveva sentito, qualche volta, per aggiornarlo sulla salute di Kate, ma quando aveva saputo che stava riprendendo in mano la sua vita ed era uscita da quello stato di inerzia e impassibilità aveva detto alla dottoressa di non cercarlo più e di avvisarlo solo se Beckett avesse avuto bisogno di qualcosa. La avvisò che sarebbe partito, avrebbe passato i mesi successivi negli Hamptons, per scrivere e riprendersi, ne aveva bisogno anche lui, così era già qualche settimana che nemmeno Lanie aveva più notizie di Castle.
Ryan ed Esposito erano anche riusciti a convincere Beckett ad uscire con loro una sera, nulla di particolare, una birra con gli amici in un locale nuovo, per fare quattro chiacchiere e sentire un po’ di musica. Era stata a lungo riluttante, l’idea di doversi divertire non le passava per la testa e non voleva essere quella che rovinava le serate degli altri con il suo umore, però alla fine l’avevano convinta, dicendo che sarebbe venuta anche Jenny e che dovevano parlarle del matrimonio. Già, il matrimonio. Lei se lo era completamente dimenticato e sarebbe stato da lì a poche settimane. Provò quella sera a dire loro che non se la sentiva e non sarebbe andata, ma alla fine si lasciò persuadere e le strapparono un poco convinto sì che festeggiarono con un brindisi al quale lei partecipò solo con un bicchiere di soda, voleva evitare di mischiare alcolici con i farmaci che stava prendendo: lo sapeva solo Lanie, ma nessuno le chiese conto di questo, anzi Jenny la seguì nella scelta, un gesto carino per farla sentire meno sola.
La vita di Kate fu così scandita da nuove tappe e scadenze. La prima fu la visita di controllo che le diede il via per cominciare l’iter per tornare a lavoro. La nuova data segnata in rosso sul suo calendario mentale era due settimane dopo, quando avrebbe dovuto sostenere la visita per il reintegro in servizio, che stabiliva il suo recupero fisico ed emotivo. Aveva parlato di nuovo con lo psichiatra della polizia, un uomo che stava lì più che altro per firmare carte e ricette. Le aveva chiesto come stava, le aveva risposto bene, senza troppa convinzione, ma lui non se ne curò, occupato a firmare le ricette per le sue medicine. Si sarebbero rivisti il giorno che le avrebbe consegnato il suo via libera per rientrare in servizio. Uscì e dietro di lei altri poliziotti erano in fila per fare lo stesso iter, più visite più il dottore guadagnava e lei era solo un numero, Detective Katherine Beckett 2011/975, questo aveva letto nella sua cartellina ordinatamente messa nella pila con le altre, tutte uguali, tutte blu.

Lanie riuscì a distogliere Kate dal suo allenamento quotidiano chiedendole di dedicarle una giornata per andare a scegliere il vestito adatto per il matrimonio di Kevin e Jenny. La trascinò così, molto controvoglia, in un negozio specializzato in abiti da cerimonia, dove cominciò l’affannosa ricerca della dottoressa dell’abito giusto per sè e per la sua amica. Scartati tutti i vestiti lunghi, non adatti all’ora del matrimonio, Lanie si innamorò di un vestito rosso con una profonda scollatura sul davanti che metteva in risalto le sue curve ed una volta provato, decise che era indubbiamente quello giusto. La scelta di Kate fu più complicata, perché ogni vestito era troppo. Troppo corto, troppo elegante, troppo vistoso. Soprattutto non voleva nessun vestito troppo scollato: non riusciva ancora a guardare lei la sua cicatrice, figuriamoci se l’avrebbe messa in bella mostra per gli altri. Non c’era stato nulla da fare, non aveva nemmeno voluto provare tutti quegli abiti che erano secondo i suoi standard troppo scollati, nonostante la commessa la pregasse di farlo, perché, con il suo fisico da modella, le sarebbero stati da Dio. La donna non sapeva cosa nascondeva Beckett sotto un bottone chiuso di troppo della camicia e non voleva che lo sapesse. Non si era più guardata allo specchio, aveva semplicemente fatto finta che non esistesse, come il resto. Non la vedeva, non c’era. Era solo il dolore, ogni tanto, a ricordarle la sua presenza. Alla fine, però, anche Kate trovò il suo vestito, un abito blu che le arrivava poco sopra il ginocchio, con il collo alto ma che dietro si apriva con un’ampia scollatura che metteva in mostra la sua schiena, forse anche troppo audace e decise di accompagnarlo con una stola di seta tono su tono che la faceva sentire decisamente più a suo agio.

Sarebbero passati a prenderla Lanie ed Esposito da lì a poco per andare in villaggio poco città che Ryan e Jenny avevano scelto per il loro matrimonio, un luogo abitato da molti immigrati irlandesi, con una bella villa con la chiesa dove si sarebbero sposati. Kate si guardava allo specchio dandosi gli ultimi ritocchi. Era tanto tempo che non si era così curata per uscire: osservò soddisfatta il lavoro fatto con i capelli che ricadevano con morbidi boccoli sulle spalle scoperte, il trucco non troppo marcato ad eccezione del rossetto dal rosso piuttosto acceso. Aveva comprato delle scarpe per l’occasione, dello stesso colore della stola e della borsa, un celeste polvere, molto più chiaro del vestito blu scuro. Si sentì bene di nuovo sui tacchi così alti che slanciavano ancora di più le sue gambe tornate decisamente toniche. Si accarezzò con le mani i fianchi, tratteggiando il profilo del suo corpo per far scendere meglio il vestito ma provò un senso di profondo smarrimento quando entrambe senza che ci pensò si congiunsero sul suo ventre e vide la sua immagine riflessa nello specchio. Fu di nuovo invasa da quel vuoto che cercava di allontanare, da quei pensieri che ricacciava via, da tutto quello che voleva dimenticare e la sua mente, invece si riempì di lei e di Castle abbracciati sul divano con lui che la rassicurava che per quel giorno non sarebbe ancora diventata una balena, ma nel caso sarebbe stata la balena più bella di tutte. Ricordava con vivido dolore le loro risate, le sue carezze ed i suoi baci. La sua voce calma e gentile che la faceva sempre stare bene ed ora, invece, era una lama rovente che le trafiggeva la carne. Si sentì mancare il respiro, le gambe diventare deboli ed una gran voglia di gridare e buttare all’aria tutto quello che aveva davanti. Si obbligò, invece a rimanere calma, andò in cucina, aprì uno dei barattoli con le pasticche che le avevano prescritto e ne prese un paio bevendo avidamente un bicchiere colmo d’acqua. Con le mani rigidamente strette ad afferrare il bordo di una sedia, attese che l’effetto calmante arrivasse, solitamente era questione di qualche minuto, fu così anche quella volta.
Fu quello il momento in cui si rese conto che con tutta probabilità anche Castle sarebbe stato lì quel giorno, che sarebbe stata obbligata a rivederlo e parlargli, anche il minimo necessario, per educazione. Stava per cambiare idea, per decidere di mandare tutto all’aria e non andarci più, quando suonarono al citofono e la voce allegra di Lanie la invitava a scendere. Non sarebbe stato giusto disertare quell’evento, per Ryan e per Jenny, che si erano sempre comportati da buoni amici. Si fece coraggio e prese le sue cose prima di scendere, senza dimenticarsi di mettere anche la confezione di pillole nella borsa. Salì in auto facendo fatica a dissimulare l’inquietudine che l’aveva avvolta da quando si era resa conto di cosa l’avrebbe attesa quel giorno e sia Lanie che Esposito se ne accorsero ma fecero finta di nulla.

Ci volle più di un ora per arrivare al luogo della cerimonia e trovarono già un bel po’ di persone sul posto, nonostante fossero arrivati in anticipo. Non conoscevano nessuno dei parenti di Ryan o di Jenny e così ogni volta che qualcuno li andava a salutare chiedendogli se fossero parenti di una o dell’alta parte, rispondevano sempre che erano i colleghi di lavoro di Ryan e tutti li guardavano studiandoli attentamente, tanto che a tutti e tre venne il dubbio che qualcosa non andava in loro. Non mancarono le battute sul fatto che con tre poliziotti presenti quel giorno sarebbero stati tutti al sicuro, soprattutto da parte di un non precisato parente di Ryan che si era presentato come zio o qualcosa del genere, che indugiava un po’ troppo nel fare battute non troppo gradevoli a Lanie e Kate sul ruolo e l’utilità delle poliziotte donne, specialmente quando troppo belle. Beckett in altri tempi non avrebbe avuto difficoltà a togliersi dai piedi quel fastidioso signore attempato che voleva a tutti i costi sembrare più giovane di quanto non fosse, ma non era dell’umore adatto né voleva rovinare la festa dei suoi amici, così ci pensò Lanie con una risposta caustica a mettere a tacere l’uomo, spiegandogli che lei non era un poliziotto, e che non trattava con i ladri e gli assassini, se non quando erano già morti e se gli dava un coltello gli faceva vedere come. L’uomo borbottando qualcosa imbarazzato se ne andò e la performance della dottoressa riuscì a strappare una risata anche a Kate.
- Non credo che verrà più a dirvi nulla! - Esclamò Esposito ridendo.
- Decisamente no, soprattutto quando sarà ora di pranzo e Lanie avrà a disposizione molti coltelli. - Continuò Beckett vedendo l’amica compiaciuta lanciare ancora qualche occhiata all’uomo che si voltava a guardarle di tanto in tanto.
Lanie apprezzò il buonumore ed il sorriso di Kate che da troppo tempo non vedeva, ma tutto durò troppo poco, fino a quando dal cancello che dava nel giardino dove si trovavano anche loro, non fece il suo ingresso Castle, con in mano il cartoncino dell’invito che muoveva nervosamente tra le dita. Rimasero tutti e tre in silenzio a guardarlo da lontano, mentre Esposito e Lanie alteravano lo sguardo tra lui e Kate che fingeva malamente indifferenza dietro ad un palese nervosismo.
Il solito comitato di benvenuto con i parenti di entrambe le parti andarono ad accoglierlo e lo videro chiacchierare in modo affabile con quelle signore non proprio giovanissime, regalando sorrisi benevoli. Non si stupirono nemmeno quando dalla tasca della giacca tirò fuori una penna firmando alcuni pezzi di carta che gli venivano messi davanti da chi lo aveva conosciuto e si prestava a mettersi in posa per foto ricordo con lo scrittore famoso, fino a quando una ragazza gli fece un cenno proprio nella direzione dei tre, indicando i suoi amici. Con non poco imbarazzo si avvicinò, senza riuscire a staccare gli occhi da Kate che invece guardava in tutt’altra direzione. Arrivò davanti a loro e salutò tutti con la sua solita cordialità, anche se il tono non era il solito spumeggiante né c’era la voglia di scherzare e fare battute. Il suo sguardo si incontrò per qualche istante con quello di Kate che ricambiò il suo saluto per poi spostare immediatamente l’attenzione altrove, le andava bene anche osservare attentamente i camerieri che sistemavano i fiocchi alle sedie sparse nel giardino.
La loro attenzione venne poi attirata da una giovane ragazza con un vestito di raso verde che si presentò come una delle damigelle. Aveva in mano un grande cesto pieno di piccole campanelline. Gliene consegnò una per uno, spiegandogli che avrebbero dovuto suonarle quando gli sposi sarebbero usciti dalla chiesa, come da tradizione irlandese si buon augurio per il matrimonio. Furono invitati ad avvicinarsi al luogo della funzione che si trovava dalla parte opposta del giardino rispetto a dove erano loro.
Entrarono tutti e quattro insieme, con Beckett che faceva sempre attenzione a non avvicinarsi troppo a Castle. Andarono a salutare Ryan che, emozionantissimo, sull’altare aspettava l’inizio della cerimonia e la sua futura sposa, intanto che la chiesa si stava via via riempiendo. Cercarono tutti di fare coraggio ad un Kevin al limite della commozione, con le mani sudate che balbettava frasi con poco senso, mentre Esposito e Castle cercavano di fargli coraggio, soprattutto Rick.
- Non ti preoccupare, Kevin, la prima volta ti emozioni, ma già dalla seconda ci fai l’abitudine! - Gli disse facendo riferimento ai suoi precedenti non proprio entusiasmanti.
- Spero che non ci sia una seconda volta Castle! - Replicò il futuro sposo.
- Uhm sì, credo sia meglio se non ci sia. - Convenne Rick
- E poi che ne sai scrittore, magari la terza volta per te sarà quella giusta e più emozionante! - Gli disse Lanie mordendosi la lingua un attimo dopo accortasi dell’espressione di Kate.
- Lo pensavo anche io Lanie, la terza poteva essere quella giusta. - Replicò Castle con un sorriso tirato osservando Kate che sembrava fintamente interessata ad altro e alla dottoressa non sfuggì la direzione del suo sguardo.
Una delle damigelle di Jenny venne ad avvisarli che la sposa era quasi pronta e i quattro andarono a prendere posto con Castle che si sedette sulla panca dietro quella occupata da Lanie, Javier e Kate.
La sposa non era meno emozionata di Kevin e piangeva già nella navata con le sue damigelle al seguito. La cerimonia fu piuttosto semplice e alla promesse di rito aggiunsero solo, dopo dello scambio degli anelli, un rituale simbolico tipico della loro terra d’origine, quando un nastro venne fatto passare intorno alle loro mani e vennero strette insieme a simboleggiare la loro unione. Fu allora che Kate si voltò e vide la sagoma di Castle allontanarsi dal suo posto ed uscire, era strano perché lei era convinta di aver percepito la assenza che l’aveva portata a voltarsi per cercarlo.
Rick era uscito dalla chiesa nel momento dello scambio degli anelli perché non sopportava di vedere quella scena senza pensare a Kate. Era davanti a lui, bella come non mai ma con quegli occhi glaciali che non riuscivano a nascondere la sua inquietudine interiore, non a lui almeno. Si era sentito improvvisamente soffocare ed aveva sentito quella cravatta troppo stretta, aveva bisogno d’aria e per questo era uscito. Lo avevano ritrovato lì fuori con la sua campanellina in mano, dalla parte opposta del vialetto dove si erano fermati Kate, Lani e Javier, ben presto inglobati dal resto degli ospiti che si disponevano per aspettare l’uscita degli sposi. Il signore e la signora Ryan uscirono raggianti in un concerto di campanelline. Anche Castle e Beckett suonavano le proprie ed i loro sguardi si trovarono e si incatenarono tra tutta la folla, rendendo impossibile per entrambi guardare altrove, come se una forza superiore li tenesse bloccati. Quando la magia della musica finì, anche l’incantesimo che li obbligava a guardarsi si spezzò e si persero tra la folla che in modo poco composto si spostava dall’altra parte del giardino dove ci sarebbe stato il ricevimento.

Come avevano intuito si ritrovarono tutti e quattro allo stesso tavolo, insieme ad altri due amici di Jenny che come prima cosa chiesero a Rick e Kate se stavano insieme.
- Siamo stati partner a lavoro, per un po’ di tempo, dovevo fare delle ricerche ed ho rotto le scatole al distretto per seguire le loro indagini. - Chiarì Castle, togliendo tutti dall’impiccio di dover dare altre spiegazioni. Per Kate, però, fu un altro inequivocabile indizio che Rick aveva chiuso con il dodicesimo e non aveva intenzione di tornare lì: non sapeva se esserne sollevata o dispiaciuta, ma si disse che era meglio così, per tutti.
Lo scrittore aveva mantenuto i rapporti con Beckett al minimo, ma non poté fare a meno di fare sfoggio della sua solita cavalleria, portandole un calice di champagne dal buffet, avendo visto che lei non si era alzata per prendere nulla. In realtà se avesse dovuto seguire il suo istinto, avrebbe riempito un piatto di qualsiasi cosa commestibile che sapeva essere di suo gradimento e glielo avrebbe portato, ma si contenne, offrendole solo la flûte.
- Tieni. - Le disse mettendole davanti il bicchiere facendola sobbalzare. Era evidentemente immersa nei suoi pensieri sola a tavola e non si era accorto che lui era propio al suo fianco. Kate prese il bicchiere appoggiandolo subito sul tavolo, mentre osservava lui con il suo in mano.
- Grazie Castle, ma non credo che abbiamo nulla per cui brindare. - Sospirò amaramente.
- No… è per dopo, per Kevin e Jenny.
- Tesoro devi andare ad assaggiare quegli involtini di pollo gratinati, sono la fine del mondo! - Le disse Lanie tornado a tavola con un piatto colmo di cibo, mentre Esposito chela seguiva ancora stava masticando l’altra metà dell’involtino che evidentemente aveva appena assaggiato anche la sua amica e lo stecchetto di legno in mano era l’indizio chiave della sua colpevolezza. Kate sorrise mentre il detective cercava con nonchalance di nasconderlo con dubbi risultati.
Rick e Kate per un po’ si alternarono in un balletto strano, quando uno era in fila per il buffet l’altro era al tavolo a mangiare e viceversa, alternandosi anche nell’andare in bagno, il tutto per cercare di passare meno tempo possibile insieme, uno davanti all’altra alla stessa tavola generando imbarazzo anche nei due appena conosciuti che faticavano a capire quella situazione della quale nessuno gli spiegava nulla e i cui tentativi di instaurare una conversazione o di sapere qualcosa in più di loro caddero rovinosamente nel vuoto, guadagnandosi anzi, qualche occhiata assassina di Lanie, ma loro non sapevano nulla del suo lavoro, non come il presunto zio di Kevin che quando passò davanti al loro tavolo osservò la dottoressa impugnare il coltello e si allontanò di corsa, lasciando perplesso anche Castle, con la promessa che poi gli avrebbero spiegato.
Non ci fu l’occasione perché la situazione cambiò drasticamente nel momento del discorso dello sposo, uno dei pochi nel quale Rick e Kate rimasero contemporaneamente al loro posto con in mano le flûte di champagne.
- Volevo ringraziarvi tutti per essere qui, oggi, a condividere questa splendida giornata con noi. Oggi è sicuramente il giorno fin qui più bello e importante della nostra vita, ma tra poco ce ne sarà un altro e volevamo annunciarvelo oggi, Janny è incinta e tra qualche mese avremo un bambino. Abbiamo aspettato oggi per dirvelo per essere sicuri che tutto andasse bene… -Ryan strinse sua moglie cingendole il fianco, mentre tutti alzavano i calici per brindare a loro. Tutti tranne quattro persone ad un tavolo, rimaste pietrificate da quell’annuncio. Il rumore di un bicchiere che cadeva a terra e fu probabilmente udito solo da loro: era quello di Kate che guardò Lanie e Javier con rabbia.
- Non ne sapevamo nulla Beckett! - Provò a giustificarsi Esposito mentre lei uscì fuori da lì correndo.
Anche Rick li guardò in modo truce.
- Non lo sapevamo, Castle, veramente! - Ribadì Lanie mentre lui poggiava con rabbia il bicchiere sul tavolo e le andò dietro.
La trovò appoggiata alla staccionata che proteggeva il laghetto, con le mani strette sul legno e gli occhi fissi sull’acqua mossa solo dal battere delle ali di qualche papera che placidamente riposava.
- Non chiedermi come sto, Castle. - Gli disse senza voltarsi a guardarlo. Aveva sentito il rumore dei suoi passi, la sua camminata incerta di quando non sapeva cosa fare ed il suo profumo trascinato da una ventata più forte.
- Non c’è bisogno di farlo, Beckett. Scusami, non sarei dovuto venire oggi qui, non volevo metterti a disagio.
- Non è colpa tua. Lasciami sola qualche minuto, poi passa.
- Ok… - Le appoggiò la mano sulla spalla, lasciandola scivolare sulla schiena nuda. Kate si sentì percorrere da un brivido al contatto con le sue dita, calde, morbide, così come le ricordava.
Non gli aveva fatto male come pensava vedere Castle. Non era stato riportare alla memoria quel dolore che non riusciva a chiamare ancora con il suo nome. Vederlo era stata una sofferenza diversa, la sofferenza della sua assenza e quel tocco sembrava averla scossa e rassicurata allo stesso tempo. Aveva sentito come se con quella carezze fugace avesse portato un balsamo nel suo cuore ferito. Pensò che forse aveva sbagliato tutto, che quello che le faceva più paura in realtà era solo quello di cui aveva più bisogno per stare bene. Pensò che quelle carezze erano la cosa che più le avrebbero fatto bene, a quanto avrebbe voluto appoggiarsi sul suo petto e lasciarsi abbracciare da lui. Pensò che avrebbe voluto sfogarsi e farsi consolare da lui come non aveva mai fatto, che non doveva aver paura delle sue emozioni. Aveva sentito come se nonostante tutto, nonostante lei lo avesse allontanato, lui era sempre lì disposto ad aspettarla. Capì in quel momento che lui era l’unico che avrebbe potuto capirla e quanto era stata stupida a chiudersi nel suo dolore e non permettergli di stargli vicina quando lui gli aveva offerto tutto di se, incondizionatamente, ma lei era troppo sconvolta per capirlo. Respirò profondamente prima di tornare dentro. Gli avrebbe chiesto di accompagnarla a casa, di sicuro né Lanie né Esposito avrebbero avuto nulla da ridire.
Al tavolo la sua sedia era vuota e non c’era più nemmeno la sua giacca.
- Dov’è Castle? - Chiese a Lanie cercando di scorgere la sua figura tra quelli che erano a congratularsi con Kevin e Jenny.
- È andato via, è andato a casa appena è rientrato. Ha detto che non aveva più motivo di rimanere qui.
Beckett si sedette continuando a fissare il posto di Castle vuoto con la convinzione che ancora una volta nella sua vita doveva rimettere via tutti i suoi pensieri e le sue speranze e concentrarsi solo sulla realtà delle cose che non era mai sullo stesso binario dei suoi sogni che non avrebbero più dovuto condizionarla, nemmeno per un momento. Castle era il suo passato e non sarebbe più potuto essere nient’altro. Era il destino, evidentemente, ad aver deciso per lei.

   
 
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