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Autore: Alelale89    06/04/2017    5 recensioni
Novembre 1938
Bella: 22 anni, maestra elementare. Ragazza molto bella e semplice, solare, benvoluta da tutti, sempre cortese e gentile. Ha un carattere forte e indipendente, spigliata. Figlia di militare, vive alla base di Fort Williams (Phoenix) da qualche anno.
Edward: 24 anni, tenente dell’esercito degli USA, pilota dell'aviazione. Ragazzo molto bello, alto e statuario. Gentiluomo come il padre, ne ha ereditato anche lo spirito del comando, mantenendo un certo grado di giustizia e benevolenza. Suona il piano. Torna alla base di Fort Williams dopo 6 anni di stanza in una base militare italiana.
Agli albori dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i due ragazzi si incontrano per la prima volta quando Edward torna alla base dove vive tutta la sua famiglia.
La vita comune della base li porta a conoscersi e ad apprezzare sempre di più la compagnia dell'altro.
Un episodio particolare minerà la tranquillità della giovane coppia...
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Ciao a tutte! Sono Lale e non sono per niente nuova qui su Efp… sono una lettrice assidua di numerose fanfiction a tema Twilight, trovo sia un modo per tenere con me la mia grande passione per la saga il più a lungo possibile. Ma sono nuova come scrittrice, questa è la mia prima “opera”… spero di essere all’altezza di alcune delle stupende storie che ho letto in questi anni.
L’ambientazione è storica, siamo agli albori della Seconda Guerra Mondiale.
Mi sono immaginata Edward e Bella in un contesto simile a quello del film Pearl Harbor, che adoro! Il titolo stesso della mia storia è un omaggio alla bellissima colonna sonora del film.
 
Non mi dilungo, vi lascio al primo capitolo di presentazione.
Vi aspetto numerose!
Lale

 
 

 
Capitolo 1: Fort Williams
 

BELLA POV
 
Fort Williams, novembre 1938
 
“Bella, andiamo, su! Se ti devo accompagnare a scuola, è il caso che tu ti dia una mossa, signorina! Devo essere in ufficio tra meno di mezz’ora e anche tu hai lezione tra poco!”
“Arrivo, papà!”
Dio, sono in ritardo! Di solito vado a scuola a piedi, ma stamattina ci siamo con una pioggia torrenziale che non accenna a diminuire, cosa davvero strana per l’Arizona! Ma anche in questa terra ogni tanto piove e io non ho nessuna intenzione di arrivare a scuola zuppa, così ho accettato il passaggio in auto che mio padre mi ha offerto, peccato che la mia pigrizia abbia avuto la meglio facendomi restare a poltrire a letto con un buon libro convinta di avere tutto il tempo del mondo per prepararmi.
Finisco di pettinarmi e sono pronta, scendo le scale e vedo mio padre, il colonnello Charlie Swan, che in divisa mi aspetta sulla porta di casa. “Alla buon’ora! Andiamo dai, che con questa pioggia dovremo andare piano!”
Saluto mia madre che bacia entrambi sulla guancia prima di tornare alle sue faccende e con papà salgo di fretta in macchina, cominciando a percorrere le strade della base.
Ci siamo trasferiti alla base di Fort Williams, vicino a Phoenix, sei anni fa, quando papà ha ricevuto la promozione a colonnello e, in contemporanea, la proposta del generale Cullen, suo grande amico, di prendere servizio nella sua base poiché aveva bisogno di un uomo fidato al suo fianco.
Mi piace vivere in Arizona, il clima non è mai freddo e chissà quanto il sole e il caldo mi siano mancati nei primi sedici anni della mia vita a Seattle.
Fort Williams è una vera e propria cittadina, abitata però totalmente dalle famiglie dei soldati della US Army, l’esercito degli Stati Uniti, e da alcuni civili che lavorano nelle strutture non di pertinenza diretta dell’esercito, come la tavola calda o la scuola.
Una volta diplomata, a diciotto anni, ho cominciato a insegnare nella scuola elementare della base: ho sempre adorato i bambini, sono delle creature candide e senza malizia, e se sei in grado di farti voler bene da loro, ti portano davvero nel loro cuore per sempre.
Finalmente, sotto il diluvio, riusciamo ad arrivare a scuola in perfetto orario. “Grazie papà, mi hai salvato la vita!”
Papà sorride sotto i suoi baffoni. “Mi dispiace solo di non riuscire a passare quando finisci le lezioni. Ho un’importante riunione in caserma e sono certo che andremo per le lunghe”.
“Non preoccuparti, papà. Magari il tempo migliorerà… Al limite farò l’autostop”, mi piace prenderlo in giro.
“Guardami bene negli occhi, signorina”. Lo faccio. “La figlia di un colonnello non tira fuori il pollice per farsi scarrozzare da chicches…”
“Papà, scherzavo! E lo sai bene!” Lo guardo con un sorrisetto angelico, ma lo sguardo è quello ironico che gli rivolgo sempre quando lo faccio esasperare. “Se pioverà ancora probabilmente Angela si farà venire a prendere da Ben. Mi farò dare un passaggio da loro, tranquillo!”
Scendo dall’auto, impacciata e imbranata come il solito, cercando di non uccidermi tra borsa, libri e ombrello. Saluto papà, che parte solo quando mi vede attraversare il portone d’ingresso della scuola.
“Buongiorno signorina Swan, gran brutto tempo oggi, vero?” mi saluta Richard, il bidello addetto alla portineria, un signore sui sessant’anni che lavora alla scuola della base da quando si era trasferito con il figlio Eric, assegnato a Fort Williams quando ha fatto il suo ingresso nell’esercito.
“Oh Richard, non so come avrei fatto se mio padre non mi avesse accompagnata! Non mi stupirei di vedere le classi dimezzate, qui in Arizona non siamo proprio attrezzati alla pioggia”.
Mi avvio verso la mia classe: quell’anno seguivo i bambini di prima elementare, avendo finito con la quinta proprio lo scorso giugno.
Sento in lontananza bofonchiare una voce che riconoscerei ovunque: “Pioggia! Siamo in Arizona, terra di cactus e deserti, e piove! È mai possibile?”
“Buongiorno anche a te, Alice!”
La mia amica mi rivolge uno sguardo omicida in risposta al mio sorrisetto ironico “Hai poco di ridere, lo vedi come sono conciata? Hai visto i miei capelli?”
“A me sembri perfetta, come sempre”.
“Come diamine hai fatto a vivere per tredici anni nell’umidità e al freddo?”
“Mi vestivo pesante e avevo sempre un ombrello con me” dico semplicemente, ma lei non sembra accettare la mia risposta pacata.
“Eh certo, i tuoi capelli sono sempre stupendi, non devi passare le ore a lisciarli con il ferro per farli stare in ordine. Tutte le fortune alle altre!”
“Alice, dai! Sei bellissima, come sempre. I capelli ti stanno bene, esattamente come tutto il resto”.
“Uff… mi dite solo quello che voglio sentirmi dire! Anche Jasper non ha fatto altro che dirmi queste cose in macchina mentre mi accompagnava qui…”
“Perché anche lui ti vuole bene, come te ne voglio io”, bisogna sempre ingraziarsi la benevolenza del carattere volubile di Alice, vedo già il suo sguardo addolcirsi alle mie parole un po’ ruffiane, anche se comunque vere. E poi con lei basta citare il suo fidanzato per farla andare in brodo di giuggiole.
“Jasper… quanto amo quel ragazzo! È un anno che mi perdo nei suoi bellissimi occhi azzurri, nei suoi capelli biondi. Non vedo l’ora di diventare sua moglie… sai che questo pomeriggio dovremmo andare a vedere delle casette? Dobbiamo darci una mossa, il matrimonio è tra sei mesi e siamo ancora in alto mare! Abbiamo solo la chiesa, i fiori, gli inviti, gli anelli, il ristoran…”.
Eccola, la pioggia già dimenticata e ricomincia a blaterare sul suo matrimonio. E chi la ferma adesso?
“Uh, che sciocca! Ho fissato l’appuntamento con quell’atelier di abiti da sposa, è fra tre giorni. Verrai con me e mia madre, vero? Devi esserci, sei la mia damigella! Magari troviamo qualcosa anche per te”.
“Un abito da sposa per me?” magari, ma il mio principe azzurro non è ancora entrato nella mia vita. Voglio sposarmi, il mio sogno è quello di avere una bella famiglia con almeno tre figli, ma deve essere con un uomo che amo e che mi ama davvero, per quello che sono e non per quello che potrei rappresentare per lui; non voglio false moine e corteggiamenti mirati ad arrivare alla posizione di mio padre, come spesso accade da qualche tempo. Piuttosto rimarrei zitella e mi occuperei a vita dei miei “bambini acquisiti”, i miei alunni.
“Ma va là, uno da damigella! Certo, se ti decidessi ad accettare la corte di mio fratello, magari tra qualche tempo andremo in cerca di un vestito da sposa anche per te”.
“Alice, ti ripeto, per l’ennesima volta: Jacob non fa per me. Ammetto che sia un bel ragazzo, ma non mi piacciono certi suoi atteggiamenti, verso di me e verso le donne in generale. Tu lo vedi come un bravo fratello, e sono sicura che lo sia, ma non è il tipo di uomo che vedo come un mio futuro compagno” e su questo non ammetto altre repliche.
Alice mi guarda con sufficienza. Lei non vede, ha gli occhi foderati dall’amore che prova per il fratello. Jacob ha 24 anni, è anche lui un soldato, un sergente, ed è stato adottato dalla famiglia Cullen quando aveva 5 anni. È stato abbandonato da piccolissimo in un orfanotrofio in cui Esme Cullen, la madre di Alice, qualche anno dopo ha cominciato a prestare volontariato.
All’epoca, Esme aveva già un bambino di 5 anni, Edward, che io non ho mai conosciuto perché è di stanza in una base militare italiana fin da qualche mese prima il mio arrivo a Fort Williams, ed Alice di appena un anno. Vedendo il piccolo Jacob, coetaneo del figlio, si informò sulla sua storia e le dissero che, per quanto molto bello e in salute, nessuno aveva voluto prenderlo in adozione a causa delle sue chiare origini indiane. Probabilmente veniva dalla grande riserva alle porte di Phoenix.
Jacob era così entrato nella famiglia Cullen, stringendo un legame profondo con i suoi nuovi fratelli. Io l’ho conosciuto poco dopo il mio arrivo alla base, un giorno in cui era venuto a prendere Alice a scuola, e da quel momento sono cominciate le frecciatine e i corteggiamenti che mi avrebbero anche fatto piacere, se non fosse che celavano il vero carattere del ragazzo: se con Alice sembrava essere il fratello migliore del mondo, al di fuori della base risultava scontroso, ambiguo, con un modo di scherzare che a me non piaceva per niente.
Alice sembra mollare il colpo, almeno per il momento “Va bene, ok, messaggio ricevuto! Io lo dico solo perché penso che possiate essere una bella coppia… e sai che lui ti porterebbe sul palmo di mano”.
Decido di lasciar perdere, con lei è meglio darle sempre l’ultima parola.
 
 
“Piano, bambini! Con calma e senza spingere! Ci vediamo domani!”
“A domani, signorina Swan!” rispondono i miei alunni in coro.
Un’altra giornata di scuola si è conclusa, sono le 3 del pomeriggio e i bambini si apprestano a tornare a casa con le mamme che li aspettano all’uscita. Per fortuna quella strana pioggia, che ci ha colpiti in quella giornata di novembre, ha deciso di smettere di riversarsi dal cielo come se lassù qualcuno abbia deciso di prendere a secchiate tutta Fort Williams.
“Bella! Vuoi un passaggio a casa? Anche se non piove passa Ben a prendermi” mi chiede Angela, mia amica e collega. È sposata da un anno con Ben, il gestore dell’unica tavola calda all’interno della base, il luogo di ritrovo di noi ragazzi più giovani dove spesso ascoltiamo la radio e diamo feste con balli tipici dei nostri tempi. Siamo un bel gruppo di ragazzi, la maggior parte sono ovviamente soldati della base, ma quando non sono in servizio e vestono con abiti civili sono esattamente come tutti noi.
“Grazie, Angela, ma visto che non piove preferisco farmi una passeggiata fino a casa. Non disturbatevi”.
“Come vuoi… a domani allora!” mi sorride Angela con il suo solito sguardo dolce, nascosto da un paio di occhiali da vista che le danno proprio l’aria della maestrina.
La mia vita di tutti i giorni è questa, scuola, casa, correzione di alcuni compiti, preparazione delle lezioni per il giorno dopo e, se resta del tempo, aiuto mia madre a preparare la cena aspettando che papà torni a casa dalla caserma. Spesso cucino da sola perché mamma è impegnata con Esme nella gestione del “Fort Williams Army Wives”, un gruppo che accoglie tutte le mogli dei soldati della base, di cui Esme è la presidente e mia madre la vice. Si occupano dell’organizzazione di eventi, feste, manifestazioni, ma soprattutto sono un valido supporto per le donne che lavorano, offrendo un servizio di babysitter e doposcuola, e forniscono anche supporto psicologico per le famiglie dei soldati impegnati nei conflitti. È un impegno che le assorbe non poco, ma che dà loro anche molte soddisfazioni.
Sento la porta aprirsi e mamma urlare dall’ingresso “Tesoro, siamo a casa!”.
“Siamo? Oh papà, ci sei anche tu?”
“Già, non ho avuto un attimo di pausa stamattina e quindi ho deciso di tornare prima, passando prima a prendere tua madre all’associazione”.
La serata trascorre come sempre, cena con mamma e papà ascoltando un po’ di radio, due chiacchiere e poi a dormire, dopo aver aiutato mamma a sistemare un po’ la cucina.
Questa è la mia vita, la mia quotidianità. E mi piace… certo, vivo sempre nella speranza che succeda qualcosa di ancora più bello e travolgente…
 
 

EDWARD POV
 
Aviano, Italia, novembre 1938
 
“Signore, ha mandato a chiamarmi?”
“Sì, tenente Cullen. Prego, accomodati”.
Allora, non ho fatto cazzate, il mio comportamento è sempre stato irreprensibile e rispettoso delle regole… perché dunque il generale Doolittle mi ha richiesto nel suo ufficio?
Sono in Italia da sei anni, da quando, compiuti 18 anni ed entrato nella United States Army da pochissimo seguendo le orme paterne, ho deciso che la mia strada sono i cieli. Sono diventato pilota nel reparto Air Forces e, alla fine del mio corso, i miei successi mi hanno portato ad avere un avanzamento di carriera notevole, fino a raggiungere il grado di tenente.
Nel frattempo mi sono anche laureato in Ingegneria, in modo tale che, un domani, possa l’opportunità di poter raggiungere una carriera militare di tutto rispetto, magari come mio padre, il generale Carlisle Cullen. Lui è il modello a cui voglio aspirare, militare integerrimo e aperto al dialogo con tutti, molto amato dai suoi sottoposti perché giusto e bravo preparatore. In famiglia, padre affettuoso e marito amorevole.
La voce del generale mi riporta con la mente nel suo ufficio.
“Tenente, ho una notizia che penso potrebbe farti piacere. Come sai, la situazione qui in Europa si sta facendo piuttosto calda. Questi Hitler e Mussolini non promettono niente di buono e per ora l governo degli Stati Uniti ha deciso di tenersi fuori da possibili grane che potrebbero sorgere in un prossimo futuro. Inoltre molti soldati della nostra base sono di religione ebraica e il Presidente non vuole che anche i nostri soldati possano essere invischiati in queste abominevoli leggi razziali. Mi chiedo quale sia il Dio che tanto invocano”.
“Generale, mi scusi se la interrompo, ma cosa sta cercando di dirmi?”
“Si torna a casa, Cullen. Dopo sei anni non hai voglia di tornartene dalla tua famiglia?”
A casa? Dai miei genitori, i miei fratelli… mia madre Esme e mia sorella Alice, quando mi mancano! Sarà una bella sorpresa anche per loro. E così almeno potrò conoscere questo suo promesso sposo di cui decanta tanto le lodi nelle sue infinite lettere.
“Sì, assolutamente! Dice davvero, signore?”
“Domani parte un aereo diretto a New York. La base qui praticamente si svuoterà fino a quando le acque non si saranno placate. Sei atteso a Fort Williams tra un paio di giorni”.
Non posso credere che dopo ben sei anni farò ritorno a casa. Sono cresciuto a Fort Williams, mio padre non è mai stato trasferito da lì perché è sempre stato uno dei capi saldi di tutta la base. Si è allontanato solo durante gli anni in cui ha combattuto in Francia durante la Grande Guerra quando, durante un attacco aereo nemico alla sua base, riuscì ad abbattere un grosso numero di aerei della contraerea tedesca, salvando così gran parte degli uomini da una possibile strage. Tra questi c’era anche lo stesso generale Doolittle. Quell’episodio eroico valse a mio padre la straordinaria carriera che ha avuto. Ma per me resta sempre e solo papà.
“È stato un onore lavorare con Lei, signore. Ho imparato dal migliore”.
“E io ho insegnato al migliore. Abbi cura di te, figliolo. E salutami tuo padre, lui sì che è davvero il migliore”.
“Sissignore! Arrivederci in America, sono sicuro capiterà”.
 
Ritorno nella mia stanza e trovo Emmet, medico e tenente della US Army, americano anche lui, di Chicago. L’ho conosciuto appena arrivato qui in Italia, anche lui era appena arrivato e ci era stata assegnata la stessa stanza. Siamo diventati subito buoni amici anche grazie al suo carattere gioviale e giocherellone.
“Amico mio, hai sentito la novità? Torniamo in America!!”
“Oh, ti sento felice! Ti dispiace proprio lasciare il tuo amichetto Emm…”
“È l’unica cosa di cui mi dispiace davvero”.
“E se ti dicessi che ho chiesto di farmi assegnare a Fort Williams?”
Mi stava prendendo in giro. “Scherzi?”
“So che la base è fornita di un buon ospedale, a Chicago non ho più nessuno dal momento in cui i miei si sono trasferiti a Miami per via dei problemi di asma di mia madre, quindi mi sono detto perché no?! In più spero che l’Arizona, con il suo clima desertico, sia culla di meraviglie femminili che sono portate ad essere vestite in un certo modo… o meglio svestite, non so se mi spiego”.
“Sei sempre il solito maiale, ma sono felice che tu venga con me! Comunque ti ricordo che andrai a vivere in una base militare, le figlie dei militari sono controllate a vista da padri e fratelli”.
Emmett è così, fanfarone e amante delle donne, sempre alla ricerca di nuove prede.
“Io maiale? Ma sentilo, il santo… già sento i piagnistei di tutte le tue povere conquiste italiane oh Edward, come faremo senza di te?” mi dice facendo la voce in falsetto cercando di imitare lo struggimento femminile.
Ok, non sono un santo, ho avuto anch’io le mie esperienze, ma tutte con ragazze che ben sapevano cosa facevano… e poi non sono neanche così tante come le sue!
Lo guardo ironico. “Sì sì, me la immagino proprio la disperazione! Dalla loro smania di accalappiare il rampollo di buona famiglia, credo si saranno già tutte accasate… buon per loro!”
Ho 24 anni, spesso mi dico che sarebbe ora di mettere la testa a posto e di costruirmi una famiglia mia, ma voglio farlo con una donna che amo e che non guarda solo alla posizione sociale che potrei darle. In un periodo in cui esistono ancora i matrimoni di convenienza io credo ancora nel vero amore: ho visto per tutta la vita il sentimento che lega i miei genitori e vorrei un matrimonio come il loro. Sembra un discorso un po’ da ragazza, ma sono stato cresciuto con questi principi e non me ne vergogno.
Chissà, magari il mio ritorno negli Stati Uniti porterà una ventata di novità in tutti i sensi…
 
 
 
Note:
Allora, com’è andata? Volevo solo lasciare qualche doverosa precisazione.
Se avete mai visto la serie tv “Army Wives”, quella è più o meno l’atmosfera e l’organizzazione che pensavo di dare alla mia base immaginaria di Fort Williams.
La base di Aviano (in Friuli Venezia Giulia) esiste davvero, come saprete, ma mi sono presa una licenza: la vera base è stata costruita nel 1911, ma solo nel 1954 è diventata una base NATO. Mi sono presa una piccola libertà.
Il generale Doolittle è esistito veramente, in contesto per ora diverso da quello in cui lo pongo nella mia storia.
Credo sia tutto.
See you, Lale
  
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