Bucaneve
"When you go,
would you even turn
to say
'I don't love you
like I did yesterday'"
A Scorpius erano sempre
piaciuti i bucaneve. Erano
i fiori preferiti di sua madre. Ricordava con dolcezza quando, ancora
bambino,
infestavano il giardino di casa loro. Astoria li aveva piantati anni
prima, e a
lui piaceva raccogliere dei mazzolini da regalarle. L’aveva
sempre affascinato
il modo in cui quel fiorellino, apparentemente piccolo e delicato,
sopravvivesse al freddo clima invernale, tra neve e ghiaccio.
Sua madre accoglieva
sempre i suoi piccoli bouquet
con un sorriso triste. “Sai che non va bene,” gli
diceva “non sopravvivono che
pochi giorni, dopo che li strappi dal terreno”.
Rose si
torturava le mani, nascoste sotto
il tavolo. Rose non lo fissava negli occhi, teneva lo sguardo puntato
sul
pavimento. Rose, la notte, gli dava la schiena, e si stringeva le
coperte al
petto, come se la sua sopravvivenza dipendesse da quelle. E lui l'aveva
capito.
Lo sentiva, quando le sfiorava la pelle e lei sussultava. E lo vedeva,
vedeva
le lacrime luccicare nei suoi occhi quando pensava che lui non la
stesse
guardano.
Aveva
cercato di allontanarla, più e più
volte. Ma lei tornava sempre, la notte tardi, attenta a non far rumore.
Si
faceva strada in camera e si nascondeva sotto le coperte, le ginocchia
al
petto, strette tra le braccia. Poteva quasi percepirle, quelle lacrime,
che
calde scorrevano sul suo volto e andavano a bagnare il cuscino bianco.
Scorpius
amava Rose. La amava da impazzire,
ed era quello il motivo per cui cercava in ogni modo di farla sparire
dalla sua
vita. Scorpius era un buco nero, un'enorme massa oscura che con la sua
forza
attrattiva catturava ogni raggio di luce, senza
vie di fuga. E Rose, Rose era la
luce. Non succederà niente, si era
detto all'inizio, quasi a consolarsi,
sarà divertente e sfocerà nel nulla
assoluto. Ma poi era passato un
anno, due, e avevano comprato una casa assieme, e Rose aveva iniziato
ad
orbitargli sempre più vicino, pericolosamente vicino, fino a
cadergli dentro. E
Scorpius si era pentito, delle mancate precauzioni, delle parole
sussurrate al
buio, delle dita che si rincorrevano e delle labbra che si sfioravano.
E aveva
iniziato a spingerla e a strattonarla, perché sembrava
così delicata, così
fragile, che sarebbe stato addirittura troppo facile romperla.
Ma Rose era
un bucaneve. Bianca, sottile,
quasi di cartapesta, ma resistente, in grado di crescere anche nella
neve. E,
come un bucaneve, piegava la testa a tutti i buona a nulla e
le
cattiverie di Scorpius. Perché, nonostante tutta la sua
spietatezza, nonostante
tutto, anche lui la amava, e lei lo sapevo, e in tutti quegli anni di
meschinità non lo aveva
mai negato. Non le aveva mai
urlato non
ti amo più. E lei, come un cagnolino
fedele, tornava
sempre indietro.
Alla fine
aveva preso la situazione in
mano. Di nascosto, mentre lei dormiva, si era alzato e aveva lanciato
tutti i
suoi vestiti in una borsa. Non lasciò lettere, non si
girò nemmeno a guardarla.
Scese le scale, silenziosamente, ed era già fuori dalla
porta quando la sentì.
«
Abbi almeno il coraggio di dirmi che non
mi ami più ».
Scorpius
gelò sul posto. Non girarti,
non farlo. Poteva percepirla, con la vestaglia stretta
attorno al petto, i
capelli arruffati e gli occhi assonnati. Strinse la bacchetta, le
nocche
bianche. Solo un passo, mi Smaterializzo e sarà
tutto finito. Sentì le
lacrime pungergli gli occhi, e la sua voce, lieve e spezzata, fu la
pugnalata
definitiva.
«
Scorpius, ti prego... ».
*
Alla fine si
era spezzata davvero.
Lo aveva
saputo indirettamente, ormai
nessuno gli parlava più. Non era benvoluto prima, quando
stavano assieme,
figurarsi adesso, che l'aveva rotta. Era diventato l'ombra di
sè stesso. La
barba sfatta, le camicie sempre sporche, pareva
più un derelitto che l'erede di una delle
più ricche famiglie del Mondo
Magico.
Si era
ammalata, ed era troppo fragile per
guarire. Era morta qualche mese prima, e lui sapeva che la colpa era
tutta sua.
L'aveva piegata, e piegata e piegata, il suo bucaneve, ma lei non aveva
reagito.
Aveva
fatto le radici tutto intorno al suo cuore, era resistente, poteva
piegarla e
ricoprirla di sterco, ma non si sarebbe spezzata. E allora aveva fatto
l’unica
cosa da cui sua madre l’aveva sempre messa in guardia.
L’aveva strappata, dal
suo cuore, per sempre.
L’aveva
condannata.
E non se
lo sarebbe mai perdonato.