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Autore: adelhait13    06/04/2017    2 recensioni
La pioggia scendeva lenta e inesorabile sui vetri di una finestra di un bellissimo appartamento.
Il suo abitante era seduto su di una poltrona accanto ad un caminetto oramai spento, rendendo il luogo freddo e inospitale. Infondo a lui questo non importava. Il freddo era divenuto suo amico. Alleato.
Rivista e corretta
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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2°: Ho un desiderio, un amore.

 

 

 

 

Scesero al piano di sotto dove li attendevano Kikyo e i due gemelli. Kanna e Hakudoshi.
Due adorabili bimbi di sei anni. Kanna era una bimba con un carattere dolce e calmo, il contrario del fratello gemello, Hakudoshi, che era un piccolo tutto pepe e che non stava mai fermo tanto che sua zia Rin gli aveva affibbiato il nomignolo di "Piccolo Attila". Soprannome che gli calzava a pennello.
La piccola aveva lunghi capelli candidi e occhi neri come la notte, uguali a quelli di sua madre. Invece il maschietto aveva i capelli di un lilla chiaro come anche i suoi occhi.

-Ah, finalmente ti sei decisa a scendere Rin. Fammi indovinare un po’? Eri di nuovo con le cuffie alle orecchie e stavi studiando? Giusto?-.

Domandò Kikyo voltata di spalle, mentre prendeva un piatto per mettere la cena di sua cognata.

Colpita e affondata.

-Beh, sì, perdonami Ki-chan… ti prego-.

Piagnucolò Rin, in modo melodrammatico mentre si avvicinava alla donna.

-Se vuoi andrò in pubblica piazza e mi cospargerò il corpo di pece e di piume, per avere il tuo perdono-.

Si mise in ginocchio per sembrare il più teatrale possibile. Una vera attrice, tanto da far ridere sua cognata e il resto del gruppo. L’unico che prese sul serio la sua richiesta fu Hakudoshi che le disse.

-Zia se vuoi ti posso aiutare, sarebbe bello vederti piena di piume…saresti una grandissima gallina-.
 
Aveva allargato le braccia per far comprendere la vastità del volatile.
Rin si voltò, era leggermente furiosa nei confronti del nipotino. Infatti, fulminandolo con lo sguardo gli rispose.

-Ehi, io stavo solo scherzando-.
 
Sibilò.

-Io no-.

Disse il piccolo con uno strano luccichio negli occhi. Forse si stava pregustando lo spettacolo comico della zia piena di piume. Rin assottigliò lo sguardo, ma poi scosse il capo. Sapeva che infondo il piccolo le voleva bene. Sospirò.

-Sai Naraku, questa peste è degno figlio tuo-.

Affermò Rin guardando il fratello ch’era intento a mangiare un pezzo di pane.

-Che intendi dire?-.

Domandò.

-Dico solo che si comporta come te, quando eri giovane…avete lo stesso carattere irritante-.

Finì la frase con una sonora risata seguita a ruota da Kikyo e Kanna, invece l’uomo non era d’accordo con le due donne, infatti, sbuffò.

-Ehi figliolo, quando diventerai adulto, mi raccomando non sposarti, lo vedi dopo cosa ti succede-.

-Ok, papà e poi chi sposerebbe una come la zia Rin-.

Rin smise subito di ridere, fissò il nipotino e sibilò.

-Cosa vorresti dire Piccolo Attila?-.

Hakudoshi prese l’aranciata, la mise nel bicchiere e disse con non curanza.

-Che sei una vecchia racchia-.

Rin calmati, non puoi uccidere il tuo adorato, irritante e deficiente nipotino.

Pensò, mentre stringeva forte il pugno destro. Doveva tenere a freno la sua furia omicida, cosa davvero ardua. Ma poi decise di colpirlo nel suo unico punto debole.

-Hakudoshi caro, sai io conosco Babbo Natale-.

Disse con un sorriso malefico.

-Quasi, quasi gli dico che qui c’è un bimbo cattivo che avrà un sacco pieno di carbone sotto l’albero -.

Il piccolo che stava bevendo quasi si strozzò con l’aranciata, sputacchiò un po’ di liquido e guardò allarmato la zia. Lo aveva colpito nel suo punto debole. Veloce corse dalla zia e l’abbracciò con forza. Aveva davvero paura di quella minaccia.

-Oh zia Rin io stavo solo scherzando, lo giuro-.

Singhiozzò.

-E poi sei la ragazza più bella di tutto l’universo…che peccato avere sei anni se no, ti avrei sposato-.

Poi alzò il viso e con gli occhi pieni di lacrime domandò.

-Zietta non dirai nulla a Babbo Natale, vero?-.

Rin accarezzò la testolina di Hakudoshi e lo tranquillizzò, dicendogli che non avrebbe detto nulla a Babbo Natale sul fatto che, lui era una peste. Il piccolo la guardò sorridendo consapevole che la zia non mentiva. Veloce corse a sedersi accanto alla sorellina che, gli sorrise dicendogli che la zia era davvero buona.

La serata passò veloce e tranquilla, anche se i piccoli si punzecchiavano di continuo, ma questa era una normale serata in famiglia. Fatta di battibecchi e risate.

-Bene, sono le dieci. È ora che vada a letto-.

Disse Rin, mentre vedeva le lancette dell’orologio a muro in soggiorno. Si alzò dal divano e baciò il capo delle due pesti e salutò il fratello e cognata. Salì le scale ed entrò in camera sua.
Si sentiva bene. Si sentiva amata.
Avvertiva un gran calore che avvolgeva.

Come invidio Naraku e Kikyo…Sospirò, mentre si toglieva i vestiti.
 
Loro sì, che sono una vera famiglia…io alcune volte mi sento esclusa, devo trovare anch’io un uomo d’amare…spero di trovarlo.

Pensò, mentre s’infilava un caldo e rosa pigiama di pile. Ma poi si trovò a sorridere.

Mi conviene scrivere una lettera a Babbo Natale, perché mi mandi un bell’uomo sotto l’albero di natale.

-Ma che diavolo vado a pensare!-.

Si buttò sul letto e si coprì con le coperte e lentamente cadde tra le braccia di Morfeo, ma non poteva immaginare che il suo desiderio si sarebbe avverato.



***


Era tardi. Lui era ancora lì a lavorare davanti a quello schermo luminoso dove, parole e cifre gli affermavano il bilancio positivo della sua società che, presto sarebbe stata quotata in borsa.
Il lavoro era divenuto il suo unico scopo di vita. Infatti, si era imposto di non amare più nessuno, così non avrebbe mai più sofferto.
Sospirò e mise una mano su gli occhi. Li stropicciò. Era stanco. Esausto. Salvò il file e chiuse il computer.

Sarà meglio andare a riposare.

Guardò l’orologio.

Sono le quattro. Tra qualche ora ritornerò nel mio ufficio dove, mi attende un’altra giornata pesante…anche se lo sono tutte.

Con uno sforzo si alzò dalla poltroncina e si diresse nella sua camera. Si buttò vestito sul letto, chiuse gli occhi e lentamente si addormentò. Un sonno senza sogni.

Il mattino arrivò subito, infatti, un raggio di sole filtrò da una fessura dalla finestra ben chiusa posandosi sul suo viso, costringendolo a svegliarsi.

Maledetto, devi essere sempre così splendente.

Si alzò, anche se aveva un forte mal di testa dovuto dall’alcool ingerito qualche ora prima, ma anche al poco sonno che si era concesso. Scostò lo sguardo sul comodino e vide che le lancette dell’orologio segnavano le sette e tredici minuti.
Sospirò e si diresse verso il bagno, una buona doccia avrebbe lavato via la brutta nottata.
Si lavò. Si vestì e si diresse verso la cucina, dove trovò la donna delle pulizie, che gli aveva preparato il solito caffè.
Era una donna di mezza età, ma molto affidabile. Infatti, senza di lei la sua casa sarebbe stata un vero porcile, con quel poco che gli interessava, ma lui non era capace di fare il bucato e altre cose "da donna". Lui era un uomo d’affari e non prestava attenzione a queste cose.
Le diede il buongiorno, bevve il caffè ed uscì da casa. Scese nel garage, dove l’attendeva la sua bellissima Mercedes CLK di colore grigio metallizzato. Entrò nell’abitacolo e accese il motore, ma esso non si mise in moto. Sbuffò alterato.

-Oggi la giornata si prospetta molto bella-. Sibilò.

Scese dall’abitacolo e si diresse verso la metropolitana.

Un famoso dirigente che prende la metro, davvero buffo, ma in mancanza d’altro.



***



Si era alzata di buon umore, si fece una doccia veloce e si vestì in tutta fretta.

Oggi sarà una giornata di spese folli, spero che Ayame questa volta si faccia trovare davanti al negozio di giocattoli…se no, questa volta la picchio.

Pensava a questo, mentre si metteva il lucida labbra alla fragola. Si guardò allo specchio sorrise soddisfatta del lavoro. Infatti, aveva indossato un maglione a collo alto color lilla, sotto un paio di pantaloni di velluto nero.

Sono pronta.

Si voltò e prese la sua borsa a tracolla Fiorucci nera, a cui era attaccato un piccolo orsacchiotto bianco con capellino natalizio, un dolce regalo di sua nipotina Kanna. Sorrise e scese giù a far colazione.

-Buongiorno famiglia-.

Tutti si voltarono e le diedero il buongiorno, lei prese un toast e se lo ficcò in bocca.

-Rin non potresti fare colazione seduta, come una persona normale-.

Disse Naraku che le passava un bicchiere di succo d’arancia, poiché sua sorella era in piedi a ingozzarsi.

-No, sono in un ritardo bestiale-.

Gli rispose, mentre beveva il succo tutto d’un fiato.

-Tu sei sempre in ritardo-.

Disse Kikyo, mentre metteva i cereali nel latte di Hakudoshi.
Rin le sorrise, ma poi guardò il suo orologio che segnavano le otto e venticinque minuti, quasi urlò dallo spavento. Era in ritardo. Come il solito.
Corse verso l’ingresso si mise le scarpe da tennis nere, si infilò il suo cappotto scuro che le arrivava sulla coscia, si mise intorno al collo la sua sciarpa bianca e in testa il suo capellino con un piccolo pon pon ed uscì.

Devo correre come un lampo alla metro…spero solo che non sia piena di gente. Detesto stare stretta come una sardina.

Pensava a questo, mentre correva verso la stazione, ma non poteva immaginare che il suo desiderio si sarebbe avverato, che avrebbe incontrato l’uomo dei suoi sogni…


 

 

Continua…



_____________________
Secondo capitolo, ancora siamo solo agli inizi...beh, il prossimo sarà un bell'incontro. Un bacio.

   
 
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