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Autore: vernal winter    07/04/2017    1 recensioni
Il problema di Abigael era sempre stato uno: pensare troppo.
Era in quella fase della vita in cui i giorni si susseguono, protagonisti di un’ordinaria routine. Sempre uguali, sempre gli stessi. Talmente monotoni da farle credere di essere rimasta ferma nello stesso secondo per chissà quanto tempo. Faceva le stesse cose, rispondeva alle stesse domande ed ogni giorno, alle dieci e mezza di sera, il pensiero di quanto sarebbe stato più appagante farla finita la sfiorava come una mano amica. C’erano mille modi per farlo, aveva pensato ad ognuno di essi con estrema attenzione, valutandone i pro e i contro.

.
Una ragazza triste.
E due occhi che la strapperanno dalla monotonia di una vita che non vuole.
Un'indagine su una serie di omicidi che la porteranno a conoscere meglio se stessa e le persone che la circondano.
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Mille  gradi di separazione

III - REPLACE THE PIECES

 

 

 

 

« Hai corretto le bozze? »

« Lo sto facendo. »

« Quanto ti manca? »

« Ancora due articoli. »

« Avvisami quando hai terminato. »

Quella era la quarta reale conversazione che aveva avuto con il ragazzo misterioso, il cui nome aveva scoperto essere Richard. Ad ogni parola, ad ogni sguardo freddo che le lanciava, vedeva sempre più sbriciolarsi di fronte ai suoi occhi l’immagine che per tre mesi l’aveva cullata nelle sue notti solitarie. Aveva persino pensato di essere impazzita, perché non capiva come avesse potuto vedere qualcosa in più in lui che arroganza e cinismo. Magari aveva un fratello gemello, ma certo non era nella posizione per chiederglielo. Eppure, con tutti era simpatico, affabile, divertente, meno che con lei. Sembrava quasi che gli avesse fatto qualcosa, ma la verità era che si erano a malapena scambiati la parola. Non capiva nemmeno perché ne soffrisse così tanto, in fondo non lo conosceva nemmeno ed era molto più normale aver preso un abbaglio, che aver trovato, effettivamente, la sua anima gemella negli occhi di uno sconosciuto. Ad ogni modo si sentiva sempre più sola. Per più di una volta si era ritrovata a fissare le pagine di uno degli articoli, o le venature della scrivania senza pensare effettivamente a niente. Che senso aveva tutto quello? Perché si impegnava così tanto se alla fine, comunque, niente sarebbe cambiato? Aveva così tanta voglia di esplodere e di lasciarsi spegnere al tempo stesso, che si sentiva in tutto e per tutto la personificazione di un ossimoro.
Sospirò quando anche l’ultima parola dell’ultima bozza fu stata sottoposta alla sua revisione. Erano solamente le due del pomeriggio eppure si sentiva già stanca come se fosse stata in piedi per tutta la giornata e l’idea che lui avesse voglia di coinvolgerla in qualcosa la faceva sentire anche peggio. Avrebbe preferito di gran lunga che la lasciasse in pace una volta per tutte. Alla fine, dopo essersi concessa un caffè di un quarto d’ora alla macchinetta automatica in fondo al corridoio, si decise a comporre il suo numero e ad informarlo della sua disponibilità.

Dopo neanche mezzora se ne stava seduto, con i gomiti piegati sopra le ginocchia, sulla sedia di fronte alla sua nell’ufficio che condividevano.

« Hai presente il killer con le ali? » Lei annuì. Qualche settimana prima, il quartiere di Dulwich era stato sconvolto da un efferato omicidio. Uno dei più importanti rappresentanti politici londinesi era stato ritrovato ucciso e appeso, con le spalle e le braccia aperte infilzate nella balaustra, sulla facciata di una chiesa anglicana. « Pare che ci sia stato un altro omicidio. Non hanno ancora rivelato i dettagli, ma per qualche motivo lo ricollegano allo stesso mittente. Voglio andare al distretto prima che la notizia si diffonda, così da aggiudicarci l’articolo. »

Abigael si prese qualche secondo di tempo prima di rispondere. Non riusciva a capire perché la stesse coinvolgendo. Non credeva di stagli particolarmente simpatica - anzi, era molo più probabile il contrario - ed erano entrambi due stagisti, quindi, sarebbero dovuti essere in competizione e non alleati.

 « Non capisco perché me lo stai dicendo. » Asserì, infine.

« È un caso molto grande; sarebbe di enorme importanza anche per un giornalista già avviato. Ho avuto questa soffiata e mi conviene molto di più includerti e dividere l’articolo, piuttosto che rischiare che qualcun altro me lo soffi. »  Beh, il ragionamento non faceva una piega, anche se lavorare insieme ad un progetto come quello avrebbe voluto dire passare una marea di tempo con lui e non era sicura di riuscire a sopportarlo. Già vederlo tutti i giorni e rendersi conto ogni secondo di più di quanto fosse deviata la sua mente per arrivare ad immaginare una personalità completamente distaccata negli occhi di qualcuno che non conosceva, era abbastanza. Lui dovette percepire la sua incertezza. « Non farò giochetti, sono una persona corretta. Se ti prometto un articolo, lo avrai. » Certo non era quello a preoccuparla, ma non poteva rinunciare ad un’occasione così solo per colpa del suo cervello contorto e dei suoi ormoni in subbuglio.

« Dove dobbiamo andare? »

***

 

La stazione di polizia che si stava occupando del nuovo omicidio era brulicante di persone, sembrava quasi un formicaio. Masse di giornalisti si affollavano intorno alle porte blindate, cercando di entrare per riuscire a strappare un commento isolato a qualche poliziotto. Anche loro ci avevano provato all’inizio, ma poi Richard aveva ricevuto una telefonata, probabilmente, da parte del mittente della soffiata, e adesso se ne stavano seduti sui tavolini esterni del bar all’altro lato della strada, ad aspettare l’interessato. Il ragazzo, che se ne stava comodamente seduto sulla sedia di fronte a lei, aveva preso un americano e lo stava sorseggiando con disinvoltura, come se niente di quella situazione gli importasse. Lei non poteva dirsi ugualmente calma. All’ansia di star rincorrendo il suo primo articolo - e che articolo - si aggiungeva la stretta vicinanza al moro. Se due settimane prima le avessero detto che sarebbe finita insieme al suo ragazzo misterioso in un bar, non ci avrebbe mai creduto, eppure erano lì: così vicini e allo stesso tempo così distanti. Avrebbe dato qualsiasi cosa per far tornare gli occhi carichi di mille significati che era sicura di aver visto sulla metropolitana.
Quelli che sfoggiava in quel momento, invece, se stavano imperturbabili e illeggibili a fissare fuori dal gazebo, in attesa. Attesa che venne finalmente premiata quando un ragazzo dai capelli oro e gli occhi cielo non corse in loro direzione con un sorriso fin troppo largo.

« Ce l’ho fatta! Scusate se vi ho fatto aspettare. » Esordì con una voce roca, regalandole un’occhiata che sarebbe dovuta essere divertente, ma che lei trovò fuori luogo.

« Non preoccuparti, accomodati pure. » Intervenne Richard, facendoli segno con il capo verso la sedia rimasta vuota. « Lei è Abigael. Abigael, lui è Thomas: la nostra fonte di informazioni. »

La fonte di informazioni le tese la mano e lei la strinse per educazione, ma qualcosa la frenava dal dargli troppa confidenza. In fondo, si stava pur sempre trattando di un omicidio, non vedeva il motivo di tutta quell’ilarità. Eppure il suo collega sembrava essere a suo agio, anzi, addirittura in confidenza con lui. A guardarli sembravano completamente gli opposti: Thomas così solare, Richard così cupo. Mentre lei si sentiva semplicemente in disparte, con i suoi mezzi toni e i contrasti accecanti. La sera prima si era guardata allo specchio e il riflesso di sé l’aveva disorientata, come se tutti quei capelli cremisi non le appartenessero, come se le guance rosse facessero a cazzotti con il vuoto bianco che si sentiva dentro. Nessuno, però, sembrava notarlo, tantomeno i suoi interlocutori.
Il ragazzo biondo tirò fuori dalla tracolla di jeans che si era portato dietro un blocco nero pieno di fogli tenuti insieme da un elastico. Non sapeva che ruolo avesse all’interno di quella storia, ma di certo doveva saperne molto. 

« Arriverò subito al dunque e vi chiedo di essere discreti: ci rimetto il posto di lavoro. » Li avvisò, lanciando un’occhiata di avvertimento, soprattutto verso di lei. Capibile. « L’assassino è certamente lo stesso: stesso stile, stesso tema, stesso ceto di provenienza della vittima. Adesso vi farò vedere le foto della scena del delitto, vi prego di non scandalizzarvi. » Ma era ovvio a chi si riferisse. La stava nettamente sottovalutando.

Le immagini ritraevano una donna di mezza età, la gola tagliata, in ginocchio su un pavimento di lastre bianche e le mani legate insieme come in segno di preghiera. Vestiva abiti clericali, ma certamente non era una suora dato il trucco pesante sulla faccia. Doveva senz’altro essere una messa in scena; la rappresentazione di qualcosa. Anche nel primo caso, il corpo era stato disposto in una posizione strategica, come se le sue braccia fossero state le ali di un angelo in volo sopra la basilica di Dulwich. In questo caso, sembrava quasi un’opera di sottomissione.

Per un attimo, Abigael distolse l’attenzione dal soggetto nella foto e si concentrò su come questa era stata scattata. Angolatura perfetta, nessun segno di fretta da parte dell’esecutore. 

« Come fai ad avere queste? »

« Lavoro per la scientifica. Sono il loro “raccogli prove visive”. »

« E perché stai pensando di affidare il caso a qualcun altro? » L’angolo della sua bocca si mosse in un sorriso divertito. Abigael alzò lo sguardo su Richard e lo trovò a fissarla, serio, come se stesse effettivamente prestando attenzione a ciò che faceva.

« Perché il capo sta andando in pensione, il che vuol dire che non gliene frega niente se il caso venga risolto o meno. Gli altri sono una branca di idioti che continuano a fare test a caso, solo per sprecare prove e materiale. Non sono motivati. Voi sì, voi avete bisogno di questo articolo e sono convinto che siate molto più in gamba di loro. »

« Ho già collaborato con Thomas. » Intervenne, a quel punto, il moro, sporgendosi sul tavolo per andare a finire con un sorso la propria tazza di caffè. « Ci si può fidare. » E se lo diceva lui, doveva per forza credergli.

« La vittima è la segretaria del Primo Ministro. » Concluse Thomas, come se lei non avesse mai interrotto la sua spiegazione dei fatti. Le piacque. « Quando è stato informato non sembrava stupito, il che mi fa pensare che ci sia qualcosa sotto. Al distretto stanno intercettando le comunicazioni e analizzando il cellulare della donna per trovare qualcosa. Al momento, non ho molto più di questo. »

Non riusciva a capire il senso di tutto quello. Eppure uno schema doveva esserci: qualcosa che spiegasse la logica con la quale agiva. Nessun serial killer in grado di compiere gesti di quel tipo poteva essere un pazzo senza cervello, anzi, doveva essere molto intelligente. Per un attimo, le tornò in mente l’articolo con cui si era aggiudicata quel posto di lavoro. Di certo, in questo caso, l’assassino non si sentiva minato dalle sue gesta, perché queste venivano ripetute e continuavano a raccontare la storia che lui aveva in mente. Aveva certamente un fine, ma quale era?

Il ragazzo biondo raccolse alcuni documenti nella borsa che aveva svuotato poco prima, ma lasciò sul tavolo le foto, preoccupandosi di raccoglierle in una busta in modo da non farle vedere ad occhi indesiderati.

« Devo andare, prima che si accorgano che sono sparito. Le copie delle foto ve le lascio, ma, ripeto: discrezione. » Li ammonì, prima di alzarsi e lasciare una sonora pacca sulla spalla dell’altro ragazzo. « Ci vediamo domani sera. » Ed era ovviamente riferito a Richard, anche data la direzione del suo sguardo. « Abigael, è stato un piacere. »

« Anche per me. » Non era vero. Ma doveva dirlo e accompagnò la piccola bugia con un sorriso fino a che il biondo non fu fuori dal suo campo visivo. Quando tornò a guardare il suo compagno di avventure, questo stava analizzando la busta con le foto che l’amico gli aveva lasciato in mano. Stava pensando e, mentre lo faceva, sembrava così simile al ragazzo triste che aveva visto in metropolitana che, per un attimo, credette di essere davvero sul punto di toccargli l’anima. Almeno fino a quando lui non rialzò lo sguardo, rendendosi conto che lei lo stava fissando. Stupida

« Cosa te ne pare? »

Stava davvero domandando la sua opinione?
Inarcò le sopracciglia, stupita dalla domanda, dato che fino a quel momento non aveva prestato il benché minimo interesse a qualsiasi cosa passasse per la sua mente. Qualcosa doveva essere cambiato nella sua visione di lei, eppure non aveva fatto niente di speciale per fargli cambiare idea sul suo conto. Era sempre stata se stessa: tutta silenzi e sguardi furtivi. Aveva fatto il suo lavoro alla grande, ma niente più di questo. Eppure, lo sguardo sprezzante con cui l’aveva squadrata il primo giorno in ufficio sembrava essersi affievolito.

« Mi sembra una grande opportunità. » Incominciò, seguendo le venature del tavolo con la punta delle dita. « Ma con molti rischi. » Concluse, rialzando lo sguardo e lottando contro se stessa per non fargli notare come il modo in cui la stava guardando le facesse defluire il sangue dalla testa. Tutto quello era ridicolo. 

« Sicuramente. » Mormorò, accigliandosi. « Non voglio che accetti se non sei sicura. Dovremmo fare un sacco di turni extra, spendere tutte le nostre energie in questo, rischiando anche di andare contro la polizia. » Il suo tono era fermo, ma i suoi occhi tradivano quella sicurezza che avrebbe voluto lasciar  trapelare. Anche lui aveva paura e questo la rincuorava. 

« Non prendermi per una sprovveduta. »

« So che non lo sei. »

Ed eccolo.
Quello sguardo.
Quell’abisso di significati, capace di farla sentire meno sola al mondo. 
Era lì, proprio di fronte a lei, più vicino che mai e avrebbe quasi voluto urlare per la gioia di averlo visto di nuovo. 
Ma poi tutto si spezzò.

« Abi! Che ci fai qua? » La voce di Mike le giunse alle orecchie, strappandola, forse, dal sogno ad occhi aperti che si era concessa di fare. Quando si voltò nella sua direzione, lo trovò più vicino di quanto si fosse immaginata, proprio in piedi di fianco alla sua sedia.

« Mike! Sono qua per lavoro. Tu come stai? » Domandò, alzandosi un po’ frastornata, per lasciarsi stringere in uno dei suoi abbracci che avevano l’incredibile capacità di farla sentire sempre a disagio. « Lui è Richard, un mio collega. » “E il tormento dei miei giorni” « Mike è un mio compagno di università. » Spiegò, nervosa per chissà quale motivo. Forse per lo sguardo con cui il moro continuava a fissare il ragazzone alle sue spalle. Sembrava quasi che volesse incenerirlo e, per un lungo secondo, pensò seriamente che sarebbe rimasto in silenzio e lo avrebbe platealmente ignorato. Alla fine, però, si alzò a propria volta e gli tese la mano, mentre con l’altra le porgeva la busta con le foto, che lei prontamente afferrò per poi nascondere in borsa.

« Molto piacere. » Bugiardo.

« Come mai sei da queste parti? » Domandò alla fine, cercando di distogliere l’attenzione del compagno dal moro, che sembrava tutto fuorché amichevole.

« Sono venuto a prendere Lucy, stiamo andando a bere qualcosa. Volete venire con noi? »

« Veramente stavam— »

« Sì, con piacere. »

Per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. 

Cosa diavolo aveva intenzione di fare? L’aveva ignorata fino a quella mattina, parlando con lei solo per questione di stretta convivenza o per farle notare qualche errore nel suo lavoro. L’aveva sempre e solo fissata con uno sguardo di sufficienza e di distacco, mentre con gli altri si lasciava andare, a volte, a quei rari sorrisi che avrebbe tanto voluto che avesse rivolto a lei. Almeno una volta. Aveva mantenuto le distanze, facendola star male la notte, mentre tutti i dubbi - su se stessa, sugli altri, sul mondo - affioravano, per poi accettare con tutta la nonchalance di questo mondo di andare a bere qualcosa con lei ed i suoi amici. Quale era il suo problema?

Probabilmente, lo sguardo che gli rivolse fu esplicativo dei suoi pensieri, perché quando Richard riportò lo sguardo su di lei, alzò semplicemente le spalle, come se quel gesto potesse spiegare il suo strambo ed irritante comportamento. L’istinto di lanciargli qualcosa, come il tavolo o la sedia più vicina, addosso fu veramente molto forte.

« Fantastico! Pensavamo di andare al nuovo locale sulla ventinovesima. »

E un’ora dopo erano proprio lì. 

Abigael con un drink dal dubbio colore stretto in una mano e Richard, al suo fianco, che fissava la propria birra come se fosse la cosa più interessante del mondo. E, probabilmente, in quel momento lo era davvero. Era stato carino con i suoi amici, si era presentato mettendo da parte quella faccia burbera che, a quanto pareva, sembrava utilizzare solo con lei, ma poi era diventato d’improvviso silenzioso e, una volta entrati nel caso del pub, non le si era più allontanato.

« Non ho bisogno della babysitter. È irritante. » Sbottò alla fine, dopo aver constatato per la decima volta quanto stramba fosse quella situazione.

« Si da il caso che io non conosca nessuno. E tu te ne stai in questo angolo da almeno venti minuti, mi pare ovvio tentare di farti compagnia. »

« Stai facendo compagnia al muro, non a me. Io sto bene così in queste situazioni. » Spiegò, alzando gli occhi al cielo e buttando giù un sorso alcolico, tanto per dimenticarsi a che ora assurda sarebbe arrivata a casa quella sera senza un reale motivo. « E piaci sicuramente a Lucy, non credo che tu abbia problemi a socializzare. »

« Beh, lei non piace a me. »

« Oh andiamo, quegli occhi azzurri non possono non aver fatto colpo. »

« E, invece, è proprio così. »

« E, quindi, vuoi farmi credere che preferisci startene in silenzio di fianco alla collega che detesti, piuttosto che tentare di abbordare qualcuna in questo locale pieno di donne? » Esclamò alla fine, fissando finalmente gli occhi in quelli di lui, per scoprire, però, una reazione diversa da quella che si sarebbe aspettata. Era serio. Terribilmente serio e, ci avrebbe giurato, lievemente imbarazzato.

« Io non ti— »

Ma le sue parole - parole che avrebbe voluto sentirsi dire, parole che forse le avrebbero finalmente fatto capire il motivo del suo freddo comportamento - furono bloccate sul nascere dall’entrata in scena da uno degli amici di Mike. Si erano incrociati solo un paio di volte prima di quella sera, ma erano bastate perché lei non si facesse una buona impressione di lui. Era sempre stato ubriaco, proprio come in quel momento quando, traballano un po’, le passò un braccio intorno alle spalle come se si conoscessero da chissà quanto tempo. 

« Hey, Abbie. » Odiava quando la chiamavano Abbie. « Perché te ne stai qua tutta sola? Non preferiresti venire a ballare con me? Sicuramente troviamo qualcuno anche per il tuo amico. »

« No, grazie Joshua, sto bene così. »

« E dai andiamo, cosa devo fare con te? »

« Magari lasciarla in pace. » La voce di Richard si intromise prepotente, più profonda e decisa di quando aveva parlato con lei un minuto prima. 

« Che c’è? Sei il suo ragazzo? »

« Se fosse? » Il cuore di Abigael perse un battito.

« Senti, ricciolo, vuoi davvero metterti contro di me? » Sbottò alla fine il ragazzo ubriaco, ma non appena ebbe finito di parlare il colletto della sua camicia a quadri venne afferrato dalla mano del moro. Gli disse chissà cosa all’orecchio, facendo in modo che lei non sentisse, ma evidentemente sortì l’effetto sperato, perché i suoi occhi si spalancarono quando Richard lo lasciò andare, per poi rivolgersi verso di lei.

« Questo posto è asfissiante. Ci vediamo domani, Abigael. » E sparì dietro le porte a vetri del locale, lasciandola stordita e confusa a fissare il punto in cui era rimasto a farle “compagnia” fino a quel momento.

Joshua non la infastidì per tutto il resto della serata.

 



 






ANGOLO AUTRICE.

Innanzi tutto mi scuso per il ritardo dell'aggiornamento, ma l'università mi  ha portato via più tempo del previsto; d'ora in avanti tenterò di essere più rapida. In questo capitolo, spero di essere riuscita a delineare un po' meglio il rapporto fra i due personaggi e di avervi incuriosito abbastanza per spingervi a continuare la lettura. Come avrete capito, non si tratta solo di una storia d'amore, c'è ben di più dietro e il rapporto fra i personaggi si svilupperà di pari passo con l'indagine. Questa storia è molto importante per me e vorrei riuscire a portarla a termine nel migliore dei modi. Qualsiasi appunto, qualsiasi consiglio, qualsiasi commento, quindi, è ben accetto. Recensite, recensite, recensite. A presto.

   
 
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