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Autore: ___Page    08/04/2017    5 recensioni
"Nessuno di loro se ne accorse. Nessuno di loro lo vide entrare.
Seppero di essere nella merda solo quando riconobbero la sua voce.
«Portuguese, Monkey, Trafalgar e Surebo.» mormorò Vergo, calmo e atono. «Punizione.»"
*Fan Fiction partecipante al Sfigaship&Crack's Day indetto dal Forum FairyPiece-fanfiction&images*
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Starring: Cora-san, Hannyabal, Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Perona, Sabo, Trafalgar Law, Vergo.
Con la partecipazione straordinaria di: Monkey D. Rufy.
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ATTENZIONE: Storia contenente coppie strane. Il Forum consiglia la lettura a un pubblico con alto tasso di sospensione dell'incredulità. Può presentare tracce di latte e frutto a guscio.
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Koala, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Angolo dei chiarimenti:
Prima che qualcuno di mia conoscenza e che accoppia anche i sassi si metta a pensare male, Reiji e Fukaboshi sono qui citati insieme solo ed esclusivamente in qualità di "colleghi" essendo due dei rappresentati d'istituto della Raftel. No ship intended! 
Buon weekend e buona lettura a tutti! 
Page. 







Raftel High School – Giardino
Ore 16.08
 
Era passata quasi un’ora e a Sabo erano sembrati cinque minuti. Il suo cuore stava danzando di gioia e trionfo perché Bibi sembrava apprezzare davvero molto la sua compagnia. Non si era nemmeno annoiata durante la sosta che avevano fatto al campo di lacrosse, dove Marco aveva avuto l’arguzia di capire che Sabo se l’era data a gambe dall’aula punizione e zittire Satch prima che lo sputtanasse davanti alla ragazza. Anzi, Bibi aveva gestito con classe e un appena accennato rossore sulle guance la pioggia di complimenti che i compagni di squadra di Ace le avevano fatto, dando anche a Sabo la possibilità di sfoggiare le proprie qualità da gentiluomo e cavaliere dei tempi moderni, quando era intervenuto per dare una regolata agli atleti. 
A posteriori, non era stata una mossa così geniale dal momento che aveva attirato l’attenzione del Coach Smoker, fino a pochi istanti prima troppo impegnato a sbraitare dietro al gruppo 5 della squadra per prestare attenzione al gruppo 1, capitanato da Marco, che poi era il capitano dei Moby Dick in generale, che non richiedeva normalmente la sua supervisione. Quando l’uomo, sigaro perennemente in bocca e sguardo truce, avevo preso ad avvicinarsi a grandi passi per capire cosa stesse distraendo i suoi titolari dall’allenamento, Sabo si era visto costretto a sparire prima di subito perché se c’era qualcosa in cui il Coach Smoker, da ex militare qual era, credeva sopra ogni altra cosa quella era la disciplina. Il che non spiegava come Ace potesse essere il suo giocatore di punta ma questa era un’altra storia.
Le probabilità che il Coach non sapesse che Sabo sarebbe dovuto essere in quel momento in punizione erano le stesse, se non inferiori, a quelle che Zoro vincesse la prova di orienteering.
Così, con la scusa che si stava facendo tardi e dovevano ancora fare il giro dentro alla scuola Sabo aveva trascinato via Bibi alla velocità della luce lungo il sentiero che riportava verso l’istituto ed erano a pochi passi dall’ingresso della scuola quando lo vide. Sabo si sarebbe volentieri defilato, e si stava effettivamente apprestando a farlo, se non che nell’accendersi la sigaretta il professore diede accidentalmente fuoco al cordino della sua felpa senza rendersene minimamente conto. Sabo tentennò, un piede già dentro l’edificio, e piegò la schiena all’indietro in attesa che il Prof si accorgesse e spegnesse la fiamma. Invano, ovviamente.
«Sabo, qualcosa non va?!» chiese Bibi, un po’ stranita.
Con un grugnito, Sabo mandò gli occhi al cielo e tornò di corsa sui propri passi. Il Prof non lo vide nemmeno avvicinarsi e si accorse di lui solo quando Sabo cominciò a picchiarlo sul petto con entrambe le mani per spegnere il fuoco che, intanto, aveva già divorato metà cordino, facendosi strada verso il cappuccio e i capelli biondi dell’insegnante di musica.
«Ohi, ehi, ohi!»   
«Cora-san ti sei dato fuoco alla felpa!» protestò Sabo, dandogli due ultime pacche.  
Cora sgranò gli occhi e li portò sul cordino mezzo carbonizzato, stupito di trovarlo in quello stato. «Ma tu guarda! Grazie, Sabo!» esclamò con un radioso sorriso.
«Ehi è tutto a posto?» intervenne la voce di Bibi e i due biondi si voltarono verso di lei.
«Oh sì, è solo…»
«Una nuova studentessa!» la accolse Cora e Sabo chiuse gli occhi rassegnato mentre l’incubo diventava realtà. Cora era il professore più amato della Raftel. Era entusiasta, comprensivo, pieno di iniziativa e voglioso di aiutare, al punto che arrivava a coprire ogni tanto anche le malefatte dei propri studenti, se non erano troppo gravi.
Nessuno stupore che tutti lo amassero, che fosse il capo-tutor e che si fosse offerto volontario come docente responsabile del One Piece quando tutti gli altri insegnanti disponibili si erano tirati indietro. Tutti lo conoscevano e lui conosceva tutti e far sì che ogni studente della Raftel riuscisse a sentirsi a proprio agio a scuola e a trovare la propria strada era la sua missione di vita.
E nulla lo entusiasmava come fare la conoscenza di un nuovo studente.
Ora, non sarebbe stato un così grosso problema se solo Sabo non avesse raccontato una gigantesca balla a Bibi e se Cora fosse stato un pelo più arguto ma, per come stavano le cose, Sabo vedeva bene cosa rischiava di arrivargli addosso e travolgerlo con la stessa forza di uno tsunami.
«…rtari, dovrei cominciare settimana prossima.» gli strinse la mano Bibi, gli occhi che brillavano e non solo perché aveva il sole contro. Sabo provò uno spasmo di disappunto alla bocca dello stomaco. Perché lui, esattamente come il resto dei propri compagni, adorava Cora-san ma era inevitabile per lui, esattamente come per tutti i suoi compagni maschi, non provare una certa invidia sull’effetto che il biondo insegnante faceva ad ogni singola studentessa, senza mai mancare un colpo.
Sabo aveva pienamente compreso il potenziale del professore il giorno che persino Koala si era sciolta di fronte al suo sorriso – e nonostante le idiozie che lasciavano puntualmente la sua bocca –, rubando il primato a Ace.
E, anche se non aveva nulla da temere da Cora-san, perché intanto il prof non era certo un pervertito e poi, soprattutto, la scuola al completo sapeva benissimo che era innamorato di Natsuki, la dottoressa dell’infermeria della Raftel, il suo ancestrale istinto cacciatore gli rese impossibile resistere all’impulso di marcare il territorio. Prima ancora di rendersene conto era al fianco di Bibi con una mano appoggiata sulle sue reni, più vicino di quanto fosse realmente necessario. 
«Infatti le stavo mostrando la scuola.» s’intromise con un sorriso che, lui non se ne rendeva conto, ma non aveva nulla da invidiare a quello del Prof. Almeno non secondo il parere di Bibi che, per altro, non si era mossa di un centimetro.
«Che gentiluomo il nostro Sabo.» commentò Cora, dando una paterna pacca alla spalla del ragazzo.
«Assolutamente!» confermò subito Bibi, voltando il capo verso Sabo per sorridergli, le guance appena arrossate. «E poi accettare di sostituire Coby così all’ultimo minuto solo per mostrare la scuola a me è stato anche più che gentile.»
Il campanello d’allarme che prese a suonare nel suo cranio passò inosservato a Sabo, troppo impegnato a provare a magnetizzare gli occhi di Bibi solo guardandola, almeno finché la voce di Cora non penetrò di piatto tra i suoi pensieri.
«Coby deve aver avuto un contrattempo davvero grande per venire meno ai propri impegni. Non è proprio il tipo che delega, posso supporre ancor meno quando si tratta di scortare una così incantevole signorina.» commentò Cora, chinando appena il busto verso di lei.
Bibi ridacchiò suo malgrado e si portò una ciocca di capelli turchini dietro l’orecchio. «Ubi maior, minor cessat. Dubito di essere più importante di una riunione straordinaria dei rappresentati d’istituto.»
Sabo s’irrigidì, pietrificato dal terrore, quando Cora corrugò le sopracciglia, perplesso. Sapeva, lui sapeva.
«Riunione straordinaria?»
«Sì! È per questo che ha dovuto chiedere a Sabo di occuparsi di me.»
«Ma non mi pare ci fosse una riunione dei rappresentati. Cioè ho visto prima Reiji e Fukaboshi che…» cominciò, indicando alle proprie spalle verso il campo di atletica.
«Beh Cora-san, se è straordinaria è proprio perché non era prevista!» lo interruppe Sabo, un po’ troppo in fretta e un po’ troppo nervosamente.  
«No ma quello che intend…»
«Ehi ma hai sentito del laboratorio di chimica?!» sbottò senza controllo Sabo, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.  Inorridì quando si rese pienamente conto di avere appena attirato l’attenzione sull’unico evento che sarebbe dovuto rimanere intoccato. Se Cora sapeva nel dettaglio cos’era successo quella mattina al secondo piano non ci avrebbe messo molto a fare due più due e realizzare, anche se a scoppio ritardato, che Sabo non sarebbe dovuto essere lì.
«Cavolo sì!» esclamò Cora, dimenticandosi all’istante di Reiji e Fukaboshi e della finta riunione straordinaria. «È un miracolo che nessuno si sia fatto male sul serio. Non ho ancora ben capito chi è stato a combinare il danno, nei corridoi ho sentito di tutto.»
Sabo lo fissò interdetto un paio di secondi, non riuscendo a credere alla propria fortuna, prima di rispondere: «Idem.», stringendosi nelle spalle.
«Beh basterà aspettare l’articolo di Usopp nel prossimo numero per scoprire nel dettaglio cos’è successo. Si occupa della rubrica degli avvenimenti interni alla scuola.» spiegò subito, rivolgendosi a Bibi con gentilezza, sempre accorto a non far sentire nessuno tagliato fuori. «L’esplosione di un laboratorio sarà come un maxi-scoop per lui.»
«E-esplosione?» Bibi sgranò gli occhi, spostando lo sguardo da Sabo a Cora un paio di volte ma, se il primo aveva tutto l’interesse di ignorare la sua domanda, il secondo non l’aveva proprio sentita.
«Oh cavolo!» esclamò picchiandosi la mano sulla fronte. «Non dovevo rivelarti il suo nome! Usa lo pseudonimo Sogeking per scrivere sul giornalino, solo quelli della redazione conoscono la sua vera identità. Mi raccomando, se mai dovessi conoscerlo fai finta di niente eh!» le disse a mitraglia, lasciandola ancora più interdetta, prima di girarsi di nuovo verso il ragazzo mentre prendeva una boccata di tabacco dalla sigaretta. «A proposito, Sabo…» si fermò un istante, controllando rapidamente il proprio cellulare. «Tu sai se Koala ha avuto qualche imprevisto o non sta bene? Non mi ha mandato la lista degli articoli e la cosa è parecchio strana. Così saltiamo l’uscita questo mese.» aggiunse, chiaramente dispiaciuto.
Sabo era certo che lo spasmo allo stomaco non fosse senso di colpa. Perché, anche se il suo cervello gli stava urlando in ogni modo di non farlo, Sabo stava davvero per dire ciò che stava per dire e sapeva che quando Koala lo avesse scoperto lo avrebbe fatto a pezzi talmente piccoli che neppure l’impronta dei suoi denti sarebbe stata di alcun aiuto per identificare il suo cadavere. Ma bastò una rapida occhiata a Bibi per sapere che non aveva altra scelta. La ragazza lo aveva completamente rapito in poco più di un’ora. Non gli era mai capitato e non c’erano scuse che tenessero.
«Che strano!» mise su la sua migliore finta espressione sorpresa. «Stamattina era scuola e che io sappia non aveva nessun impegno particolare oggi pomeriggio.»
Sabo era certo che lo spasmo allo stomaco fosse autentico terrore. Koala gliel’avrebbe fatta pagare.
«Peccato.» esalò Cora insieme a una nuvoletta di fumo. «Senza contare che ero davvero curioso di leggere il tuo articolo. I Moby Dick sono stati fenomenali nell’ultimo incontro!»
«I Moby Dick?» domandò perplessa Bibi. «Come la squadra di lacrosse?» chiese, voltandosi una frazione di secondo verso il campo sportivo da cui si erano da poco allontanati.
«Precisamente mia cara.» s’inchinò quasi Cora, rischiando di dare fuoco a una ciocca azzurra di Bibi se solo Sabo non l’avesse tirata indietro in tempo. «Sono l’orgoglio della Raftel e Sabo è il loro reporter ufficiale. È la punta di diamante della rubrica sportiva del nostro giornalino.»
Bibi si girò verso Sabo, le sopracciglia corrugate. «Ma io avevo capito che…»
«Se vuoi te ne mando una copia domani alla tua email!» esclamò Sabo, piazzando le mani sui fianchi di Bibi per spingerla verso l’ingresso della scuola. «Ora però dobbiamo proprio andare o non riusciamo a vedere tutto entro le cinque! Mi spiace, Cora-san.»
«Oh no, no ma figuratevi! Andate pure, io finisco la sigaretta e poi ho delle cose da fare, quindi…» li incoraggiò, gesticolando.
Sabo non se lo fece ripetere due volte e si precipitò dentro all’edificio, tenendo Bibi davanti a sé ma, non riuscì a fare due passi nel corridoio che, attraverso le porte a vetri dell’ingresso, vide Cora capitombolare giù dagli scalini, inciampando in chissà cosa, probabilmente i suoi stessi piedi, e schiantarsi sonoramente di faccia. Con un sospiro rassegnato e non poca riluttanza, Sabo mollò i fianchi della futura compagna di scuola, e possibilmente non solo, e tornò rapido verso la porta bloccata in posizione aperta.
«Cora-san, tutto bene?!» chiamò e dovette aspettare alcuni secondi che il Prof disincastrasse la faccia dal cemento per girarsi verso di lui e rispondere.
«Tutto a posto, vai tranquillo!» gli sorrise, alzando due dita a formare una V, nonostante il sangue da naso. «Ora vado un salto in infermeria!»
 Sabo annuì, prima di tornare sui propri passi e verso Bibi. «Non è il caso di accompagnarlo.»
«Oh, puff, no.» Sabo minimizzò con un gesto della mano. «Gli succede sempre. E poi sono sicuro che Natsuki non vede l’ora di prendersi cura di lui.» ammiccò complice mentre si infilava le mani in tasca e un brivido piacevole lo percorse quando Bibi gli regalò un nuovo radioso sorriso. La conosceva da pochissimo eppure adorava già quel sorriso e sentiva che difficilmente si sarebbe mai stancato di vederlo.
«Bel soggetto.» ridacchiò l’azzurrina, indicando con un cenno del capo verso l’esterno dell’istituto.
Sabo scosse impercettibilmente la testa per tornare in sé. «Puoi dirlo forte.» le fece l’occhiolino, adorando come le guance le si colorarono di un rosa più acceso. «Ma comunque…» riprese, avvicinandosi e chinandosi appena verso di lei. «…noi dov’eravamo rimasti?»
 

 
***

 
Raftel High School – Primo piano – Aula punizione
Ore 16.12
 
«Cocco?!»
Law sollevò un sopracciglio con sfida. Che problema c’era se gli piaceva il cocco? Non aveva fatto commenti sulla sua collezione di monete commemorative e ora aveva da ridire sul cocco?
«Ti facevo più tipo da cioccolato fondente al novantanove per cen…» fece per spiegarsi Koala ma si zittì quando vide la sua espressione. «Che hai da guardarmi così?»
«No dico. A te piace il latte condensato con le fragole. Insieme.» rispose con tono piatto.
Koala si lasciò andare, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Punto numero uno, non era una critica. Punto numero due, il latte condensato con le fragole devi provarlo prima di dare giudizi.» ribatté, sollevando prima l’indice e poi il medio. «Io faccio una specie di cheesecake buonissima con il latte condensato e le fragole. Cioè non è una cheesecake, ovviamente, perché non c’è il formaggio ma è tipo cheesecake per la base e tutto. Comunque… Ehi! Potrei portarla quando vengo a casa tua!»
Law sobbalzò appena, preso in contropiede. Quella ragazza era veramente ingestibile. Chi aveva mai parlato di andare a casa sua?! Quando l’aveva invitata?! Si era parlato di farle incontrare nonno Ray, non aveva mai detto che il luogo sarebbe stato casa sua!
Ma doveva ammettere, per quanto gli costasse, che quella era decisamente la soluzione più logica e sensata. Koala non si stava autoinvitando. Pensava solo, come era del tutto comprensibile, che andare a casa di suo nonno sarebbe stato decisamente troppo invadente ma che incontrarlo in una caffetteria sarebbe stato alquanto strano. E, d’altro canto, se sua mamma fosse venuta a saperlo lo avrebbe di sicuro rimproverato per la scortesia nei confronti della compagna e la poca ospitalità dimostrata.
Sì, era più che ovvio che l’incontro si sarebbe tenuto a casa Trafalgar. Meno ovvio e decisamente inaspettato che a Law la cosa andasse più che a genio. Non capiva cosa gli prendesse. Persino Shachi, Bepo e Jean Bart avevano avuto libero accesso a casa sua non prima della metà del secondo anno di liceo e Pen era un’eccezione solo perché lo conosceva dall’asilo. E ora improvvisamente gli stava bene che una persona con cui non aveva mai nemmeno parlato fino a meno di un’ora prima invadesse così il suo spazio privato, armata di cheesecake.
Quell’interrogazione di chimica gli stava proprio friggendo il cervello ma ci avrebbe pensato più tardi.
«Ti converrà portare una penna, quando vieni a casa mia. Lamy vorrà farti autografare ogni numero del One Piece che ha tenuto da parte.»
Koala sollevò le sopracciglia sorpresa. «Lamy è tua… sorella?» tentò e il moro annuì subito in risposta. «Perché mai dovrebbe volere il mio autografo?» chiese poi, accigliandosi.
«Ti adora. Adora i tuoi articoli. È all’ultimo anno di medie e non fa che ripetere che l’anno prossimo entrerà anche lei nella redazione del giornalino e che vuole diventare caporedattrice come te e seguire le tue orme. Sono due anni che compro lo One Piece solo per lei. Una volta ero a casa con l’influenza il giorno che avete venduto e ho dovuto chiedere a Pen di prenderne una copia in più.»
Law sgranò gli occhi quando si rese conto di avere appena detto al capo del One Piece che, non fosse stato per sua sorella, non gli sarebbe fregato un accidente del One Piece ma riguadagnò la propria compostezza prima di subito. In fondo era la verità e lui non era noto per essere il principe del tatto. Senza contare che Koala non sembrava averlo nemmeno sentito o comunque non aveva l’espressione che si sarebbe aspettato se lo avesse sentito. Un misto di incredulità e affetto, con una punta di intenerimento.
«Non vedo l’ora di conoscerla, davvero.» mormorò con dolcezza prima di tornare al suo tono solare e scanzonato. «O e non preoccuparti. Ti darò qualche giorno prima di cominciare a tampinarti per sapere quando posso venire da te, così da lasciarti il tempo di documentarti e fare almeno finta di avere mai letto anche solo un paragrafo dei miei articoli.» concluse con una scrollata di spalle e un’esagerata espressione della serie “Guarda quanto sono magnanima.” e che lo fece ghignare sghembo.
Stava per risponderle che era disponibile a documentarsi anche quella sera stessa ma non fece neanche in tempo ad aprire bocca. Per fortuna, perché non era affatto sua intenzione dirlo. Figuriamoci, non era stato nemmeno sua intenzione pensarlo. Ma il supposto colpo di fortuna si trasformò presto in una botta di sfiga quando si accorse che a parlare e interromperlo era stato Vergo. Si girò omicida verso il docente.
Che cosa voleva adesso?!
«No professore, nessuna chiacchiera. Io e Law stiamo solo ripassando insieme storia.»
Un brivido di fastidio percorse la schiena di Law quando Vergo posò il romanzo sulla cattedra e appoggiò entrambi gli avambracci al ripiano, intrecciando le dita. Sapeva bene cosa significasse quel gesto, glielo aveva visto fare fin troppe volte.
«E qualcuno vi ha forse detto che potevate aiutarvi a ripassare?» domandò con il suo solito tono monocorde ma nei suoi occhi si poteva leggere distintamente soddisfazione. Soddisfazione all’idea di poter imporre il proprio volere senza che nessuno potesse protestare. Soddisfazione nel mettergli i bastoni tra le ruote ancora una volta.
Law strinse i pugni e sentì l’autocontrollo venire sempre meno. Sarebbe esploso, lo sapeva. Stavolta non c’era modo di evitarlo.
«Mi era parso favorevole alla collaborazione tra studenti quando ha imposto a Perona di aiutare Ace.» ribatté Koala, arginando per un pelo la furia del moro.
«A differenza tua, quando ho chiesto a te di aiutarlo.»
«Ho esposto chiaramente le mie ragioni e lei le ha accettate. Non è colpa di Law se sono in punizione.»
«Il punto è che Trafalgar non ha bisogno di ripetizioni.»
Koala corrugò le sopracciglia perplessa. «E questo chi glielo dice?»
«Lo dico io.» rispose lapidario Vergo.
Nel silenzio più assoluto, Law continuò a trucidare l’insegnante con lo sguardo, imponendosi la calma. Non aveva senso mettersi nei casini anche se l’atteggiamento di Vergo lo faceva sragionare. In fondo, mancava poco alle cinque.
Certo, non che il punto fosse quello. Il punto era che Vergo gli avrebbe negato un aiuto se anche fosse stato realmente in difficoltà. Ma dal momento che in fin dei conti non era affatto vero che stavano ripassando non c’era ragione di rischiare una sospensione e ancor meno che la rischiasse Koala, ragion per cui era contento che la ragazza avesse gettato la spu…
«Mi scusi, sicuramente ho capito male io, ma ho l’impressione che lei stia deliberatamente utilizzando due pesi e due misure sulla sola base dello studente coinvolto, professore.»
Law si voltò verso di lei, scioccato dal tono indignato e furente e per niente rispettoso che Koala aveva usato e che a Vergo non era ovviamente sfuggito. Una scintilla d’ira balenò dietro le lenti fumé degli occhiali.
«Prego?»
«Non ha alcuna autorità per decidere se Law ha o non ha bisogno di ripetizioni di una materia diversa dalla sua.» continuò imperterrita.
«Ma ho autorità in quest’aula per decidere se tu puoi o non puoi dargli ripetizioni della materia in questione, Surebo.» cominciò a perdere la calma il professore.
Ace e Perona avevano ormai abbandonato il libro di arte e spostavano gli occhi dalla compagna al docente, come se stessero seguendo una partita di ping-pong.
«Perciò mi sta dicendo che Portuguese può ricevere aiuto e Trafalgar no?»
«Precisamente!»
«E questo non ha niente a che fare con la sua supposta antipatia nei confronti di Law, vero, professore?» domandò Koala e Vergo si irrigidì sulla sedia, le narici dilatate per il fastidio. «Perché, se così fosse, temo proprio che si potrebbe considerare un abuso di potere. E se così fosse, sarebbe l’esempio perfetto che stavo cercando per il mio articolo a dimostrazione di come gli abusi di potere siano ancora assolutamente attuali nella società odierna e nei luoghi più disparati, nelle più svariate forme e misure.» argomentò con spaventosa calma, prima di accomodarsi meglio contro la propria sedia e lanciare un’occhiata a Law, le braccia conserte. «Sengoku non vede l’ora di leggere il mio articolo per il Bicentenario, te l’ho detto?»
Law sbatté le palpebre più volte, al di là dell’incredulità.
Poteva essersi sbagliato, forse aveva anche preso un colpo in testa ma, se quello a cui aveva appena assistito era tutto vero, allora Koala aveva appena minacciato un professore.
No, non era esatto. Non “un professore”. Koala aveva appena minacciato Vergo.
Koala… aveva appena… minacciato Vergo…
Stava ancora cercando di metabolizzare pienamente la cosa quando Koala distolse lo sguardo dal suo e lo riportò sull’insegnante, che pareva una statua di cera seduta alla cattedra.
La domanda inespressa rimase sospesa nell’aria dell’aula-punizione. Vergo doveva rispondere. Era obbligato a rispondere se voleva difendere la propria cattedra e la propria inesistente etica professionale che, però, purtroppo per lui, doveva fingere di avere.
«Nessun abuso.» rispose, tornando al suo solito tono composto e atono. «Mi dicono che Trafalgar è parecchio intelligente e particolarmente bravo in storia, Surebo.»
Koala sorrise a fior di labbra. «Ne convengo. E di conseguenza immagino sarà d’accordo se Law finisce di spiegarmi alcuni passaggi della Guerra dei Vertici che non mi sono chiari, vero, professore?»
Se Vergo pensava di avere mai provato odio prima, si rese conto in quel momento di non essersi mai sbagliato tanto. E, ironia del destino, Surebo era nella classe di chimica di Monet.  Trattenne per un attimo il fiato mentre metabolizzava tutte queste informazioni e poi, con consumata nonchalance, riprese il libro, si riaddossò allo schienale e ricominciò a leggere come se nulla fosse successo.
Con un scrollata di spalle e un sorriso più ampio, Koala riavvicinò il busto al banco e lanciò un’occhiata a Law che non le aveva ancora staccato gli occhi di dosso, anche se nel frattempo aveva recuperato il proprio self-control ed era tornato alla sua solita imperscrutabile espressione.
«Non era necessario.» commentò quando Koala si voltò a guardarlo apertamente.
«Detesto le ingiustizie.» fu la tranquilla e ferma risposta di Koala.
Law la scrutò qualche istante e poi, senza aggiungere altro, allungò il braccio verso il manuale di storia e lo trascinò nel punto di giunzione dei due banchi mentre, contemporaneamente, avvicinava la sedia a quella di Koala e chinava il busto verso di lei. Sorpresa da quel gesto, Koala sgranò appena gli occhi ma non riuscì a impedire a un sorriso malizioso di crepitare sulle sue labbra.
«Cosa fai?» chiese in un soffio, alzando lo sguardo verso quello grigio di Law, acceso dal ghigno sghembo e suadente che le stava rivolgendo.
«Pensavo di doverti spiegare la Guerra dei Vertici.»
«Ah.» commentò Koala, una luce malandrina negli occhi, chinando ulteriormente il busto in avanti per avvicinarsi ancora di più a lui. «Sono tutta orecchi, prof..» 
  
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